Dartred era di nuovo se stesso, finalmente uscito da un bozzolo di nausea perenne, disperazione opaca, sprezzo per tutto e per tutti. Se era in quell’impasto di disgusto e odio che Hania era stata immersa, se era da quello che era nata, allora doveva ricordare che la bambina era stata magnifica a non soccombere al male e Haxen, la sua principessa, la sua regina, doveva essere ogni istante amata e glorificata per essere riuscita in un’impresa così disperata.
In attesa del ritorno della cicogna, una quieta e preziosa quotidianità si creò tra di loro, fatta di gesti normali, di filari zappati, di cavoli raccolti e puliti. Come un viandante in un deserto che finalmente avesse trovato l’acqua, Dartred sentiva la magnificenza infinita di ogni istante, sentiva la gratitudine assoluta per ogni raggio di sole, per ogni foglia di cavolo, per il sapore aspro delle cipolle, per il profumo della pelle di Haxen, per lo squittio gentile dei topi, per il battito lento delle ali delle cicogne, per quello piccolo dei passeri.
«Quello che non ammazza, ingrassa» diceva sua madre. L’Oscuro Signore aveva cercato di abbattere sia Haxen che lui, ma aggredendoli li aveva resi più forti di come mai erano stati, di come mai avrebbero potuto essere.
Giurò che mai più avrebbe sperperato un solo istante della sua vita in insulsi malumori, in infelicità gratuita. Avrebbe goduto ogni respiro, ogni boccone, ogni profumo, ogni stella che brillava in cielo.
E senza quel periodo di oscurità, dopo il quale ogni istante aveva acquistato luce, lui non avrebbe mai osato pensare a sé e alla sua principessa nei termini crudi e dolcissimi di uomo e donna. Lui era lo scudiero e lei la principessa, ma erano anche un uomo e una donna. Non erano gli ultimi e gli unici che si stavano battendo, ma sicuramente i due prescelti per guidare la battaglia.
Li aveva scelti Rastrid, il nano fabbro ferraio, bevitore di birra ed eremita, dando a ognuno dei due un’arma che conteneva la potenza verde del mondo e della vita. Erano sull’orlo del baratro, un precipizio immenso che stava per inghiottire il mondo. Tutto quello che fino a quel momento aveva avuto valore assoluto, si stemperava in una nuova visione della vita.
Quindi lui, il figlio del fabbro avrebbe osato chiedere in sposa la figlia del re Ari. Decise che glielo avrebbe chiesto nel momento splendido in cui il tramonto diventava imbrunire e le stelle brillavano in un cielo che a oriente era nero ma a occidente conservava ancora il chiarore per aprirsi in un azzurro limpidissimo.
Quella era l’ora in cui entrambi si sedevano vicino alla piccola lapide e ascoltavano il respiro del deserto che si ammantava di frescura e del volo delle civette.
Mentre Dartred cercava le parole, chiedendosi se doveva mettersi in ginocchio o se sarebbe stata una posa ridicola, Haxen interruppe il silenzio.
«La bambina ha bisogno di fratelli. Dovrà condurre una guerra spietata contro l’Oscuro e un suo maledetto figlio. È necessario che io e voi diventiamo sposi, e poi genitori di una famiglia di forti, o il mondo sarà sommerso» disse asciutta.
Dartred si chiese se doveva ringraziare per l’onore, dichiarare che si rendeva conto di non essere degno di lei e se dovesse accennare a quanto l’amasse.
«Sì mia signora» rispose infine. Lei era la sua regina e lui era il suo scudiero, e questo semplificava la conversazione.
Si alzarono, si guardarono, e poi si sfiorarono le mani, davanti al cielo stellato e alla tomba dell’unico sacerdote che aveva traversato la loro strada.
Quella fu la loro cerimonia.