Capitolo ventinove
Martin si era alzato dal letto da tre giorni e ancora le lampade a gas nel salotto e lungo la strada non emanavano luce. Le lampade non erano rimaste accese per più di un secondo o giù di lì, ad intervalli irregolari, dalla notte in cui i Curtis e gli altri erano venuti ad ammirare la moderna illuminazione di Ludlow Street e se ne erano andati scuotendo la testa riguardo al gas. A quanto pare la banca di Curtis rifiutava gli investimenti finchè la luce a gas non avesse rischiarato Ludlow Street. Ogni sera, all’imbrunire, Martin camminava su e giù per il salotto borbottando maledizioni alla compagnia del gas. Ma una o due volte alla settimana le luci tremolavano e poi si spegnevano in breve tempo, suscitando false speranze in mio marito.
‘Non hanno riparato la fuga dai gasometri, che Dio li maledica. Li avevo avvertiti che dovevano sistemare la cosa. Hanno approfittato del mio incidente per ignorarmi.’
‘Fughe di gas dai gasometri?’ Ma il gas non era infiammabile? Mi ero imposta di smettere di rimuginare sull’impossibilità di incontrare mia madre, le cui tracce l’investigatore di Joseph Osborne non era riuscito a scovare dopo la sua partenza da Windsor.
‘Deve dipendere dai gasometri. O dalle condutture. Quei maledetti idioti hanno fatto un pessimo lavoro quando li hanno messi.’
‘Sicuramente le autorità vorranno sapere di questo rischio per la salute pubblica…’
‘Non fingere di capirne qualcosa, donna.’ La malattia non aveva ammorbidito il suo temperamento. ‘Pensi di essere così raffinata, con la tua musica e le tue letture. Ma Maggie è più donna di quanto non lo sia tu. Lei sa come prendersi cura degli invalidi. Non è una di queste mogli moderne che sono troppo intelligenti per sedersi accanto al letto di un ammalato.’
‘Anche io sono stata seduta accanto a te, Martin. E così ha fatto la zia. Durante i primi quindici giorni ci siamo alternate nell’assistenza, giorno e notte, noi…’
‘Non cercare di negarlo, sei stata contenta di abbandonarmi a Maggie, una donna che hai tolto dalla strada.’ Sembrava incapace di cogliere le incongruenze della sua argomentazione.
Quasi a beffarsi di lui, le luci si accesero, si spensero e svanirono. Martin gettò il suo bicchiere di brandy contro il muro. Almeno questa volta il tappetino del focolare era stato risparmiato. ‘Porca miseria, non c’è fine a tutto questo?’ Uscì dalla stanza con passo pesante.
Fui colta da un presagio freddo ed inspiegabile. ‘Dove stai andando?’
‘Esco, forse vado ai gasometri. Cosa ti importa?’
‘È una notte fredda, e non sei guarito da molto …’
‘Tieni a freno la lingua. Non voglio che tu mi dia lezioni. Dov’è la lanterna?’
‘Non prendere la lanterna, ci potrebbe essere una fuga di gas.’
‘Come diavolo faccio a vedere cosa sta succedendo senza una lanterna? E passami il bastone, il marciapiedi è ancora pieno di buche. Non voglio rompermi il collo.’ Mi disse con rabbia: ‘O ne saresti contenta, eh, Alice? Libera da me per sempre.’
‘Non uscire stasera, Martin.’ Mi aggrappai al suo braccio.
‘Douglas mi accompagnerà.’
Naturalmente. Douglas era venuto regolarmente nella nostra strada la sera durante la convalescenza di Martin. Non bussava alla porta, ma, se io ero fuori dalla stanza, si recava fino alla finestra del salotto a battere sul vetro e a parlare con mio marito. Credevano che io fossi ignara di tutto ciò.
Infatti, mentre Martin apriva la porta, individuai la figura allampanata del domestico che aspettava sul lato opposto della strada. ‘Che ci fa Douglas qui di notte?’ Le parole uscirono spontaneamente dalle mie labbra. Martin si girò verso di me e mi guardò minaccioso. Sbattei la porta e andai in salotto a guardarli.
Mentre Martin gli si avvicinava le luci della strada si accendevano e brillavano sui loro volti inespressivi. Forse Martin sarebbe tornato ora che il problema si era risolto. Avrebbe potuto parlare con la compagnia del gas al mattino. Ma sapevo che Martin aveva altro in mente questa sera piuttosto che il gas.
Avanzarono a grandi passi lungo la strada. Questa volta non attraversarono per recarsi nel loro solito posto ma camminarono verso la fine della schiera di villette. Forse nelle case vacanti su questo lato c’erano meno spifferi durante la stagione fredda. Repressi un brivido e tirai le tende. Dal momento che il salotto era ormai così luminoso grazie alle lampade a gas presi il mio cucito e mi rallegrai della facilità con cui i miei occhi potevano ora distinguere i piccoli punti sul ricamo. Se solo le luci fossero rimaste accese, questa volta, avrei quasi accettato il cattivo odore del gas!
Qualcuno bussò alla porta ed Emily andò ad aprire. Il mio cuore sussultò nella folle speranza che potesse trattarsi di John Osborne, venuto a dirmi che non poteva sopportare più la nostra separazione e che voleva andare via con me.
Emily portò dentro la zia: pensavo ancora a lei come tale.
‘Alice.’
‘Buona sera, zia.’
‘Sono venuta a parlarti, bambina. Dov’è Martin?’
Arrossii. ‘È andato a vedere se riusciva a trovare la perdita di gas.’ Con il tuo domestico, avrei potuto aggiungere.
Scosse la testa. ‘È proprio ossessionato dal gas.’ Toccò la parete accanto alla finestra. ‘Questa stanza è piena di umidità, Alice. La fai arieggiare?’
Le raccontai di come tenevo le finestre aperte ogni mattina. Scosse la testa. ‘Assicurati di mantenere un fuoco acceso fin dall’ora di pranzo per riscaldare l’aria.’
Aprii la bocca per esprimere i miei dubbi sulla disponibilità di Martin a pagare così tanto combustibile.
‘Digli che ti ho detto io di ordinare del carbone in più. Per la fretta di erigere nuove case gli imprenditori dimenticano gli elementi essenziali di una buona costruzione. Questa umidità fa male ai polmoni di Martin.’
‘Gliel’ho detto spesso.’
I suoi occhi sembrarono addolcirsi. ‘Sì, sono sicura che l’hai fatto, bambina mia.’
Si udì il rumore di una porta che sbatteva dall’altro lato della strada. Gli stivali di un uomo calcavano pesantemente un marciapiede di legno. Martin avrebbe atteso qualche istante dopo che Douglas era andato via senza essere visto. Poi anche lui avrebbe lasciato la casa. Non potei fare a meno di sorridere al pensiero del suo volto quando avrebbe visto la zia che lo aspettava qui. ‘Penso che stia per tornare ora.’
‘Dovremo rimandare la nostra conversazione, bimba. O forse gli chiederò di sedersi nella stanza accanto mentre noi parliamo.’
‘Di cosa volevi parlare con me, zia?’
‘Volevo sapere quali sono i tuoi piani futuri. Dobbiamo gestire la separazione da Martin con attenzione, per evitare danni alla vostra reputazione.’ Mentre finiva di parlare una luce bianca balenò attraverso la stanza e il pavimento tremò al rombo di un’esplosione. La zia ed io fummo entrambe scaraventate a terra. La mia testa battè sulla griglia del caminetto e per alcuni secondi vidi solo nero, punteggiato di riflessi d’argento. Quando mi tornò la vista la zia era già in piedi e stava aprendo le tende. ‘I gasometri sono scoppiati,’ disse.
Mi alzai e la raggiunsi alla finestra. Una palla di fuoco, del colore di un gigantesco puff di lana bianca, segnava il cuore dell’esplosione – che strano che qualcosa di così caldo potesse somigliare a qualcosa di così fresco! La palla bianca stava già ingiallendo ai suoi bordi esterni, aumentando l’intensità del colore e tendendo prima verso l’ambra, poi verso lo scarlatto ed infine verso un marrone rossastro. Attraverso la finestra i miei occhi videro qualcosa di ancora più terribile: le scintille erano cadute sulla catasta di legno in fondo alla strada, una delle pile per le quali McManus aveva chiesto un po’ di tempo prima di rimuoverle. Le assi bruciavano già lentamente. Le fiamme ora si alzavano e attaccavano la porta della casa più vicina a loro, la casa che Martin e Douglas usavano per i loro appuntamenti.
‘Dobbiamo prestare soccorso.’
La zia stava già prendendo il suo scialle. ‘Andiamo a recuperare dell’acqua.’
Emily arrivò di corsa con un secchio. ‘Corro in chiesa, signora, a dir di suonare la campana per chiamare i vigili del fuoco. Ecco dell’acqua che ho preso in cucina.’
Per la strada il fumo, asfissiante e maleodorante, quasi ci soffocava. Le fiamme erano avanzate fino al primo piano; le vedevo danzare all’interno della finestra. Lanciai in alto il contenuto del mio secchio fin dentro l’edificio e afferrai una vanga lasciata da uno dei manovali. I miei tentativi di spegnere il fuoco furono infruttuosi. Le fiamme sembravano piccoli demoni. Se venivano sconfitte prima di prendere possesso di un luogo si arrendevano. Se una sola sfuggiva, questa saliva poi furtivamente al piano superiore, unendo le sue forze con quelle di un altro gruppo e di un altro ancora per diventare un lenzuolo fiammeggiante e dispettoso.
Uomini mi spingevano e mi superavano, portando secchi d’acqua. Urla giungevano da zone più lontane della strada, annunciando l’arrivo di carri pieni d’acqua e pompe.
‘Dov’è Martin?’ la zia mi tirò per il braccio.
Pensavo che fosse uscito dalla casa poco dopo Douglas. Ma se così fosse stato, ora sarebbe stato qui in strada con noi, immaginavo. Stava lottando per salvare il suo investimento? Corsi lungo la strada, urlando e scrutando i volti. No, Martin!
‘Penso che mio marito sia ancora dentro quella casa,’ gridai ai vigili del fuoco mentre fissavano le pompe di cuoio al carro. ‘Dovete tirarlo fuori.’
‘Faremo del nostro meglio, signora.’ Si guardarono tra di loro e scorsi il rapido movimento con cui scuotevano le teste. ‘Perchè non se ne sta laggiù fuori dalla zona di pericolo?’
Ma io non riuscivo a muovermi dalla casa. Le fiamme avevano ora attaccato la proprietà confinante. Fortunatamente non era occupata. La zia mi raggiunse sul marciapiedi.
‘Non è lì dentro, vero?’
Non riuscivo a parlare, nè ad annuire.
‘Sono al corrente dei suoi appuntamenti amorosi.’ Deglutì. ‘Una sera ho chiesto ad una mia domestica di seguire Douglas. Douglas è uscito dalla casa prima di Martin proprio adesso?’
‘Credo di sì. E Martin di solito si trattiene ancora un minuto o giù di lì.’
Le pompe dei pompieri spruzzavano acqua sui mattoni e le tegole ma era come chiedere a uno stormo di oche irritate di spegnere l’incendio. L’acqua usciva sibilando dal collo delle pompe di cuoio dirigendosi su pareti e travi arse, ma il fuoco continuava a divampare. Uomini e donne andavano avanti e indietro con i secchi. Emily, ancora senza fiato per essere andata e tornata dalla chiesa, mi porse una pentola da cucina. La seguii alla pompa situata di fronte alla nostra casa. ‘La nostra cisterna si è prosciugata, signora, ho già preso quello che c’era.’
Sei, sette, otto volte ripetemmo l’operazione, ma l’incendio persisteva ed ora si era esteso a tutta la schiera.
‘Io vado dentro la casa.’ La zia si tirò lo scialle sulla testa. ‘Buttami dell’acqua addosso, Alice.’
‘No, è una follia, guarda come il fuoco si è sviluppato verso l’alto.’
Mi tirò la pentola di mano e se ne versò il contenuto sulla testa, trasalendo nel venire a contatto con l’acqua fredda.
‘Aiutami a trattenerla,’ urlai a Emily. Prima che Emily riuscisse a raggiungermi, la zia si era svincolata dalla mia stretta, in modo più forte e veloce di quanto potessi immaginare, e si era precipitata attraverso la porta bruciata correndo al piano superiore. Si era resa conto che nessuno avrebbe potuto sopravvivere al piano terra, ma c’era qualche piccola possibilità che qualcuno potesse trovarsi privo di sensi al primo piano. La stavo seguendo ma il robusto capo dei vigili del fuoco mi afferrò per la vita.
‘Non per mancarle di rispetto, ma lei non andrà dietro all’anziana signora.’ Fece un gesto per avere una pompa. ‘Dirigi l’acqua verso la porta d’ingresso, Smith.’ Nessuno degli uomini seguì la zia. Avrei voluto urlare che erano dei codardi. Emily scosse la testa.
‘’Sarebbe un suicidio, signora.’
La scorta d’acqua del carrello si stava esaurendo. Gli uomini correvano su e giù per la strada in cerca dell’idrante. McManus apparve accanto a me, col volto pieno di cenere. ‘Avevo detto al signor Clarke, signora, glielo avevo detto che doveva conservare lui stesso la chiave della rete idrica. Qualcuno è andato a cercare l’uomo che ha la chiave, ma abita ben lontano. E i vigili del fuoco sono alla disperata ricerca di acqua per i loro tubi.’
Proprio mentre mi diceva ciò qualcosa si muoveva giù per le scale, qualcosa di annerito e dotato di molte membra. Mi divincolai e corsi più vicino. Le braccia di Martin erano intorno alle spalle della zia e entrambi scendevano di gradino in gradino barcollando. La ringhiera cedette quando raggiunsero le ultime scale ed entrambi scivolarono sul pavimento. Le fiamme attaccarono la coppia e uno di loro, penso che fosse Martin, urlò, emettendo un suono che trasformò il mio sangue in ghiaccio. Due vigili del fuoco afferrarono dei secchi e corsero all’interno, ignorando le grida del capo dei pompieri, e ricoprirono d’acqua le due sagome prima di trascinarle fuori tirandole per gli stivali. Sui gradini della casa sollevarono i corpi e li portarono nella strada, dove li deposero.
Martin – sapevo che era lui solo a causa della sua grossa corporatura – aprì le fessure nere che erano le sue palpebre e mi guardò. ‘Alice,’ disse. ‘Avevi ragione sul gas … ho ipotecato la casa … non avrai nulla. Perdonami …’ Tacque. Uno dei vigili del fuoco appoggiò la testa sul petto di Martin e si alzò, scuotendo la testa.
‘Mi dispiace moltissimo, signora.’
Sentii i miei gemiti come se non fossero stai i miei.
Gli occhi della zia erano aperti: orbite macchiate di sangue in un volto pieno di vesciche. Dai suoi abiti, dove l’acqua li aveva bagnati, fuorisciva ancora vapore. Dalle sue labbra proveniva un suono simile a quello di un coniglio che avevo sentito una volta da lontano urlare in una trappola. Ma ora Emily scuoteva il mio braccio, ‘Signora, dobbiamo andar via, è pericoloso restare qui. Vede?’
Guardai dove lei indicava. Il vento aveva spinto le fiamme ancora più avanti. Mentre la nostra attenzione era concentrata sul tentativo della zia di salvare Martin, la nostra casa aveva ceduto al fuoco. La zia veniva ora gentilmente stesa su una barella e io lasciai che Emily mi trascinasse oltre la nostra casa, fermandomi solo un attimo a guardare la fornace color ambra e rosso che era stato il nostro salotto. Dalle mura non sarebbe più trasudata l’umidità, mi diceva la mia mente confusa.
Intanto qualcuno mi stava portando via da Emily, avvolgendomi un cappotto sulle spalle tremanti, mettendo la mia testa sul suo petto, sussurrandomi parole dolci: John Osborne.
‘Mi sono preso la libertà di prelevare qualche oggetto quando ho visto che la tua casa non poteva sfuggire al fuoco.’ Indicò la grondaia dove alcuni dei miei vestiti, un mucchio di cuscini, capi della mia biancheria ricamati, un paio di libri, e alcuni possedimenti di Emily, erano stati raggruppati insieme su un lenzuolo. Non aveva preso nulla di Martin, evidentemente rendendosi conto che mio marito non avrebbe avuto più bisogno di beni terreni. John non avrebbe saputo cercare sotto il materasso per prendere il pacchetto che mi era stato dato dal greco. Il mio legame con mio padre e mia madre sarebbe stato ridotto in cenere. Sembrava però che i nostri vicini, il signore e la signora Richards, sarebbero stati più fortunati: il fuoco si stava estinguendo.
Appoggiai di nuovo la testa sul petto di John, notando il suo odore di fumo ma senza preoccuparmene. Emily stava mormorando un “grazie”, John doveva averle dato qualche moneta, le sentivo tintinnare nella sua tasca. Mi scostai. ‘Dove andrai, Emily? Cosa farai?’
‘Da mia madre. Questi,’ scosse le monete, ‘possono andar bene come liquidazione, signora, perciò stia tranquilla. Mi dispiace molto per il padrone. Ce la farà da sola?’ Il suo volto, tirato per l’ansia, si rivolse verso John Osborne.
‘Mi prenderò io cura della signora Clarke. Va’ pure a casa da tua madre adesso.’
Le sue labbra tremavano. ‘Oh signora, le auguro che tutto le vada bene d’ora in poi.’
‘Mia zia.’ Rabbrividii, pensando alla sagoma nera e fumante.
‘La porteranno a casa con la vettura della polizia.’ Fece una pausa. ‘Probabilmente non c’è più molto che si possa fare per lei.’
‘E Douglas?’
‘Sta dando loro indicazioni.’
Douglas sapeva cosa era accaduto a Martin? Provai per lui qualcosa che somigliava alla compassione.
‘Devo andare con mia zia, non posso lasciarla. Devo chiamare dei medici che la assistano.’
John mi condusse ad una carrozza che aveva lasciato in attesa. ‘Seguiremo la polizia.’