Capitolo trentasei

 

La Victoria si stagliava davanti a me, alta ed elegante, ancora odorosa di legno fresco, tela e catrame, un nuovo amore adatto al suo capitano. Ancora non sapevo cosa avrei detto a John Osborne e guardai fisso gli alberi e le vele come se avessero potuto offrirmi qualche suggerimento.

‘Posso richiamare la loro attenzione urlando che lei è qui, signora?’ chiese il conducente, che aveva insistito per lasciare la sua vettura e camminare con me per gli ultimi duecento metri, temendo che io mi imbattessi in criminali o, quanto meno, in marinai ubriachi.

‘Se vuole.’

‘Ehi, Victoria! C’è qualcuno a bordo?’

Per qualche minuto nessuno rispose. Il conducente mi guardò e si strinse nelle spalle.

‘Chi è?’ Una voce, profonda e straniera, che riconobbi.

‘Mohammed?’ Pensavo che fosse annegato al largo del Capo. Una lanterna lo illuminò e mi sembrò più magro di quanto ricordassi, il suo volto di una tonalità più grigia di quanto fosse di solito. ‘Sei sopravvissuto al naufragio?’

‘Signora Clarke?’ Sorrise. ‘Allah sia lodato, sono vivo! Dirò al capitano che lei è venuta a fargli visita.’

Mi girai verso il conducente. ‘I miei amici sono qui. Vuole aspettarmi dieci minuti?’

Si tolse il cappello e tornò alla sua carrozza.

La luce riapparve sul ponte. ‘Allegra?’

John Osborne era lì. Il mio cuore sussultò.

‘Vengo giù e ti porto sopra.’

‘No.’ Avevo bisogno di parlargli lontano dalla nave. ‘Facciamo una passeggiata lungo il molo.’

Una pausa. ‘Molto bene.’ Il fascio di luce formato delle lanterne di John e Mohammed si divise in due e lui scese lungo la passerella. ‘Allegra,’ disse di nuovo, e la sua voce tremava. ‘Pensavo che non saresti mai venuta.’ Mise giù la lanterna e mi avvolse tra le sue braccia. Avevo soltanto intenzione di parlargli ma mi resi conto di non riuscire a resistergli. Passarono alcuni minuti prima che fossi in grado di staccarmi da lui. Come mi era mancato il suo profumo speciale! Avrei potuto chiudere gli occhi e menzionarne ogni singola spezia.

‘Dobbiamo parlare.’ Presi il suo braccio.

‘Certo che dobbiamo. Dobbiamo fare progetti.’

‘No. Non più.’

‘Il mio cuore sprofonda nel sentirti parlare così, amore mio. Sembra … che tu stia mettendo fine al nostro legame.’

Avevo un nodo alla gola. Ingoiai. ‘Sono accadute troppe cose.’

‘È difficile immaginare cos’altro potrebbe capitarti.’

‘È come se fossi alla deriva. È tutto così confuso.’

‘Vieni da me, sposami.’

Era tutto quello che avevo desiderato. Chiusi gli occhi. ‘Non posso.’

‘Non puoi?’ Si fermò.

‘Devo dirti ciò che ho scoperto.’ Gli raccontai del mio incontro con Claire Clairmont. ‘Non sono Allegra. Non devi chiamarmi con quel nome. Io sono Alice.’ Non riuscivo a pronunciarlo all’italiana. 

‘Alice o Allegra, è la stessa cosa per me. Quando saremo sposati sarai semplicemente la mia adorata moglie.’

‘Non posso sposarmi, essere ostaggio dei desideri di qualcuno.’

Cominciò a dire qualcosa. Misi le dita sulle sue labbra. ‘Lasciami finire. So che tu non mi priveresti mai consciamente della mia libertà.’

‘Preferirei piuttosto privarmi del respiro.’

‘Il matrimonio potrebbe però diventare una sorta di prigione, una prigione dorata, ma comunque una prigione.’

‘Per alcuni uomini e donne, sì. Per noi sarebbe diverso, non credi?’

‘Perchè mai? Supponiamo, che, a Dio piacendo, avremo dei bambini, e forse, da parte mia questa è una grande supposizione, come potrei non restare a casa a crescerli? Li amerei, è ovvio, vorrei occuparmene. Ma questo mi renderebbe vulnerabile.’ 

Vedevo ancora Maggie e Sara davanti a me, tremanti sulla soglia. ‘Ho conosciuto troppe donne costrette a separarsi dai loro bambini perchè le donne non avevano i mezzi per mantenerli. La mia vera madre avrebbe potuto essere una di loro, se fosse sopravvissuta alla mia nascita, chi può dirlo! Una donna indipendente deve invece preoccuparsi solo di se stessa.’

Chinò il capo, quel gran capo fulvo che mi ricordava la testa di un leone. ‘Non posso negare che la società ponga vincoli alle donne. Parte di ciò è opera della natura – la biologia impone che siano le donne a portare i bambini in grembo. Sposarsi e avere una famiglia è una scommessa, non posso negarlo.’ Una ciocca dei miei capelli era caduta dal pettinino che li teneva fermi. La allontanò delicatamente dal mio viso. ‘Ma non correrai dei rischi negandoti queste cose?’

‘Non rischio nulla. Guadagnerò la pace mentale e la possibilità di fare carriera come scrittrice o come insegnante. Guadagnerò l’indipendenza. Sarò me stessa. Sento di non sapere ancora chi è Alice Clarke. Sono passata dalla casa della zia a quella di mio marito e ho avuto pochissimo tempo per potermi considerare qualcos’altro che non solo e sempre una nipote o una moglie.’

‘La pace mentale e l’indipendenza sono cose meravigliose.’ Parlava a bassa voce. ‘Quando sono in mezzo al mare con il vento giusto dietro di me godo di entrambe. In quei momenti le apprezzo. Eppure quando la Thomasina ha urtato le rocce e Mohammed ed io annaspavamo nella fredda acqua del mare, credendoci sul punto di morire, non era la mia pace mentale o l’indipendenza che rimpiangevo.’

‘E cos’era?’

‘Eri tu. Eri assolutamente tu. Oh, e i miei amici e anche la mia famiglia, in misura minore, ma non la mia carriera di marinaio. Non la mia indipendenza. Non la mia quiete mentale. Avrei dato tutto per poterti rivedere un’ultima volta.’

La luna era ormai tramontata. Il bagliore della lanterna di John era tutto ciò che ci risparmiava il buio assoluto.

‘L’unica cosa che desideravo era un minuto in cui poterti aprire il mio cuore e dirti come ti amo con tutto me stesso. Quando fui posto in salvo dal naufragio, il mio primo pensiero fu che mi era stata data un’altra possibilità. Sapevo che avrei potuto dover attendere un’intera vita, tra di noi c’era tuo marito. Ma non mi importava. E se ora mi respingerai, tornerò in mare e aspetterò un altro decennio o più.’

Qualcuno tossì dietro di me. ‘Chiedo scusa, signora, il mio cavallo è sfinito. Resterà qui ancora a lungo?’

‘Vengo subito.’ Mi liberai dall’abbraccio di John e aspettai di udire i passi del conducente che si allontanava. ‘Capisco tutto ciò che dici, ma non posso rischiare e coinvolgere anche te seguendo i tuoi consigli. Sono in continuo mutamento. È meglio che tu parta con la tua nave e lasci che io mi rimetta in piedi da sola.’

‘Allegra – voglio dire… Alice, aspetta.’ Cercò di fermarmi ma mi divincolai. ‘Ascolta. Forse c’è un modo.’

Iniziò a raccontarmi la sua idea. Battevo le palpebre mentre lui spiegava. All’inizio solo le cose negative si presentavano alla mia mente. Poi, però, iniziai a coglierne la saggezza.

Quando finì – e con che angoscia ci separammo – corsi verso la carrozza prima che potesse afferrarmi di nuovo e annullare il mio coraggio. ‘Mi riporti a Wimpole Street.’

I pensieri e le immagini giravano vorticosamente nella mia mente come persone impegnate a danzare a ritmo di valzer. I miei genitori morti. La zia, felice, aveva detto, durante i brevi anni del suo matrimonio, ma presa dalla nostalgia per il figlio che non avrebbe mai potuto riconoscere. Claire Clairmont, che non avrebbe mai avuto il proprio focolare, dei bambini o nipotini suoi intorno a lei. Pensai all’appartamento della zia, al copricapo di perle che mi aveva lasciato in eredità, agli abiti e ai mobili che dovevano essere venduti. Pensai alla piccola ma sufficiente quantità di denaro che avrei ricavato dalla sua tenuta.

E pensai a me stessa. Una vedova. In procinto di cominciare una grande avventura.