Capitolo nove

 

Il martedì successivo ci recavamo nel West End in una carrozza sferragliante, indossando i nostri abiti più belli. Alcuni giorni prima Martin aveva chiesto ad Emily di accompagnarmi a Regent Street per acquistare uno scialle nuovo. Mi aveva anche procurato un copricapo di perle per i capelli. Sembrava costoso. Quando lo ringraziai e gli manifestai la mia sorpresa gongolò spostando il suo peso da un piede all’altro.

‘L’importante è che tu ci stia attenta,’ disse. Immaginai che doveva essere stato preso in prestito o magari anche affittato per la notte. La mia migliore seta di colore rosso scuro era stata pulita con una spugna e stirata. Avevo un vecchio ventaglio, ereditato dalla zia, con cui procurarmi un po’ di fresco nel caso in cui in teatro facesse troppo caldo. Mi sentivo una stupida per l’eccitazione che provavo per un’uscita normale per le persone civili, ma non potevo non essere di buon umore. Possibile che solo pochi giorni prima avevo attraversato i vicoli di corsa con i farabutti alle mie calcagna? Sembrava un episodio di un’altra vita.

‘Sembri accaldata,’ fu l’unico commento di Martin sul mio aspetto. 

Ed ero veramente accaldata; non solo alla prospettiva dell’operetta.

‘Dovete avere orecchio per la musica, signora Clarke. Spero che non troviate quest’operetta troppo leggera,’ John Osborne disse mentre ci scortava nel teatro. 

‘Perchè pensate che io abbia orecchio per la musica?’

Arrossì. ‘Dal timbro della vostra voce immagino che vi piaccia cantare.’

‘Oh.’ Mi guardavo intorno con circospezione temendo di riconoscere brutte facce tra la folla fuori sul marciapiede. O sperando di vedere un volto amico. Non avevo dimenticato il mio debito con Molly. Le monete erano avvolte in una nota di ringraziamento dentro la mia borsetta e speravo di darle al capitano quella sera stessa perchè lui gliele consegnasse.

‘Suonavo il pianoforte. Non ho avuto molti contatti con la musica negli ultimi anni.’ Martin aveva promesso di comprarmi un pianoforte, ma non lo aveva ancora fatto. Mi accontentavo di cantare pezzi di canzoni che avevo imparato in Accademia.

Caroline e Joseph, Marion e Christopher, erano gli altri compagni della nostra serata, questi ultimi desiderosi di vedere Martin avvantaggiarsi della promessa vicinanza ad investitori facoltosi.

‘Ed i nostri potenziali investitori li incontreremo durante l’intervallo?’ Martin si guardò intorno nella sala come se si aspettasse che questi fossero identificati da segni intorno al collo.

‘Ho chiesto ad alcuni miei amici dei tempi della scuola di bere qualcosa insieme a noi.’ John sedeva accanto a me. Aveva stabilito l’ordine dei posti in anticipo? O mi illudevo nel pensare che avesse qualche interesse particolare verso di me? Colsi il suo sguardo sulla mia persona e mi sembrò che il suo volto fosse serio. Le luci si abbassarono prima che io potessi analizzare la sua espressione. L’orchestra accordò gli strumenti e cominciò a suonare. Non avevo mai sentito parlare del signor Alberti che aveva scritto la musica per l’operetta, ma le sue note mi inducevano a tamburellare con il ventaglio sulla mano e a sorridere a gran voce. Era da tanto che non ascoltavo alcun genere di musica che anche le canzoni dei venditori ambulanti in strada riuscivano ad alleggerirmi il cuore. Non si trattava di musica seria, ma era comunque trascinante. La voce piena del tenore, il protagonista maschile, forniva una buona piattaforma per il soprano: una donna dal seno abbondante e dalla voce simile ad un usignolo.

La trama era inconsistente come le mura delle case nuove di Martin. Per provare la sua virtù, il duca assente abbandonò la moglie in un castello solitario nelle Alpi mentre infuriava una tempesta e si percepivano presenze spettrali. Con un tocco comico, il valletto della duchessa, Alfredo, corteggiava la sua fidanzata, Flora, cercando di proteggerla dallo sconosciuto che aveva trovato riparo nel castello e che secondo lui aveva intenzione di sedurre la bella cameriera. Il libretto mi stupì. Mentre la maggior parte delle parole erano banali e datate, un paio di versi risuonarono come pura poesia. Non fu proprio una sorpresa quando lo sconosciuto galante si rivelò essere il duca che ritornava sotto mentite spoglie per mettere alla prova la sua donna. Mi sentii irrigidire quando l’intrigo si svelò. E perchè poi? Quando mai io ero stata infedele? Dio conosce i nostri pensieri più intimi, la zia mi aveva sempre avvertito. Nel qual caso io ero colpevole come lo sarebbe stata la duchessa se avesse ceduto al fascino del marito travestito. 

Ogni volta che il coro arrivava sul palco, indossando abiti da cortigiani o da contadini, cercavo le due ragazze che avevo visto nello spogliatoio. Alla terza scena pensavo di averle individuate: due figure alte e sottili che stavano fianco a fianco in abiti con maniche a sbuffo e grembiuli bianchi, limpide come un mattino di aprile. Le mie guance bruciavano mentre ricordavo la scena a cui avevo assistito. Qualche diavolo dentro di me voleva che io la descrivessi a John Osborne; immaginai le sue palpebre abbassarsi mentre ascoltava come una ragazza aveva toccato l’altra. Mi sventagliai con vigore.

‘Non è affatto un lavoro decoroso,’ Martin mormorò quando iniziò l’intervallo.

Il rumore del mio ventaglio che si apriva in risposta alla sua affermazione dovette sembrargli come un uccello feroce che sbatte le ali. Trasalì.

‘È solo un’operetta.’ Joseph Osborne chiamò un cameriere e ordinò i nostri rinfreschi. ‘Futilità. Da non prendere troppo sul serio, vecchio mio.’

‘Che cambia?’

‘Non c’è un secondo da perdere.’ John Osborne appoggiò una mano sulla schiena di Martin. ‘I nostri amici ci aspettano lì. Signore, Joseph, scusateci.’ E condusse Martin e Christopher attraverso la sala affollata verso un gruppo di uomini che stava in piedi in un angolo.

‘Tuo fratello è generoso.’ Detti un sorso al sorbetto al limone che Martin aveva ordinato per me e avrei voluto che si fosse trattato dello champagne che stavano bevendo Caroline e Marion. ‘Martin cerca sempre nuovi investitori per la sua impresa.’

‘Come pensi che stia andando?’ Joseph parlò come se stesse facendo un po’ di conversazione, ma notai un’espressione più seria nei suoi occhi.

‘Le case vengono costruite molto rapidamente.’ Mi sembrò una risposta prudente.

‘E la compagnia del gas ha accettato di erogare i suoi servizi?’

‘Non lo so.’ Deposi il bicchiere vuoto. ‘Martin crede di avere una buona ragione perchè diano il gas anche a noi.’

‘Questi non sono discorsi adatti alle signore. Come potrebbe Alice sapere qualcosa delle compagnie del gas? Cosa gliene può importare?’ Caroline mi sorrise. ‘Andiamo ad ammirare i vestiti e vediamo se riusciamo ad individuare volti noti. Sono sicura che almeno un paio di duchi reali sono presenti qui stasera.’

Lei e Marion se ne andarono in giro ad osservare attentamente le signore e i gentiluomini. Caroline affermò di aver riconosciuto un’attrice, due contesse, ed una principessa tedesca. Marion giurò di aver visto un medico famoso in compagnia di una donna che non era sua moglie che aveva appena dato alla luce il suo quarto figlio. Ebbero una discussione riguardo ad una signora che indossava un elegante abito di velluto, in quanto una insisteva sul fatto che doveva trattarsi di una cugina della regina, l’altra diceva che era semplicemente la moglie di un ricco proprietario di un mulino di Manchester.

Anch’io me ne andai in giro, benchè non avessi una buona conoscenza del mondo alla moda e mi vergognassi di non riuscire a riconoscere la duchessa di tal posto o di tal altro, anche se magari questa era così vicina a me che le piume sul suo copricapo quasi si immergevano nel mio bicchiere. Avevo una mezza speranza di vedere Molly, anche se non riuscivo ad immaginarla vestita in abito da sera e andare in giro con queste persone. Sembrava un tipo di donna completamente diverso: più povera, seria, quasi professionale, se alle donne poteva essere consentito essere professionali. Battei le palpebre, scorgendo un volto che riconobbi. Il mio amico mediterraneo di Regent’s Park era in piedi accanto alla porta e parlava seriamente con un amico. Non si era accorto di me.

Conservavo la lettera, i frammenti di poesia, e la ciocca di capelli che mi aveva dato, sotto il materasso del nostro letto. Prendevo il pacchetto per esaminarne il contenuto quando Martin era fuori casa. Dovevano passare ancora due giorni prima che il greco ritornasse nel parco. Tante cose erano accadute dal nostro primo incontro, sembrava come se tutto fosse accaduto in un’altra vita.

‘Vi prego di scusarmi.’ Sorrisi ai miei compagni e misi una mano sui miei capelli come se avessi bisogno di andare a sistemarli nella stanza riservata alle signore. Caroline e Marion stavano ancora discutendo dell’identità della donna vestita di velluto e non sembrarono accorgersi del fatto che mi stavo allontanando. Il greco agitò le braccia verso il suo amico che scosse la testa e scrollò le spalle. Il greco disse qualcosa che indusse l’altro a prendere l’orologio dalla tasca, a guardarlo, e a puntare il dito sul petto del greco. Si voltarono e uscirono dalla stanza. Li seguii il più rapidamente possibile, ma la folla nel foyer mi impedì di continuare a tenerli sott’occhio. Quando raggiunsi la strada erano già scomparsi. Le carrozze partivano dirigendosi in entrambe le direzioni; forse erano saltati su una di esse.

Tornai dentro. Martin e Christopher e i loro nuovi conoscenti stavano parlando animatamente nell’angolo. Martin aprì un'altra bottiglia di champagne e tutti si strinsero la mano. Chiaramente una notte proficua per gli affari. Martin avrebbe potuto sentirsi obbligato a celebrare l’occasione al nostro ritorno a casa. Che razza di moglie ero, depressa al solo pensiero di ricevere attenzioni da parte di mio marito? Ero sicura che ci sarebbero stati grugniti e gemiti la sera, un corpo pesante incastrato sul mio. Era indecoroso pensare queste cose ma era ancora peggio sopportarle. 

Eppure sapevo, da quel poco che avevo letto, che ad alcune donne piaceva quest’attività. E doveva essere vero, altrimenti per quale altro motivo Marion rivolgeva al marito quel malizioso sorrisetto che a volte notavo? Perchè Caroline spesso bacchettava la mano di Joseph con il suo ventaglio, con le labbra contratte in un’espressione di finta severità e gli occhi scintillanti? Condividevano segreti, queste coppie, ed ero convinta che i segreti riguardavano ciò che accadeva dopo che le cameriere tiravano giù le coperte dal letto, aiutavano le donne a liberarsi dei loro abiti, sottovesti e corsetti e le lasciavano con i loro mariti. Ciò che accadeva nel letto non faceva vergognare le donne nè le feriva nel modo in cui faceva vergognare e feriva me. Loro non armeggiavano con nastri e pizzi per nascondere i lividi sul collo. Quando tornammo ai nostri posti dopo l’intervallo, guardai le figure sul palcoscenico e cercai di capire cosa significavano davvero il canto, l’arguzia e i bei versi. Che cosa stava realmente accadendo tra il duca e la duchessa da spingerli l’uno nelle braccia dell’altra nell’ultima scena, per la gioia del valletto e della sua fidanzata che assunsero un atteggiamento altrettanto appassionato? Naturalmente si trattava solo di teatro ed artifici ma il mio animo divenne malinconico.

‘I vostri pensieri vi opprimono?’ John Osborne doveva essersi soffermato a guardarmi mentre uscivamo fuori a trovare delle carrozze.

‘Credo di sì.’ Una risposta stupida, ma non volevo dire nulla che potesse rivelare la mia interiorità a quest’uomo dagli occhi indagatori, occhi che avevano, forse, già messo a nudo la mia anima e visto quali emozioni vi albergavano.

‘Forse avete apprezzato le parole del libretto che sembrano provenire da più di una fonte.’

Lo guardai. ‘Lo avete notato anche voi?’

‘Non sono un buon critico dello stile letterario ma anch’io so dire quando i versi mi sembrano familiari. “In silenzio mi dolgo, Che il tuo cuore possa dimenticare, Il tuo spirito ingannare,” ad esempio.’ John Osborne aprì la porta della vettura per me e mi aiutò a salire. La sua mano sembrò bruciare il mio braccio. Era la prima volta che ci eravamo toccati – avrei voluto che questo momento fosse durato un’ora. ‘A proposito, non mi avete ancora dato il denaro per Molly.’

Estrassi il pacchetto dalla borsetta e glielo porsi mentre Martin augurava la buona notte agli Osborne. ‘Non potrò mai ringraziarvi abbastanza.’

Accennò un sorriso di addio mentre le sue palpebre si abbassavano con eleganza, il che mi indusse a immaginare che stava godendo di un pensiero intimo. Forse disprezzava una donna che nascondeva segreti al marito e chiedeva ad un altro uomo di compiere commissioni per lei.

Martin ed io salutammo i nostri amici e la carrozza ci portò in fretta verso nord. Ancora una volta non potei fare a meno di scrutare le persone che camminavano per la strada nel caso riconoscessi qualche volto. Sembrava che ce ne fossero un bel po'da cercare in quei giorni: la donna vestita di nero, il signore greco, Molly, i criminali del Rookery. Sorrisi tra me e me, allietata dalla consapevolezza che Martin non poteva avere la minima idea che qualcuna di queste persone esistesse. Avrei dimenticato John Osborne e qualsiasi disprezzo potesse provare per me. Ce l’avrei fatta senza la sua approvazione. Non mi ero forse creata la mia piccola cerchia di persone poco raccomandabili ? Mi divertivo al ricordo di questi strani individui e il divertimento serviva a sostenermi. Infatti il giorno dopo era domenica, e questo significava andare in Chiesa e sopportare la presenza di mia zia a pranzo.

Martin stese una mano. ‘Probabilmente è meglio che tu mi restituisca adesso quel copricapo di perle. Non si sa mai.’

‘Non si sa mai cosa?’ Lo tolsi dai capelli. ‘È improbabile che io lo possa perdere da adesso fino a quando arriveremo nella nostra stanza da letto, non credi?’

‘Restituiscimelo in ogni caso.’

Glielo porsi e lo vidi sparire nella tasca del suo cappotto. La sua scomparsa sembrava in qualche modo rappresentare la fine dei piaceri della serata.