Capitolo trentasette
‘Spudorata sgualdrina.’ Percy, il mio pappagallo grigio, scruta le mie carte, camminando sulla scrivania e mettendo il becco nell’inchiostro.
‘Lascia stare.’ Non può volare da quando uomini crudeli gli hanno tagliato le ali, ma salta dalla scrivania allo scaffale e mi osserva, con la testa di lato.
‘Sgualdrina,’ ripete.
‘Tieni il becco chiuso o ti butto fuori.’
È in grado di capire dal mio tono che non mi sognerei mai di fare una cosa del genere e salta sulla mia spalla per accarezzarmi le guance con il becco. Dobbiamo ancora lavorare per migliorare il vocabolario di Percy. Ha trascorso molto tempo a bordo delle navi mercantili che commerciavano oppio tra Bombay e la Cina prima che iniziasse la guerra dell’oppio e ha preso gusto nel ripetere il linguaggio che ha ascoltato. L’ho comprato da un commerciante del mercato, misero e smilzo.
Scrivo le ultime righe del mio libro e sparpaglio della sabbia sull’inchiostro in modo da evitare che possa colare. Presto sarà pronto per essere inviato – o lo porterò io stessa – da un editore a Londra. Lo firmerò con il mio nom de plume A. Clarke. Il mondo non è ancora pronto ad accettare che una donna scriva storie come la mia, che narra di uomini e donne che lasciano le loro case in campagna per vivere nello squallore della città e della crudeltà che può esistere tra marito e moglie dietro le finestre chiuse delle case rispettabili di Londra. Da qui l’ambiguità nello pseudonimo.
Si potrà immaginare che A. Clarke sia Alfred o Arthur. Emily è l’unica persona che al momento conosce la vera identità dell’autore di A Night in The Rookery.
Emily teme che io non sia migliore di un impiegato sporco d’inchiostro ed esamina le mie dita annerite ogni sera con sgomento, cercando di riparare i danni meglio che può. Ma non importa che io abbia le punte delle dita annerite dal momento che raramente abbiamo ospiti.
Emily è diventata più fiduciosa durante l’ultimo anno. Quale donna non sarebbe diventata più sicura di sè dopo aver fatto il viaggio in India seguendo il nostro percorso? Infatti non eravamo giunte a Bombay secondo la rotta che aveva seguito la nave di John Osborne. Il nostro percorso era stato più breve, ma forse ugualmente pericoloso. Eravamo partite da Venezia, partecipando ad una cavalcata attraverso il deserto tra il Cairo e Suez, dove ci eravamo imbarcate su un piroscafo della Peninsular & Oriental che ci aveva portato in India. Una parte di me considerava questo come un tradimento fatto a John Osborne: seguire la rotta della concorrenza verso l’India invece di circumnavigare la punta dell’Africa settentrionale.
Eppure era quello che avevamo concordato. ‘Raggiungerete Bombay nella metà del tempo impiegato dalla Victoria,’ mi disse prima di iniziare la navigazione. ‘Potrete però allungare i tempi del vostro viaggio per visitare tutti i luoghi dell’Europa meridionale che vi affascineranno.’
Venezia e il suo circondario avevano causato questo ritardo. Mi ero soffermata nel cortile del convento dove Allegra ed io avevamo giocato. Suor Perpetua era morta cinque anni prima, ma volli deporre rose sul suo luogo di sepoltura.
Da Venezia salpammo alla volta di Alessandria, proseguendo poi verso il Cairo.
E ora Bombay: la metropoli più sconcertante e sconvolgente di qualunque altra avevamo visitato, anche con la nostra piccola famiglia di servitori che ci accompagnava ai mercati e teneva la casa del nostro commerciante ancora pulita e ordinata.
Una bussata alla porta mi induce a guardare l’orologio sulla tavola. Appare Randhir. Lo sguardo sul suo volto mi dice tutto ciò che è necessario che io sappia.
‘La Victoria ha attraccato?’
Annuisce, il suo volto contento per me. Ci conosce solo da poche settimane ma sembra condividere il mio desiderio di avere notizie. ‘Dirò in cucina di preparare del cibo.’
Voglio dirgli di non dare niente per scontato, perchè come faccio a sapere se John Osborne, sei mesi dopo il nostro ultimo incontro, è ancora interessato alla vedova che ha visto l’ultima volta a Londra? Non abbiamo mantenuto alcuna corrispondenza – come avrebbero le nostre lettere potuto viaggiare più veloci di noi?
Emily mi trova seduta immobile. ‘Signora, com’è pallida!’ I suoi occhi si rimpiccioliscono per l’ansia. Teme che io mi ammali con questo clima, come la maggior parte degli Europei.
‘Non sono malata.’ Le comunico la notizia che mi ha portato Randhir. ‘Oh, signora.’ So che vuole spazzolarmi i capelli, convincermi ad indossare uno dei begli abiti di seta che mi sono fatta fare. Ma sono congelata, nonostante il calore, e resto immobile.
La notte arriva all’improvviso a Bombay più di quanto non arrivi a Londra e io non mi muovo mentre cala l’oscurità, avendo a malapena il coraggio di respirare. Rimprovero me stessa per il fatto che sto mostrando tutta la debolezza del sesso femminile che credevo di aver superato facendomi strada da sola qui, vedendo tutto ciò che potevo del mondo e avendo solo Emily come compagna, senza appoggiarmi a nessun uomo.
Eppure il mio cuore palpita.
Emily bussa alla mia porta verso mezzanotte. ‘Devo dire ai domestici di serrare la porta?’ Mi alzo. Quanto mi sto comportando da maleducata lasciandola attendere così. I suoi occhi ansiosi sono fissi sul mio viso.
‘Sì, chiudila con il catenaccio. Dì loro di portarmi dell’acqua in camera mia. Mi ritiro.’ Lui non arriva.
‘Sgualdrina,’ Percy dice dalla sua gabbia. Lo copro. Nel ritirarmi nella mia stanza mi ricordo delle spire di serpenti ingioiellate, delle scimmie che scorrazzano lungo le pareti dei templi, dei cammelli in Nord Africa, dei canali di Venezia. Quanto ho visto di meraviglioso senza basarmi su John Osborne! Anche se lui non viene da me, questo viaggio è valso il disagio e i pericoli.
Ho tutto il tempo del mondo per goderne ancora perchè non c’è nessuna famiglia che aspetta con ansia il mio ritorno. La scuola che mi propongo di fondare non resterà che un progetto scritto finchè non ritornerò a Londra e riuscirò a trovare dei locali nella capitale o forse in una brughiera del Surrey o da qualche parte sulla costa. Ada forse vorrà ancora vedermi, nonostante io non sia la sua sorellastra. Le ho scritto prima di lasciare Londra e sono partita prima di poter ricevere una sua risposta. Ho avuto comunque lettere da Claire Clairmont e da Molly.
Con mia grande sorpresa sono riuscita a dormire bene. All’alba Emily mi sveglia e noto che non è ben vestita come al solito, perchè in genere anche in questo clima caldo Emily mantiene i suoi standard. ‘Signora …’
E io capisco senza che lei aggiunga alcuna altra parola. Resto lì sdraiata per un momento, paralizzata. Lei mi aiuta a lavarmi e a vestirmi, compiti che di solito svolgo da sola, e mi spazzola i capelli, fermandoli in alto in modo che io mantenga il decoro di una vedova.
John mi sta aspettando in una stanza che gli inglesi chiamerebbero salotto. L’aria è più fresca a quest’ora della mattina e i peli sulle mie braccia si rizzano mentre entro.
Entro condizionata dalle stesse paure e speranze che avevo l’anno scorso. ‘Alice.’ Mi prende per le spalle e mi guarda in faccia, mi dà un bacio sulla guancia. ‘Sono stato trattenuto. Un mozzo ammalato che non ho potuto lasciare da solo con il medico finchè non sono stato sicuro che la febbre fosse passata.’
Durante i primi minuti ci muoviamo l’uno intorno all’altra educatamente, scambiandoci convenevoli, parlando di viaggi fatti, di città viste. C’è molto da raccontare e per il momento possiamo solo accennare ai dettagli. La mia lingua incespica mentre arrivo alla conclusione del mio viaggio. Come non è da me non trovare rapidamente le parole!
Poi Percy, stufo delle cortesie, lancia una lunga maledizione portoghese dalla sua gabbia coperta che fa spalancare gli occhi anche al capitano di mare. Scoppiamo a ridere entrambi. L’incantesimo è rotto. Mi avvicino a lui, abbastanza vicino per poter distinguere nuovi segni intorno ai suoi occhi, ma anche perchè lui si accorga della mia pelle danneggiata dal tempo che passa. Abbastanza vicino perchè l’antica magia ci riavvolga, perchè le labbra si tocchino, si attardino, perchè le mani si accarezzino e cercandosi si scoprano di nuovo.
È solo quando il domestico spazza il pavimento fuori la stanza che ammicchiamo e guardiamo da un’altra parte. La porta non è chiusa a chiave. Potremmo essere disturbati in qualsiasi momento ed io perderei la mia reputazione agli occhi di Randhir e dei suoi sottoposti. Allegra, selvaggia e libera da condizionamenti, si sarebbe forse tolta i vestiti gettandoli via e si sarebbe presentata nuda e incurante al suo amante. Alice, la rinata Alice, deve trovare un modo di convivere con i suoi impulsi più audaci.
‘C’è un cappellano a bordo della Victoria,’ mi dice John. ‘Sbarcherà dopodomani per proseguire il suo viaggio verso nord, ma per il momento è a bordo. Abbiamo bisogno di un testimone e un altro membro dell’equipaggio accetterà volentieri.’
Emily mi accompagnerà indossando l’abito che ho fatto per lei solo la settimana scorsa per ringraziarla per la sua dedizione.
‘Merdo,’ Percy brontola da sotto la coperta.
‘Quel pappagallo non avrà nessun ruolo nella nostra cerimonia di nozze,’ dice John. ‘Ma troverò per lui un trespolo ombreggiato sul ponte su cui potrà starsene appollaiato mentre navigheremo verso casa, mia cara.’
Mentre i rumori della città diventano più persistenti e il calore del giorno si intensifica, dipingiamo l’immagine del nostro futuro, sedendo tranquillamente insieme, mano nella mano. Ed io sono di nuovo pienamente Alice.
FINE