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... e del fatto che la Fede la si possa avere e non avere: io confesso di non averla. Ci ho scritto sopra anche un libro, intitolato Il Dubbio. Ma esaminiamo con cura il problema.

Io non capisco quelli che sono così sicuri dell’esistenza di Dio, così come non capisco quelli che con altrettanta sicurezza affermano che non c’è. Il credente e l’ateo sono, a mio avviso, due presuntuosi, con i quali non mi posso identificare. In compenso, pratico il Dubbio positivo. Perché positivo? Perché ho sostituito il verbo credere con il verbo sperare. In altre parole io spero che ci sia e ho paura che non ci sia. Nulla mi spaventa di più del pensiero che dopo la morte esista solo il «nulla», che si muore e basta! Dubitando ogni giorno, però, sto sempre a chiedermi se Dio esiste o non esiste, e finisco per stare in Sua compagnia più di chi ha creduto nella sua esistenza una volta per tutte, e non si è posto mai più la domanda.

Invidio quelli che hanno la Fede, quella con la F maiuscola: vivono meglio di noi che dubitiamo. Mia madre, ad esempio, la vidi sempre serena, anche negli ultimi istanti di vita. Lei andava ogni mattina in chiesa, alla parrocchia di Santa Lucia, e se ne ritornava come se avesse bevuto un elisir di felicità.

Purtroppo non è che la Fede la si possa conquistare con i ragionamenti. Non posso dire a me stesso: «Da domani ho deciso di credere!». È già difficile smettere di fumare, figuriamoci di dubitare.

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