Capitolo quattro
Naturalmente avrei potuto fare in modo che Emily mi prendesse la borsetta nell’andare a Dorset Square per consegnare a Caroline il mio biglietto di ringraziamento per la serata, con le scuse per il fatto che eravamo andati via così prematuramente.
Ma non lo feci. Aspettai. Secondo le regole di cortesia il biglietto sarebbe dovuto arrivare subito dopo la cena, invece decisi di attendere due giorni prima di mandarlo tramite Emily.
Sapevo che John Osborne mi avrebbe riportato la borsetta, ne ero sicura così come ero certa del fatto che i fiori di ciliegio sbocciano a maggio e che l’erba a Regent’s Park cresce fitta e rigogliosa. Qualcosa era accaduto tra di noi quella sera. Non sapevo però quando avrebbe scelto di farmi visita. Pregai che venisse uno dei pomeriggi in cui Martin si sarebbe recato alla City in cerca di nuovi acquirenti delle sue cambiali ed obbligazioni per poter completare la nuova schiera di case.
Mi piaceva pensare che ero più preoccupata di riavere la mia borsetta di quanto non fossi interessata a John Osborne. Ero affezionata alla mia borsa. L’ avevo ricamata io stessa, adornandola con nodi di rose cremisi e germogli di edera sulla seta nera. L’abilità nel ricamare era l’unico talento che possedevo che godeva dell’approvazione di mio marito. Era il passatempo degno di una signora. Ed era utile per la famiglia.
Martin ed io stavamo gustando torta e vino quando qualcuno bussò alla porta.
‘Se questo è McManus che viene a lamentarsi di nuovo, gli torcerò il collo,’ mormorò Martin. McManus era il caposquadra, un uomo che arrivava sempre frettolosamente alla nostra porta a manifestare la sua preoccupazione che il legno fosse difettoso, i mattoni rotti o i vetri delle finestre di qualità scadente. Avvertiva la tensione nel mio corpo alla prospettiva di un altro scontro: McManus, torcendosi il berretto tra le mani, cercava di spiegare nel suo accento di Cork perchè gli uomini non potevano fare questo o quello, e Martin urlava dicendogli di non creargli problemi con argomenti ridicoli e di andare avanti con il suo maledetto lavoro.
‘Mi scusi, signora, il capitano Osborne è qui con la sua borsa.’
‘Accompagnalo dentro, Emily.’ Non avevo pensato di chiedere il permesso a Martin prima di invitare l’ospite ad entrare. Lui mi lanciò uno sguardo di rimprovero. Decisi di ignorarlo, anche se ci sarebbero stati problemi successivamente. Si nascose dietro il suo giornale, borbottando qualcosa sul fatto che i marinai trascorrono troppo tempo a terra, giudizio che mi parve troppo duro dal momento che John Osborne era solo da pochi giorni a Londra.
Era di fronte a noi e sembrava riempire la stanza. Ancora una volta sentii come se l’aria abbandonasse l’edificio. Respirai profondamente, sperando che Martin non notasse l’effetto che il capitano aveva su di me.
‘Signora Clarke, signor Clarke.’ Si inchinò. ‘Mi pregio di restituirle questa.’ Estrasse la mia borsetta da sera dalla tasca del suo cappotto. ‘Spero che all’interno non ci sia qualcosa che le sarebbe stato necessario ricevere urgentemente. L’abbiamo trovata nell’ingresso solo questa mattina e mi scuso per aver impiegato tanto tempo nel restituirla.’
‘Al contrario.’ Presi la borsa in mano, godendo del breve contatto tra le nostre dita. ‘È stato gentilissimo a riportarmela così rapidamente.’ Si notava che ero senza fiato? Sperai di no. Indicai una poltrona. ‘La prego, si unisca a noi.’
Il suo sguardo andò da me a Martin e tornò su di me. Avvertiva la tensione che regnava nella stanza?
Dalla strada si udì un fracasso soffocato, seguito da un urlo. Emily spalancò la porta. ‘Se non le dispiace, signore, sarebbe meglio che lei uscisse.’
Martin si alzò e si precipitò fuori dalla stanza. John Osborne ed io ci scambiammo sguardi di stupore e lo seguimmo. In strada i marciapiedi di legno risuonavano per i passi di coloro che accorrevano a vedere cosa era successo. Gli occhi di John scrutavano gli edifici.
‘Lassù.’ Indicò la penultima casa della nuova schiera. ‘Una parte dell’impalcatura si è rotta e quell’operaio è rimasto bloccato, poveraccio.’
Uno dei manovali di Martin era aggrappato alla trave rimanente e cercava, scalciando, di spingere la gamba al di sopra per potersi sedere sul legno. La piattaforma su cui si trovava era caduta a terra, ed ora quasi dieci chilometri di aria erano tutto ciò che lo separava dalla superficie terrestre. Riuscì a spingere la gamba sul legno e per il momento era salvo. Ma comprendevo quale fosse la sua difficoltà: ora che era seduto lì non c’era alcun posto dove potesse andare. La finestra del secondo piano era troppo in alto perchè potesse raggiungerla, ed il primo piano era troppo in basso. Martin era fermo in mezzo alla strada, torcendosi le mani e urlando verso gli uomini.
‘Mi scusi, signore.’ Con pochi passi John gli si avvicinò, indicò verso l’alto, spiegò qualcosa. Martin si strinse nelle spalle e John si precipitò nella casa semi-costruita. Capii qual era il suo piano: come poteva però realizzarlo se non c’erano le scale all’interno?
Camminai fino alla casa, con il cuore che mi batteva. John urlava che gli procurassero delle corde. McManus gli portò una corda arrotolata. John gli rivolse delle domande, annuendo alla risposta. Sopra di noi il manovale gridava, la sua voce era tremula. Riconobbi in lui un giovane di Kerry con moglie e figlio a casa. La trave su cui sedeva scricchiolò, bisognava far presto. John chiamò l’uomo. Il manovale scosse la testa. Mi sembrò di poter vedere quanto erano bianche le sue nocche intorno alla trave, anche se si trattava senza dubbio di pura immaginazione, perchè era troppo in alto perchè potessi scorgere i dettagli. John rimase fermo per un attimo come se avesse sperato in una risposta diversa. Scomparve poi dentro la casa, con la corda arrotolata sotto il braccio, chiamando gli operai perchè lo aiutassero. L’interno era avvolto dall’oscurità, non riuscivo a capire che cosa stesse accadendo, ma udii un rantolo. ‘Cosa stanno facendo?’ chiesi ad un operaio accanto a me.
‘Immagino che stiano costituendo un supporto umano. Il signore può stare in piedi su di loro e issarsi fino al primo piano. C’è una scala lassù che può utilizzare per tirarsi su fino al secondo piano.’ L’uomo che mi spiegò ciò, un imbianchino, credo, si morse le labbra. ‘Preghiamo che possa fare qualcosa di buono una volta arrivato lassù.’
‘È piuttosto strano che ci siano le scale dal primo piano al secondo ma non dal piano terra al primo piano.’
Gli occhi dell’imbianchino si spostarono da me a mio marito e viceversa. ‘Sì, davvero strano.’ fu tutto ciò che disse.
‘Il datore di lavoro aveva detto loro che il legno delle scale doveva essere rimosso per completare le assi del pavimento delle case lungo la strada,’ suggerì un secondo operaio. ‘Così almeno due di loro sarebbero state pronte e avrebbero potuto essere messe in vendita.’
Scorciatoie. Risparmi. Espedienti. Mia zia sapeva queste cose? Sicuramente non avrebbe approvato. I principi calvinisti della zia erano contro gli imbrogli e la scorrettezza.
Ora vidi il volto di John alla finestra ancora vuota del secondo piano, la corda sulla sua spalla. Ne calò un’estremità, urlando al manovale di afferrarla in modo che lui potesse abbassarlo fino a terra. Il poveraccio scosse la testa, le mani risolutamente fissate alla trave. La paura lo aveva immobilizzato e non poteva liberare la mano per afferrare la corda più di quanto non potesse volare dalla sua trave. John si sporse ulteriormente, la sua voce diventò un sussurro. Non riuscimmo ad udire le parole, sembrava come se un addestratore parlasse a un purosangue ammaestrato. Il manovale era ancora attaccato al suo legno. Poi John scomparve dalla finestra.
‘Si è arreso,’ disse qualcuno accanto a lui.
‘Peccato, Donohue resterà lì finchè la trave cadrà.’ Un secondo osservatore sospirò. ‘La terza morte in questo mese, che Dio abbia pietà delle loro anime.’
‘Potrebbe cavarsela solo con un paio di ossa rotte,’ obiettò il primo.
‘Ossa rotte significano funerali.’
E, in effetti, avevo sentito che questo era vero. Anche se il disgraziato sopravviveva per settimane stando supino senza prendere la febbre, come avrebbe potuto lavorare? E senza lavoro sarebbe morto di fame. E la stessa sorte sarebbe toccata a sua moglie e a suo figlio a casa. I poveri stavano poi ancora peggio in Irlanda che a Londra dal momento che dovevano nutrirsi delle loro miserabili patate, spesso affette dalla peronospora. Rabbrividii.
Ma John non si era arreso. Riapparve sopra di noi, un pezzo di corda tagliata e legata intorno alla sua vita, il secondo pezzo, più lungo, che passava attraverso una sorta di nodo ingegnoso, con la sua estremità più lontana apparentemente legata a qualcosa – una trave, forse, dal momento che non c’erano ancora maniglie delle porte – nella stanza dietro. Pregai che la casa fosse abbastanza solida da non cedere. Per favore Dio mio, dissi, fa’ che il legno non si spezzi.
Salì sul davanzale. Mi lasciai sfuggire un sospiro. Si lasciò cadere, srotolando la corda un po’ alla volta, finchè non raggiunse la trave e il suo prigioniero tremante. Parlò di nuovo con l’uomo, molto dolcemente, e ricevette un cenno in risposta. Chiusi gli occhi, cercando di indovinare cosa sarebbe accaduto. Ciò che vidi successivamente fu che John lo teneva tra le braccia e che stavano precipitando, pericolosamente ma non in modo disperatamente rapido, a terra. John utilizzava i piedi per scalciare contro il muro, srotolando la corda, finchè non furono distesi sul terreno fangoso davanti alla porta principale. Entrambi gli uomini restarono lì per alcuni secondi, senza fiato.
La folla si gettò su di loro, gemendo, lanciando cappelli unti in aria, emettendo urrah e fischi. Presero John sulle loro spalle, fecero pochi passi con lui prima di metterlo giù. Era tutto un offrire bottiglie di brandy e intonare canzoni, qualcuno suonava un violino e iniziarono a danzare la giga per la strada. La morte era stata sconfitta. Almeno per la giornata.
Io rimasi immobile.
‘Il capitano Osborne ha imparato bene il mestiere del marinaio, signora,’ disse Emily, che doveva essersi messa accanto a me mentre ero presa dal dramma. I suoi occhi brillavano. Temevo che il mio volto tradisse un’emozione maggiore.
‘Molto bene.’ La mia voce tremava?
‘Basta!’ L’urlo di Martin mi fece sobbalzare. ‘Tornate al lavoro, abbiamo sprecato mezz’ora in questo modo.’
L’allegria si mutò in astio, come se la nebbia fosse calata sulla strada. Gli uomini borbottavano e schernivano. Sentii parolacce sussurrate a voce abbastanza alta da essere udibili e cominciai ad avviarmi verso casa.
‘Non lavoreremo un’ora di più,’ gridò uno di loro.
‘Questo è un luogo infestato,’ mormorò qualcuno. ‘I fantasmi vengono qui e causano questi incidenti.’
‘Quali fantasmi? Cosa intendete?’ Martin sbiancò in volto. ‘Non ci sono fantasmi.’
‘Abbiamo visto il fantasma.’
Martin si diresse da McManus, che si trovava vicino all’impalcatura, guardando su verso le estremità scheggiate delle travi spezzate, come se volesse comprendere come era accaduto l’incidente. Lo afferrò per le spalle. ‘Dì loro di tornare al lavoro, dì loro che non ci sono fantasmi qui.’
‘Se non le dispiace signore, gli uomini dicono di vedere una donna vestita di nero.’
Mi fermai e mi voltai verso McManus.
‘L’hanno vista anche ieri sera. E ogni volta che appare si verifica un incidente in questo luogo.’
‘Non imbastire storie stupide.’ Martin inveì contro McManus. ‘Sei malvagio come loro.’
Pensai di raccontare a mio marito che anch’io avevo visto una donna vestita di nero, l’avevo inseguita nel parco solo ieri, ma credevo che fosse una donna in carne ed ossa e non uno spettro. Sarebbe stato però impossibile e da imprudenti ammettere una cosa simile. Martin si sarebbe messo ad urlare dicendo che avevo le allucinazioni. Lo avrei messo in imbarazzo di fronte agli operai. Me ne stetti lì inerme, sentendo la rabbia che montava dentro di loro.
John Osborne stava riavvolgendo la corda in forma di cerchio. Si alzò e camminò verso mio marito. Disse qualcosa che non riuscii ad udire. La schiena di mio marito sembrò irrigidirsi. Il suo mento si alzò di scatto. Sapevo cosa significava; stava per urlare contro John. Ma John parlò di nuovo. Tutta la rigidità sembrò abbandonare Martin. Annuì, con gli occhi fissi sul volto dell’altro uomo e mormorò qualcosa a McManus.
Il volto di McManus apparve più rilassato. ‘Ci sarà birra per tutti voi se quest’impalcatura sarà riparata per bene e se le finestre saranno a posto per questa sera.’
Non potrei dire che gli uomini si rallegrarono a tale notizia, ma si rimisero i berretti e si trascinarono a riprendere i loro arnesi. Desideravo parlare con John per chiedergli come avesse sviluppato una tale abilità con la corda. Lo immaginavo salire sull’albero maestro di una nave alta e badare alle vele. Ma come capitano dovevano sicuramente essere passati degli anni da quando aveva compiuto imprese simili. La timidezza però mi vinse, bloccando la mia lingua e impedendomi di esprimere delle semplici congratulazioni o di dire solo grazie. John estrasse un orologio dalla tasca. Doveva tornare da suo fratello o alla sua nave.
‘Laverò i piatti e i bicchieri e preparerò cibo e bibite,’ disse Emily, anche se stava calando la sera ed erano quasi le sei, la nostra ora di cena, e la carne e le carote che avevo ordinato alla cuoca sarebbe state presto pronte. Annuii ad Emily, mentre la delusione smorzava il mio buon umore. Avevo quasi raggiunto la porta d’ingresso quando qualcosa si mosse ai limiti del mio campo visivo laterale. Mi voltai, non vidi nulla e continuai su per le assi di legno che costituivano il nostro sentiero. Emily aveva lasciato la porta socchiusa per me ed era già in cucina a utilizzare la teiera. Non appena mi girai per chiudere la porta vidi la donna vestita di nero, in piedi di fronte a me, intenta a fissare la nostra casa.