4.

Quando lo vide uscire dalla boscaglia, spezzando gli arbusti con un fragore grandioso, Jean-Claude Monticelli calcolò quanto terreno l’animale avesse davanti prima di sparire nel bosco e si prese il tempo di godersi la sua corsa selvatica.

Lo attendeva da oltre due ore: era un maschio, la schiena che poteva arrivare alla spalla d’un ragazzino, le zampe forti e leggermente curve per proiettarlo avanti. Un blocco di lava fredda scagliato orizzontalmente da un’esplosione.

Poi sentì avvicinarsi il latrato dei cani e sparò.

Quello che l’animale avvertì fu probabilmente un calore nuovo sopra la spalla, niente che potesse fargli cambiare proposito o direzione.

Jean-Claude Monticelli sparò un secondo colpo e questa volta uno sbuffo di liquido nero uscì dal collo del cinghiale, che ebbe un cedimento, fece qualche altro metro e si fermò sulle zampe che cominciavano a danzare ridicolmente. Non appena vide sbucare i cani dalla boscaglia, però, si riebbe e abbassò la testa per dare alle zanne la giusta inclinazione.

I quattro battitori, vedendolo ferito, chiamarono la muta che obbedì, a eccezione di due giovani eccitati dall’odore del sangue.

Jean-Claude lasciò allora partire due colpi ravvicinati. Il primo prese il Beagle Harrier in volo e gli fece fare tre giri in aria prima di scaraventarlo a terra quasi diviso in due. L’altro centrò alla testa il segugio color argilla, che si accasciò in maniera più convenzionale.

Il cinghiale rimase a fissarli, poi crollò con il tonfo di un materasso lasciato cadere dal primo piano.

Monticelli si avvicinò. Non era più grande di altri che aveva ucciso, ma la sua forza, anche ora che la vita lo stava abbandonando, gli tendeva la pelle fino a renderla lucida. La schiuma della corsa aveva prodotto sul pelame dei disegni salini. Il pene era in erezione.

Si chinò e toccò la ferita sotto il collo da cui il sangue sgorgava caldo, pompato debolmente dagli ultimi colpi del cuore.

I battitori, a una decina di metri di distanza, avevano legato i cani e parlavano in cerchio. Uno di loro portava un meticcio in spalla: a inizio mattina la zanna del cinghiale l’aveva passato nel costato dandogli una fine pulita e veloce. I due a cui Jean-Claude aveva sparato difficilmente avrebbero avuto tante attenzioni.

Si alzò e fece segno al capo di avvicinarsi. Con la canna del fucile percorse il collo del cinghiale per far intendere cosa gli interessava.

– E cinquecento euro per i due cani – disse.

Quando l’uomo ebbe riferito in rumeno agli altri, che si erano messi a fumare, quelli chinarono la testa in segno di ringraziamento.