23.

– Squadra mobile.

– Bramard, devo parlare con Arcadipane.

– Il commissario in questo momento è occupato.

– È urgente.

– Non vuole essere disturbato, può lasciar detto.

– Chi c’è lì? Buozzi? Pedrelli?

Esitazione

– Pedrelli.

– Passamelo.

Silenzio.

– Pronto?

– Pedrelli, sono Bramard, passami Arcadipane.

– Certo, commissario.

Cornetta appoggiata. Chiamata girata ad altro interno.

– Arcadipane.

– Sono Corso, puoi parlare?

– Un momento.

Mano premuta sul microfono. “Portameli dopo.” Passi, la porta che si apre, rumori d’ufficio, la porta si chiude.

– Allora, cazzo vuoi?

– Devi fare una cosa per me.

– Ma va’?

– Ho bisogno che mandi una persona al Cottolengo.

– Col cazzo! Quella suora mi ha fatto un culo così!

– Da quando hai paura delle suore?

– Suore una minchia! Quella ha chiamato la curia, che ha chiamato il questore, che ha chiamato me.

– Non si tratta della Pontremoli.

– Ah no? Vuoi fare volontariato?

– No, devi mandarci uno bravo.

– Ho giusto un sacco di gente in gamba qui seduta a far niente.

– Non ci vorrà molto.

– Cioè?

– Mezz’ora laggiù e forse un paio in ufficio, se è sveglio.

Porta che si apre. Mano sul microfono. “Sì, sì, dopo!” Porta che si chiude.

Pietra dell’accendino. Una lunga boccata.

– Ok, fammi ridere, dai, che oggi mi annoiavo.