Capitolo venti

 

Non fui più capace di parlare, esattamente come mi era successo una sola volta negli ultimi anni: quando avevo sbirciato per la prima volta John Osborne mentre si lavava a casa di Caroline. 

‘Lei.’ La donna aristocratica il cui volto e il cui portamento avevo ammirato al Diorama. ‘Lei crede di essere imparentata con me?’

La contessa mi fissò con i suoi grandi occhi scuri, senza battere ciglio, mentre mi esaminava. Cercai di osservarla con obiettività. Il suo volto era più rotondo del mio ed era più bassa di me. I suoi occhi erano castani mentre i miei erano grigio-blu. I nostri capelli erano dello stesso castano scuro, benchè i miei fossero più ricci. La mia carnagione era più luminosa. Ma, come diceva lei, c’era qualcosa nei nostri volti che rivelava, forse, un legame di sangue.

Sollevò un sopracciglio. ‘Questa vi giunge come una novità?’

‘Sì.’ Pensai alla panchina tra i giacinti. ‘Anche se solo di recente uno sconosciuto ha iniziato a dirmi qualcosa, qualcosa di mio padre, che potrebbe coincidere con questa notizia. Sembrava tutto così strano.’

‘Sapete chi era vostro padre?’

Scossi la testa. ‘Fummo … interrotti prima che io potessi scoprirlo.’ Preferii essere cauta e non parlarle dell’assassinio del greco. Che fosse prima lei a dirmi di più.

Ella cammina avvolta di bellezza, come notte
di limpido immenso e cieli stellati.’

Le parole mi ricordavano qualcosa ma non avrei saputo dire esattamente cosa.

L’Assiro arrivò come il lupo sul coro,

Risplendean le sue schiere di porpora e oro?’ Inarcò un sopracciglio. 

‘A mio marito non piace che io legga poesia. Anche se mi sono immersa nella lettura di Walter Scott e Shelley.’

‘Shelley, l’ateo, eh?’ Dette l’impressione di non amarlo troppo. ‘O cosa vi ricorda Pazzo, cattivo e pericoloso da conoscere? Questo vi riporta qualcun altro alla memoria?’

‘Lei parla per enigmi.’ Le mie guance si riscaldarono; stavo ancora cercando di scavare nella memoria e sentivo che si stava beffando di me.

Incrociò le braccia. ‘Davvero non lo sapete?’

Il mio sguardo non fu eccessivamente cordiale. ‘Mi dispiace che la mia ignoranza appaia scomoda.’

Lei rise. ‘Siete arrabbiata.’ Non sembrò volersi dare per vinta. ‘Ciò prova, forse, che siete un vero membro della famiglia.’ Mi guardò attentamente. ‘La famiglia di Lord Byron.’  

Dovevo aver letto alcune sue poesie durante il breve periodo di libertà quando occupavo il mio primo posto di insegnante. Byron. Il poeta più famoso degli ultimi tempi. Un uomo il cui nome non oserei menzionare davanti alla zia. Un uomo che era il mio padre naturale? Era sicuramente il suo nome che il greco stava per dirmi quando morì.

‘La stessa?’

L’aristocratico che si era comportato così male che non vollero seppellirlo a Westminster Abbey insieme agli altri grandi letterati.

Mi lasciai cadere sulla sedia. ‘Ma come …?’

‘Vostra madre ha avuto una relazione con mio padre.’

‘Chi era?’ ero sorpresa di riuscire ancora a parlare; il mio cervello era alle prese con le informazioni e cercava di dare un senso a tutto ciò.

‘Non conoscete vostra madre?’

Non dissi nulla.

‘Claire Clairmont? La sorellastra della seconda moglie di Shelley, Mary? La donna che ha scritto il libro Frankenstein di cui avrete sentito parlare.’

Avevo letto un articolo su Mary Shelley e il suo straordinario romanzo in uno dei periodici di Joseph Osborne. Avevo impresso il nome di questo libro nella mia mente perchè mi proponevo di leggerlo. Non avevo mai sentito parlare di Claire Clairmont. Poteva una donna il cui nome era a me del tutto sconosciuto essere mia madre?

‘Mary Shelley, Claire Clairmont e Shelley vivevano una vita selvaggia nel continente. Mio padre a volte faceva parte di quella cerchia. Mia madre ha iniziato solo da poco a raccontarmi quanto erano folli quei tempi. Mia madre era la moglie legittima di Lord Byron.’ Notai come pronunciava con enfasi l’aggettivo, perchè forse, con tutta la sua crescente cordialità, era desiderosa di sottolineare la propria legittimità. ‘Lui ci abbandonò quando io ero una bambina e alla fine si stabilì in Italia. E vostra madre faceva parte del gruppo. Ma lei vi consegnò a lui in cambio di garanzie che si sarebbe preso cura di voi.’

‘Mi consegnò a lui?’ Come un pacco o un animale domestico non desiderato? Sicuramente una madre non farebbe così! E tuttavia pensavo di avere ricordi, anche se non erano ricordi, che li faceva sembrare troppo concreti, ma segni, piuttosto, di una vita prima del convento. Animali. Andirivieni, conversazioni animate. Feste, canti e porte sbattute. ‘E Lord Byron – lei crede che possa essere mio padre? – mi mandò al convento?’

Scrollò le spalle. ‘Non era molto dedito alla vita familiare. Forse riteneva che le suore si sarebbero prese cura di voi meglio di quanto avrebbe potuto fare lui.’ 

‘Potrebbe aver avuto ragione.’ Come avrebbe potuto qualcuno darmi più tenerezza di suor Perpetua? 

Si sedette sull’altra sedia, rivelando all’improvviso tutta la sua stanchezza. ‘Perdonatemi, ho avuto il colera l’anno scorso e mi affatico ancora facilmente.’

‘Posso aiutarla in qualche modo?’ chiese la donna italiana. Avevo quasi dimenticato la presenza sua e dei suoi assistenti che stavano vicino alla porta a guardarci. ‘Ha bisogno di qualcosa?’

‘Un momento di riposo sarà sufficiente a farmi recuperare le energie.’ Prese un fazzoletto e se lo pose sulla fronte.

La donna sbuffò impaziente. ‘Molto interessante, contessa, ma quando porteremo a termine gli accordi?’

La contessa mi guardò. ‘Si riferisce al denaro che deve avere. Le avevo detto che l’avrei pagata purchè vi portasse da me.’

‘Cento ghinee.’ La donna le porse quella che sembrava una zampa.

La contessa aprì una borsetta legata alla cintura del suo abito. ‘Cinquanta ora e cinquanta ti saranno spedite a Venezia.’

‘Sarebbe più comodo avere tutto ora, mia cara signora.’

‘Più comodo per te, ne sono sicura. Meno rassicurante per me che preferisco saperti al sicuro all’estero. E ricorda, semmai sentirò che sei di nuovo in Inghilterra andrò direttamente da mio marito e lui parlerà con qualcuno dei suoi cari amici al Governo. Ti spediranno dritta in prigione.’

‘Alla contessa piace scherzare.’ L’italiana afferrò la borsetta.

‘Voglio chiederti una cosa prima che tu vada via.’ Mi rivolsi alla donna italiana con un tono pieno di ripugnanza. ‘Cosa ci facevi al British Museum quando ti ho vista lì?’

Rifiutò di incontrare il mio sguardo. ‘Cercavi qualcuno?’

‘Non me?’

‘No. Qualcun altro. Un uomo.’ Strinse le labbra.

‘Per quanto conosco Maria ritengo sia meglio non farle domande personali. Mi piacerebbe però in ogni caso sapere di chi è questa casa.’ La contessa si guardò intorno. ‘Probabilmente è meglio non sapere. Comunque, ritengo che stiamo sconfinando.’

Si alzò. ‘Venite con me nella nostra casa di Londra,’ disse, fiduciosa che avrei accettato. Probabilmente poche persone rifiutavano gli inviti della contessa di Lovelace. ‘Posso farvi cenare – mangio presto quando sono da sola. Non vi farei aspettare a lungo e avremmo la possibilità di parlare con calma. La mia carrozza potrà riportarvi a casa dopo. Posso trovare le lettere che confermano ciò che vi ho detto. Erano grandi scrittori di lettere, papà e Shelley, e la maggior parte della corrispondenza non è stata ancora pubblicata.’ Fece una risatina. ‘Capirete quando le leggerete.’

Ancora non mi fidavo di lei, non del tutto. Sembrava una gentildonna in ogni sua minima parte, ma era pur sempre stata responsabile del mio sequestro.

Mise una mano sulla mia manica. ‘Mi dispiace tanto,’ disse con dolcezza. ‘Sono stata raggirata, sono una sciocca. Mi dispiace molto di essere stata responsabile di avervi causato disagio e sofferenza.’ Guardò i miei polsi, dove la corda aveva tagliato la pelle. ‘Permettetemi di fare qualcosa per voi adesso. Ritengo davvero che possiate essere la mia sorellastra. Possiamo trovare altre prove se le cerchiamo.’

Qualcosa dentro di me si ammorbidì. Quante domande a cui rispondere. Avevo bisogno di sapere tante cose. Pensai a Martin. Avrei potuto informarlo, ma poi avrei dovuto spiegare chi era lei. Chi potevo essere io veramente. Non ero pronta a confidargli una sola parola.  

‘Mio marito mi aspetta a casa per la cena.’ Dissi queste parole meccanicamente. 

‘Oh.’ Sembrò dispiaciuta. ‘In tal caso permettetemi di riaccompagnarvi a casa con la mia carrozza. Vi devo almeno questo, essendo stata responsabile del vostro sequestro.’

‘Sarebbe gentile.’ Guardai la mia gonna stropicciata. ‘Non mi sento del tutto presentabile.’

‘Non sono stata affatto gentile. Vi porgo tutte le mie scuse per ciò che vi è stato fatto. Credevo che eravate una ricattatrice. Potete perdonarmi?’ Il suo sguardo era così supplichevole che avrei potuto perdonarle qualunque cosa. Allo stesso tempo sembrava una donna ben abituata ad avere quello che voleva quando lo voleva. Potevo ben immaginare la sua furia quando l'italiana le aveva detto che stavo cercando di estorcere denaro alla famiglia. La seguii fuori dalla casa. Nessuna di noi si voltò a guardare l'italiana ed i suoi collaboratori, il che doveva averla fatta infuriare. ‘Buon pomeriggio di chiacchiere, signore,’ urlò la donna rivolta verso di noi in tono sarcastico. ‘Che bello che le sorelle si siano incontrate finalmente! Grazie, cara Maria per aver organizzato il tutto. Non preoccupatevi affatto, care signore. Maria è contenta di fare favori. Maria e i suoi genitori sono sempre stati contenti di fare favori.’

‘Cosa intende con i suoi genitori?’ chiesi mentre il valletto ci aiutava a salire in carrozza, che era la vettura più grande e più comodamente attrezzata di quelle che avevo visto finora.

‘Maria è la figlia naturale di Renardo e Lisa Prodi, domestici della famiglia Shelley quando loro e la donna che sospetto sia vostra madre vivevano in Italia. Maria sostiene che il suo vero padre sia Shelley. Trascorre un numero infinito di ore in biblioteca, leggendo attentamente volumi di poesia, cercando indizi che provino che questa è la verità.’

La contessa storse il naso. ‘Non ha l’aspetto di una Shelley e a quanto pare lui ha sempre negato, è andato anche da avvocati per tentare di tranquillizzare Renardo Prodi. In realtà può essere solo una fortuna per lei, se non è sua figlia.’ Fece un sorriso ironico nel vedere il mio volto perplesso. ‘Sembra che i bambini Shelley, sia quelli legittimi che quelli illegittimi, siano andati tutti incontro a morte prematura.’ Esaminò la punta delle sue dita ricoperte da guanti bianchi. ‘Mia madre diceva sempre che venivano trascinati per l’Europa senza alcun riguardo per la loro salute. Diceva la stessa cosa di voi, in realtà. Sosteneva che papà vi trattava in maniera crudele perchè era già stato crudele con me abbandonandomi.’

Non riuscivo ancora a credere di aver condiviso un padre con questa signora.

‘Vi ha trattata crudelmente papà?’ chiese, come se in quel momento mi accettasse come sorella.

‘Non lo ricordo.’ Cercai di riportare indietro la mia mente e tirare fuori un ricordo del poeta. Non riuscivo però a vedere nessuno prima di suor Perpetua, e anche il suo volto gentile sembrava più sfocato ora, come se il suo ricordo stesse svanendo.

‘Non ho mai creduto che potesse essere crudele con un bambino.’ Parlava con trasporto. ‘Con le sue amanti poteva essere spregevole ma io lo ricordo come un padre gentile.’

‘Lei ha avuto il vantaggio della legittimità,’ non potei fare a meno di ricordarle. ‘Non poteva considerare così degno un figlio illeggittimo.’

‘Sono sicura che vi avrebbe amata.’

‘Lo spero.’ Anche il pensiero dell’amore di questo padre morto mi commosse. Quanto avrei voluto conoscere mio padre durante la mia adolescenza. I miei occhi si riempirono di lacrime. Sentii lo sguardo della contessa su di me. ‘Non mi odia?’ le chiesi. ‘Per essere quella che sono, voglio dire, quella che lei crede che io sia?’

Guardò di nuovo i suoi guanti. ‘Ad essere onesta, immaginavo che vi avrei odiata. Quando però ho parlato con voi in quella casa mi sono resa conto che non c’era nulla da odiare. Voi non potevate essere responsabile dei comportamenti di vostra madre.’ Alzò lo sguardo. ‘Perdonatemi, non vorrei farvi del male, ma dovete capire che è difficile per me mostrare molta comprensione per la signorina Clairmont.’

Annuii.

‘Ditemi tutto di voi. Per cominciare, dove abitate, in modo che io possa dirlo al conducente.’ mi disse.

Le diedi l’indirizzo, desiderando per un attimo che fosse un posto più illustre e sperando di non trovare mio marito in strada mentre si rivolgeva in modo burbero agli operai, o McManus che evocava la Santa Madre di Dio e tutti i Santi in risposta a qualche domanda proprio mentre il cocchiere si avvicinava. 

L’interno della carrozza odorava di pelle nuova e di tessuti pregiati. La contessa stese uno scialle di cachemire sulle nostre ginocchia.

‘Maria venne da me circa un anno fa sostenendo di aver sentito che voi eravate a Londra. Disse che avevate intenzione di ricattare me e mio marito per ottenere una grossa somma di denaro che avrebbe consentito a voi e a vostro marito di completare un grande progetto di costruzione. Se avessimo pagato non avreste rivelato la nostra parentela.’ Mi guardò. ‘Maria mi aveva detto che eravate una donna grossolana e ignorante, interessata solo alle comodità materiali e a sfruttare il legame con la mia famiglia per guadagnare voi stessa dei soldi. All’inizio cercò di impedirmi di incontrarvi. Mi disse che avrebbe negoziato lei con voi, che vedervi di persona mi avrebbe creato dei disagi. Ma io ho insistito. Poi mi sono ammalata. La malattia mi ha impedito di perseguire il mio progetto per qualche tempo ma quando mi sono ripresa mi è tornata l’ansia di trovarvi.’

‘Perchè voleva tanto vedermi?’ Era stata una fortuna per me che lei lo avesse desiderato.

Scosse la testa. ‘Non so. Probabilmente per vedere se gli assomigliate.’ Mentre parlava di suo padre il suo volto assunse un’espressione particolare che non saprei definire. ‘L’ho incontrato solo sporadicamente prima che partisse per l’Italia. Poi però mi ha scritto e si è interessato molto alla mia istruzione.’ Le sue labbra tremavano. ‘Mi piacerebbe pensare che papà è ancora interessato a ciò che faccio ora.’

‘E comunque lei ha sempre saputo della mia esistenza?’ Mi sentii scortese a spostare la conversazione su di me.

‘Non appena sono stata abbastanza grande per capire, mamma mi ha detto che mio padre aveva una …  un’altra figlia. Ma mi ha anche detto che voi eravate morta.’ Mi guardò con aria interrogativa. ‘Ricordate qualcosa della vostra vita dopo l’età di circa cinque anni?’

‘Mia zia mi portò via dall’Italia quando ero molto giovane.’

‘Vostra zia?’ Aggrottò la fronte. ‘Una degli Shelley? O una della famiglia della signorina Clairmont?’

‘No.’ Non potei trattenermi dal sorridere al pensiero della zia come una Shelley. ‘Io la chiamo zia ma sembra che non vi sia alcuna parentela di sangue.’

‘Vi ha riportata qui a Londra, questa zia?’

‘A Edinburgo, dove sono cresciuta. Mi sono trasferita qui quando mi sono sposata.’

‘Siete nata a Bath. Probabilmente non lo sapevate, vero?’ La sua certezza che io fossi sua sorella sembrava ora ancora più forte.

‘Voglio sapere tutto ciò che c’è da sapere. Perchè dicevano che ero morta se non era vero?’

‘Secondo Maria eravate sul serio gravemente ammalata. Lei sostiene che, nella confusione causata dalla malattia al convento, siete stata portata via clandestinamente da persone che agivano per conto di vostra madre, che voleva recuperarvi, ma poi siete stata rapita da altre persone prima che lei potesse ricongiungersi a voi.’

Mi sentii un po’sollevata per il fatto che mia madre aveva almeno tentato di recuperarmi.

‘Le suore non si erano accorte che ero sparita? Non c’era un corpo?’ Rabbrividii.

‘Una bara sigillata fu sepolta in una chiesa ad Harrow. Chissà se c’è un corpo dentro. O forse …’ Esitò. ‘Il corpo di un’altra bambina vi giace dentro. Maria sostiene che una bimba morta di una famiglia povera fu sepolta al posto vostro.’

Ingoiai. ‘Sicuramente se mia madre avesse orchestrato il complotto per portarmi via mi avrebbe cercata dopo la scomparsa?’

La contessa si strinse nelle spalle. ‘Le risorse di Miss Clairmont erano poche. Potrebbe non essere stata in grado di permettersi una lunga ricerca.’

‘Ma mio padre –’

‘Ha sempre sostenuto che voi eravate morta. Avrebbe respinto le succesive rivendicazioni di vostra madre.’ Sembrava volersi scusare. ‘Non era sempre cortese nei suoi riguardi. Papà vi pianse. Disse ad uno dei suoi amici che non si era reso conto di quanto voi significavate per lui finchè non siete morta. Disse che sentiva che non poteva vivere senza di voi. E lui stesso morì due anni dopo.’

Il silenzio calò su di noi, avvolgendoci con solennità. Ero stata amata. Abbandonata nel convento ma amata.

‘Anche altre persone vi hanno amata,’ la contessa continuò con dolcezza. ‘L’amante italiana di papà sembra che stravedesse per voi e giocava con voi quando vivevate con loro. E, a detta di tutti, le suore vi volevano bene. E anche Shelley. Ma morì nel 1822, solo pochi mesi dopo che si credette che voi eravate morta.’

Tuttavia nessuna di queste persone mi era stata vicina mentre compivo il mio percorso di vita nella tarda infanzia e nell’età adulta. Nessuna di loro mi aveva guidata, nessuna mi aveva consigliata allora. Mi avrebbero consigliato il matrimonio con Martin?

‘Ditemi di vostro marito Mr Clarke,’ disse la contessa, come se stesse leggendo i miei pensieri. ‘Vi incoraggia ad avere i vostri interessi? Io sono affascinata dalla matematica, lo sono stata fin dalla mia infanzia.’ Aggrottò la fronte. ‘Mio marito non sembra sempre capire quanto è profondo il mio interesse.’

Pensai a come Martin aveva liquidato la mia inclinazione musicale e al suo odio per qualsiasi tipo di cultura o di apprendimento. ‘A Martin piace il mio cucito,’ dissi. ‘Non è così appassionato della mia musica. Non gli ho mai detto che scrivo.’

‘Voi scrivete?’ I suoi occhi si illuminarono ‘Poesie, come papà?’

‘Prosa, soprattutto. Su Londra, come cresce e cambia, come risucchia le persone e ne assorbe la vita.’

Mi strinse la mano. ‘Sono così contenta di sentire che avete passione per penna e carta. Scrivete ogni giorno, fatene una parte essenziale della vostra vita.’

‘Cercherò, mia signora.’

‘Chiamami Ada. La disciplina nell’arte è così importante. Papà ha detto qualcosa in merito a ciò in una delle sue poesie.’

‘Davvero?’

La regolarità del mio progetto Proibisce ogni divagazione come il peggiore dei peccati,’ lei citò. ‘Persegui le tue ambizioni. Non allontanartene.’

Ancora una volta dissi che avrei provato a farlo.

‘E avete bambini? Io ho un maschio e una femmina.’

‘Non abbiamo figli.’

Ada sospirò. ‘Adoro i bambini, ma prendono così tanto del mio tempo, è difficile trovare ore libere per i miei studi. O per uscire a fare una galoppata.’ Si girò verso di me, ansiosa. ‘Vai a cavallo?’

‘Non ne ho quasi mai avuto l’opportunità.’ La zia aveva organizzato alcune lezioni quando vivevamo ad Edinburgo, ma ormai era passato qualche anno.

La sua espressione era di commiserazione nei miei confronti.

‘Sono sicura che mi piacerebbe cavalcare se ne avessi l’opportunità. Non riesco a starmene tranquilla per troppo tempo. Il mio corpo richiede che io mi muova.’

Mi fece un sorriso complice. ‘Siamo simili in questo. E io amo anche i treni, specialmente quelli veloci che percorrono chilometri e chilometri in solo un’ora.’

Non avevo mai viaggiato in treno.

‘Di cosa sto continuando a chiacchierare?’ Scosse la testa. ‘Stavo per dirti quello che sapevo di tua madre. Il che non è molto, temo. Molto intelligente, molto colta. Parla cinque lingue e anche lei non è una scrittrice mediocre, mi dicono. Fa la governante.’

‘Fa…?’ Un tremito mi percorse. ‘È ancora viva?’

‘Sembra di sì. Ma le mie tracce si sono perse in Germania.’

‘Germania?’ Mi stavo comportando da idiota, mi esprimevo con frasi costituite da singole parole.

‘L’ultima volta che ne ho sentito parlare è stato a Dresda. È stato all’incirca un anno fa e le mie informazioni sono quasi certamente diventate vecchie. Potrebbe essere andata via da lì.’

Afferrai la maniglia della porta. Mia madre era viva. Quante volte, seduta nella stanza, mi ero chiesta di lei. La zia mi aveva sempre detto che era morta.

Ada mi guardava. ‘Perchè questa tua cosiddetta zia non ha detto alla famiglia che ti aveva presa e non ha riferito dove vivevate? Tua madre avrebbe potuto recuperarti.’

‘Mi piacerebbe davvero molto saperlo.’ Troppe domande prendevano forma nella mia mente. Perchè mia zia mi aveva detto che mia madre era stata una …? Non riuscivo a pronunciare la parola che lei aveva usato.

Ada mi strinse la mano. ‘Hai troppe cose da elaborare, mia cara. Concediti una pausa e parlane di nuovo con me se lo desideri.’

‘Vuoi vedermi di nuovo?’

‘Certo.’ Sembrava malinconica. ‘Mi sarebbe piaciuto avere una sorella durante la mia giovinezza. Cercavo di immaginare il tuo aspetto.’

‘Sono come mi avevi immaginata?’

‘Non molti mi hanno parlato di te, temendo di offendermi. E, naturalmente, credevamo che tu fossi morta. Mi avevano detto che avevi bellissimi occhi azzurri e capelli biondi da bambina, più scuri crescendo.’ Studiò il mio viso. ‘Ma i tuoi occhi forse sono di un blu più scuro di quello che ricordavano.’

I miei occhi erano stati del colore del cielo italiano, lo ricordavo dalla poesia che il greco mi aveva dato. Il greco. Come si intrecciava quel filo con ciò che Ada mi aveva detto? Avrei dovuto chiederglielo ma ora non c’era più tempo. E raccontare la storia del greco avrebbe forse richiesto di parlare della sua morte. Rabbrividii, ricordando la scena nel parco.

‘Hai freddo?’ Mi guardò premurosa. 

‘Sto molto bene, grazie.’

Avevamo raggiunto la punta sud-orientale di Regent’s Park. Eravamo quasi a casa. E lei sarebbe tornata nella sua bella casa nella zona elegante di Londra, Mayfair o Belgravia, probabilmente.

‘Penso che a nostro padre avrebbe fatto piacere che noi ci conoscessimo. Quando ho letto le sue lettere e le sue poesie sono rimasta colpita dal fatto che la sua natura più fine raramente viene fuori quando parla delle donne che ha amato. Invece quando parla dei suoi figli appare un uomo più dolce, più gentile.’ Assunse un’espressione malinconica. ‘Vorrei averlo conosciuto da adulta.’

Il conducente si fermò. ‘Non saprà da che parte andare.’ Sentii le mie guance riscaldarsi al pensiero che lei vedesse la nostra casa. ‘È una strada nuova, dobbiamo girare a destra al bacino del canale.’

Ada aprì il finestrino e passò queste informazioni al valletto. ‘Quando sono nella nostra casa a St James’s Square è facile per me uscire in carrozza per qualche ora. Dobbiamo parlare di più, trovare altre prove che confermino il nostro legame. Se ci incontriamo in carrozza non devo preoccuparmi di ciò che pensa mamma. O mio marito.’

Certamente sua madre non avrebbe voluto che lei frequentasse la sorella bastarda. Potevo ben capire. ‘Grazie.’ Avevamo svoltato l’angolo verso la nostra strada. La contessa guardò fuori dal finestrino. Rabbrividii, immaginando ciò che avrebbe pensato dei mucchi di travi in bilico contro le pareti, delle finestre con i vetri mancanti, dei tetti senza tegole, dei canali nella strada dove dovevano essere posti i tubi del gas e dei fossati che erano pieni di gatti morti e di ceramiche rotte. O del nostro unico negozio, una farmacia nelle cui vetrine sporche erano in mostra vasi di unguento, bottiglie di salsapariglia e vasetti di erbe antiche, di colore marrone-grigio? Sperai che non sentisse i cattivi odori provenienti dai rifiuti non raccolti. Se solo Martin si fosse concentrato sulle cose essenziali, sul collegamento della fogna a tutte le case che costruiva, sulla rimozione della spazzatura dal sito!

‘Londra si sviluppa così rapidamente,’ fu tutto ciò che disse prima di prendermi la mano e tenerla stretta. ‘La prossima settimana torniamo nel Surrey. Ti scriverò al mio ritorno in città. Parleremo di più allora.’

Scesi sul marciapiede di legno. ‘Mi sento come se avessi percorso a piedi tutta la terra oggi.’

‘È lo shock del tuo sequestro. E di ciò che sei venuta a sapere. Anche se ti erano giunte delle voci, ciò che ti ho detto deve essere stata una grande sorpresa per te.’

Annuii.

‘L’altra cosa che ti potrebbe far piacere sapere è che il tuo vero nome è Allegra, non Alice. Sei stata battezzata come Clara Allegra nella chiesa di St Giles-in-the-Fields.’

La chiesa che domina il Rookery. La chiesa a cui Maria aveva fatto allusione mentre vi passavamo davanti. Che ironia!

‘Quando venni a sapere per la prima volta della tua esistenza andai a cercare il tuo nome nei registri della parrocchia.’ E fece cenno al valletto di chiudere la porta della carrozza.

Allegra. Il nome mi dava i brividi. Mi faceva pensare ai pioppi, a un vassoio di limoni, al profumo di rosmarino in un pomeriggio d’estate. Evocava ancora più deboli vaghi ricordi. Un orso, una volpe, un gufo. O si trattava solo di fantasie?

Non importava.

Allegra. Avevo trovato me stessa.