Mentre aspettava di essere impiccato, dentro una cella poco più grossa di una bara, Dartred, il guerriero figlio di un fabbro, ebbe per la prima volta il tempo per pensare alla sua vita. Aveva avuto una vita piena: piena di tutto, di amore, dolore, dolcezza, di pena. Era nato figlio di un fabbro, era stato addestrato all’arte della metallurgia da Rastrid il nano, che ne era il re, e a quella della guerra da re Ari in persona, forse per questo da sempre amava sua figlia, Haxen. Quando la principessa era fuggita via dalla sua reggia, sola, sottraendosi alla vista di tutti, lui se ne era accorto e l’aveva seguita.

Quando finalmente Dartred l’aveva scorta in fuga sul suo cavallo, con il cappuccio del mantello color indaco che le celava il viso e i capelli colore del miele di castagno, lei nascondeva qualcosa con sé, qualcuno anzi, una bambina, una bambina bellissima e muta, con un marchio sul polso: la figlia dell’Oscuro Signore, da lei concepita quella notte stessa, perché l’Oscuro Signore non era una quieta superstizione di vecchie signore, di nonne sdentate e di anziane zie nubili, ma una realtà tremenda che aveva deciso di dannare il mondo attraverso il ventre della principessa dell’ultimo lembo di terra che stava resistendo.

Dartred lo aveva scoperto, aveva deciso di combattere per lei, con lei, al suo fianco e ai suoi ordini e finalmente la sua vita che era allo sbando aveva trovato il senso, essere il suo scudiero, proteggerla a costo della vita ogni istante, l’unico significato, senza il quale sarebbe rimasto solo a trascinare giorni vuoti uno in fila all’altro, fino al giorno successivo, affinché arrivasse l’ultimo. Per lei avrebbe dato la vita e, a mano a mano che una qualche quotidianità tra di loro si era formata, quel legame di suo scudiero era diventato totale.

Quando si ritrovò in una delle celle della città di Kaam in paziente attesa di essere impiccato, ci restò male. Essere impiccati, levare il disturbo della propria presenza nel mondo soprattutto in un momento come quello, in cui era ferocemente innamorato di una donna che aveva disperatamente bisogno di lui, era un’ipotesi difficile da sopportare. La cella era una bara verticale, i pestaggi terrificanti persino per lui che non era un pivello in quel campo. Terrificanti proprio nel senso che generavano terrore: ogni volta che sentiva dei passi nel corridoio, l’addome si contraeva per l’orrore e la nausea, e sempre più difficile e stinto era il sorriso beffardo con cui lui accoglieva i carnefici. La sua vita gli serviva come non mai, e stavano per togliergliela.

Simbolo di separazione paragrafi

Se lo ammazzavano non poteva più proteggere Haxen, che era figlia del suo re, e che anche se fosse stata figlia di un mendicante avrebbe ugualmente riempito ogni istante di lucidità della sua mente, non poteva starle vicino nel momento in cui lei aveva bisogno di lui, non poteva più sognare il sogno folle di essere il suo uomo.

La sentenza era stata emessa il giorno stesso del suo arresto, l’esecuzione rimandata di una luna per motivi coreografici e di ordine pubblico. Occorreva dare tempo alla popolazione di radunarsi e non perdersi lo spettacolo, e occorreva essere certi, assolutamente certi, che Haxen e l’infernale bambina che aveva messo al mondo fossero messe in condizioni di non nuocere, nel luogo dove ogni possibile pericolosità si arresta, vale a dire sei piedi al di sotto delle radici dell’erba. Fino a quella certezza, meglio averlo vivo a fare da esca o da ostaggio o anche da scambio: fino a quando le due erano in vita lui aveva un qualche valore da vivo. Vivo, non integro. Anche da ammaccato, valeva lo stesso, quindi sulle ammaccature non risparmiarono.

Perché non si godesse troppo il rinvio, Dartred era stato messo in quella cella che era una bara. Le pareti erano gelide e grondavano acqua, la porta non l’aprivano quasi mai se non per i pestaggi, e qui c’era una certa logica, dato che lo nutrivano pochissimo e molto di rado, le sue deiezioni erano ridotte al minimo e questo era un vantaggio per il minuscolo pavimento. Poteva stare in piedi e accucciato, ma da accucciato lo spazio era veramente poco, le ginocchia gli premevano contro il torace e i piedi dovevano essere curvati all’interno, e poi c’erano le deiezioni, quindi Dartred finché poteva cercava di stare in piedi. Dopo la prima luna, Dartred era stato talmente tanto picchiato che il suo leggendario coraggio era scivolato via, lui non riusciva più nemmeno a ricordarsi di essere stato un grande guerriero, il Temerario, quello che da solo aveva rovesciato le sorti della Guerra dei Due Inverni quindici anni prima, non ricordava più di non aver mai perso uno scontro, non ricordava di non aver avuto paura di niente: ogni passo nella direzione della sua cella lo terrorizzava, quindi nel buio totale che lo circondava attendava quietamente che il tempo passasse, mentre la sua mente si perdeva sempre di più in meandri insensati.

Aveva completamente perso il senso del tempo quando improvvisamente arrivarono le lucciole.

Quando la prima bestiola si materializzò nel sotterraneo il suo piccolo chiarore ferì i suoi occhi non più abituati alla luce, nel buio assoluto una sola lucciola brilla di una luce sfolgorante.

Poi le lucciole divennero un esercito e la sua mente pensò di essere scivolata definitivamente nell’irrealtà. Passavano dalla minuscola apertura della porta in ferro e dovevano essere arrivate percorrendo i sotterranei, un luogo folle per delle lucciole, quindi guidati da una volontà feroce. Le lucciole si disposero sulle pareti della sua cella formando la frase:

RESISTI ARRIVIAMO

H e H

I suoi occhi restarono a lungo su quelle due H. Se le lucciole esistevano davvero, non erano un prodotto della sua mente in disfacimento per la sete e il dolore, allora voleva dire che la bimba aveva dei poteri e che li stava usando al servizio della madre. Il dolore scomparve, la paura anche. Era di nuovo lui, Dartred il Temerario. La speranza dimenticata risorse dal fondo della sua anima e divenne potenza. La sua principessa era ancora viva, e l’oscura bambina che lei aveva generato aveva deciso di usare la sua magia per battersi al suo fianco.

Dartred restò a guardare a lungo la scritta, che improvvisamente si dissolse, come se la mente che le controllava avesse perso ogni potere. Un tafano enorme apparve davanti a lui. Con il nero immobile del suo corpo spiccava sulla luminosità vibrante e sparpagliata delle lucciole.

Dartred pensò che anche la sua presenza in un sotterraneo era bizzarra, come quella delle lucciole. Non fece in tempo a chiedersi se la bestia esistesse nella realtà o nella sua follia. Il tafano lo colpì sulla fronte, iniettandogli un tale quantitativo di dolore e veleno che la sua testa si spostò violentemente all’indietro e andò a urtare il muro dietro di lui. Dartred restò per parecchi istanti tramortito e ne fu quasi contento, perché quel colpo sulla nuca aveva tolto lucidità al dolore che provava sulla fronte, che era insopportabile, indescrivibile, e che lo riempì di una nausea violenta che non aveva mai provato. Tutto perse di importanza: il suo affetto per Haxen, il desiderio di restare in vita. La sua mente era solo nausea.

Rimase immobile, accoccolato nelle proprie deiezioni, con il terrore che la bestia potesse colpirlo di nuovo che gli attanagliava le viscere. Aveva guidato un’armata, aveva abbattuto la più terribile delle tigri, aveva protetto la sua principessa, tollerato una reclusione tremenda: non gli importava più nulla di nulla.

Pochi istanti dopo, la porta si spalancò e comparvero Hania e Haxen circondate da una nuvola di lucciole.

«Sono venuta a liberarvi, signore» disse la principessa ridendo. Gli occhi le brillavano, era bella più che mai. Al suo fianco c’era la bambina, con i capelli sciolti sulle spalle, anche lei splendente di una nuova bellezza. «Siamo venute a liberarvi» corresse Haxen. «Io e la mia bambina insieme».

Lui era libero. Lei era viva. La bambina era diventata buona o qualcosa del genere.

Riuscì a bofonchiare che era contento, e anche per quello dovette fare uno sforzo. Tutto era dolore e nausea, e dentro di sé covava la certezza assoluta che tutto sarebbe stato sempre dolore e nausea, gli sembrava impossibile che il dolore e la nausea potessero diminuire. Tutto il resto, Haxen, Hania, essere vivo, essere libero, era uno sfondo sfocato e indistinto.