Capitolo dodici

 

Arrivò il giorno in cui dovevo incontrare nuovamente il signore greco, una gradita distrazione dai pensieri bui che mi turbavano.

Avevo trascorso la serata precedente ad esaminare il pacchetto che mi aveva dato, tenendo le orecchie ben aperte a distinguere il passo pesante di mio marito sulle scale. Prestai particolare attenzione alla poesia, perchè questa sembrava contenere la chiave del mistero. La poesia era lieve, scorrevole, l’opera di un maestro. Il linguaggio era recente, per quanto la mia limitata conoscenza mi consentisse di valutare. Se solo mi fosse stato dato questo pacchetto mentre mi trovavo presso l'Accademia in Scozia, con le sue librerie ben fornite! Avevo sempre sperato di visitare una biblioteca prima d’ora, ma i giorni erano passati troppo in fretta. Come lo stesso Martin aveva fatto notare. 

‘Ti sei divertita ad andare tanto in giro, cene fuori, il teatro e tutto il resto.’ Dette un’occhiata al salotto pulito ed ordinato. ‘Dovresti occuparti delle tue responsabilità domestiche adesso.’

Mi alzai presto il giorno in cui dovevo andare al parco per l’incontro. Martin si era recato in un caffè a Fleet Street dove sperava di convincere vari uomini d’affari, tra cui il signor Stroud e il signor Richards e uno dei loro amici, a firmare i contratti. Era così distratto che dimenticò di chiedermi quali fossero i miei progetti per la giornata e disse solo che una delle sue camicie aveva bisogno di essere rammendata e che non credeva che quella dannata sciocca di Emily sarebbe stata in grado di farlo bene.

Avevo sentito parlare della biblioteca del British Museum e del fatto che chiunque avesse un biglietto poteva leggere lì migliaia di libri. Mi incamminai verso sud ad una certa velocità e raggiunsi Montagu Place mentre le porte si aprivano. Non avevo molto tempo se volevo incontrare il mio misterioso amico nella Jenkins’s Nursery nel parco a mezzogiorno.

Non avevo considerato il fatto che ci sarebbero stati moduli da compilare prima che i biglietti potessero essere emessi. Davanti a me un australiano robusto chiedeva moduli per sè, per suo figlio e per suo genero, ponendo domande sui posti a sedere nelle sale di lettura e la possibilità di portarsi una bottiglia di birra per rinfrescarsi mentre leggeva. Si adirò molto quando la sua richiesta fu rifiutata. L’impiegato stesso sembrava prendere gusto nel prolungare il processo di emissione dei biglietti per l’australiano, soffermandosi sui contenitori di schede, e tornando frequentemente al banco per informarsi su piccoli dettagli come l’età e gli indirizzi temporanei a Londra. Il mio piede batteva impaziente sul pavimento di pietra. Non avrei avuto il tempo di riempire il formulario e di leggere faticosamente volumi di poesia se non avessi avuto accesso alla sala di lettura entro i prossimi dieci minuti.

Tenevo il mio sguardo fisso sull’orologio sul muro e il mio morale andava giù a mano a mano che le lancette si muovevano. Sforzandomi di guardare lontano prima di impazzire, notai una figura scura che riconobbi.

La donna, che indossava il suo familiare mantello nero, uscì dalla porta principale. Abbandonai il mio posto nella fila e la seguii. Passò intorno al museo, dirigendosi verso nord-ovest. Attraversammo Tottenham Court Road e Charlotte Street, muovendoci così rapidamente che riuscivo a stento a notare i nomi delle strade, ma uscendo alla fine a Portland Place. Una parte di me si dispiaceva di aver dovuto abbandonare la biblioteca, ma almeno questa donna mi stava conducendo nella direzione giusta per l’incontro con il greco ed ora eravamo in una zona che conoscevo. Anche se mi avesse portato all’inferno penso però che avrei continuato a starle alle calcagna. Se l’avessi presa avrei insistito per sapere cosa avesse intenzione di fare.

E ancora una volta mi sorprese per la sua velocità. Camminavo ogni mattina per alcuni chilometri ma ora avevo bisogno di tutte le mie forze per non perderla d’occhio. Superammo la statua del Duca di Kent. Rallentò fuori al Diorama, cercando qualcosa all’interno del mantello. La borsa? Entrò. Guardai l’orologio. C’era ancora tempo prima del mio appuntamento con il greco. Avevo anche la borsa con me.

Avevo visitato il Diorama con Marion l’estate precedente – un raro regalo che mi era stato concesso – ed avevamo stabilito di tornarci, ma non trovavo mai Martin disposto ad accettare l’idea. Il poster esterno annunciava che quel giorno erano in programma l’esibizione del porto di Brest e la Trinity Chapel della cattedrale di Canterbury. Molto bene, avrei visitato Brest e Canterbury. La mia preda non mi sarebbe potuta sfuggire. Acquistò un biglietto ordinario. Avrei preferito sedermi in un palco, ma temevo che l’avrei persa se fossi stata troppo indietro. Pertanto anch’io pagai il mio scellino ed entrai nella sala. Lei prese il suo posto ed io il mio, alcune file più indietro. Il pubblico entrava lentamente; il Diorama era così ben consolidato a Londra in questi giorni che non c'era più lo stesso entusiasmo per gli spettacoli. In ogni caso gli uomini, le donne e i bambini questa mattina sembravano avere i volti abbastanza luminosi.

Proprio mentre si diffondeva il silenzio e ci si preparava all’inizio dello spettacolo, una donna si precipitò dentro e prese posto accanto alla mia preda dai capelli scuri. Indossava un velo sul volto che immaginavo che avrebbe tolto per guardare lo spettacolo. Ringraziai Dio di avere solo due ragazzini davanti a me, il che mi consentiva di vedere bene le due donne. La ritardataria si chinò verso la donna in nero, mormorandole qualcosa. La donna in nero agitò una mano in risposta, causando l’irritazione dell’uomo seduto dietro di lei.

Vedevamo ora il porto di Brest, le sue barche e le sue vele, muovendoci ad un ritmo lento da est a ovest a mano a mano che il macchinario sotto di noi girava nell’auditorium creando vari giochi di luce sulla scena, dandoci l’impressione di essere seduti all’aria aperta. La mia attenzione era però tutta per le due donne davanti a me. La seconda aveva ora afferrato il braccio dell’altra e sembrava supplicarla mentre la luce si espandeva sull’acqua e colpiva le vele, creando l’effetto di una brezza che soffiava attraverso il paesaggio. Anche se metà della mia attenzione era rivolta alle donne l’altra metà ammirava la scena. Ero davvero in un porto francese e sentivo le raffiche salate di vento sul mio viso, guardavo le barche muoversi ripetutamente su e giù, ammirando come il sole illuminava il mare creando una tonalità di grigio prima di scegliere un blu fiordaliso? Anche in questo momento non potei fare a meno di lasciare che l’ingegnoso inganno occupasse i miei pensieri.

Pizzicai il mio braccio per costringermi a restare concentrata. E ci riuscii. In quel momento la donna in nero balzò via dal suo posto, anche se ci stavamo ancora muovendo, e si diresse rapidamente verso una delle porte che conduceva all’atrio. Dietro di lei la gente fischiò e le signore emisero grida di paura. La sua compagna si alzò dal suo posto, causando nuove proteste, e tentò di seguirla. Le sue gonne rimasero però intrappolate nella sedia e la tirarono indietro. Nello sforzo di liberarsi sollevò il velo per vedere meglio e riuscii a scorgere il suo volto.

Mentre il pubblico ammirava la bella muratura e le vetrate colorate della cattedrale di Canterbury i miei occhi restarono fissi su quel volto. Non avrei distolto il mio sguardo per nulla al mondo, anche se dovetti strizzare così tanto gli occhi nel buio per vederlo e la testa cominciò a farmi male. Pensai che si trattasse del più fiero, il più nobile volto che io abbia mai visto.