Marsilio Ficino (1433-1499), da non confondere con Marsilio da Padova, era un toscanaccio nato a Figline Valdarno. A parte i libri che scrisse (gli Ermetici, la Theologia, il Della cristiana religione e le Dodici epistole), si rese benemerito traducendo Platone dalla prima all’ultima riga, per poi passare a Omero, Proclo ed Esiodo. Se oggi leggiamo i classici, perfino su Internet, un po’ lo dobbiamo a lui. Di veramente importante, però, scrisse un saggio dove magnificava l’amore platonico. (Attenzione: per amore platonico non dobbiamo intendere quello dove non si copula, ma quello dove l’anima dell’uomo, grazie alle ali, riesce a raggiungere la patria celeste.)

Il compito principale di Marsilio Ficino fu quello di far convivere la religione cristiana con la filosofia platonica, e quindi i dieci comandamenti con i Dialoghi. A volerla dire tutta, lui a Gesù preferiva Platone, ma non se lo fece mai scappare di bocca per paura che le autorità ecclesiastiche lo bruciassero vivo come già avevano fatto con altri.

Oltre che filosofo Marsilio fu un mago e un grande cortigiano. Si sistemò, vitto e alloggio, presso la corte dei Medici a Firenze e non si mosse di lì per nessuna ragione. Non solo, ma la sua idea di far viaggiare sottobraccio Platone e il cristianesimo (ovvero quella che lui chiamava la pia philosophia) convinse il suo signore e padrone, Cosimo de’ Medici, a fondare nel 1459, a Correggio, un’Accademia tutta dedicata agli studi neoplatonici. Accademia che lo stesso Ficino diresse nel migliore dei modi. Si dice che un giorno arrivò ad affermare che l’eros è «il dilatarsi di Nostro Signore sulla terra». Ebbene, che ci crediate o meno, quando fece questa dichiarazione ebbe dagli allievi presenti un’autentica standing ovation. Erano tutti maschi.

Come Platone, sottovalutava l’arte. Se le ombre, diceva, sono le imitazioni delle Idee, l’arte, in quanto imitazione delle ombre, altro non è che l’imitazione di una imitazione. Sarà, dico io, però ci sono imitazioni e imitazioni: quelle del Caravaggio, ad esempio, ti lasciano senza fiato.

Per Marsilio Ficino l’uomo è il più disgraziato degli animali: insieme alla imbecillitas corporis, comune a tutti i viventi, possiede la inquietudo animi, ovvero la consapevolezza di dover morire. Un cane non sa che lo aspetta la morte e quindi campa tranquillo fino all’ultimo istante. L’uomo, invece, più si avvicina la fine e più è infelice: si guarda allo specchio e osserva la sua morte al rallentatore.

L’Universo, diceva Marsilio, è costituito da cinque livelli, ognuno un po’ più alto del precedente, e precisamente:

1. il Corpo

2. la Qualità

3. l’Anima

4. l’Angelo

5. Dio.

Il Corpo è quello che ci condiziona durante tutta la vita con le sue esigenze primarie, ovvero col mangiare, il bere, il troppo caldo, il troppo freddo, il far l’amore e via dicendo.

La Qualità fa capolino non appena abbiamo soddisfatto il Corpo.

L’Anima è un riflesso di Dio ed è un passaggio tra due mondi: l’aldiquà e l’aldilà. È la sola in grado d’intuire le «cose» superiori senza per questo essere costretta ad abbandonare quelle inferiori.

L’Angelo, a essere sincero, non l’ho capito e il livello di Dio meno che mai. Magari un giorno, il più tardi possibile spero, me lo spiegherà lo stesso Marsilio Ficino...