Vennero a prenderla all’alba. La sua cella si aprì per prima e subito dopo fu la volta di quella di Dartred. Li impiccavano insieme. Haxen aveva temuto di dover morire da sola, lontana da lui, e invece il suo uomo le era vicino. Gli sorrise.
La forca era stata messa in uno dei cortili della reggia, quello dietro le cucine, dove lei aveva imparato da Dartred l’arte della spada. Un’alba lattiginosa e senza sole dava luce a una triste desolazione.
Il cespuglio di rose rampicanti era stato abbattuto. Tutto era sudicio, di fianco alle cucine un mucchio di qualcosa stava marcendo sotto nugoli di mosche. Sulla porta della cucina si affacciarono due cuoche per assistere alla scena. Haxen fissò le loro facce inespressive e chiuse: non le conosceva, ma anche loro avrebbero assistito e avrebbero portato fuori dalla reggia i suoi ultimi istanti. La sciatteria di Joffa aveva fatto sì che la sua morte sarebbe arrivata al suo popolo nonostante avesse organizzato l’esecuzione in un cortile nascosto. Quindi non sarebbe stata inutile. Da dove era, si sentirono lontani rumori di martellate, e capì che i fabbri stavano smontando i catenacci dalle porte, che quindi sarebbero rimaste difese solo da una serratura che una chiave nascosta nella cella più alta universalmente apriva.
Dartred riuscì a sfiorarle una mano.
«Siamo tornati alle nostre origini, signora» le sussurrò.
Lei gli sorrise.
«Siamo qui dentro in questo buco perché non hanno osato impiccarci davanti al popolo. Evidentemente una rivolta ci sarebbe stata» rispose Haxen. «Lo sanno che crolleranno, per questo ci uccidono dietro le cucine. Quello che hanno scritto per preparare la trappola che ci ha persi, che ci fossero delle rivolte in mio nome, era una menzogna, ma sta per diventare realtà. Stanno già crollando».
Si chiese perché le esecuzioni si facessero sempre a orari scomodi. L’ultima notte avrebbe dovuto essere di sonno lungo e l’ultima colazione abbondante. Se ne lamentò con il boia, un uomo grosso con la faccia coperta che lei non aveva l’impressione di conoscere, e che la fissò allibito.
«Almeno il giorno dell’impiccagione un buon pane col burro dovrebbe essere d’obbligo, sempre che abbiate ancora del burro. La cucina sembra piuttosto sguarnita, il forno deve essere spento, nessun profumo di pane si sta alzando. È una tristezza essere impiccati qui da voi».
«Non avete paura, signora?» osò domandarle. Contrariamente a tutti gli armigeri che la circondavano, non era un barbaro, era qualcuno del suo popolo, un suo suddito che poteva raccogliere le sue parole e raccontare la sua storia. Un altro errore di Joffa.
«Io sono la tua regina, la tua regina portata a morte per arbitrio e ingiustizia. Non ho paura della morte. E ti do il mio perdono, perché comprendo come tu ora non abbia scelta e opporti costerebbe la tua vita e quella di coloro che ami. Sono la tua regina e ti do il mio perdono, ma in cambio voglio il tuo giuramento che porterai queste mie parole al mio popolo e che, quando il momento di combattere sarà venuto, tu combatterai».
Il boia balbettò qualcosa, poi chiese perdono. Quindi offrì la benda per coprire gli occhi, che sia lei che Dartred rifiutarono.
«Ho messo la corda lunga, così ci sarà un colpo secco, signora» sussurrò il boia. Haxen lo ringraziò con lo sguardo.
Era una frase che conteneva una gentilezza, l’unica che le era ancora possibile, ma ruppe il delicato equilibrio della recita di calma assoluta che Haxen stava reggendo. Improvvisamente la paura la travolse, la prese il terrore del sorcio chiuso in trappola. Chiuse gli occhi per non guardare la corda, perché non voleva mettersi a piangere e insieme le venne il ricordo dei tre figli che sarebbero diventati adulti senza di lei, sempre che ci riuscissero in quell’impresa di restare vivi, che non era così scontata, soprattutto ora che non ci sarebbero più stati lei e Dartred a proteggerli. Tutta l’enormità del disastro le crollò nella coscienza, e la disperazione la travolse.
Dartred le sfiorò una mano con le sue, non era facile perché le avevano legate dietro la schiena.
«Andrà tutto bene, Hania li proteggerà e riconquisterà il mondo» le ricordò.
Haxen annuì e riaprì gli occhi.
«Addio amore mio» lo salutò.
Era la prima volta che lo chiamava così. Sarebbe stata anche l’ultima.
«Arrivederci, rispose lui».
Come il boia aveva previsto, fu un colpo secco.