Tutto si oscura, se lo sguardo è posato solo sull’esterno. Ma ancor più quando siamo fuori tempo. Le madri che a 50 anni trattano i loro figli come bambini e magari li chiamano ancora “amore” continuano a vivere nel femminile gravidico, anche se magari sono già in menopausa. Sono fuori tempo! Ringiovanire significa anche allontanarsi dai figli, prendere le distanze. Se continui a trattarli come bambini ti vivi esclusivamente come madre e il tuo femminile si obnubila e rischia di avvizzire, invece di cogliere la nuova fioritura della maturità.
Le illusioni si pagano a caro prezzo: prima o poi arriva la realtà a buttarci in faccia che non siamo nel tempo e nello spazio giusti per noi, non stiamo vivendo la vita che ci spetta. Se fai sempre la mamma avrai un figlio che non cresce, una nuora che ti detesta e se ne va, il ruolo materno prima o poi verrà spazzato via. Non si può essere ancora solo madri a 60 anni! A quest’età si deve smetterla di recitare il ruolo della mamma di un bambino, che ormai è da un pezzo un uomo adulto… Le eterne madri, che non sanno distanziarsi, che non riescono a centrarsi sul femminile maturo e sulla nuova era, sono fuori dal vento della vita e può arrivare solo il peggio.
Lo stesso vale per l’aspetto, per l’ossessione di conservare il viso della giovinezza. Per quanti lifting ti fai, l’età si rivela, deve rivelarsi. Se l’ossessione è restare giovani, ogni volta che ti senti dire “Oggi ti vedo sciupata” incomincia a inclinarsi la certezza di aver bloccato il tempo che avanza. Non viviamo per restare giovani, ma per seguire le nostre inclinazioni. A 40 anni cominciano a manifestarsi pienamente e a svilupparsi: la metamorfosi è il più potente presidio che possediamo. Che ne sa un bruco della farfalla che già è, ma che dovrà arrivare? Insistere sul giovanilismo è volere il bruco… perennemente. Siamo immersi in un eterno cambiamento, e stiamo ritornando verso l’energia originaria da cui veniamo.
Quando qualcuno dice che, se tornasse indietro, rifarebbe le cose che ha fatto, dimostra semplicemente di essere un imbecille da evitare. Sono slogan di menti senza radici… Voler ripercorrere la stessa strada significa non aver imparato a vivere le metamorfosi e voler restare sempre uguali, identici. Non ci può capitare niente di peggio.
Adesso è il momento di distinguere le cose che vengono da me e che mi conducono, da quelle, che sono la stragrande maggioranza, che appartengono al mondo esterno. L’ossessione della giovinezza è una di queste.
Tutto quanto abbiamo fatto nel passato è stato quasi sempre frutto di identificazioni, di attaccamenti, di pensieri degli altri, genitori, insegnanti, amici, colleghi.
Adesso che compio 40 anni voglio la mia originalità: per questo sono al mondo. “Sto facendo qualcosa che mi appartiene, che viene da me?” è la domanda da farsi adesso. Anche nei momenti difficili, anche quando ci sembra di essere perduti, il Sé sta seminando l’essere originale che abita ciascuno di noi.
Certi dolori che ci sembrano irriducibili, certi disturbi che ci affliggono da anni, certe sconfitte che ci sembrano definitive, sono figli di uno sguardo annebbiato da fattori esterni. A 40 anni dobbiamo incominciare a uscire dal mondo conosciuto, oltrepassare le Colonne d’Ercole, per andare verso il mistero che ci abita, sospinti dalle nostre inclinazioni. Guai a seguire qualcun altro, guai ad aderire ai desideri degli altri, di un coniuge, di un amante, di un figlio, di un collega… del mondo.
Devo contare su di me, ma senza dirigermi, senza dirmi dove devo andare, cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il mio occhio, che percepisce le mie sensazioni, i miei desideri, le cose che funzionano spontaneamente, è la mia guida. Se voi sapeste quante scelte sbagliate facciamo perché ascoltiamo gli altri… Possiamo perdere i nostri tesori, uniformandoci ai desideri degli altri. La maturità, dopo i 40 anni, ce li può riportare, ma se sbagliamo viaggio possiamo perderli per sempre.
Che cosa ci aiuta a vedere dove stiamo andando? Il linguaggio del corpo è forse quello che ci dà i messaggi più nitidi per cambiare strada, per trovare la nostra rotta. Quando la maturità si affaccia, spesso abbiamo la mente ingabbiata, bloccata dal bisogno di soddisfare gli altri, i loro desideri. A volte, per seguire il partner, rinunciamo ai nostri talenti, alle nostre capacità più profonde. La maturità è il tempo dei veri no, non l’era dell’accondiscendenza. Ho visto tante persone rovinarsi la vita per aderire ai modelli delle persone che avevano vicino. Mentre la loro mente sposava quello che voleva l’altro, il corpo si ribellava. A volte con cefalee di una violenza ostinata, altre volte con dolori articolari che impedivano i movimenti, o ancora con disturbi psicosomatici come asma, ulcera, ipertensione, coliti, disagi ginecologici e, naturalmente, sovrappeso… In questo caso, ingrassando, il corpo si ribella e protesta nei confronti di una relazione soffocante… Questi rischi si accentuano nella maturità, dopo i 40 anni. Il linguaggio del corpo ci aiuta a vedere quello che non vogliamo guardare… Sono tantissime le donne che mi scrivono per parlarmi dei chili in più, che si sono accumulati durante la menopausa e che non riescono più a eliminare. Molte si colpevolizzano…
A maggior ragione qualcosa di profondo si ribella quando una donna, per accondiscendere al desiderio del partner, accetta di iniziare una gravidanza che in realtà non vuole. Magari quando, in età ormai matura, decide di far ricorso a una gravidanza assistita… In questi casi, l’aborto spontaneo rappresenta il rifiuto dell’inconscio di fronte a una scelta forzata. E allora, il sovrappeso è la naturale conseguenza di chi è andato in crisi e ha perso la rotta della propria vita…
Sentite cosa mi scrive Renata:
Gentile professor Morelli,
mi chiamo Renata e ho quasi 42 anni. Sono alta 1,65 e peso 80 chili. Il mio problema è soprattutto il gonfiore marcato, che mi fa sentire un pallone. Purtroppo la mia prima e unica gravidanza mi ha lasciato 15 chili. Lavoro come ingegnere in un’importante multinazionale e sono da poco diventata manager, con un aumento delle responsabilità e del personale da gestire (ho una decina di persone sotto di me da coordinare). Amo moltissimo il mio lavoro in cui mi sono tuffata a capofitto, anche per dimenticare un recente aborto al quinto mese di gravidanza. Un dolore atroce che anestetizzo con il lavoro e, purtroppo, a volte anche con il cibo, a causa di attacchi di fame incontrollabile.
Sono due anni che con mio marito stiamo cercando di avere un secondo figlio, ma non arriva. Mio marito, in particolare, ci tiene moltissimo a diventare ancora padre e a vedermi di nuovo “mamma”, piuttosto che donna in carriera. Siamo ricorsi alla fecondazione assistita e al primo tentativo sono rimasta incinta. Poi, alla fine del quinto mese, l’amara sorpresa: non c’era più il battito. Questo dolore mi ha regalato altri chili in più, nonostante i miei tentativi di stare attenta a tavola. Purtroppo più mi sforzo, più perdo il controllo e stramangio. Nel frattempo mi sento delusa da me stessa, che non sono riuscita ancora ad accontentare mio marito. Per la prima volta nella mia vita ho fallito qualcosa…
La maternità porta a perdere l’indipendenza, l’autonomia: ci si accorge di essere al servizio del neonato, di dover dedicare un tempo infinito ad accudirlo. Sì, questo fa parte del diventare madre, ma nessuna donna, soprattutto nella nostra epoca moderna, è pronta ad accettare a lungo la dipendenza, rinunciando a una vita attiva, autonoma. La femminilità erotica per molto tempo esce di scena e il centro della fame prende sempre più il sopravvento sul centro del piacere. In questi casi il lavoro, soprattutto se vissuto con passione, come nel caso di Renata, è il miglior bruciagrassi. Rappresenta il ritorno all’autonomia, grazie al lavoro il femminile “esce” dal maternage, ritrova i suoi codici di desiderio, di seduzione, di piacere.
Una mia paziente, dopo la prima gravidanza a 40 anni, è dimagrita riprendendo a lavorare appena ha potuto. In tre mesi ha ritrovato il suo peso forma. “Tornando al lavoro ho ritrovato la donna che c’era in me. Non ero più solo la mamma, gli uomini mi guardavano ancora” mi ha detto. In poche parole è descritto molto bene il doppio volto dell’anima che ha partorito. La madre e la donna devono vivere fianco a fianco, la mamma non deve mai sopraffare il femminile: i rischi, come ha scritto Renata, sarebbero enormi.
Ecco cosa mi sento di dire a Renata: “Se l’ingrassare è una reazione alla possibile perdita dell’indipendenza, pensi che cosa accadrebbe se lei smettesse davvero di dedicarsi alla sua carriera”.
Nessuna donna che ama “moltissimo” il suo lavoro, come lei mi scrive, si “chiude” in casa a fare la mamma: se succede, il sovrappeso esplode senza possibilità di controllo. Noi siamo nati prima di tutto per realizzarci nella nostra natura, nel nostro lavoro: le madri nevrotiche sono soprattutto quelle che lasciano la loro professione per limitarsi ad accudire i figli.
Cara Renata, forse il suo inconscio non vuole il secondo figlio perché teme di vederla relegata in casa e privata di quelle capacità lavorative che l’hanno portata al successo: perdere le proprie inclinazioni è far abortire la propria anima femminile.
Le ripeto il consiglio che ho dato a una paziente con un problema molto simile al suo, che a 43 anni voleva un figlio: “Faccia l’amore con suo marito come se fosse una donna solo erotica, dimentichi l’idea di essere madre”.
La mia paziente mi ha dato retta e ha ripreso ad avere rapporti appassionati con suo marito: ogni sera si vestiva in modo provocante, erotico, trasgressivo, a volte mascherandosi. Con la fecondazione assistita aveva perso il desiderio: così facendo, è subito rinato. In sei mesi è dimagrita 10 chili e dopo un anno è rimasta incinta. Con un’avvertenza però: di ritornare al lavoro il più presto possibile dopo la gravidanza, di riprendere subito l’attività fisica sportiva e quindi ritrovare la linea che aveva prima di rimanere incinta.
Molte donne hanno un vero trauma per il grasso accumulato dopo il parto e, anche se dicono che vogliono accontentare il marito con un secondo figlio, nelle aree profonde del cervello, dove vive il femminile, scatta un blocco. È l’inconscio che ha paura di perdere di nuovo la femminilità, di rinunciare all’indipendenza lavorativa e ingrassare ancora di più.
Lei non ha fallito, cara Renata, non si senta delusa… Se perde il controllo e si mette a “stramangiare”, come dice, non è legato al fatto che ha poca volontà, ma piuttosto che è insoddisfatta. L’istinto gravidico nasce dalle aree antiche del cervello, dove vive la nostra identità più profonda: se quell’istinto non c’è, o viene forzato, la nostra identità è insoddisfatta e si rifugia nel cibo. L’immagine di donna che la abita non vuole vedersi con un altro bambino, chiusa in casa a fare ancora la mamma, senza la gioia del lavoro e della sua realizzazione.
Non possiamo fare un figlio per accontentare qualcuno: perderemmo la nostra unicità e finiremmo per ingrassare a dismisura, proprio nella seconda stagione della vita. Spesso i mariti vogliono trasformare le mogli in madri per controllarle, per tenerle in casa: poi puntualmente le tradiscono. Si tratta di un retaggio antico, ma ancora molto in voga: le mogli in casa e gli uomini fuori a divertirsi. A una mia paziente, che alla terza gravidanza pesava 20 chili in più, il marito diceva che lei era sempre affascinante, guai se si metteva a dieta. Salvo scoprire che aveva un’altra da cinque anni, dopo la nascita del secondo figlio.
Le doti lavorative di Renata non sono un ripiego, ma le sue certezze. Se si affiderà a loro e alla sua femminilità arriveranno le gravidanze felici, cioè magre. Il compito nella vita non è far felice qualcuno che vuole un bambino, ma ascoltare i propri desideri, percepire i propri interessi. Il resto verrà da sé. La maturità dei 40 anni prepara il divenire del femminile: guai ad affidarlo a qualcuno, guai a credere che la dipendenza sia amore. Il corpo, quando ci porta un disturbo, ci sta parlando. Che significa ingrassare, se non mantenere uno stato materno oltre il tempo della gravidanza? Ma la maternità che si cronicizza blocca il femminile erotico a cui si deve il divenire di una donna, la sua metamorfosi verso la maturità.
Sentirsi realizzati sul lavoro è il perno su cui si incardina il divenire della psiche. Da qui si deve partire per qualsiasi vita si voglia vivere, per qualsiasi ruolo si voglia ricoprire. Una mamma dipendente, che non ha un suo spazio, finisce per mettere su peso: la fame diventa l’unico sfogo, l’unico piacere…
Evitare di ingrassare in menopausa è un desiderio di tutte le donne che si avvicinano alla maturità. Ma in realtà, come nel caso di Renata, il problema spesso inizia molto prima della fine della fertilità, ogni volta che si spengono le voci interiori dell’autonomia e della propria realizzazione. A volte è addirittura subito dopo il matrimonio, come accade spesso ancora nel Sud, che inizia il sovrappeso, che finirà per protrarsi fino alla menopausa e oltre, peggiorando anno dopo anno.
Ingrassare significa rinunciare al femminile e invecchiare… Il linguaggio del corpo con il sovrappeso ci avvisa dell’insoddisfazione che ci abita. La domanda che una donna deve farsi, almeno dopo i 40 anni, non è se è una brava madre e neppure se deve “fare” un altro figlio, ma semplicemente se sta andando verso il suo destino, se sta seguendo le sue inclinazioni. Spesso le abitudini famigliari uccidono i talenti: per Renata le sue capacità manageriali, che sono energie cerebrali che le appartengono, vengono vissute come un mero ripiego, un espediente per consolarsi in attesa di tornare nuovamente madre. Non le è passato per la mente che così i 15 chili potrebbero diventare molti di più.
La maturità richiede che vegliamo su noi stessi affinché gli altri, partner compresi, non ci portino via le nostre capacità, non ce le facciano mettere in secondo piano rispetto ai loro desideri. Una vita sempre uguale, ripetitiva, standardizzata, allontana le energie creative della giovinezza, le spegne. La maturità è il luogo della discontinuità, del cambiamento, della nascita di nuove passioni, di nuovi interessi, di nuovi percorsi e soprattutto è il luogo dove seguire le proprie doti. “Ormai le scelte che dovevo fare le ho fatte” dicono molte persone… e si siedono. Così non solo ingrassano, ma si spengono, perché impediscono la nascita di quelle cellule staminali del cervello che sono alla base della possibilità di ringiovanire mente e corpo.
Per le donne, la menopausa è la vera età dei nuovi interessi, dell’indipendenza, della realizzazione. È la gioia di poter godere del sesso senza restare gravide: se le donne la percepiscono in questo senso, entrano nell’età dell’oro; altrimenti, se non ne colgono le opportunità e il significato, si trasforma in un inferno che rovina l’esistenza.
Sentite Marcella:
Non voglio raccontare una mia esperienza, ma un semplice stato d’animo.
È da poco che sono entrata in menopausa, circa un anno, ma il mio corpo sta cambiando veramente in fretta, mentre la mia testa sta vivendo un nuovo periodo. Sì perché, causa mancanza lavoro, sono tornata a studiare con grandissima fatica e tutto questo mi sta letteralmente dividendo in due, se non più, Marcelle. Mi fa male tutto, gambe, mani, ossa, spalle, cervicale, per non parlare delle “vampe”, io che sentivo sempre freddo…
No, è tanto, è troppo che provo rabbia: non riconosco il mio corpo, mi sto gonfiando come non mai, eppure ho abolito del tutto i dolci, non bevo più nemmeno un bicchiere di vino bianco, da mesi. Ormai mangio frutta e verdura tutti i giorni e pochissima carne, ma nulla, io mi gonfio e tutto il mio corpo cede. C’è rabbia, ora che devo fare il punto della situazione, ora che devo essere al meglio per affrontare il mio nuovo lavoro, ora che ho fatto pace con mio marito e l’amore ha bisogno di attenzioni, permettetemi di dirlo, CHE RABBIA.
Non ci sono due Marcelle: la lotta è tra l’energia della giovinezza e quella statica della mentalità che si è sedimentata nell’interiorità.
Qualche giorno fa mi ha fermato sull’aereo una signora di 48 anni. Divorziata, con una figlia di 10 anni, mi ha raccontato di vivere una storia d’amore tormentata con il suo partner, che non si decide a lasciare la moglie: “Continuo a litigare, a parlare delle cose che non vanno bene con lui, a rimproverarlo, a colpevolizzarlo e il sesso, che era la cosa più bella che condividevamo, se ne è andato”.
Nel frattempo è ingrassata 10 chili, “a causa dello stress per questa relazione. Mi vedo brutta, non mi piaccio più e forse non piaccio più nemmeno a lui. L’unica cosa che funziona della mia vita è il lavoro e il rapporto con mia figlia. Il resto è disagio, vampate, tristezza e tormenti”.
Tutto questo accade perché è venuto meno il femminile. Afrodite, la dea dell’amore, si ribella, se rinunciamo a lei, facendoci ingrassare, deprimendoci, tormentandoci. Il linguaggio del corpo ci dice che stiamo ingrassando, gonfiandoci, perché abbiamo rinunciato alla donna interiore.
Mi dice Rossana, 54 anni: “La mia storia d’amore più intensa è arrivata a 50 anni. Mi sono ripromessa, rispetto a un tempo, di dirmi che non dovevo fare progetti, ma invece seguire solo il desiderio sessuale, il piacere di vederlo, di starci insieme. Come una ragazzina, mi guardo allo specchio mentre mi vesto per incontrarlo. Ma lo sa che lo vedo solo due volte alla settimana, facciamo scintille a letto e non so quasi niente di lui, a parte il fatto che è sposato e che ha dieci anni più di me? Non mi sono mai sentita così giovane e bella. Neanche a vent’anni gli uomini mi guardavano come adesso. Sono magra, vado a fare camminate nella natura, leggo romanzi e sul lavoro vado sempre meglio”.
Afrodite la sta facendo fiorire in menopausa, eppure per anni era stata “una donna assolutamente ansiosa, ossessiva, una vera rompiballe. Oggi mi godo quello che c’è senza dirmi niente”.
Gli incontri non arrivano per trasformarsi in nuovi matrimoni, ma semplicemente per attivare l’energia della giovinezza, la sorgente perenne del cervello sacra ad Afrodite, che è la Signora della bellezza, della concordia, dell’armonia. La pace con se stessi arriva da questa dea, da questa energia cerebrale che è il vero rigeneratore del femminile. L’eros, quando non è tormentato, è il farmaco, l’elisir della giovinezza del corpo, della psiche e del cervello. Così è accaduto a Rossana che si gode, senza domande, i doni di Afrodite… Senza dirsi niente, lascia accadere la sua vita, permette che sia l’amore a condurla. Non dirigersi, ma percepire cosa accade dentro di noi, è fondamentale se si vuole imparare l’arte di ringiovanire.
Marcella è tormentata, vuole rianimare un amore matrimoniale, mentre la signora dell’aereo ha in mente un progetto di convivenza, dimenticando il femminile, il piacere collegato alla metamorfosi che sta avvenendo.
Rossana invece rifiorisce, scopre un mondo mentale di tranquillità, di gioia, di piacere, perché accetta di vivere l’amore semplicemente così com’è. Questa è forse la più grande scoperta dell’età matura: la capacità di seguire gli avvenimenti amorosi senza interferire.
L’eros è la miglior sostanza per stimolare la metamorfosi della maturità, per attivare le energie creative capaci di portarci verso il nostro destino. Non c’è più tempo per vivere amori tormentati, per fare progetti a lungo termine, per trasformare gli amanti in principi azzurri. Non c’è più tempo per diventare come ci vogliono amanti, mariti, amici. La maturità è la vera gestazione del proprio Sé: guai a disturbarla. I tormenti arrivano quando vogliamo a tutti i costi trasformare una passione in un matrimonio, quando ci ostiniamo a vivere per gli altri, quando perdiamo di vista che stiamo maturando per avvicinarci alla scoperta di noi stessi. Resistere alla metamorfosi significa stare male, vivere infelicemente il proprio destino o non scoprirlo affatto.
Rossana insegna bene cosa succede quando il nostro lato tenuto in ombra per tanti anni scende finalmente in campo. Proprio lei, che era così “ossessiva”, è diventata accogliente, senza nessuna critica né autocritica, ha lasciato semplicemente accadere la sua vita e la sua vita le ha regalato una menopausa felice e senza chili.