Me lo Ricordo
M
e lo ricordo molto bene, Maya.
Quando sei tornata indietro io ti ho baciato con tutto quello che ancora potevo darti di me e credimi, non era poco. Tu non eri poco. Ma ti sei alzata, ti sei voltata, neanche mi hai guardato più, hai aperto la porta e te ne sei andata. L’attimo prima eravamo stretti uno all’altra in un complesso amplesso che entrambi smaniavamo da tempo, l’attimo dopo ero sdraiato in quel letto da solo abbandonato all’uomo che non ero più. Non dopo averti avuta.
“Falla uscire dalla tua vita come c’è entrata”
mi sono detto. Sembrava la cosa più intelligente, la cosa più facile. Lo era? Non credo proprio. Perché tu nella mia vita ci sei entrata per caso, inaspettata. Sei arrivata di prepotenza, senza essere cercata. Ti sei infilata fra le crepe del mio animo e fra le ferite del mio cuore, hai messo radice prima nella mia testa e poi nel mio corpo intero. Prima non c’eri, stavo bene anche così, poi d’un tratto eri comparsa e il non averti mi strappava via il respiro.
È andata a quel modo e basta
.
Mi sono infilato gli slip e la t-shirt, sono uscito sullo striminzito balcone di quella stanza del cazzo e mi sono acceso una sigaretta, la prima di una lunga serie di sigarette che avrei fumato una dopo l'altra lì affacciato. Ti ho guardato mentre quasi scappavi via, che il rimorso non eri proprio capace di gestirlo me l'avevi detto un sacco di volte, che saresti fuggita come una ladra senza neanche guardarti indietro mi ha un po' ferito. E fumavo, fumavo, fumavo mentre ti ripensavo.
Mi sono tornati in mente un sacco di piccoli e inutili particolari di quelle pochissime ore passate insieme. L'intimo di pizzo nero che ti modellava il culo, il seno gonfio e prorompente, le labbra sottili colorate di viola, il profumo pungente e provocante dei tuoi lunghi capelli che mi sfioravano il viso mentre mi stavi sopra e mi cavalcavi. Dio. Mi è bastato solo ripensarci che mi era già venuto di nuovo duro.
Basta.
Ho spento la terza, forse quarta sigaretta sulla ringhiera verde e l'ho lanciata sotto. Non era una bella cosa, lo sapevo, ma non era certo la prima che non avrei dovuto fare in quella giornata, a quel punto io volevo solo fregarmene.
Sono rientrato nella stanza, c'era ancora il nostro odore mischiato insieme lì dentro. Una fitta al cuore. Mentre recuperavo gli altri miei vestiti da terra ho notato la forma delle tue mani sulla scrivania, avevi
lasciato l'impronta fra la polvere. Mi è venuto da ridere al pensiero che tu, così fissata per le pulizie, non avevi fatto caso a quella non proprio simpatica sporcizia. Ho tirato fuori il cellulare e ho scattato una foto, il più misero ricordo di quello che era stato. Avrei di certo preferito avere una foto di te, nuda a novanta, ma quel genere di foto non avrebbe fatto bella figura nella mia galleria, fra le facce sorridenti dei miei bambini e i cantieri in costruzione. Mi sono quindi accontentato di quelle impronte senza senso se non per me. Erano le stesse che, d’altra parte, mi avevi lasciato pure dentro.
Ho aperto la nostra chat e l'ho rinchiusa senza scrivere niente. Una, due, tre volte. Avrei voluto scriverti qualcosa, due parole, anche solo un vocale dei miei da pochi secondi. Mi è sembrato tutto senza senso. Tu te n'eri andata e io non ti avevo fermata.
Avrei voluto davvero andasse diversamente. Avrei voluto trattenerti per un polso, avrei voluto stringere il tuo corpo nudo e caldo addosso al mio per il resto della giornata, avrei voluto passarti le dita fra i capelli, avrei voluto scoparti di nuovo ma con più dolcezza e più sentimento. Avrei voluto soprattutto dirti un sacco di cose che non avevo avuto ancora il coraggio di dirti, e chissà se questo coraggio lo avrei trovato mai. Avrei voluto baciarti, leccarti, averti per poi farti sorridere, arrossire, imbarazzare. Avrei voluto renderti felice. Non era solo una scopata
come le altre, non era solo sbatterti e volerti, non era solo il tuo corpo mozzafiato ed il tuo viso dai tratti così particolari. Non era solo sesso per me. Tu sin dal primo istante mi avevi preso di testa, ti ci eri infilata dentro e non ci eri più uscita.
Ho infilato i jeans e la giacca, ho calato gli occhiali da sole sugli occhi e mi sono diretto alla hall, senza prendere l’ascensore per paura di trovarci ancora dentro il tuo odore e sì, lo sapevo che mi avrebbe fatto stare male. Alla reception quel tizio mi ha guardato col sopracciglio alzato, glielo avrei voluto proprio chiedere “che cazzo di problemi hai coglione?”
ma mi sono trattenuto. Strano ma vero. Gli ho spinto contro la chiave e ho preso il portafoglio dalla tasca, lui ha scosso la testa.
«Ha già saldato la signora.»
Mi sono morso la lingua senza rispondergli, gli ho fatto un mezzo sorriso e sono uscito. Ma perché diamine avevi pagato tu? La stupida storia della prostituzione, ti ci eri fissata per davvero. Non scherzavi quando mi scrivevi “mi sembrerebbe di fare la puttana, tu paghi la camera e mi sbatti, come mi chiameresti se non sapessi il mio nome vero?”
E che cazzo Maya. Avevo la bile alla bocca. Quella era stata una mossa davvero odiosa, lo avevi fatto apposta. Sapevi bene che ci sarei andato fuori di
testa dal nervoso, mi conoscevi come pochi altri. Ho tirato fuori il cellulare e ti ho scritto.
Igor
– Ma perché?
E tu non hai esitato un attimo a rispondere, non hai avuto neanche bisogno di chiedere il perché di cosa. Già lo sapevi.
Maya
- Perché sì. Buona giornata.
Sono salito in macchina innervosito più di quanto in realtà avrei dovuto, sono andato in palestra. Una lunga ora e mezza di crossfit in cui avrei dovuto fare la guerra con me stesso ma invece ho fatto la guerra con te, col tuo ricordo così prepotente, col tuo sorriso così vivido nella mia mente. Ne sono uscito a pezzi, di corpo e di spirito, dolorante e devastato dall’interno.
Mi sono fatto la doccia, ho tolto dalla mia pelle l'ultimo residuo di te. Avrei preferito tenerti addosso ancora un po' ma chi l'avrebbe spiegato poi a Lei?
Sono salito di nuovo in macchina e sono tornato a casa, il cellulare non l'ho toccato più. Smaniavo per controllarlo, mi premeva sul petto l'esigenza di sapere se anche per te fosse un'impellente necessità sapere di me. Però avevo paura non fosse così, io temevo tu non avresti risposto più, mi agitava l'idea di vederti scappare dal nostro angolo felice sul web come avevi fatto poche ore prima fuggendo
dall'hotel. Proprio per questo, anche se non pensavo ad altro, non ti ho scritto.
Sono entrato in casa sfoderando uno dei miei sorrisi migliori, uno dei più falsi. I bambini mi sono corsi incontro saltando e ridacchiando, uno si è appeso alla gamba e l'altro si è appeso all’avambraccio. Papà
. La parola più bella del mondo detta dalla vocina infantile di quei due piccoli mostri, le cose più belle del mio mondo. Di Lei me ne sono ricordato solo quando si è affacciata alla porta, i capelli biondi spettinati e gli occhi stanchi. Ha alzato un sopracciglio, ha sbuffato, ha sventolato una mano in aria accompagnandola da un “vado a fare la doccia, veditela tu con loro due”
e se n'è andata. In quel preciso momento ho desiderato ci fossi tu al posto suo, mi sono sentito il peggiore degli stronzi.
Lei è sempre stata la mia metà del cuore, quella di cui non riuscivo proprio a fare a meno, quella che avevo voluto sposare nonostante tutto, quella che mi aveva dato due figli. Lei era quella che c’era sempre stata anche quando io ero distante, quella che per me avrebbe fatto qualsiasi cosa, quella che aveva sbagliato ma non mi era importato, quella che valeva per me più di ogni altra donna al mondo. Quella che amavo, e la amavo davvero, almeno fino al giorno in cui all'improvviso eri arrivata tu
.
E ci ho provato a smettere, ci ho provato a fare a meno di te, ci ho provato a ricordarmi di tutti i momenti felici prima del conoscerti. E mi sono sentito un uomo di merda, mi sono sentito il cazzone peggiore della storia. Ma per te io ci ero andato sotto, ci ero andato sotto di brutto, e lo sapevo benissimo che non era solo sesso, come avrebbe potuto esserlo? Io e te così distanti che una scopata, quella scopata, l'avevamo dovuta programmare per settimane. Noi due con ognuno la propria vita piena di impedimenti che, Dio ti prego fammelo dire, a troncare sul nascere quel qualcosa che non si sa cos'è avremmo fatto meglio. Maya e Igor che solo a dirlo mi faceva ridere però alla fine era successo davvero.
Lei si è fatta la doccia poi abbiamo cenato tutti insieme, come ogni sera, l'ho guardata negli occhi e le ho pure sorriso. Mi sarei dovuto sentire in colpa, non mi ci sentivo.
Cos'è l'essere felici di fronte all'aver commesso un errore? Avrei sbagliato mille volte ancora se si fosse trattato di te. Nella vita l’importante è stare bene, essere felici, non pentirsene. E io di te non mi sarei pentito mai.
Dopo cena ho portato fuori il cane, quello sin dal principio era stato il nostro momento. Il cellulare mi bruciava in tasca da tanto ch'era grande il mio desiderio di sentirti. E se per qualche istante, nei
mesi prima, avevo pensato che dopo averti scopato almeno una volta avrei poi smesso di desiderarti lì, quella sera, al solito parchetto, col guinzaglio fra le mani e il tuo profumo ancora nel naso ho capito che no, non è possibile. Di te, sì proprio di te Maya, io non ne avrò mai abbastanza. E solo al pensarti nuda, bagnata ed eccitata mi è venuto duro. Ancora, di nuovo. Maledetta te.
Mi sono seduto sulla panchina e ho acceso una sigaretta poi mi sono deciso, l'ho fatto. Ho tirato fuori il cellulare e ti ho cercata. Come già sapevo eri online, la nostra era sempre stata una strana e curiosa, forse un po' inquietante, telepatia.
Igor
- Ohi
Maya
- Ehi
Igor
- Che fai?
Maya
- Rileggo la proposta per domani, tu?
Ti ho inviato un veloce video-messaggio di quelli tondi, ho inquadrato il cielo stellato e poi Michonne, la mia vecchia e stronza amstaff, intenta ad annusare l'erba pochi metri più in là.
Maya
- E gli alberi sfigati?
Igor
– Al solito, sempre sfigati
Maya
- Ok
Igor
- A che ora finisci domani?
E non avrei dovuto chiedertelo ma non ho resistito. Hai visualizzato e non hai risposto subito, hai
aspettato qualche minuto. In quella piccola ma interminabile attesa ho pensato che mi avresti bloccato perché cazzo, era la tua minaccia più frequente, quella più efficace. Ho sempre avuto il terrore che prima o poi l'avresti messa in atto sul serio. E invece.
Maya
- Per le 19 dovrei essere fuori
Igor
- E se uscissimo a cena insieme?
Maya
- Sei pazzo?
E sì cazzo, ero pazzo per davvero. Pazzo di te, pazzo di quella situazione, pazzo dal desiderio di possederti ancora, pazzo dalla voglia di leccartela e guardarti godere, pazzo di sentire ancora il suo sapore in bocca e il tuo odore addosso, pazzo dalla necessità di non lasciarmi scappare questa rara occasione di un bis che chissà quando avremmo potuto avere. E chissà se tu mi avresti voluto ancora, più avanti. Eri sempre così indecisa, così rotta a metà fra il fare la cosa giusta e fare la cosa che ti avrebbe resa felice.
Maya
- Che cazzo dici a Lei scusa!?
Igor
- Chiedo a Luca. Mi copre, me lo deve.
Maya
- Così all'ultimo minuto? Igor no, è pericoloso, se ti becca che cazzo succede poi?
Igor
- Non mi becca
E sai, non ne ero poi così sicuro perché sì, ok, Luca mi avrebbe coperto e sì, ok, avrei fatto le cose per bene. Ma
so bene com'è fatta Lei. Com'è gelosa. Com'è pericolosa quando si fissa.
Igor
- Le dico che è una cena di lavoro dell'ultimo minuto con quei canadesi, mezza bugia.
Maya
- Non ti è bastato oggi?
E ho pensato “no cazzo come potrebbe essermi bastato? Come potresti bastarmi in generale? Come potrei averne abbastanza di te che sei perfetta?”.
Ma non te l'ho detto.
Igor
– Tu non vorresti replicare?
Maya
- Certo che vorrei…
Igor
- E allora facciamolo. Ti devo una cena di sicuro.
In quel momento mi è squillato il cellulare, ho risposto, la sua voce acuta mi è esplosa nelle orecchie.
«Igor ma dove cazzo sei? Ti sei perso? Sto andando fuori di testa con 'sti due animali, ce la fai o devo chiamare la protezione civile?»
Mi sono alzato, ho fischiato a Michonne, l'ho legata e sono tornato a casa a passo svelto. La solita routine della sera, Lei che si occupava del grande mentre io me la vedevo col piccolo. Pannolino, biberon, lettino. Le carezze sul viso, il ciuccio sputato, le mani paffute addosso.
E il mio pensiero sempre e comunque su di te
.
Che cazzo mi avevi fatto Maya, nel mio cervello ormai non c’era più spazio per niente se non per te. Per il tuo viso, per i tuoi occhi, per il tuo sapore, per il tuo odore. Non riuscivo più a staccarmi dall’idea di averti, possederti, guardarti, amarti.
Quando il piccolo si è addormentato ho tirato fuori il cellulare, non ci ho neanche pensato su troppo.
Igor
– Devi chiamarmi cinque minuti adesso.
Luca
– WTF? Tutto ok?
Igor
– Chiamami e basta.
E così Luca mi ha chiamato, mi sono alzato e sono quasi corso in sala parlando a voce ben più alta di quello ch’era davvero necessario. Dall’altro capo il silenzio totale, il mio migliore amico imbarazzato, io impegnato in una finta conversazione solitaria dai tratti vagamente surreali.
“Ah ok - sì vabè - ma già domani? - sei sicuro? - devo vedere - chiedo a mia moglie - ma dove?”
Lei che stava impilando i piatti nella lavastoviglie mi guardava con fare interrogativo senza capire. Ho chiuso la chiamata e ho poggiato il cellulare sul tavolo, mi sono portato una mano fra i capelli e ho tirato fuori l’espressione più contrariata della terra. Ero un ottimo attore e neanche lo sapevo.
«Che succede?»
«Era Luca.»
«Quindi?
»
«C’è una cena coi canadesi.»
«Quando?»
«Domani sera.»
«Domani sera?»
Lei mi ha guardato col naso arricciato, ha chiuso gli occhi sospirando. Non ha più detto niente, non lo ha mai fatto. Lo sapevo che avrebbe funzionato, Lei di Luca si fida ciecamente, Lei non sa quanti favori io e lui ci dobbiamo l’un con l’altro. Ha annuito e ha continuato a fare quello che stava facendo, mi sono avvicinato e l’ho baciata sulla guancia. Come una sorella, come facevo da un sacco di tempo con Lei, come non avrei di certo fatto con te.
Sono andato quasi correndo al bagno, ho preso il cellulare fra le mani, mi tremavano da tanto che ero emozionato. Avevo fatto bingo, avevo fatto cento, ero riuscito a organizzare un altro nostro incontro. Mi sono guardato per qualche istante allo specchio, gli occhi dentro ai miei stessi occhi. E sì, mi è passata in testa l’idea di quanto stessi facendo lo stronzo, di quanto io stessi mettendo a rischio la mia vita, di quanto io stessi forse mandando anche tutto a puttane.
Igor
– Ohi ci sei?
Maya
– Ehi
Igor
– Per domani è andata
Igor
– Ci vediamo alle 19.30
?
Maya
– Non sarà tutto troppo pericoloso Igor?
Igor
– Non importa
Maya
– Siamo sposati entrambi
Igor
– Ma oggi è stato il giorno migliore della mia vita
Maya
– Sei serio?
Igor
– Io sono sempre serio quando si parla di noi
Maya
– Anche il mio
Igor
– E quindi ce la dobbiamo godere, lo sapevamo già come sarebbe stato no? Quante volte ne abbiamo parlato?
Maya
– Me lo
ricordo, Igor