35.
La mia vita… senza te
Philippe
Era passata una settimana da quella sera in ospedale, dalla donazione di sangue di Mirta a Noel e degli occhi lucidi di lei mentre lo lasciava con Juliette al capezzale del bambino.
Era una settimana che non dormiva.
Era una settimana che i suoi piatti facevano schifo.
Era una settimana che la sua vita, senza Mirta, era andata a rotoli.
«Capo?»
Philippe alzò gli occhi dalle carote che avrebbero dovuto essere a julienne e che invece erano a listarelle e guardò il suo Sous Chef. «Sì?»
«Stai bene?»
«No, cazzo, non sto bene!» esplose alzando la voce più del dovuto e richiamando in cucina anche i camerieri. «Non va niente bene, okay? Cucino di merda e mi manca. Mi manca lei, va bene? E non posso riaverla perché ho fatto un casino e lei ha ragione. Ho un problema con le persone, non mi fido, e Mirta ha fatto bene a mandarmi via. È stata colpa mia, lo so, ma la vorrei ancora con me. Non me ne frega neanche più un cazzo della stella!»
«Philippe» esclamò Mirko, avvicinandosi a lui per spegnere il fornello che aveva acceso sotto una padella vuota. «Se la vuoi, perché non te la riprendi?»
«Perché sono una testa di cazzo? Perché la ferirei ancora?»
«Ma chi l’ha detto?» affermò Carmen, tranquillamente. «Penso tu abbia capito, adesso, che di lei puoi fidarti, no? Ti ha detto cosa facesse come secondo lavoro, anche se non era tenuta a farlo. Ti ha perdonato tante di quelle sfuriate, capo. Ti perdonerà anche stavolta…»
Philippe scosse la testa. «Voi non l’avete vista, era così delusa».
«E tu te ne sei andato. Di nuovo».
Philippe incontrò gli occhi del suo fratello minore. «Quando sei arrivato?»
«Adesso, ma non è importante».
«Ciao tesoro» lo salutò Mirko, soffiandogli un bacio.
«Con te, facciamo i conti dopo…»
Mirko sbiancò. «Oddio, che ho fatto?»
«Niente, ma sai come dice il proverbio, no? Anche quando non fai niente ti rimprovererò, così starai sulle spine e sarai attento a quello che fai…»
Mirko ridacchiò. «Sei un pazzo, te l’ho detto già oggi?»
«No».
«E che ti amo, te l’ho detto?»
«Sì, quello sì, ma è sempre bello sentirlo. Ma adesso,» disse sicuro, interrompendo il discorso col suo fidanzato e rivolgendosi a tutti «credo che vi ruberò il capo, perché abbiamo una missione!»
«Fai pure, tanto stava comunque facendo un casino!» ribatté Mirko, spingendo Philippe fra le braccia del fratello.
«Che intenzioni hai?»
«Buone, ma per farlo credo avremo bisogno di chiamare un taxi…»
«Cosa? Perché?»
«Perché la Corvette ha tutte le ruote bucate».
E lui, che in altre circostanze avrebbe dato di matto, scoppiò a ridere. «Santo cielo, nonna Rosa me le ha bucate davvero…»
Julian sorrise. «Quella vecchietta non ha solo forato gli pneumatici, ma ha anche lasciato un biglietto per te! Che poi, è anche il motivo della nostra missione…»
«Leggilo!» disse Jacopo, mentre tutti annuivano verso di loro. «Che aspetti».
«Dammi quel foglietto…»
Julian frugò nelle tasche e glielo porse.
Philippe lo spiegò e poi lesse ad alta voce: «Te l’avevo promesso, scemo di un francese, e l’ho fatto. Ma adesso, per favore, vieni a riprendertela, perché non la sopporto più. È sempre triste e io rivoglio la mia nipotina sorridente! Gilberto, il capo del Morgana, che è adorabile oltretutto e non capisco perché lei me l’abbia tenuto nascosto finora, ha pensato a un piano infallibile. Ti aspetta al suo locale. Corri, Philippe. Se te la riprendi, le gomme le pago io…»
Tutti scoppiarono a ridere per le parole della vecchietta e una nuova scintilla si diffuse dentro di lui, quella della speranza.
Mirta
Era pomeriggio inoltrato quando Mirta ricevette un messaggio dal suo capo, Gilberto, che la invitava a recarsi al Morgana quel giorno stesso per parlare del futuro del locale.
I suoi colleghi la biasimavano quando lei diceva loro di sentirsi in colpa, ma non poteva fare altrimenti perché era solo colpa sua se Gilberto aveva dovuto chiudere il Morgana, almeno temporaneamente.
Infatti, il locale era sprangato da una settimana e tutto era accaduto per colpa dell’articolo su di lei e Edoardo.
La mattina dopo l’aggressione, infatti, era uscito su un quotidiano locale un trafiletto sull’accaduto e il giornalista, nessuno sapeva chi lo avesse informato, aveva spiattellato le loro identità segrete.
Ora tutta Firenze sapeva che lei era Rosa Blu.
Tutta, a partire dai suoi genitori e sua nonna.
I suoi avevano fatto una telefonata piena di astio in cui si dicevano oltraggiati dalla sua condotta indecorosa, come se invece di ballare si prostituisse in qualche vicolo. Eppure, in tutti quegli urli, né sua madre, né suo padre erano stati capaci di chiederle come stesse dopo ciò che le aveva fatto Edoardo.
Sua nonna, invece, era stata una sorpresa.
L’aveva trovata seduta a tavolino col giornale fra le mani ed era stata proprio lei a dirle che tutti sapevano cosa facesse al Morgana.
L’aveva chiamata Rosa Blu e Mirta per poco non si era strozzata col caffè che aveva appena preparato.
E si era offesa anche lei, ma non perché oltraggiata come i suoi, ma solo perché Mirta non l’aveva mai portata a vedere uno spettacolo.
Ora, sperava solo che il messaggio di Gilberto significasse che stavano per riaprire i battenti, così non solo avrebbe potuto lavorare, magari anche più sere a settimana, ma avrebbe anche potuto portare sua nonna al Morgana.
Già se la vedeva tutta imbellettata a urlare a tutti che era sua nonna.
Mirta sorrise, si alzò dal letto sul quale si era coricata dopo pranzo e si vestì con più cura di quanto non facesse in quel periodo.
Philippe le mancava.
Si sentiva come quella volta che era corsa al supermercato per comprare il caffè e non aveva trovato la sua marca preferita, così era tornata a casa a mani vuote. Philippe era così, una voglia insoddisfatta e latente di buon caffè.
Ma non poteva cedere.
Nemmeno per la più buona delle arabiche.
No, stavolta avrebbe tenuto duro, anche se lo sognava ogni notte e piangeva sotto la doccia.
Perché non hai creduto in me?
«Permesso?» domandò la nonna entrando in camera sua. «Sei presentabile?»
«Sì, certo».
«Stavi piangendo?» le domandò mentre lei si asciugava una lacrima e negava con la testa.
«No, macché! Avevo un po’ di polvere nell’occhio, ma adesso sto bene. Senti, io devo andare al Morgana…»
Sua nonna a quel nome si accese. «Davvero? Riaprite?»
«Lo spero. Così potrei lavorare e fare la mia parte qui…»
«E potresti fare qualcosa invece di struggerti per Philippe tutto il santo giorno!» aggiunse quella donna che Mirta era sempre più convinta leggesse nel pensiero.
«Non c’entra nulla Philippe. Voglio solo ballare di nuovo… Se non altro per sdebitarmi con Gilberto per i problemi che ho causato al locale. Lo sai benissimo anche tu che, senza la faccenda di Edoardo, nessuno avrebbe scoperto le nostre identità e il Morgana sarebbe ancora aperto…»
Sua nonna storse la bocca in una smorfia davvero assurda che la fece sorridere. «Lo sai anche tu che non hai ragione! Mica è colpa tua se quel ragazzo ti ha aggredita, no?»
«Questo lo so, ma mi sento comunque in colpa!»
«Oh beh, con le tue pazzie io non ci capisco nulla… Comunque, va’ da quel caro Gilberto e vedi cosa vuole!»
«Certo».
«Posso dire un’altra cosa?» le domandò la donnina, girandosi prima di uscire dalla porta.
«Lo fai sempre, no?» ribatté ridendo Mirta.
«Vero» rispose nonna Rosa prima di tornare a parlare con un bel
sorriso sulla faccia grinzosa. «Nemmeno Philippe lo sapeva, di Edoardo dico, e da fuori, l’hai detto anche tu, sembrava un bacio voluto e non un’aggressione… Pensaci, tesoro, okay? Non credo sarebbe fuggito se ti avesse vista davvero in pericolo».
«Potrei darti ragione ma comunque non posso stare con uno che non mi dà fiducia e che alla prima avversità scappa via a gambe levate!»
Sua nonna storse il naso. «Oh, tesoro, quell’uomo ha il cuore spezzato, ce l’ha detto Julian, ricordi? Era stato già tradito e per lui è stato più facile scappare via da te che affrontare tutto di nuovo… Certo, è sempre un idiota, ma un idiota che, forse, ti ama».
E prima ancora che lei rispondesse, sua nonna era già sparita, lasciandola con quella frase sibillina in cui era celata una verità.