Capitolo tredici
Chiaramente la signora aveva rinunciato all’idea di seguire la donna vestita di nero. La vidi assumere una postura un po’ più rilassata, come se si fosse rassegnata a starsene seduta a Canterbury per i prossimi quindici minuti. Non tirò giù il velo. Quando la luce mutò sullo schermo davanti a noi, rimbalzò in parte sul suo viso, illuminandolo abbastanza perchè potessi vederlo meglio. Aveva capelli scuri e occhi profondi, e un viso dalla pelle levigata e dall’espressione intelligente. Il suo portamento, al tempo stesso semplice e dignitoso, mi dette la certezza che avesse amicizie importanti, che fosse abituata ad essere ossequiata. Il suo volto rivelava al momento perplessità e fastidio.
Contai all’indietro a partire da cento, provai a recitare mentalmente l'alfabeto in francese, qualsiasi cosa pur di forzare la parte logica del mio cervello ad annullare questa stupida idea che mi era venuta che questa persona di rango elevato potesse avere qualche rapporto con me. Ma ancora mi lasciavo prendere dalla fantasia: Douglas. La donna dall’abito scuro. Questa signora dal nobile aspetto. Quattro persone unite da un unico filo: ma in che modo?
Il macchinario si fermò. Lo spettacolo era finito. Eravamo di nuovo fermi anche noi. Il pubblico raccolse cappelli e mantelli e si alzò, parlando a gran voce. ‘Sono riuscito a sentire l’odore del mare,’ diceva uno dei ragazzi davanti a me.
‘Non è possibile,’ commentò il suo amico.
‘Non c’è motivo di andare fino a Canterbury ora, mia cara,’ un gentiluomo americano disse a sua moglie. ‘Abbiamo risparmiato tempo e denaro.’
La signora sembrò alla fine percepire il mio sguardo e si voltò. Io finsi di occuparmi del mio scialle. Cosa dovevo fare? Seguirla? Quando uscimmo alla luce del sole ebbi un’ulteriore conferma del suo rango elevato vedendo i begli abiti che indossava.
Una carrozza privata si fermò lì fuori e un valletto ne scese per far entrare la signora. Ciò sembrò concludere ogni cosa: non potevo sperare di inseguire una carrozza. Fissai il veicolo, cercando di memorizzare ogni dettaglio suo e dei sauri. Allo schiocco della lingua del cocchiere erano già partiti. Continuai a guardare finchè il traffico non li inghiottì ed entrai nel parco, l’orologio mi diceva che ero in ritardo di cinque minuti. Sperai che il greco mi avesse aspettato.
Non avevo tempo di raggiungere il sentiero principale per andare alla Nursery e camminai sull’erba, fortunatamente quasi asciugata dal sole del mattino per cui i miei stivali non si bagnarono. Lo riconobbi mentre era chino a sentire il profumo dei narcisi che ondeggiavano nella brezza.
‘Buon giorno.’ Il mio saluto lo fece sobbalzare.
‘Buon giorno, signora.’ Mi sorrise. ‘Ci sediamo?’
Quando ci sistemammo cercai a fondo nella giacca e tirai fuori il suo pacchetto. ‘Ho letto questo materiale con interesse.’
‘Davvero?’ Sollevò un sopracciglio. ‘Sa chi è lo scrittore di questi versi?’
‘Abbiamo pochi libri di poesia a casa.’
‘Avrei detto che lei è un’amante dell’arte.’
‘Lo sono, ma le circostanze non mi concedono di assecondare la mia passione.’
‘Il poeta è Shelley.’
Shelley. L’ateo. Il repubblicano. Naturalmente. Mi era piaciuto tutto ciò che avevo letto di lui in passato: “Ode to the West Wind” e “Adonais”.
‘La poesia si chiama “Julian and Maddalo”.’ Sorrise di fronte alla mia perplessità. ‘Non si preoccupi di questo aspetto. Che ne pensa della bambina? Non riesce a indovinare la sua identità?’ Teneva i suoi occhi neri fissi nei miei. E io sapevo, ovviamente lo sapevo.
‘Io ero quella bambina.’ Qualcosa mi si incastrò in gola. Ingoiai a fatica. ‘Non ricordo alcuna particolare occasione, tuttavia so da tempo che c’è qualcosa di misterioso nel mio passato.’ Devo aver giocato con le palle da biliardo prima di andare in convento perchè certamente lì non avevano un tavolo da biliardo, e, quanto alla zia, era più probabile che avesse un reliquiario papista con candele votive nel suo appartamento di Edimburgo piuttosto che un tavolo da gioco.
Mi dette un colpetto sul braccio. ‘Ha giocato con Shelley, è giusto. Ora la prossima domanda che deve porsi è dove vi trovavate quando avete giocato? Chi è la persona a cui lui stava facendo visita?’
‘Non vuole dirmelo? È la stessa persona che ha scritto la lettera, vero?’ Il sole fece capolino da dietro una nuvola e il profumo dei giacinti sembrava diffondersi con la sua delicata dolcezza intorno a noi. Tra i ciliegi di fronte si muovevano piccole ombre. Probabilmente si trattava di bambini che giocavano.
Annuì. Proprio quando aprì le labbra per dirmelo, ci fu un’esplosione. Gli storni e i passeri si lanciarono in cielo. Battei le palpebre e mi voltai verso il mio amico. ‘Sembrava come se –’
Si accasciò sulla panchina, una macchia rossa della dimensione di uno scellino si formava, allargandosi, sul mantello. Vi mise una mano sopra e mi guardò. ‘Vada via.’
Ci vollero interi secondi per accettare la realtà di ciò che stavo vedendo. ‘Non posso lasciarla così.’ Aprii il suo mantello. ‘Devo cercare di tamponare questa ferita.’ Avevo solo un fazzoletto. Mi guardai intorno per chiedere aiuto.
‘La prego, vada via, lei non può …’ Sbattè le palpebre una volta, due volte, e poi niente più. Si accasciò a terra. Una ragazzina urlò e un uomo che spingeva un’innaffiatrice lasciò cadere i manici e corse verso di noi. Una figura scura scomparve tra gli alberi dietro di loro.
‘Tutto bene, signora?’
Annuii.
‘Vado a chiedere aiuto.’ Corse verso i cancelli. Aiuto significava i ‘Peelers’, la polizia. L’interrogatorio. Cosa avrei potuto dir loro se non che avevo visto la schiena di una piccola figura scura? Avrei scritto alla polizia anonimamente, dandone la descrizione. Qualsiasi altra cosa avrebbe fatto sì che Martin venisse a conoscenza di questo appuntamento segreto, di ciò che avevo scoperto, di tutto. La zia avrebbe voluto sapere cosa avevo scoperto. E io non ero pronta ad affrontarla. Almeno non ancora.
‘Che fortuna.’ L’uomo che spingeva l’innaffiatrice indicò qualcuno. ‘Dovevano trovarsi in zona.’ Due figure con alti cilindri ricoperti di pelliccia di lapin si avvicinarono: un sergente ed un commissario.
Saltai su dalla panchina e pensai di scappare via. Ma il caro, povero signor Zenos non meritava un tale atto di codardia. Come potevo non dare alle autorità le informazioni di cui disponevo? Prima ancora che i poliziotti avessero raggiunto il corpo l’innaffiatore si stava rivolgendo a loro a gran voce, ‘Questa signora era seduta proprio vicino a lui, deve aver visto tutto.’
Il commissario si inginocchiò per esaminare il corpo, emettendo un mugolio per lo sforzo di dover abbassare la sua mole infagottata in un cappotto pesante.
‘Cosa ha visto, signora?’ chiese il sergente.
‘Ho visto delle ombre tra gli alberi di fronte, pensavo che un bambino ci stesse spiando. Poi ho visto la schiena di qualcuno di bassa statura che scappava via dopo l’esplosione.’
Annotò qualcosa in un quaderno. ‘Lei conosceva la persona deceduta?’
‘No.’
‘Ma gli stava parlando?’
‘Osservazioni sul tempo e sui fiori.’ Non avevo intenzione di raccontar loro di Shelley e delle palle da biliardo. Sembrava così incredibile, in ogni caso. Il parco girava vorticosamente intorno a me. Chiusi brevemente gli occhi e cercai di costringermi a star calma.
Il commissario si alzò. ‘Una sola pallottola nel torace. Qui ci sono delle carte.’
‘Abbiamo un nome?’
‘Fatemi guardare. Alcune sono solo frasi senza senso scritte con lettere buffe. Ecco: un conto per un cappotto nuovo intestato al signor Demetrius Zenos ad un indirizzo a Shaftesbury Avenue,’ lesse il commissario.
‘C’è qualche altra cosa che può dirci, signora …?’ Il sergente mi guardò aggrottando le sopracciglia. Mi rendevo conto che il mio racconto non era riuscito a soddisfarlo.
‘Park.’ Misi una mano sulla gola. ‘Signora Victoria Park. Credo che adesso devo andare a casa, mio marito si starà preoccupando.’
‘Abbiamo bisogno di un indirizzo, signora Park.’
Pregando il morto signor Zenos di perdonarmi, detti l’indirizzo della zia. La sua proprietaria avrebbe respinto qualsiasi richiesta di informazioni su una signora Park che chiacchierava con i Greci in un luogo pubblico. Poi mi allontanai senza sapere dove stavo andando se non che si trattava della direzione opposta a Ludlow Street.