La Brigata del Sud mandata all’inseguimento della principessa del regno, di una bambina e di un eroe di guerra che era diventato un evaso, si spaccò subito in due fronti opposti.
Il primo, capeggiato da Ardo, osò sostenere i dubbi, tanti, grossi e tondi come i cocomeri quando il raccolto era andato bene, sulla sconcertante affermazione che la figlia di re Ari fosse sprofondata in un mare di iniquità, uno degli eroi della guerra ci fosse annegato e che l’idea migliore per salvarsi l’anima fosse ammazzare una bambina.
Il secondo, appoggiato da Gari, si era trincerato sotto l’onore degli ordini da eseguire. La principessa e l’eroe di guerra dovevano essere sotto una specie di incantesimo. Loro avrebbero eseguito gli ordini perché gli ordini erano come la pioggia: qualcosa che poteva essere fastidioso, doloroso anche, ma mai sbagliato; poteva creare torrenti impetuosi che travolgevano gli uomini o gli armenti, ma alla fine nutriva la terra e ne permetteva la vita. Un mondo senza ordini o con gli ordini disattesi era come una landa arida, era il caos che inghiottiva il mondo.
Anche lo spampanarsi dell’autorità paterna, però era caos, quindi il partito dell’esecuzione degli ordini era debole e bastava un’occhiata storta del comandante al figlio perché perdesse argomenti.
La Brigata del Sud, come ultima soluzione, si impantanò nell’inefficienza. Il partito che preferiva non impegnarsi riuscì talmente a intralciare l’altro, a rallentarlo, che i fuggitivi rimasero a distanza di sicurezza.
Attacchi ripetuti di insetti e frane che si muovevano da sole facevano, però, pendere la bilancia dalla parte del partito degli esecutori degli ordini: era evidente che una bambina che poteva commettere quelle infernali magie non poteva che essere una strega.
«Certo, ma allora sicuramente è una strega benevola, perché potrebbe ucciderci in ogni istante e non lo fa. Si limita a tenerci a distanza. Sta salvando se stessa, è un suo diritto. Non so cosa stia succedendo, forse è vero che la principessa Haxen ha subito violenza da un demone e ne ha partorito la figlia, ma allora è evidente che in qualche maniera è riuscita a rabbonirla, a guidarla, perché Haxen è la figlia di re Ari, e conosce l’onestà e la cavalleria, il regno esiste grazie a suo padre e agli uomini come Dartred, noi siamo il Regno delle Sette Cime e noi l’ordine di ammazzare i bambini non lo eseguiamo mai. E poi quest’ordine chi lo ha dato? La regina? La madre della principessa Haxen e nonna della bambina non può averlo fatto. Qualcosa di grave sta succedendo» disse Ardo.
«Le torri sono devastate, gli orti distrutti, i pozzi pieni di massi. La bambina ci distruggerà. Io sono stato colpito già, so quanto è malvagia. Lo ha detto il comandante» protestò Gari.
Ardo sentì un peso sul cuore. Il comandante era lui. Avrebbe dovuto essere lui. Almeno per suo figlio.
«Esatto, tu ne sei stato colpito e te la sei cavata grattandoti per qualche giorno. Avrebbe potuto ucciderti. Non lo ha fatto. ‘La bambina ci distruggerà, e l’unica maniera di evitarlo è ucciderla’ ha detto il comandante. E allora ne saremo distrutti. Se l’unica maniera per sopravvivere è uccidere una bambina, noi smetteremo di sopravvivere. Noi siamo il Regno delle Sette Cime, e io sono Ardo, comandante della Brigata del Sud. Noi non ammazziamo i bambini».
Alla quarta torre Baio, da sempre il compagno di Ardo, che aveva seguito e sorretto quando, zoppo e con un braccio di meno, aveva lasciato il nord per il fronte meridionale, si dichiarò troppo malato, troppo ferito dai pungiglioni delle api, con una qualche febbriciattola che lo attanagliava, un continuo male al ventre che peggiorava, un diffuso dolore alle giunture, e chiese di tornare indietro. Ardo, che in teoria era stato esautorato dal comando, dette comunque il suo assenso e Baio partì, accompagnato da altri due uomini perché, malato come era, non si perdesse.
Ricomparve alla quinta torre su un cavallo, accompagnato dalla cavalleria: erano andati dritti, senza fermarsi per arrampicarsi a ogni torre, quindi li avevano raggiunti.
«Per ordine del comandante della Brigata dell’Est io ti dichiaro in arresto per alto tradimento» disse Baio ad Ardo.
Dovette ripeterlo tre volte. Per Ardo fu dannatamente difficile capire il senso delle parole.
Persino quando gli avevano detto che la sua sposa era morta aveva impiegato meno tempo. Lui e Baio erano come fratelli, si erano salvati la vita a vicenda, si erano sostenuti a vicenda innumerevoli volte, nella Guerra dei Due Inverni si erano divisi l’ultimo pezzo di pane, l’unico topo o l’unica talpa che avrebbe dovuto sostenerli per una giornata intera.
Non era possibile che fosse Baio a fare quello.
Gari era sbiancato. Barcollò. Cadde in ginocchio. Con un sussurro che Ardo riuscì appena a udire mormorò:
«Padre…».
«E come gli è venuto in mente al comandante» chiese Ardo, scandendo le sillabe di comandante «che io abbia potuto tradire?».
«Ho dovuto riferirgli indecisioni, rallentamenti e discorsi francamente contro i suoi ordini» rispose l’altro. Aveva uno sguardo sfuggente, evitò i suoi occhi.
Ardo si ricordò la sensale. Una colata di gelo gli scese lungo le vertebre della schiena.
A quel punto si scatenò l’inferno. Sciami di vespe, api, calabroni, minuscole e micidiali zanzare, formiche, alate e non, si scatenarono su di loro.
«Qualcuno aveva ancora dei dubbi?» chiese esasperato Baio quando quell’inferno finì.
«Qualcuno ha ancora dei dubbi? Siamo tutti vivi, ci gratteremo per qualche giorno, tutto qui. Non è un potere maligno. Non eseguiamo ordini immondi e…»
Non riuscì a finire. Due dei cavalieri, uomini della Brigata dell’Est che non conosceva, lo colpirono alla testa e alle braccia.
Poi lo incatenarono e lo issarono sul cavallo di Baio, che da quel momento sarebbe andato a piedi.
«Si torna al Castello dell’Acqua Perduta. Non potremo dire che abbiamo catturato la bambina strega, ma almeno faremo giustizia di chi ce l’ha impedito. Alla capitale saranno contenti».
Si misero immediatamente in marcia. Dopo i primi passi Gari scoppiò a piangere disperato, con la mano destra posata sulla staffa del cavallo che portava Ardo.
«Un soldato non piange. Non farti vedere piangere da questi cani» riuscì a sussurrargli suo padre. «Sei l’ultimo soldato della regina. Stringi i denti e non crollare mai».
Gari riuscì a ingoiare le lacrime, e un passo dopo l’altro seguì il cavallo del padre.
Ardo fu processato subito per alto tradimento e condannato a morte. Avevano tutti fretta. Il processo fu fatto il giorno stesso del suo rientro e l’impiccagione fissata per il giorno successivo.
Il dispaccio con la notizia partì per la capitale, ed era quel dispaccio la cosa importante, quello che li assolveva dal fallimento totale. La strega non l’avevano presa. Non era stata colpa loro. Avevano però fatto giustizia di chi aveva intralciato la cattura.
Il risultato era diverso, ma il merito poteva essere uguale o quasi uguale a quello che li avrebbe inondati se avessero acchiappato la piccola strega muta, se ci fosse stata lei sulla forca. Comunque non c’era demerito. Se non ci fosse stato Ardo a intralciare, discutere e cavillare, la creatura avrebbe finito i suoi giorni terreni. Che nessuno se la prendesse con loro.
L’ultima sua notte Ardo la passò nella minuscola cella del Castello dell’Acqua Perduta, dove per anni aveva fatto rinchiudere i suoi uomini per piccole punizioni affettuose di colpe irrilevanti: due giorni di cella per ubriachezza, tre per essersi addormentati durante la guardia.
Dall’altra parte dell’inferriata, sotto una luna immensa che illuminava l’arida piana, singhiozzava suo figlio.
«È stata colpa mia» pianse Gari.
«La colpa è di chi mi sta impiccando. La colpa è dell’idiota che ha avuto il comando. La colpa è di chi il comando glielo ha dato. La colpa è dell’Oscuro, Gari, che ha teso questa trappola, perché noi ci cadessimo dentro».
«Tu non ci sei caduto».
«Io sono più vecchio e a stare al mondo qualcosa impari. Non ci sono caduto perché conoscevo Dartred. Abbiamo combattuto insieme nell’ultima guerra al nord».
«Avrei dovuto capirlo!» pianse Gari.
«Non era facile da capire! Persino io non ero del tutto sicuro, forse mi sbagliavo, magari veramente un incantesimo li ha resi malvagi, lui e la principessa. Ed è meglio così, altrimenti forte e leale come sei, ti saresti esposto e ora saresti con me sulla forca. Questi pazzi ammazzano anche i bambini, e tu sei già quasi un ragazzo. Invece sei salvo, questa è la cosa più importante. È la più importante perché sei mio figlio, figlio mio e di tua madre, che sarebbe immensamente fiera di te e che ora rincontrerò. È la più importante perché sei l’ultimo soldato che è rimasto alla regina: devi restare in vita e proteggere il regno. Ed è importante che tu sopravviva, figlio, perché sei un soldato perfetto. Tu hai una mira infallibile, sei invincibile con la spada. Già adesso, che sei poco più di un bambino, hai il coraggio e la forza di un uomo. Scappa, lontano da qui. Vattene immediatamente. Ogni istante che passi qui aumenta il pericolo. Da un momento all’altro, ne sono certo, arriveranno ordini anche per te, quindi vai via. Inoltre, ti prego, non voglio che tu mi veda penzolare da una forca. Fammi il dono della tua assenza alla mia esecuzione. Scappa ora, allontanati. Impara a conoscere ogni spanna del regno, dove ci sono le colline, dove i boschi sono impenetrabili. Fai il taglialegna e il cacciatore. L’uso dell’ascia e dell’arco ti resteranno e non darai nell’occhio. Stai lontano dagli armigeri, dalle caserme, dalle garitte. Ovunque ci sia un armato, tu stai alla larga. Noi abbiamo combattuto una guerra tremenda quindici anni fa. Il nemico era alle porte ed era più forte di noi. Ora capisco come quella guerra fosse uno splendore rispetto a ora. Il nemico è nel cuore del regno e sta infettando la nostra anima. Esiste un potere Oscuro e ha attaccato. I fratelli tradiscono i fratelli. L’ordine è stato dato di assassinare una bambina. Ci sono potenze spaventose. Sei uno degli ultimi difensori. Uomini mediocri, che potrebbero anche essere onesti, scivolano sempre di più verso la corruzione e la crudeltà. E la corruzione e la crudeltà si rigenerano per abitudine e possono solo aumentare. La regina è sicuramente in ostaggio e chi sta governando appartiene al male. Non fidarti di nessuno e diventa ogni giorno più forte. Ora, adorato figlio, vattene, vattene in questo momento. Per l’affetto che mi devi ti prego di eseguire il mio comando. Scivola nel buio e scompari. E poi salva questo regno. Io, prima che il tramonto concluda il giorno di domani, avrò ritrovato la mia sposa e le racconterò del tuo valore. Che questo tuo pianto sia l’ultimo. Vai ora, subito. Non rispondere nemmeno. Vai».
Gari non rispose. Finalmente Ardo sentì i suoi singhiozzi allontanarsi. Si lasciò scivolare sul pavimento gelido della cella.
Tutto il terrore e l’orrore per la sua morte imminente gli crollarono nelle ossa. Cominciò a tremare, poi si riprese.
Lui era il comandante della Brigata del Sud e stava andando dalla sua sposa. L’avrebbe raggiunta passando attraverso il cappio di un boia e l’avrebbe raggiunta nella luce.
Come Ardo aveva sperato, la forca era fatta bene: la corda era lunga e il salto sarebbe stato alto. Non avrebbe sofferto. Sarebbe durata pochi istanti.
«Vuoi pronunciare delle ultime parole? Vuoi chiedere perdono?» chiese Baio.
«Mi salverebbe?» si informò Ardo.
«Sono sicuro di no, ma suonerebbe bene. Aggiungerebbe eleganza all’esecuzione. Magari se ti faccio chiedere perdono mi promuovono. Sarebbe un bel gesto da parte tua».
«Hai già avuto la promozione di restare vivo. Fai un passo alla volta. A fare tre gradini insieme, poi si cade. E, fidati, prima o poi verrà il giorno in cui non sarai così contento di aver avuto successo in un esercito come questo. O qualcuno potrebbe chiedertene conto. Limitati a sopravvivere».
«Allora niente ultime parole?»
«No, niente richiesta di perdono. Qualcosa da dire ce l’avrei».
Ardo gonfiò il torace, allargò le spalle, e guardò gli armigeri schierati davanti a lui, poi l’insopportabile piccolo stolto con il suo dannato neo.
«Dieci anni fa mi fu proposto uno scambio e io ho contrattato. Invece di quatto monete d’argento ne volevo dare tre. Ora mi dispiace moltissimo di aver provato a contrattare, perché quello che ho avuto valeva molto di più di quattro monete d’argento, quello che ho avuto non aveva prezzo».
Qualcuno sogghignò. Il giovane stolto col neo si mise francamente a ridere.
«Rimpiangete di aver cercato di contrattare per pagare meno qualcosa?» si informò. Voleva essere sicuro.
Ardo non aveva più fiato per rispondere di nuovo. La paura era bruscamente aumentata e rischiava di fargli tremare la voce. Si limitò ad annuire.
«Vi ho sempre considerato uno stupido» disse lo stolto serenamente.
Ardo annuì di nuovo.
«Sto arrivando, mia sposa» mormorò, talmente piano che la voce non tremò e nessuno, nemmeno il boia, poté sentirlo. «Mi dispiace di avere contrattato perché ho profanato il tuo valore. La sensale aveva ragione. Non ti ho mai portato un fiore, ti offro queste ultime parole».
Poi il boia dette un calcio alla botte su cui posava i piedi, ci fu uno strattone terribile sul collo e il comandante della Brigata del Sud morì. Un lunghissimo silenzio calò sul piccolo castello.