18.
È tutto come sembra
Mirta
Cazzo.
Mirta non riusciva a capire come avesse potuto dimenticare di cancellare col cerone il suo evidentissimo tatuaggio.
Doppio cazzo.
Probabilmente Philippe, da dov’era seduto, lo aveva visto benissimo.
Triplo cazzo.
Gilberto era una furia e stavolta aveva ragione.
Il suo capo entrò e si piazzò davanti a lei, rosso in viso e gesticolando più del solito. «Ci sono poche regole qui dentro, Mirta!» urlò l’uomo, quando Umberto chiuse la porta. «Regole che servono a proteggervi! La maschera, il cerone sui tatuaggi, i piercing coperti e la parrucca… Dimenticarne anche solo uno vi mette in pericolo! Non tutti i clienti che vengono qui, purtroppo, sono brave persone!»
«Io lo so, ma ero di fretta…»
Gilberto la guardò malissimo. «La fretta non dovrebbe impedirti di proteggere te stessa! Santo cielo! E se un poco di buono l’avesse visto e ora avesse un indizio su chi sei? È pericoloso, capisci? Io ti presento come un desiderio, come un sogno che cammina! Non vorrei che, per colpa mia, qualcuno cercasse di…»
Mirta gli posò una mano sul braccio, bloccando il suo sproloquio. «So che sei preoccupato per me, per tutte noi, ma ti giuro che nessuno ha visto nulla: erano troppo concentrati sul resto del mio corpo che, grazie a Umberto, era piuttosto nudo».
«Io non posso farne a meno, Mirta! Siete come delle figlie per me!»
«Per essere suo padre, avresti dovuto essere sulla piazza a cinque anni!» esclamò Marcella sorridendo. «Capisco, però, ciò che intendi e hai ragione: Mirta è stata sconsiderata».
«Mi dispiace…» disse lei sospirando. «Non accadrà mai più!»
«Lo spero per te» borbottò Gilberto, scoccandogli un’altra occhiataccia. «Ora…» continuò solo per essere interrotto dal loro buttafuori che irruppe nel camerino con un enorme mazzo di rose rosse.
«Scusate il disturbo, ma un signore qui fuori mi ha chiesto di
portare queste a Rosa Blu!» affermò posandole fra le braccia i fiori. «E c’è anche il biglietto!» aggiunse sorridendo, mentre le consegnava anche un foglietto sgualcito.
Mirta glielo sfilò dalle mani, lo aprì e poi lesse ciò che lui aveva scritto e scoppiò a ridere.
“Sei la creatura più bella che io abbia mai visto, Rosa Blu e vorrei, se possibile, conoscerti. Tuo, Philippe.”
«Che c’è?» le domandò Marcella avvicinandosi. «Chi è l’ammiratore?»
Mirta tornò seria e poi esclamò: «Il mio capo che, evidentemente, non sa che Rosa Blu sono io. Scrive che sono la creatura più bella che abbia mai visto e che vorrebbe conoscermi. Dio, assurdo! Cazzo, datemi una penna».
Umberto ne sfilò una dal suo taschino e lei, dopo aver girato il pezzo di carta che lui aveva utilizzato, ci scrisse sopra: “Non accadrà mai!”. «Ecco, portalo al tipo e non dimenticare i fiori».
Il buttafuori sorrise, scosse la testa e uscì dal camerino.
«Che cattiva, Mirta» le disse Mena, storcendo il naso. «Perché l’hai trattato in quel modo?»
«Scherzi? Lui mi tratta di merda tutti i giorni e io non posso fare lo stesso?»
«Ma lui non sa che sei tu».
«Rita, non ha importanza! Oltretutto, sarebbe contro le regole: l’hai sentito Gilberto, no?»
Tutte le ragazze annuirono, mentre Umberto la scrutava così intensamente che Mirta fu costretta a chiedergli: «Perché mi fissi così?»
«Perché immagino come sarà affabile il tuo capo domani».
E lei, rendendosi conto di quanto lui avesse ragione, chiuse gli occhi maledicendosi perché avrebbe potuto rispondergli in un altro modo, magari uno più diplomatico, così da evitare ripercussioni.
Philippe già ce l’aveva con lei normalmente, ma l’indomani avrebbe avuto anche un pessimo umore e, Mirta era sicura, avrebbe trovato un modo per scagliarsi contro di lei.
«Santo cielo».
«Non hai tempo per ripensare alla cazzata che hai fatto» asserì Umberto sorridendole. «Devi cambiarti per il finale».
***
Quella serata, a parte lo scivolone del tatuaggio, era stata perfetta perciò Mirta era ancora nel salottino insieme alle altre a parlare dello spettacolo, senza accorgersi del tempo che avevano passato assieme e che il Morgana aveva chiuso da un sacco di tempo, oramai.
«Oh, mio Dio! Ragazze, devo andare se non voglio essere uno zombie domani mattina! Non vorrei scatenare le ire dello chef più stronzo di Firenze…»
«Non più di quanto tu abbia già fatto, vorrai dire» esclamò Marcella e poi aggiunse: «Inoltre, sarà anche stronzo, ma è davvero un bell’uomo!»
«E tu come fai a saperlo?»
«L’ho visto quando sei scesa dal palco la settimana scorsa: era lui, vero?»
«Sì, era lui, ma è uno di quei casi in cui la carta è migliore di ciò che racchiude. È solo l’ultimo degli stronzi e…»
«Ed è bello come il sole!» finì la sua collega, sghignazzando.
«Come dici tu, ma quel tipo domani mi farà impazzire, perciò, signore, è stato bello, ma ora devo andare!» e dicendo così, Mirta afferrò la parrucca e la maschera che usava di solito e, dopo averle salutate, uscì dal salottino e, poi, dal locale.
Era tardissimo, perciò decise di passare dalla porta principale pensando fosse già tutto deserto e in parte aveva ragione, se non fosse stato per un ragazzo scosso dai singhiozzi, seduto con le spalle al muro e le ginocchia al petto.
Aveva due scelte: camminare in fretta e sparire da lì, oppure avvicinarsi per controllare se il tipo stesse bene.
E lei non era mai stata una menefreghista perciò, scartando la prima opzione, senza pensare minimamente a cosa avesse fra le mani, fece un passo verso il ragazzo e domandò: «Ehi, tutto bene?»
Quando lui alzò gli occhi, Mirta lo riconobbe e capì la grande sciocchezza che aveva appena fatto, perché non era uno sconosciuto, ma si trattava del suo nuovo amico, nonché fratello del suo datore di lavoro, Julian Tonetti.
«Mirta?» domandò lui, alzandosi in piedi «Che ci fai qui?» e fu in
quel momento che i suoi occhi si posarono prima sulla parrucca e poi sulla maschera «Ci lavori?»
Lei abbassò lo sguardo e annuì: «Colpevole».
«Ma è meraviglioso».
«Si lo è, ma stasera ho complicato le cose…»
«Non quanto le ho complicate io, credimi».
«Dipende. Tu hai appena respinto un cliente, che poi sarebbe il tuo capo, scatenandoti addosso un tornado?»
Julian spalancò gli occhi sorpreso. «Philippe?»
E quando Mirta annuì di nuovo, Julian dovette collegare tutti i puntini, perché urlò quasi con tutto il fiato che aveva in corpo: «Rosa Blu. Tu sei Rosa Blu».
Mirta fu costretta a zittirlo, per paura che qualche orecchio indiscreto fosse all’ascolto: «Sei pazzo? Abbassa la voce».
«Oddio, scusami! È che è tipo una cosa così strabiliante. Così… così… ma lui ti adora, lo sapevi?»
«Purtroppo sì, mi ha mandato delle rose oggi e io l’ho rifiutato».
«Ecco perché era così nervoso, prima!»
«Ti ha trattato male?»
Julian annuì. «Non peggio del solito, ma forse è meglio così, perché non so se fossi pronto a parlargli di ciò che sta succedendo nella mia vita…»
«Cosa belle?» domandò lei curiosa, e quando lui s’illuminò come un albero di Natale, capì di aver colto nel segno.
«Ti ho detto della mia cotta per Mirko, no?»
«Certo».
«Non è più una semplice cotta, ci sono stati degli sviluppi».
«Che ne dici di parlarne davanti a una fetta di torta?» domandò lei, prendendolo per mano «Credo che ci voglia un po’ di cioccolato!»
«Direi che sarebbe perfetto».
«Allora, vieni con me…»
Firenze a quell’ora di sera poteva spaventare, ma Mirta era abituata a muoversi con la complicità della notte, mentre tutti gli altri dormivano e l’unico rumore che si sentiva era quello dello scorrere lento e gorgogliante dell’Arno.
Camminarono per un po’ in silenzio, fino a quando non si
trovarono davanti alla loro meta: la pasticceria Sospiro.
«Ma è chiusa» esclamò Julian, notando la serranda abbassata.
«Per gli altri, ma non per me! Aspetta un attimo…» poi Mirta bussò sulla lamiera, mimando un motivetto che lei e la sua migliore amica avevano inventato alle superiori.
Qualche istante dopo, proprio lei, infatti, corse ad aprire e sorrise loro spostando il peso da una gamba all’altra, prima di domandarle: «Che cosa ci fai qui? E chi è questo bel ragazzo?»
«Ciao anche a te, Serena!»
La ragazza, che indossava un camice rosa, era completamente ricoperta di farina e di quella che sembrava glassa al cioccolato. Conosceva Serena fin dalle superiori ed era la sua più vecchia amica, anche se, in quell’ultimo periodo, vuoi per il nuovo lavoro o per i suoi orari impossibili, si erano viste davvero poco.
La loro amicizia però era sopravvissuta a momenti tragici e al passare del tempo, perciò sapeva che niente avrebbe potuto intaccarla, tantomeno le sue assenze.
«Sì, ciao, anche se in realtà dovrei chiederti perché è da almeno un mese che non passi e non mi chiami. Sei incorreggibile! Hai almeno tempo per mangiare? Sei magra come un chiodo».
«Sono qui proprio per questo e per far assaggiare a Julian la più buona torta al cioccolato della sua vita!»
Serena si ravviò i capelli biondi e li guardò con quei suoi enormi occhi verdi. Poi, toccandosi il ventre in un modo che fece scattare tutti i campanelli d’allarme di Mirta, annuì e li lasciò passare: «Entrate, allora! Ho anche io tante cose da raccontarti e sono sicura che anche Tiziano sarà felice di vederti».
Tiziano Sospiro, proprietario della pasticceria e marito di Serena, era il pasticcere più simpatico e per lei anche il più bravo di Firenze, anche se dal suo aspetto nessuno l’avrebbe mai detto.
Mirta lo trovò alle prese con della pasta sfoglia, ed era così concentrato che lei dovette bussare sul vetro divisorio perché lui si accorgesse di avere ospiti all’interno della sua pasticceria.
Tiziano, non appena la vide, sorrise e le fece cenno di aspettare.
«Mio Dio, e quell’adone chi è?» domandò Julian, scatenando l’ilarità della sua migliore amica.
«Quello è mio marito e tu, mio caro, hai davvero buon gusto…»
«Complimenti!»
In effetti, Tiziano sarebbe potuto comparire benissimo su una rivista di moda con quei lineamenti eleganti, quegli occhi azzurri e i capelli neri come la pece.
Era bellissimo e, insieme a Serena, erano semplicemente perfetti.
«Mirta! Che piacere averti qui» esclamò lui, uscendo dal laboratorio e poi aggiunse, rivolgendosi alla moglie: «Hai già detto la novità?»
Serena scosse la testa e poi lo prese per mano: «Aspettavo che si facesse viva per darle la buona notizia, ma forse è meglio che si sieda, perché sappiamo tutti e due come reagisce alle sorprese!»
«Che succede quando qualcuno la sorprende?» s’informò Julian, curioso.
«Beh, Julian, lei, nella migliore delle ipotesi, sviene! Le succede sempre!»
Il ragazzo ridacchiò mentre Tiziano li faceva accomodare su uno dei divanetti della pasticceria. «Devo preoccuparmi?»
«No, è una cosa bella, in effetti!» asserì pacata Serena, prendendo il marito per mano. «Sei pronta?»
Mirta si accomodò e poi annuì. «Forza, sputate il rospo!»
«Beh, Mirta, diventerai zia!» esclamarono quasi in coro e lei ringraziò il cielo di averli accontentati mettendosi seduta. «Sono di quasi tre mesi e siamo così felici!»
Mirta si congratulò con loro, come fece anche Julian, e poi si alzò in piedi per abbracciare i suoi amici. «Sono così contenta per voi, ragazzi! Spero di riuscire a essere più presente!»
«Tranquilla, sappiamo quanto tu sia impegnata coi tuoi mille lavori» rispose Tiziano, che nel frattempo aveva preparato i piattini con due fette della sua torta al cioccolato fondente e caramello salato.
«Grazie per avermelo detto» disse lei, abbracciando Serena. «Sei raggiante».
«Sono felice! E non vedo l’ora che inizi a vedersi la pancia…»
«Davvero? Vuoi somigliare a una mongolfiera?»
Serena scosse la testa. «No, vorrei che tutti smettessero di dirmi che sono ingrassata!» e poi ridacchiò, raggiungendo suo marito sul retro. «Godetevi la torta».
«Lo faremo!» rispose Julian, iniziando a mangiare quella prelibatezza. «Santo cielo, ma è paradisiaca!»
«Lo so, ma non distrarti, raccontami la novità».
Il ragazzo arrossì come uno scolaretto, poi cominciò a raccontare: «Beh, sai che mi piace Mirko, no?»
«Sì, era molto evidente».
«Bene, tutta la scorsa settimana sono stato con lui, a casa sua, e posso tranquillamente affermare che stiamo assieme! Mi piace un sacco, ma ho paura che questa cosa creerà problemi a Philippe. Oggi ho provato a imbastire il discorso, ma lui non ha voluto sentire ragioni e mi ha invitato, praticamente, a tornarmene in Francia!»
«Non ci credo».
«Oh, credici! Com’è vero che questa torta è fantastica».
Mirta annuì. «Io penso che capirebbe…»
«Se solo mi ascoltasse! Ma non vuole, mi respinge! E io vorrei solo dirglielo, così da renderlo partecipe di una cosa che i nostri genitori sanno già…»
«Capisco. Beh, io se fossi in te, lo metterei alle strette: mi presenterei a casa sua e lo coglierei di sorpresa, parlando ancor prima che lui possa fermarmi».
Julian rimase per un attimo in silenzio e poi, posata la forchettina sul piatto ormai pieno solo di briciole, si alzò in piedi. «Hai ragione. Lo farò domani mattina…»
«Bravo».
«E tu, invece, glielo dirai?»
Mirta non capendo a cosa lui si riferisse, domandò: «Cosa?»
«Che sei lei, che sei Rosa Blu».
La ragazza scosse la testa. «No, non ci penso proprio. È un segreto e resterà tale!»
«Io penso che rimarresti sorpresa da…»
«No. Non voglio. E poi non posso dire nulla sul mio lavoro a chi non è del mestiere, non lo sa nemmeno mia nonna!»
Julian scosse la testa: «È strano, però…»
«Cosa?»
«Che lui adori la ballerina e odi la cameriera, senza sapere che, in realtà, siano la stessa persona».
«Non è strano, è solo che tuo fratello non è capace di vedere oltre
il suo naso…»
«Non lo è mai stato» si lasciò scappare lui, prima di darle un bacio sulla guancia e di sparire dalla pasticceria, lasciandola lì a cercare di capire il perché quelle sue parole le avessero lasciato in bocca un sapore amaro, a discapito dell’ottima torta che aveva appena divorato.