18.

– Il suo comportamento è stato inqualificabile – disse suor Luciana non appena poté lasciarsi andare sulla sedia. – E sì che l’avevo avvertita che era una delle nostre figlie più... – dalla finestra dell’ufficio entrava ora un’aria fresca, orizzontale. Una luce temporalesca era calata sul cortile. – ...avrei potuto negarle la visita, ma mi sono fidata. – La coda interrogativa di un gatto danzava al di là del muretto. – Ero certa che avrebbe saputo come comportarsi. Non era mai successa una cosa simile.

Il gatto si palesò con un balzo: uno di quei grossi felini bianchi e rossi, un po’ lenti. Corso lo studiò con l’ira e l’invidia che hanno i cani per i felini e non viceversa.

– Non le interessa quello che le sto dicendo? Non le interessa la sofferenza di quella donna?

Corso portò lo sguardo sulla suora.

– Quando sarebbe potuto accadere? – le chiese.

– Non capisco – scosse la testa suor Luciana.

Gli occhi di Corso avevano perso tutto il verde. Non restava che il vecchio metallo grigio di cui erano fatti, sotto quella patina di tinta più mansueta.

– Ha detto che non era mai successa una cosa simile. Quando sarebbe potuta accadere?

Suor Luciana tolse le mani dalla scrivania e le depose in grembo, una sull’altra, come fanno le persone di chiesa e le donne incinte.

– Non so, quando viene a farle visita il compagno di università...

– Quale compagno?

– Io credevo che...

– Come si chiama?

– Come posso ricordarlo? – riportò le mani sulla scrivania. – Viene ogni vigilia di Natale... Porta sempre una di quelle piante.

– Lei è presente agli incontri?

– Certo che sono presente, ma non accade nulla di... – Cercò una parola che non trovò. – Si trattiene pochi minuti, le parla dei tempi dell’università, ovviamente non ottiene nessuna risposta.

– Me lo descriva.

– Una persona molto distinta, sulla cinquantina, alto, brizzolato. I vestiti...

– I vestiti?

– Un po’... Non direi eccentrici, ma non da uomo d’affari, anche se lo sembra. Particolari, ecco.

Corso si voltò verso la finestra. Il gatto si leccava la pancia. Per farlo doveva allungare una delle zampe verso l’alto in maniera poco decorosa.

– Quando sono entrato mi hanno fatto firmare un registro, succede sempre? – domandò.

– Tutti i visitatori firmano.

– E i registri vengono conservati?

– Mi sta facendo delle...

– È importante.

Suor Luciana si sfiorò la guancia. Forse solo allora si accorse del graffio.

– Dovrei chiedere – disse.

Corso si girò verso di lei. Suor Luciana lo guardò come si guarda qualcuno ormai lontano dagli uomini e da ciò che rende tollerabile viverci in mezzo.

– Lei non ha mai smesso di fare il poliziotto, vero?

Corso tornò a cercare il gatto. Se n’era andato. Sul cortile sbuffavano le prime grosse gocce di polvere e stratosfera.

– Se togliesse il velo, lei smetterebbe di essere una suora?