Capitolo ventisette
E così iniziarono l’autunno e l’inverno della mia relazione adulterina con John Osborne. Non provavo vergogna, ma solo una gioia che mi prendeva tutta ogni volta che Emily aveva una giornata libera, oppure la mandavo al mercato e offrivo a John la mia stanza da letto. Lui scappava via da Caroline ogni volta che poteva, dicendole che aveva bisogno di fare una passeggiata per rafforzare cuore e polmoni e guarire più presto. Gli raccontai la mia storia così come l’avevo scoperta, sperando che non ne fosse scioccato. Ma non ne fu scioccato.
Una mattina fredda e nuvolosa arrivò presto, subito dopo che Martin era andato via per un incontro con l’azienda del gas. Quando le esigenze urgenti del nostro desiderio furono soddisfatte avvolse le lenzuola intorno a noi e mi strinse a sè. ‘Joseph potrebbe aiutarti a trovare tua madre, sai. Lui ha spesso necessità di rintracciare persone scomparse, quelli che beneficiano di lasciti e testamenti, per esempio. Si serve di vari uomini per trovare queste persone.’
‘Avevo pensato a Joseph. Ma dovrei raccontargli i dettagli.’
‘Glielo chiederò io. Posso dirgli che un mio amico ha bisogno di contattare la signorina Clairmont e che non so altro.’ John sorrise. ‘Penserà che si tratta di un mio amico marinaio che ha una storia romantica.’
Arrossii, riluttante com’ero a pensare che mia madre era l’oggetto di una simile congettura. Ma che scelta avevo? ‘Lasciami il tempo di pensarci.’ Mi chinai e gli baciai la fronte. ‘Grazie per avermi offerto il tuo aiuto, amore mio.’
‘Oh, non ho fatto nulla di speciale. Tu devi incontrare questa donna, certo che devi. Spero solo…’
‘Cosa?’
Restò in silenzio per un attimo. ‘Spero che lei sia degna delle tue sofferenze, solo questo. Mi chiedo come abbia potuto accettare di essere separata da una figlia come te.’
‘Le sue ragioni devono esserle sembrate valide. La mancanza di denaro, per esempio.’
Scosse la testa. ‘Devono esserlo state.’ Prese un cuscino. Lascia che ti aiuti a riordinare. Ho paura che ci possano scoprire. Io sarò lontano in mare, ma tu …’ Si morse il labbro.
Sapevamo che il tempo per noi era poco. I funzionari della compagnia di navigazione avevano gran considerazione per il capitano John Osborne ed avevano espresso la loro contentezza per il fatto che si era ripreso. Avevano bisogno che lui tornasse in mare. Gli avevano promesso di dargli il comando di una nuova nave che al momento era ancora in costruzione. Ci sarebbe poi stato un altro anno di separazione. ‘La navigazione a vela ha i giorni contati,’ disse, aiutandomi a rifare il letto. ‘Le navi a vapore avranno il sopravvento. E hanno intenzione di scavare un canale a Suez in modo da eliminare completamente la tratta africana del viaggio. Questo ridurrà i mesi di navigazione.’
Non mi sembrava possibile. ‘Pensavo che i racconti di questi canali non fossero che antiche fantasie.’ Tirai fuori i bordi della coperta. ‘Tira bene qui. Prima che i velieri e la circumnavigazione del Capo appartengano al passato devo venire in barca con te.’
‘Se solo tu potessi…’ Spianò le pieghe del letto e si diresse verso la bacinella per inumidirsi i capelli. ‘Se solo io potessi portarti via con me ora. Perchè aspettare? Sai che ti amo.’
Finalmente aveva pronunciato le parole che volevo sentirmi dire.
‘Una volta che la faccenda del gas sarà sistemata e le case saranno state completate, Martin si separerà da me senza fare difficoltà. Non avrà più tanto bisogno di una moglie per dimostrare la sua rispettabilità. Prenderà i suoi utili e ricomincerà a Manchester o a Birmingham.’
‘Ti fidi del fatto che tua zia sistemerà tutto?’ Assunse un’espressione accigliata.
‘Sì.’ Era strano come mi affidassi completamente a lei per risolvere la situazione. Ma la zia mi aveva guardato negli occhi e mi aveva detto che mi avrebbe aiutata. In che modo, non potevo saperlo. Non era facile porre fine a un matrimonio, non senza scandali e grandi spese. Forse l’avevo spaventata con la mia camicia da notte insanguinata. Forse si preoccupava che suo nipote finisse sul patibolo per avermi assassinata se lei non fosse intervenuta. ‘È strano, dovrei odiarla per tutto ciò che mi ha fatto da quando mi ha portata via dall’Italia. E invece non ci riesco. Non del tutto. Qualcosa ci unisce.’
‘L’amore?’
Sbuffai. ‘La zia non mi ha mai amata.’
‘Ne sei sicura?’ John si abbottonò la camicia.
‘Non l’hai mai vista insieme a me, altrimenti lo sapresti.’
Qualcosa lo aveva distratto. ‘Le lastre di ardesia su quel tetto sembrano messe male.’ Aveva smesso di sistemarsi i capelli e stava in piedi vicino alla finestra, fissando le case di fronte.
‘Gli operai hanno problemi con la costruzione del tetto. Martin non vuole dare il permesso a McManus di servirsi di specialisti.’ Le raffiche di vento autunnali avevano fatto cadere giù tegole nuove, ma Martin rifiutava di accettare che il tempo era contro di lui. Quella mattina aveva giurato al caposquadra che avrebbe preferito essere dannato piuttosto che accettare nuove scuse. Se i manovali non erano all’altezza del compito, avrebbe fatto tutto lui stesso, in modo da aiutarlo.
‘Arrivederci, Allegra.’ Ormai il nome veniva facilmente sulle labbra di John. Io mi consideravo come due donne in una: Alice, che discuteva del menù con la sua cuoca e che si assicurava che le camicie fossero state lavate per bene, e Allegra, che scarabocchiava pensieri ed idee in un libro e intratteneva il suo amante. Uno di questi giorni mi sarei spaccata in due per lo sforzo di mantenere queste donne unite in un solo corpo.
Dalla finestra vidi John riapparire sulla strada e riordinai me stessa e la camera. Avevo lasciato la finestra aperta, nonostante l'aria gelida esterna. Alcuni giorni ci volevano ore per arieggiare la casa. E io tremavo dal freddo mentre aspettavo che l’umidità evaporasse. Perchè sentivo ancora adesso delle responsabilità per il torace di Martin? Avrei dovuto lasciare che si formasse una bella cappa di fumo e al diavolo i suoi polmoni. Smossi i carboni nella griglia del mio caminetto per ravvivare la fiamma. Se fossi riuscita a riscaldare questa stanza sarei potuta restare qui a scrivere al mio ritorno dalla biblioteca.
La scrittura era diventata una sorta di dipendenza. Ricordai quello che Ada aveva detto dei suoi numeri, di come sentiva la necessità di studiarli per non sentirsi viva solo a metà. Le parole stavano diventando per me una droga simile. E, come una droga, sembravano darmi un po’ di equilibrio nei miei sbalzi di umore dalla tristezza alla gioia. Mi sembrava di muovermi tra la benedizione delle mattinate rubate con John Osborne e la disperazione per il fatto che la mia vita non sarebbe cambiata mai; la nostra relazione sarebbe rimasta segreta e io non sarei mai riuscita a trovare mia madre e a scoprire chi ero veramente.
Durante le prime ore del mattino, mentre Martin russava, giacevo inquieta, immaginando che mia madre mi avrebbe respinta, mi avrebbe detto che non nutriva interesse per me, che ero la sua vergogna, che sarei dovuta andar via subito per non tornare mai più. Mi alzavo dal letto e mi sedevo vicino alla finestra, tirando indietro le tende. Al nord la mancanza dell’illuminazione a gas consentiva di vedere le stelle ancora abbaglianti. Se la luna era piena riuscivo a distinguere le forme delle case nuove dall’altra parte della strada e le lampade a gas ancora inutilizzate. Intorno a me la città sembrava dormire. Potevo immaginare di essere l’ultima persona rimasta al mondo.
Strinsi una calza allentata, sistemai le mie gonne e mi guardai allo specchio per vedere se mostravo segni di immoralità. Le mie guance apparivano troppo arrossate? I miei occhi brillavano più di quanto ci si sarebbe aspettato in una mattina di metà settimana? Le labbra di John avevano lasciato segni sul mio collo? Quando fui sicura che niente avrebbe potuto tradirmi, lasciai la casa, diretta al museo. Stabilii di trascorrere la mattinata guardando le cartine geografiche della Germania. Il nostro atlante forniva poche informazioni su Dresda e su come fosse possibile raggiungerla.
L’aria fredda della mattina mi spingeva a camminare a passo veloce. Correvo per le strade pensando solo alla mia missione. Mi fermai ad un incrocio e vidi una scena che mi distolse dalle mie fantasticherie. Una donna e una ragazzina erano in piedi in un portone, le labbra blu nella fredda brezza. I loro occhi sembravano guardare dritto nei miei. Nessuna delle due indossava scarpe. I loro abiti avevano qualche pretesa di pulizia, ma non si poteva sperare che le proteggessero dal vento. Misi le mani nella borsa e porsi loro una moneta. Non appena lo feci, le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere.
‘Grazie, signora.’ La donna si inchinò e abbozzò un mezzo sorriso.
‘Quanti anni ha vostra figlia?’
‘Tre.’
‘Quando ha mangiato l’ultima volta?’
Una scintilla di orgoglio illuminò il volto della donna. ‘Stamattina. Avevo degli avanzi di pane.’
‘Aspettatemi.’ Che me ne sarei fatta di uno scellino in più quando la sua fame era così cruda, così immediata? Vidi una pasticceria ed entrai dentro. Dal banco scelsi panini freschi, ancora caldi di forno, e un pasticcio di carne. La proprietaria mi fornì un quarto di latte e mi prestò una tazza. Non le dissi dove avrei portato il tutto.
Ritornai dalla coppia infreddolita. ‘Questo è per voi.’ Porsi alla donna le cose che avevo acquistato. ‘Prego.’
La ragazzina stese le mani per prendere un panino. La madre lo spezzò a metà. ‘Conservane un po’ per quando avrai fame più tardi. Ringrazia la gentile signora.’ Le parole avevano il suono di una ripetizione meccanica. La pioggia si fece più intensa, cadendo sulle loro teste scoperte.
‘No, non ringraziarmi.’ Porsi il latte alla bambina.
Si rivolse a me aggrottando la fronte. ‘Perchè fa questo? L’ho già vista passeggiare da queste parti e non si è mai fermata prima d’ora. Quasi nessuno si ferma.’ Non sembrava arrabbiata ma curiosa.
‘Non ho mai guardato con attenzione. Mi dispiace.’ Avevo sempre ritenuto di avere una buona capacità di osservazione e di notare tutte le persone che passavano per le strade. Eppure non avevo mai visto questa coppia. Aspettai che la bambina avesse svuotato la tazza di latte e la riportai vuota alla pasticceria, senza dire altre parole.
Quando svoltai diretta nel museo cercai di capire perchè questo incontro mi aveva scossa così tanto. La mia ricerca di Claire Clairmont doveva aver accresciuto la mia consapevolezza di quanto fossero vulnerabili le donne e le loro figlie. E sapevo quale sarebbe stata la sorte di quelle due figure sulla soglia se la loro povertà fosse diventata insostenibile: la donna si sarebbe prostituita. O sarebbero andate in un ricovero pubblico dove avrebbero separato la donna dalla bambina. Solo i lattanti potevano restare con le loro madri.
Avevo letto di bambini di due anni costretti a vivere separati dai loro genitori. Solo la settimana scorsa una donna era stata punita per essere entrata furtivamente nel reparto dei bambini ad applicare una pomata ai geloni della sua bambina di tre anni. L’avevano gettata in una cella per due settimane. Nessuna meraviglia che i genitori preferissero quasi che i loro figli morissero di fame prima di fare ricorso alla beneficenza della parrocchia. La rabbia mi ribolliva nelle vene, facendomi dimenticare dei miei abiti bagnati.
Mi sedetti con una cartina della Germania davanti a me, cercando di concentrarmi sulle rotte. Dalle mie gonne l’acqua della pioggia gocciolava sul pavimento. L’uomo accanto a me sospirò. ‘Le sarei grato se la smettesse di battere le dita in quel modo, signora. Il rumore mi distrae.’
Mi scusai e mi sforzai di concentrarmi. Dresda non sembrava una grande città secondo gli standard britannici. La ricerca di mia madre non sarebbe stata impossibile; non sarebbe stato come andare, ad esempio, a cercare una persona a Birmingham. Ma come sarei potuta arrivare a Dresda? La Germania disponeva di poche linee ferroviarie. In carrozza il viaggio sarebbe durato intere giornate. E avrei dovuto trovare un albergo. Come potevo stabilire un itinerario e organizzare il viaggio? John avrebbe saputo fare tutto ciò.
Guardai l’orologio della biblioteca e chiusi l’atlante all’improvviso facendo sì che l’uomo anziano di fronte a me si svegliasse di soprassalto e mi fissasse. Martin sarebbe stato a casa tra un’ora per il pranzo. Lasciai la sala lettura e tornai a casa. La pioggia era cessata e la donna e la ragazzina avevano lasciato il portone. Forse avevo dato loro abbastanza cibo e denaro per consentire che trovassero un riparo. Lo sperai.
Arrivai a casa giusto in tempo. Ero appena salita in camera e avevo tolto il cappello quando sentii il passo pesante di qualcuno davanti alla porta principale. Martin. Passai la spazzola tra i capelli e li riordinai con forcine e pettine e andai al piano di sotto per incontrarlo. ‘Vuoi un po’ di birra? Non credo che il pranzo sia pronto.’
‘Al diavolo la tua birra. Al diavolo tutto.’ Gettò il cappello sul tavolo.
‘Che cosa è successo?’ Grazie a Dio avevo avuto la mia dose di John Osborne la mattina, altrimenti la mia pazienza sarebbe svanita di fronte a questo scoppio d’ira.
‘Quei miserabili irlandesi non hanno ancora completato i tetti. Come faccio a procurarmi degli acquirenti se non ci sono ancora le tegole?’ Si diresse in salotto con passo pesante e si gettò sul divano.
‘Perchè non hanno messo le tegole sui tetti?’
Sbuffò. ‘Sciocchezze che riguardano le scale. Non c’è niente che non va nelle scale.’
Non potei fare a meno di pensare al ponteggio difettoso, a come aveva ceduto e aveva lasciato quell’operaio sospeso in aria finchè John Osborne non lo aveva salvato. Non potevo biasimare gli operai che temevano che le scale di Martin non dessero alcuna sicurezza.
‘Non sarebbe magari più facile acquistare scale nuove in modo che vadano avanti con il lavoro?’
‘Acquistare? Con che cosa?’ Guardò il pettinino tra i miei capelli. ‘C’è pochissimo denaro per qualsiasi cosa, anche se sembra che tu continui a spendere senza problemi.’
‘La zia mi ha regalato questo pettinino per il mio compleanno l’anno scorso. Me lo hai già visto altre volte tra i capelli.’ Misi la mano sulla tartaruga. La zia non mi aveva mai fatto prima di allora un regalo che mi piacesse davvero.
‘Non ti ci affezionare troppo. Potremmo dover vendere tutto ciò che abbiamo per pagare le bollette.’
‘Quali bollette?’
Distolse lo sguardo. ‘I costi di costruzione. Costi iniziali.’
‘Quanto dobbiamo dare?’ Mi vennero i brividi, anche se il fuoco del salotto ardeva ed Emily aveva chiuso le finestre.
‘Lascia a me queste faccende. Mi hai chiesto se volevo della birra?’
‘Se hai intenzione di vendere i miei beni personali riguardano anche me.’
‘Sei una donna. Destinata a sostenermi.’
Non contarci, avrei voluto dire. Mi morsi la lingua. Perchè innescare una lite adesso quando tra poche settimane sarei stata libera? Se avesse sospettato che avevo intenzione di portare con me alcuni dei miei beni probabilmente li avrebbe venduti prima per farmi un dispetto.
Sapevo che non avrebbe mai dato credito ai miei consigli sui suoi affari, ma a volte riuscivo a trovare soluzioni ai problemi. Nel portargli la birra non potei fare a meno di tentare di nuovo. ‘Non potremmo noleggiare delle scale? Sarebbe più economico e…’
‘Accidenti a te, donna.’ Buttò il bicchiere nel camino, mandandolo in frantumi. Il liquido marrone si rovesciò sul tappetino davanti al focolare che Emily aveva portato fuori proprio quella mattina per spazzolarlo. ‘Mi lasci un po’ in pace? Sei peggio di McManus. Anche lui non smette mai di assillarmi.’
‘Mi dispiace.’ Andai in cucina e presi un altro bicchiere di birra. La signora Wheatley che stava arrostendo le costolette si girò per lanciarmi uno sguardo di comprensione mentre passavo. Doveva averlo sentito urlare. ‘Ecco. Devi essere assetato dopo una lunga mattinata.’ Gli porsi il bicchiere. Forse il suo umore sarebbe migliorato.
Bevve, fermandosi per tirare su il fiato dalla bocca. Il suo respiro era peggiorato ora che il tempo era freddo e umido. Avevo notato che quando il gas funzionava il suo odore gli causava degli spasmi. Alcune sere le lampade si accendevano per pochi minuti quando i lampionai davano loro fuoco, altre sere invece non si accendevano affatto. Ogni volta che si illuminavano trattenevo il respiro sperando che l’erogazione durasse. Martin credeva che i gasometri fossero difettosi. La società negava di essere a conoscenza di eventuali guasti. Martin li minacciava di procedere legalmente contro di loro. Come potevamo pagare gli avvocati?
‘Stai di nuovo male con il torace,’ dissi.
Mise una mano sotto la clavicola. ‘È come se qualcuno stesse spremendo l’aria dai miei polmoni.’
‘Resta dentro vicino al fuoco. Questo vento umido…’
‘Non dirmi cosa devo fare.’ Sbattè il bicchiere sul tavolo.
‘Mi dispiace. Mi preoccupo per la tua salute.’
‘No, non lo fai.’ Alzò lo sguardo, i suoi piccoli occhi mi accusavano. Sentii che stavo arrossendo. ‘Non la smetti mai di tormentarmi.’ Si alzò. ‘Ciò che voglio è che queste case siano costruite presto e che il denaro degli acquirenti finisca nelle mie tasche. Questo è tutto.’
‘Lo voglio anch’io.’ Quanto lo volessi, non poteva supporlo.
Lasciò la stanza.
Avrebbe sentito la mia mancanza quando me ne sarei andata per sempre? Non credevo. Pensai a come era entrato con Douglas nella casa vuota all’imbrunire. Mia zia sapeva che il suo domestico veniva qui quasi tutte le sere per questi appuntamenti segreti? Sicuramente il suo maledetto Presbiterianesimo lo avrebbe considerato dannato per quello che ormai sospettavo fosse il compimento di atti innaturali…
Ma la zia era al di là di ogni mia comprensione; tante parti della sua personalità mi lasciavano perplessa. Ancora non comprendevo perchè mi aveva presa dal convento. Ripetevo a me stessa che mi avrebbe rivelato tutto quando sarebbe giunto il momento in cui avrei lasciato Martin. Non riuscivo però a credere che lo avrebbe fatto alleggerendosi così la coscienza. Forse per farmi un dispetto non mi avrebbe rivelato nulla.
All’improvviso si udirono urla e rumori provenienti dall’esterno. Sbirciai fuori dalla finestra. Martin stava urlando a due operai di spostare le scale di fronte ad una delle nuove case di fronte a noi. McManus scosse la testa e disse qualcosa. Martin lo spinse via e si avvicinò alle scale. Vidi ciò che intendeva fare e uscii di casa di corsa per fermarlo. ‘Non farlo, Martin. Ti scongiuro.’
Se uomini più forti non erano in grado di portare a termine questo compito, che speranze aveva lui?
‘Lasciami.’ Mi spinse via. ‘Le tegole devono essere inchiodate prima che piova di nuovo o il nuovo intonaco sarà danneggiato.’
‘Dì loro di coprire il tetto con una tela, sarà sufficiente fin quando il tempo si calmerà.’
‘Sei una donna, Alice, non capisci nulla di queste cose. Fuori dai piedi.’ Cominciò a salire. Afferrai la parte inferiore della scala, aggrappandomi ad essa mentre il vento fischiava intorno alle nostre orecchie. Turbinii di foglie mi colpivano all’altezza della vita: il selvaggio vento occidentale di Shelley si beffava di quanti volevano ignorarlo. Avevo letto quella poesia ancora una volta questa settimana, assaporandone le immagini vivide e la rappresentazione dell’energia della natura. Ora sentivo la potenza del vento come nemica di ogni impresa umana, dal momento che non si preoccupava di rovinare i sogni dell’umanità. Sperai che Martin facesse presto. Lo detestavo, eppure una piccola parte di me non voleva che si facesse male. Se fosse stato possibile vivere separati gli avrei anche augurato ogni bene.
Allungai il collo e lo vidi raggiungere la cima della scala e cercare un appiglio sul tetto. Gli operai avevano già sistemato le tegole, bisognava solo inchiodarle. Martin prese un martello e dei chiodi dalla tasca del suo grembiule e cominciò a conficcarli. Le mie mani avevano la pelle d’oca. Mi piegai e vi soffiai sopra. McManus appoggiò le sue mani sulle mie sulla scala.
‘La tengo io, signora Clarke.’ Mi allontanai con gratitudine. Subito dopo vidi una lastra precipitare verso di me e mi scostai giusto in tempo. Dall’alto arrivò una maledizione di Martin.
‘Stia attenta alla sua testa, signora Clarke. E vorrei che il signor Clarke scendesse.’ McManus scosse la testa. ‘Lui non è un piastrellista. E queste scale non sono adatte a questo lavoro. Gli operai avevano ragione a non fidarsi. Non sono abbastanza solide.’
Martin aveva inchiodato cinque o sei tegole, ma si stava chiaramente rendendo conto che il vento era troppo forte perchè potesse restare sul tetto a completare il lavoro. Si accostò di nuovo alla scala. Il suo piede destro era sul piolo più alto, il piede sinistro scendeva per incontrarlo quando sentii il rumore del legno che si spezzava. Due pezzi del piolo scheggiato caddero sul marciapiedi accanto a me. Martin gridò qualcosa. Vidi il suo piede destro sforzarsi di trovare una presa accanto al piede sinistro sul piolo inferiore. Per un attimo restò fermo, ma il suo equilibrio era precario. Stese una mano per afferrare il bordo del tetto e sembrò raddrizzarsi, ma ci fu un altro scricchiolio. Quello che ora era diventato il gradino più alto si spezzò. Entrambi i piedi di Martin scivolarono giù al gradino seguente.
‘Dio mio abbi pietà di lui.’ McManus era aggrappato alla scala. ‘Queste assi sono marce fino al midollo. Scendete lentamente, signore, un piede alla volta, è facile.’
Il vento si scagliò lateralmente contro la casa come una bestia gigante che attacca la sua preda. Martin si bloccò. La paura lo stava pietrificando, proprio come era accaduto a quell’operaio irlandese tutti quei mesi fa. Corsi alla porta e la trovai aperta. Mi ci volle solo un secondo per salire le scale e raggiungere la finestra anteriore del secondo piano. Davanti ai miei occhi c’era il ricordo di John che aveva salvato il manovale sul ponteggio.
‘Martin.’ Tirai su i battenti della finestra. ‘Riuscirai a salvarti se ti manterrai calmo, basta che tu non metta tutto il tuo peso su un solo gradino.’
Non disse nulla. Un sottile rivolo di liquido chiaro scendeva sul muro accanto a me.
‘Non aver paura. Non puoi restare quissù.’
Gemette.
‘Scendi. Un piede alla volta.’
Il legno scricchiolò.
‘Ora, Martin, devi muoverti ora, la scala è pericolante.’
Il terzo gradino cadde a terra. Il piede di Martin precipitò sul quarto gradino. E ora cercava di trovare un appiglio in basso sulla scala, con i piedi che passavano rapidamente da un gradino all’altro.
‘Rallentate!’ McManus gridò dalla strada. ‘La scala…, non ce la faccio a reggerla. Il vento…’
Martin urlò. Vidi di sfuggita mio marito che agitava le mani ed aveva il volto contratto mentre precipitava insieme alla scala.
Chiusi gli occhi prima dello schianto.