Capitolo trentaquattro

 

Ogni respiro della zia rivelava dolore e sforzo che non le avrebbero consentito di immettere aria nei suoi polmoni per molto tempo ancora. Girò la testa al suono della porta scricchiolante che si apriva e agitò una mano fasciata per mandar via Maggie. 

‘Allegra.’

Una volta le avevo ordinato di chiamarmi con quel nome. Ora udirne il suono mi faceva sentire disperata. I suoi occhi, incrostati e trasudanti, si spalancarono quando vide la donna che era con me. ‘Chi è questa?’

‘La signorina Clairmont, la signorina Claire Clairmont.’ Le due si studiarono l’un l’altra silenziosamente. L’orologio della carrozza sul camino sembrava ticchettare con più forza di quanto avesse mai fatto prima.

‘Ho sentito molto parlare di lei.’ La zia sembrava seccamente divertita.

‘Perchè?’ Claire fece un passo avanti. ‘Perchè l’ha fatto? Perchè le ha lasciato credere che fosse mia figlia?’ Scosse la testa. ‘Mi perdoni, non è da me rimproverare una signora ammalata e costretta a letto, ma io non riesco a comprendere quest’inganno.’

‘Aiutami a mettermi seduta,’ la zia mi ordinò. L’incidente non le aveva sottratto neanche un grammo della sua autorità. La tirai su, gonfiai il cuscino dietro il suo collo e raddrizzai la cuffietta di lino che indossava sulla testa ormai quasi priva di capelli. Emanava un odore di carne bruciata e metallo arroventato. Maggie applicava dei bendaggi umidi alle sue ustioni, ma il danno ai tessuti era troppo grave per guarire. Il dottor Macpherson ora temeva per i suoi polmoni che si stavano riempiendo di liquido e la stavano soffocando un poco alla volta. 

La zia doveva aver percepito il mio orrore perchè girò gli occhi per guardarmi. ‘Non mi commiserare, bambina mia. Non ho paura della morte, mi porterà dalla persona che amo di più.’

Martin. Il sole del suo universo. Avevo ancora più compassione di lei, ora, in quanto desiderava andare incontro alla morte per riunirsi col mio odiato marito.

‘Non mi chiamare Allegra,’ dissi. ‘Non è il mio nome.’

‘Lo so. Ti chiamo così perchè tu me lo hai chiesto e io … desidero compiacerti.’

La zia desiderava compiacermi?

‘Ti ho dato il nome di Alice quando per la prima volta sei arrivata da me perchè era il tuo vero nome. In italiano era pronunciato così: Ali-ce.’ Il nome sembrava musicale.

Si rivolse a Claire. ‘Lei, signora, conoscerà la vergogna e l’amore che si possono provare allo stesso tempo per un bambino concepito fuori dal matrimonio.’

Trattenni il respiro. 

‘Amore, sì. Vergogna, no. Non mi sono mai vergognata della mia Allegra,’ disse Claire. ‘La vergogna che provavo era dovuta alla mia mancanza di autonomia finanziaria ed all’impossibilità di dare una casa a mia figlia.’

‘Possiamo non essere d’accordo sulle cause della vergogna, ma siamo concordi sulla sua esistenza.’ La zia tossì. ‘Passami l’acqua, bambina.’ Accostai il bicchiere alle sue labbra screpolate. 

‘Sta dicendo, signora, che questa donna,’ Claire mi guardò, ‘è… ?’

‘No.’ La zia pronunciò la parola in modo molto chiaro nonostante la sua infermità. ‘Suo marito Martin era mio figlio. La mia gioia e la mia disperazione. Alla sua nascita il padre chiarì che non mi avrebbe minimamente supportato, a meno che io non lo avessi mandato sotto falso nome in una scuola lontana.’ La zia annuì. ‘Comincia a percepire la somiglianza nelle nostre storie, signorina Clairmont? Martin faceva molta fatica nell’eseguire compiti che altri ragazzi trovavano semplici. Fu chiaro che avrebbe sempre avuto bisogno di sostegno e di aiuto. Fortunatamente per entrambi un parente morì e, ignaro della mia vergogna, mi lasciò un’eredità. Riuscii a togliere Martin dalla scuola e a metterlo in un collegio di persone di cui mi fidavo. Era convinto che io fossi sua zia.’ 

Accostò di nuovo le labbra al vetro e bevve. Sospirò. ‘Gli anni sono passati. Mi sono sposata. Mio marito non ha mai saputo nulla di mio figlio, o, se l’ha saputo, si è comportato con discrezione e non me ne ha parlato. Mantenni un conto segreto da cui finanziavo le spese di Martin. Il mio medico mi ordinò di andare all’estero per curare una brutta polmonite. Facemmo un viaggio in Svizzera e in Italia, come ti ho detto, Alice. Mentre eravamo in Italia, dei miei amici lontani ci invitarono a pranzare alla British Legation a Venezia. Lì incontrai Lord Byron. Era in procinto di lasciare la figlia Allegra con la moglie del viceconsole, avendo deciso di non potersi occupare più della bambina.’

Claire fece una risata sprezzante. ‘Trovava sempre un modo per scaricarsi dalle sue responsabilità. E quale fu la sua impressione del famoso Lord Byron?’

‘A stento mi rivolse la parola. Perchè avrebbe dovuto? Ero una persona comune, triste, timida. Lui era brillante, bello, eroico. Io ero un corvo e lui un pavone. Ma era aperto sulla sua vita, i suoi misfatti e gli errori. Non avevo mai incontrato nessuno come lui prima.’

‘Nemmeno noi,’ Claire disse ironicamente.

‘Durante la conversazione parlò di Allegra, che aveva intenzione di mettere in un convento a Bagnacavallo quando avrebbe avuto l’età giusta. Diceva che era indisciplinata, selvaggia, ma molto intelligente. E bella. La moglie del viceconsole sembrava spaventata di avere la bambina.’ Fece una pausa, chiudendo gli occhi. ‘Escogitai il mio piano. Martin avrebbe avuto sempre bisogno di una guida. Io sarei morta prima di lui, o almeno così credevo. Qualcun altro avrebbe dovuto aiutarlo. Perchè non adottare una ragazzina intelligente che nessuno sembrava volere?’

Claire lanciò un urlo.

‘Mi perdoni, signorina Clairmont, io non la conoscevo e nulla di ciò che fu detto a tavola da Lord Byron mi faceva credere che lei sarebbe stata sconvolta se il suo fardello le fosse stato tolto.’

Misi una mano sul braccio di Claire.

‘Lui ha mentito se ha detto che io non amavo la mia bambina.’ Le sue parole furono quasi scagliate attraverso la stanza.

‘Io so bene ora, a causa di questo mio dolore, quanto sia impossibile che lei non abbia pianto la perdita di sua figlia. Le chiedo scusa.’

‘Per anni ho avuto il rimorso di non averla presa dal convento, anni di rimpianto, anni di amore perduto.’ La voce di Claire era scossa e gli occhi lampeggiavano.

La zia proseguì. ‘Lasciammo il luogo subito dopo la cena. Si era fatta l’ora di tornare. In quel periodo Allegra risiedeva nel convento. Avevo poco da fare. Mi venne un giorno il capriccio di chiedere al nostro cocchiere di condurmi al convento. Chiesi alle suore se potevo fare visita ad Allegra. Avevo portato con me dolcetti e libri che sembrarono convincerle delle mie buone intenzioni. Chiamarono una certa suor Perpetua. Mi portò in giardino.

‘Allegra stava giocando con una brocca d’acqua ed una ciotola. Con lei era seduta un’altra bambina, di un anno più giovane, forse. Spruzzavano l’acqua tutt’intorno, ridendo e cinguettando come un paio di canarini.’ Il volto della zia si addolcì al ricordo. ‘Suor Perpetua mi disse che erano inseparabili, Allegra ed Alice. Erano una coppia graziosissima, incantevole, in effetti.’

Rimasi senza fiato. La zia fece un gesto verso di me. ‘Sì, tu, Alice.’

‘Diedi ad Allegra i miei doni e lei mi ringraziò gentilmente e mi chiese se poteva dare ad Alice uno dei libri. Le bambine sembravano felici, ben curate. Sentii che il mio piano di adottare Allegra si stava annullando.

‘Chiesi a suor Perpetua se sapeva quale fosse la famiglia di Alice. Lei non potè o non volle dirmi molto, mi disse solo che la madre di Alice aveva lavorato per una famiglia inglese. Quanto al padre, non era certo se fosse uno dei signori inglesi o un altro visitatore, di una qualunque nazionalità sotto il sole. Non poteva negare nè confermare che Alice fosse legata alla famiglia di Lord Byron. Mi chiedevo se la ragazza fosse un’altra dei suoi figli illegittimi, o forse la figlia naturale di qualcuno dei suoi amici.’

‘Il comportamento alla villa era a volte … poco raccomandabile.’ Fu il turno di Claire di mettere una mano rassicurante sul mio braccio. Mi ricordai di Maria Prodi che si riteneva una figlia illegittima di Shelley. Fui inondata da un senso di repulsione. Non ero mica una sua parente?

‘Svolsi le mie indagini,’ la zia aggiunse. ‘Mi sembrò più probabile che la mamma della piccola Alice lavorasse come governante presso una famiglia inglese che viveva nella zona e che fosse morta durante il parto. Suo padre avrebbe potuto essere qualcuno del posto, nessuno lo sapeva con certezza. O forse si trattava di un marinaio di Venezia. Scomparve prima della nascita della figlia. Forse anche lui era morto. Quindi Alice era sola. La famiglia inglese aveva amato molto la governante e ne aveva messo in convento la figlia, avvertendo una certa responsabilità nei suoi confronti e credendo che questo fosse il posto migliore dove lei potesse crescere, nella speranza che la famiglia di suo padre venisse a sapere della sua esistenza.’

La figlia di un marinaio e di una governante.

‘Finii la mia visita,’ la zia continuò, con una voce più fioca. ‘L’attività di mio marito ci permise a un certo punto di andar via. Trascorso del tempo venimmo a sapere che Allegra era morta. Pensai alla piccola Alice e mi chiedevo come poteva stare ora che la sua amichetta le era stata portata via. Quando tornammo nella zona andai al convento di Bagnacavallo. La trovai pallida e silenziosa. Suor Perpetua si prendeva cura di lei. Non solo le era stata tolta l’amichetta, ma anche il denaro per il suo mantenimento non arrivava più. Le suore volevano tenerla con loro perchè si erano affezionate alla bambina che era incantevole e intelligente, ma cominciava a diventare difficile provvedere al suo nutrimento e agli abiti.’

La zia appoggiò una mano alla gola, come se parlare le facesse male. Le versai un altro bicchiere d’acqua e la aiutai a bere.

‘Suor Perpetua mi disse che il mondo era malvagio e che lei temeva per Alice, temeva che potesse attirare il genere sbagliato di attenzioni con il suo bell’aspetto. Pensai a mio figlio, a come non era stato possibile portarlo con me. Guardai la piccola Alice seduta in silenzio da sola. Immaginai che lei avrebbe potuto riportarci insieme. Avrei potuto crescere Alice come una perfetta, casta, gentildonna cristiana e darla poi in sposa a Martin. Era per metà inglese, dopo tutto.’

Anche ora, sul letto di morte, mia zia restava legata ai suoi pregiudizi.

‘Avrei potuto rendere Alice una brava persona, e lei avrebbe potuto migliorare anche Martin. Ero venuta a sapere di lui, delle sue … inclinazioni … Aveva solo undici anni allora, ma era ben fatto e già evoluto per certi versi. Gli insegnanti avevano cercato di cambiare le sue tendenze picchiandolo.’

Claire sembrava solo leggermente perplessa nel sentire tutto quello che riguardava mio marito. Aveva vissuto nel mondo, dopo tutto.

‘Supplicai mio marito di lasciarmi prendere Alice dal convento. Non essendo al corrente, per quello che ne sapevo io, dell’esistenza di Martin, non era convinto della bontà del mio progetto, ma morì di colera poco dopo la mia visita. Dopo che lo ebbi seppellito e mi fui ripresa un po’ dal mio dolore – poichè era un uomo buono – mandai a prendere la bambina. La malattia imperversava ancora nella zona. Temevo per Alice, pertanto la feci portar via immediatamente.’

Senza tempo per gli addii o perchè potessi prendere e portare via con me la mia bambola.

‘Sapevo che toccava a me allevarla in modo che fosse moralmente irreprensibile. Mi imposi di cambiare il mio stile di vita: passai da un’esistenza dedita ai piaceri ad una condotta più austera e più dura.’

‘Ti ho vista mentre odoravi i lillà,’ le dissi. Si girò verso di me guardandomi sorpresa.

‘Nel giardino. La scorsa primavera. Ti ho vista godere dell’effluvio dei profumi. Ho colto il piacere sul tuo volto. Non avevi un aspetto severo e duro in quel momento.’

Non disse nulla, ma per un attimo ci fu una sorta di profonda comunione tra di noi.

‘Eri intelligente e bella, Alice, tutto ciò che mio figlio non era. Avevi spirito, una qualità pericolosa in una donna, ma che avrebbe potuto animare lui. Il tuo cervello avrebbe aiutato Martin. Quando ti saresti sposata e avresti avuto figli, ci sarebbe stata speranza che il bambino potesse ereditare le qualità della madre.’

La risata della zia fu incredibilmente stridula per provenire da una persona così vicina alla morte. ‘Quanto ho imparato durante la scorsa settimana! Conosco il dolore della perdita di mio figlio, e la sofferenza per le mie ustioni non è nulla in confronto a quello che mi aspetta all’inferno per averti costretta a sposarlo. Spero che il tuo cuore riuscirà a perdonarmi.’ Strinse il mio braccio con la sua mano sciupata.

Presi le sue dita ustionate tra le mie. ‘Ti perdono e non credo che andrai all’inferno.’

Quando alzai gli occhi vidi le sopracciglia di Claire avvicinarsi al di sopra dei suoi occhi scuri. ‘Alice è generosa con lei, signora.’

‘Lo è,’ disse la zia. Le sue palpebre, quasi trasparenti, si abbassarono sugli occhi. Per un intero minuto non disse nulla. ‘Portai Alice immediatamente in Svizzera, viaggiando giorno e notte. A Ginevra intrapresi il lungo compito di farle dimenticare tutto dei suoi primi anni.’

‘Me lo ricordo bene.’ Le ore interminabili con la Bibbia. Le buie giornate dei Sabbath. La neve fredda scintillante sulle vette alpine.

Sospirò. ‘Fammi sdraiare di nuovo, Alice, sono stanca.’ La sua voce tremava. Appiattii il cuscino e l’aiutai a sdraiarsi. Sembrava che si fosse addormentata, ma udii la sua voce, molto bassa e debole. ‘Mandala via per un attimo, c’è qualcos’altro che devo dirti, piccola.’

Guardai Claire, che annuì. ‘Ti aspetto fuori.’ La sentii chiudere la porta dietro di sè.

Dovetti accostare il mio orecchio alla bocca della zia per capire cosa stava dicendo. ‘L’ho amato, sai.’

‘Chi?’

‘Lord Byron. L’ho visto una sola volta, ma in quel momento mi sarei dannata per averlo.’

Rimasi senza parole.

‘Era così affascinante, così spiritoso, così selvaggio. Così completamente diverso da chiunque altro avessi mai incontrato a Edimburgo. Qualcosa si mosse dentro di me.’

Mi sforzai di immaginare la scena. Il tremolio nella sua voce mi assicurava che stava dicendo la verità. ‘Comico, vero? Una persona come me guardare uno come lui? Tuttavia non sono sempre stata così severa con me stessa.’

Conoscevo l’espressione, naturalmente, dalla mia lettura del ‘Don Juan’.

Emise un suono rauco. ‘Ecco come mi sono comportata con te. Per impedirti di diventare come me, la madre di un bastardo. Ma quando ero ragazza amavo la poesia, Pope e Crabbe. Quando Wordsworth e Coleridge iniziarono a scrivere leggevo anche loro. Nessuno però reggeva al confronto con Lord Byron.’ 

Smise di parlare e sembrava dormire. Quando le sistemai le lenzuola si mosse di nuovo. ‘In questi ultimi mesi mi sono resa conto che ho amato anche te come ho amato Martin, Alice.’

‘Tu mi hai amata?’ Quegli sguardi furtivi che avevo notato nelle ultime settimane, erano l’amore della zia per me che si manifestava?

‘Ti amavo mentre ti facevo del male.’ Il fiato le mancava. ‘L’amore a volte lo fa, fa in modo che facciamo del male … all’oggetto del nostro amore. Avrei dovuto lasciarti soggiornare presso l’Accademia in Scozia … saresti stata una brava insegnante.’

Non riuscivo a farmi venire in mente nulla per rispondere e sperai che le piacesse la pressione delle mie dita su di lei.

‘Ora … devi salvaguardare … la tua felicità, Alice.’ Quella che stava parlando era la mia zia presbiteriana? Forse l’incidente stava scardinando la sua mente. Cominciò ad agitarsi, indicando il suo comò. ‘Il primo, Alice. Apri …’

Feci come voleva. ‘Di cosa hai bisogno, zia?’

‘Perle …’

‘Questo?’ Sulla cima di una pila di fazzoletti di seta giaceva il copricapo di perle che Martin mi aveva dato per farmelo mettere a teatro. La zia doveva avergli detto di farmelo usare. Mi chiesi se si trattava di un regalo di suo marito morto da tempo. Forse era un ricordo di quando era stata in Italia da giovane.

‘Sta benissimo sui tuoi… bei capelli.’

Lo indossai in modo da farglielo vedere. ‘Ogni volta che lo indosserò mi ricorderò di te, zia.’

Accennò un sorriso. Avevo così raramente visto quell’espressione sul suo volto che non potei fare a meno di spalancare gli occhi. Le sue palpebre si abbassarono e in pochi secondi scivolò in un sonno profondo. Sistemai le lenzuola sul suo petto, tolsi il capricapo di perle e lo misi al sicuro nella mia stanza. Andai poi tranquilla da Claire che mi stava ancora aspettando.

Mi strinse la mano. ‘Devo lasciarti, c’è bisogno di te al suo capezzale. Prometti che mi scriverai, Alice? Tu rappresenti l’unico legame che mi è rimasto con mia figlia. Allegra deve averti amato.’

‘Scriverò.’

L’accompagnai fuori e tornai dalla zia. Restai seduta accanto a lei per tutta la giornata, fino a che divenne buio. Dormimmo fino all’alba e il nostro sonno fu agitato. Quando mi alzai le lavai il volto e le detti altra acqua da bere. Sbattè le palpebre un paio di volte, poi i suoi respiri divennero più deboli e le pause tra di essi aumentarono. Dopo pochi attimi emise un rantolo e si irrigidì.