TEMPO CHE PASSA

Una donna ogni giorno va a lavorare in macchina, percorrendo una cinquantina di chilometri tra andata e ritorno. Il momento più difficile della sua giornata è quando al ritorno si ritrova sulle strade di casa, e si mette ad ascoltare il tempo che passa.

Dopo Cremona, andando verso est sulla Padana Inferiore, si incontra un grande centro commerciale con un’insegna visibile da lontano. Due supermercati lunghi e bassi, con un doppio piazzale di parcheggio a lato della camionabile, occupano uno spazio enorme in mezzo alle campagne. Sui piazzali vengono trasmesse musichette, ogni tanto la voce d’uno speaker annuncia una vendita speciale, e si sentono i fischietti di poliziotti privati che smistano il traffico di macchine nei parcheggi. Dalle macchine scendono per lo più famiglie intere, che vengono dalle campagne attorno a far la spesa; e la donna passando nota sempre che tutti si muovono un po’ a disagio, straniti nello spazio aperto assieme a migliaia d’altri come loro.

Subito dopo c’è un paese che si chiama Cicognolo e di lì, abbandonando la Padana Inferiore, il profilo del suolo si dilata sempre uguale fino all’orizzonte basso sul fondo. In distanza si vedono strade dritte, frazionate da pali della luce e percorse ogni tanto da camion, a volte da un trattore. Qui ogni sera la donna ritrova nelle campagne un silenzio che sembra strano.

Finché non arriva davanti a quelle villette su terrapieni a giardino, e altre file di villette a due piani, con balcone e scala esterna e fiori dovunque. Lì intorno si sente bene che il silenzio diffuso non è quello degli spazi aperti, è un silenzio residenziale che circonda i paesi e si spande nelle campagne.

La donna dice che in giro si vedono macchine, ma non si vedono cani né bambini. Come se l’unico loro scopo nella vita fosse di mettersi al riparo da seccature, imbarazzi o complicazioni, gli abitanti vivono nascosti in quelle villette, uscendo allo scoperto solo per andare al lavoro o a fare la spesa in quel supermercato.

Nessuno ricorda neanche più cosa potrebbe esserci là fuori, a parte le ore del giorno, il tempo che passa. Allora nello spazio riempito da quel silenzio residenziale c’è solo tempo che passa, percepibile perché il silenzio lo rende così lento che sembra non passi mai.

Nessuno riesce più a sentire i rumori lontani degli altri, i quali ci dicono che là fuori tutto continua a funzionare. E la gente chiusa in casa non fa che pensarci a quell’assenza di rumori, aspettando l’ora del pranzo, della cena, o l’ora di guardare la televisione. Ma siccome pensandoci il tempo si allunga ancora di più come un elastico, gli abitanti si ritrovano là dentro spesso spaventati da un minuto che non passa mai.

Attraversando un paese che si chiama Pieve San Giacomo, spesso la donna prova una specie di solidarietà con i suoi abitanti, tutti chiusi in casa a pensare. All’ingresso del paese c’è il gigantesco cartello d’un ufficio vendite, e nel paese raramente vede anima viva, tranne qualche donna infagottata che passa in bicicletta e scompare immediatamente.

Dopo un passaggio a livello c’è una strada di villette residenziali a forma di modellini, dove la donna abita. Una villa più ricca delle altre ha un vasto prato e un molosso sempre immobile sul prato che guarda come una statua; nelle altre villette meno ricche invece statue dei nani d’un film di Walt Disney, disposte accanto alle porte. Molte facciate di quelle villette sono rivestite di piastrelle, ci sono alberi in miniatura davanti alle case, prati minuscoli e aiole con fiori stravaganti.

Spesso la donna non se la sente di rientrare a casa e ritrovare i suoi genitori che guardano la televisione, in una specie di rigor mortis da attesa che passi il tempo. Dunque prosegue fino a San Daniele Po e anche oltre, sulla provinciale verso Casalmaggiore. E anche lì sfilze di villette residenziali lungo la strada: molte di esse sono modellini in stile rustico, con muri coperti di finta roccia e un camminamento di lastre irregolari che attraversa il prato fino al cancelletto. Spesso il prato è pieno di piccole margherite, davanti alla casa ci sono falsi pozzi in gesso, alberi nani e cespugli di lauro ornamentale o di magnolia. In molti giardini ci sono piscine in stile hollywoodiano in miniatura.

Guardando quelle villette la donna è spesso colpita dalle infinite minuzie, che debbono aver occupato molto i pensieri dei loro abitanti. Tanto che, guardandole, ha l’impressione che il vuoto attorno sia qualcosa di infinitamente più ordinato, più minutamente organizzato di quanto potrebbe mai immaginare: come una trappola complicatissima per tenere lontane le incertezze e le vergogne, eliminando ogni serietà dai fatti della vita.

Dice che in quella trama poco seria il tempo è solo tempo e basta, tempo senza più tempo perché non va da nessuna parte; e gli abitanti, poveretti, presi in quella trappola, sono diventati così confusi che viene loro un rigor mortis da attesa al minimo contrattempo.

Certe sere nei suoi vagabondaggi si ferma in un bar sulla piazzetta di San Daniele. C’è sempre una fila di ragazzi seduti all’esterno del bar, che ascoltano il juke-box stravaccati sulle sedie con aria sognante. E guardando quei ragazzi, non sa perché, le vengono a noia tutte le sue opinioni e giudizi su ciò che vede, sulle villette residenziali e i loro abitanti. Più nessuna voglia di giudicare niente, che passi tutto, che vada dove deve andare; in fondo, dice, è solo tempo che passa.