In quella perenne metamorfosi che è la nostra esistenza, tante tappe sono state percorse senza il nostro intervento. Siamo stati feti, embrioni, neonati, abbiamo visto arrivare la pubertà, scoperto l’energia sessuale, le relazioni, gli addii, ma tutto è avvenuto nella pressoché totale inconsapevolezza, mentre vivevamo centrati sul nostro Io, sulle chimere, sulle illusioni che ci trasmetteva il mondo esterno.
Così siamo arrivati alla seconda metà della vita, quasi senza accorgercene, e adesso dobbiamo rispondere all’appello. C’è un “processo originario”, così lo chiamava Goethe, che comincia a svelarsi solo dopo i 40 anni: finalmente possiamo avvicinarci a ciò che siamo, alle nostre tendenze, al nostro essere più nascosto e più autentico.
La maturità è tutta nella mente, bisogna saperlo. Avanziamo nel tempo perché c’è un processo che conduce la nostra esistenza, con le sue tappe e la sua destinazione.
Se ci avviciniamo nel modo giusto e accogliamo l’arrivo della seconda metà della vita come una possibilità di raggiungere la meta più ambita, il nostro destino ci accompagna come fedele compagno di viaggio. La maturità è il regno della mente che evolve, che matura, in cui si scolpisce l’essere diverso da tutti gli altri che abita ciascuno di noi. Se rifiutiamo di partecipare alla metamorfosi che sta avvenendo dentro di noi, può solo arrivare il peggio.
Tutto è scritto nell’Odissea, quando Calipso offre a Ulisse l’eterna giovinezza. Che cosa c’è di più desiderabile per la nostra epoca che restare giovani per sempre, immortali? Ma Ulisse, che è Nessuno, vale a dire colui che è uscito dal pensiero comune, sa che c’è un senso che si può scoprire solo entrando nel regno dell’età matura. E rinuncia! La vita mortale viene preferita alla vita eterna insieme alla ninfa: ciascuno di noi deve tornare nella sua Itaca. Se non lo fa, abortisce se stesso.
Ognuno ha una missione: portare avanti il suo “progetto originale”, quel “disegno premeditato” che era già presente al momento della fecondazione. Fermarsi per restare per sempre giovani e belli sarebbe un vero delitto contro natura, contro se stessi. Il corso degli anni porta alla luce il disegno evolutivo di ciascuno di noi, la nostra unicità. L’eterna giovinezza invece ci cristallizza in un’immagine puramente esteriore, omologata, priva di vita come una statua di sale.
I frutti arrivano solo adesso che li possiamo cogliere, e Ulisse lo sa: compiere il proprio destino è l’unica cosa che conta, molto di più dell’eterna giovinezza e dell’immortalità. Stiamo entrando nel regno dell’essenza, dove un’altra mente conduce le danze, dove gli dei hanno stabilito la nostra originalità. Oggi sappiamo che c’è un modo di essere, un carattere, una trama che si sta svolgendo e che è solo nostra. È la trama delle radici, che il centro ama più di tutto, perché si occultano nella terra, non si fanno vedere.
Nelle storie che ho raccontato, e sono soprattutto storie di donne, le migliori sorprese, le guarigioni, i cambiamenti arrivano quando non ci si sofferma sul tempo che avanza, sugli anni che passano, in genere dopo i 40 anni. I disturbi passano, le relazioni tormentate svaniscono, quando si segue l’impulso irresistibile di camminare su una strada non percorsa dagli altri.
Paola, 48 anni, sfugge a un compagno che la tormentava da anni, va a Los Angeles con la sua bambina e partendo da zero, senza un soldo, finisce per creare una società alimentare con 70 dipendenti. Silvia cambia atteggiamento mentale e gli amori tormentati, le delusioni affettive spariscono e fa un sogno in cui una pianta, l’origano, viene a trovarla. Sacro ad Afrodite, i Greci lo usavano per guarire gli abbandoni d’amore. Lei non lo sapeva, ma il suo centro varcava il tempo e lo spazio e andava a cercare nei riti della Grecia antica il senso della sua esistenza. Silvia è stata bene, perché ha cercato il significato di quell’Immagine che è venuta a trovarla di notte. “A 40 anni suonati”, come lei mi scrive, i disagi d’incanto spariscono.
Via via che ci affidiamo al nostro “disegno premeditato”, a quello che Goethe chiamava “l’impresa principale” del nostro essere, le cose si mettono a posto, tutte le contraddizioni di una vita si superano, come ricordava Jung. Così ci arrivano regali che ci dicono che stiamo tornando a casa, nella nostra casa. Via via si eliminano le azioni inutili, le persone sbagliate, si rivelano interessi di cui non possiamo fare a meno e che per anni abbiamo messo da parte o ignorato completamente. Sono regali che ci danno la certezza che ci stiamo portando verso le radici, che sono il cardine della vita dell’albero. Come le radici, diventiamo misteriosi, certi di non voler più cambiare, rispettando le nostre caratteristiche. È segno che i nostri frutti stanno nascendo.
Smettiamo di voler cambiare il mondo, perché stiamo entrando nel centro, che genera l’essere che siamo. Via via che l’esterno perde di importanza, ci sediamo dentro noi stessi. Questo in fondo è ciò che ci chiede la seconda parte dell’esistenza, la più importante, perché produce puntualmente la nostra diversità e allora, come ricordava Jung, “uno alla volta, con il procedere della vita, i pezzi si sistemano al loro posto secondo un disegno premeditato”.1
A che cosa ci servono l’immortalità e l’eterna giovinezza, se il disegno non si compie, se il centro non sviluppa il suo albero? Omero lo sapeva e tramite Ulisse ce l’ha raccontato. Guai a perdere gli anni che devono venire…!
Petrarca ricordava che la felicità si incontra solo via via che ci inoltriamo nel sentiero della vita. Aveva ragione. Aveva compreso che di tutte le stagioni della vita la maturità è quella più vicina alla nostra natura originaria, che è l’unica guida efficace, la sola che sa dove condurci. Se gettiamo via la paura di invecchiare, che è figlia della superficialità dei nostri tempi, se ci liberiamo di idee vecchie e logore, dei luoghi comuni, se smettiamo di lamentarci del tempo che passa, se spazziamo via le rabbie represse, i rancori e le abitudini ormai vuote e senza significato, allora entriamo nella metamorfosi più profonda del nostro Sé, che ci porta verso le “energie sottili” del cervello, verso la sapienza dell’anima, verso la farfalla di tutte le farfalle, la psiche.
Così la maturità è il regno della mente che ci fa evolvere verso il nostro destino. Vale la pena di vivere solo per questo.