CARTIER
Castello di Brígh, territorio di lord Morgane
Il racconto di Aileen mi aveva alquanto turbato e il giorno dopo, al mio risveglio, non ero nello stato d’animo ideale per accogliere lady e lord Dermott, che sarebbero arrivati prima del tramonto, accompagnati da un drappello di sette uomini. Tuttavia, dovevo assolutamente riuscire a sigillare l’alleanza fra i Dermott e la regina, perciò cercai di rasserenarmi preparandomi all’incontro come si conveniva a una persona del mio rango. Andai al fiume a fare il bagno, dopodiché mi acconciai i capelli in due trecce, misi il cerchietto d’oro dei nobili maevaniani ed evitai di radermi la barba. Quindi indossai gli abiti nuovi che il sarto aveva confezionato per me – calzoni neri e farsetto blu con un cavallo argentato ricamato sul petto – e passai nel salone per accertarmi che il tavolo fosse decorato con ghirlande di fiori di campo e apparecchiato con i peltri e le stoviglie più pregiate. Infine scesi nelle cucine e diedi indicazione di macellare un agnello e preparare una botte della nostra birra migliore.
A quel punto si era fatto pomeriggio inoltrato, e uscii in cortile ad aspettare i Dermott.
Di loro sapevo che conducevano una vita molto appartata e non frequentavano le altre famiglie nobili. Non erano alleati di nessun clan, ma non avevano neppure nemici dichiarati. In Maevania erano famosi per le miniere, in particolare per il sale e per le cave di minerali, ma ancora di più per il fatto che il loro casato fosse da sempre governato dalle donne. In Maevania l’erede era sempre il primogenito, figlio o figlia che fosse. E poiché conoscevo tutta la loro dinastia, sapevo che l’erede era sempre stata una femmina.
Inutile dire che ero molto curioso di conoscere lady Grainne Dermott e il lord consorte.
La donna entrò nel cortile di Brígh in sella a un possente cavallo da tiro, vestita con abiti di pelle e di velluto bordeaux impreziositi dallo stemma del casato, un falcone sullo sfondo di un sole infuocato. A tracolla portava una bandoliera con una grossa spada infilata nel fodero. I lunghi capelli neri erano arricciati sotto il cerchietto d’oro, lo sguardo vivace ma prudente. Per qualche istante ci studiammo a vicenda – la sua giovane età mi sorprese: sembrava avere qualche anno meno di me – finché il suo sposo la raggiunse e si fermò accanto a lei.
«Quindi siete voi il lord dei Morgane, tornato dal regno dei morti» mi apostrofò Grainne. E finalmente sorrise, catturando fra le labbra l’ultima luce del giorno. «Lord Aodhan, vi dirò subito che vi sono molto grata per il vostro invito.»
«Lady Grainne, sono io a essere immensamente lieto di darvi il benvenuto al castello di Brígh» replicai, accennando un inchino, secondo il costume della Valenia. Dopodiché la dama smontò da cavallo e mi porse la mano, e io gliela strinsi nel più maevaniano dei saluti.
«Mio marito, lord Rowan» disse, voltandosi verso l’uomo che a sua volta era sceso di sella ma si era tenuto a qualche passo dalla consorte.
Strinsi la mano anche a lui. «Vi prego, ora seguitemi» dissi, e insieme entrammo nel castello e poi nel salone, riscaldato dal fuoco del grande camino.
La cena iniziò con un leggero imbarazzo, perché io non volevo rivolgere ai miei ospiti domande troppo personali, e sembrava che loro fossero nella stessa situazione. Ma quando Aileen portò in tavola tè caldo e una torta alle spezie decisi di rompere gli indugi.
«Come sono andate le cose per voi e il vostro casato, di recente?» domandai.
«Intendete dire come noi Dermott siamo sopravvissuti agli ultimi venticinque anni?» ribatté Grainne con arguzia. «Ho ereditato il casato da mia madre, passata a miglior vita solo questa primavera. Era una donna saggia, e ha sempre cercato di non attirare l’attenzione dei Lannon. La nostra gente raramente si avventurava oltre i confini del nostro territorio, e mia madre presenziava a corte solo una volta l’anno, anche perché re Gilroy era piuttosto infastidito dalle donne. Lei gli mandava sale e spezie e lui quasi sempre ci lasciava in pace.»
«La nostra posizione geografica, nel Nord del paese, ci ha molto aiutati» aggiunse Rowan, incrociando lo sguardo della moglie, «visto che la roccaforte dei Lannon era nel Sud. Anche se bisogna dire che restavano sempre gli Halloran con cui fare i conti.»
«Già. In questi venticinque anni il problema più grosso per noi sono stati i nostri vicini, non i Lannon» puntualizzò la dama.
«Che cosa facevano, esattamente, gli Halloran?» domandai sottovoce.
«Saccheggi, perlopiù» rispose Grainne. «Per loro era facile, visto che abbiamo due territori confinanti. Rubavano il bestiame dai pascoli e le provviste dai magazzini. E se i nostri contadini si ribellavano, bruciavano interi villaggi. In qualche occasione, purtroppo, hanno anche violentato delle donne. Più di un inverno abbiamo rischiato di morire di fame. E se siamo riusciti a sopravvivere è stato solo grazie all’aiuto dei MacCarey, che hanno diviso le loro provviste con noi.»
«Quindi, i Dermott e i MacCarey sono amici?» domandai.
Grainne sorrise. «Lord Aodhan, non abbiate timore: chiedetelo apertamente.»
«Avete un’alleanza con loro?»
«Sì» rispose lei senza esitazione. «Siamo alleati da soli cinque anni. Ma il nostro è un patto che sarà difficile spezzare.» Non mi era chiaro se stesse cercando di dirmi, fra le righe, che sarebbe stato difficile stringere un’alleanza con noi perché i MacCarey e i MacQuinn erano storicamente avversari.
Cercai di sedermi più comodo e spinsi da parte il piatto del dolce. «Non oserei mai chiedervi di tradire un patto di amicizia che ha mantenuto in vita voi e il vostro popolo, lady Grainne.»
«Allora, ditemi, lord Aodhan, che cosa vorreste chiedermi?»
«Di dichiarare pubblicamente lealtà alla regina Isolde Kavanagh, e appoggio in quanto regina legittima di questo dominio.»
Per qualche istante Grainne distolse lo sguardo, ma sulle labbra le affiorò un sorriso. «Isolde Kavanagh. In tutti questi anni mi sono consumata dal desiderio di pronunciare il suo nome.» Guardò il lord consorte, che la guardò a sua volta. Sembrava che i due coniugi comunicassero fra loro senza bisogno di parole. «Per il momento non posso ancora giurare la mia fedeltà alla regina, lord Aodhan» mi disse, riportando l’attenzione su di me. «Prima ho bisogno di ottenere un colloquio privato con lei. Soltanto dopo dichiarerò pubblicamente il mio appoggio, se riterrò di poterlo dare.»
«In questo caso mi impegnerò affinché possiate ottenere al più presto il colloquio con la regina.»
«La chiamate già così?» Non c’era polemica nella sue parole, solo curiosità.
«Per me Isolde è sempre stata la regina» replicai. «Sin da quando eravamo piccoli.»
«E vi fidate di lei? E della sua magia?»
La domanda mi colpì. «Mi fido ciecamente di Isolde» risposi con sincerità. «Posso chiedervi come mai i suoi poteri magici vi preoccupano?»
Lady Dermott non rispose, ma ancora una volta guardò il marito.
La fiamma delle candele ebbe un tremito, anche se nel salone non c’era nessuno spiffero, e le ombre iniziarono ad allungarsi sul tavolo, come se prendessero vita. Con la coda dell’occhio vidi che luce e tenebre si intrecciavano intorno a me, in una danza. Mi sentii attraversare da un brivido di paura ed ebbi la netta sensazione che i Dermott comunicassero leggendosi nel pensiero. Fra loro c’era una corrente invisibile che avevo già percepito soltanto una volta, nella mia vita: quando Brianna aveva messo al collo di Isolde la Pietra di Eventide, e in quel preciso istante la magia si era risvegliata.
«Forse mi chiedete dei poteri magici perché nelle ultime due settimane avete avvertito qualcosa di strano» mormorai, e di colpo gli occhi di Grainne si socchiusero. «Intendo dire che forse, da quando Isolde Kavanagh ha iniziato a indossare la Pietra di Eventide, anche voi avete iniziato a percepire qualcosa.»
Grainne scoppiò a ridere, ma notai che Rowan portava la mano sul pugnale che aveva alla cintura.
«La vostra teoria è alquanto fantasiosa, lord Aodhan» commentò lady Dermott. «Al vostro posto sarei cauto a raccontarla in giro.»
«Per quale motivo dovrei essere cauto?» domandai, allargando le braccia. «I Lannon sono in prigione.»
«Vero. Però i Lannon non sono ancora morti» puntualizzò Grainne, osservazione che mi suscitò una certa inquietudine. «In più, gli Halloran sono sempre liberi di agire. Ho sentito che hanno tentato di infilarsi nel letto dei MacQuinn.»
Il cambio di argomento fu così netto che non mi fu più possibile tornare alla magia e al mio sospetto che anche i Dermott potessero in qualche misura sentirla. Al tempo stesso, sapevo a che cosa stava alludendo Grainne, perché Jourdain mi aveva scritto il giorno prima raccontandomi la fallimentare proposta di Pierce Halloran a Brianna.
«Escludo che i MacQuinn abbiano intenzione di imparentarsi con gli Halloran» dichiarai per rassicurarla.
«Quindi che cosa sarà di quel casato? Continueranno i loro maneggi sotto la nuova regina restando impuniti?»
Avrei voluto rispondere che entrambi desideravamo le stesse cose, entrambi volevamo che la giustizia prevalesse, volevamo la protezione della nostra sovrana, volevamo risposte riguardo la magia, tuttavia non potevo promettere niente di tutto questo perché la situazione era ancora troppo incerta.
«Il destino degli Halloran, così come quello dei Carran e degli Allenach, sarà presto deciso. Dopo il processo ai Lannon» risposi.
Grainne si guardò intorno e si mise a osservare in silenzio il blasone sopra il camino. Dopo qualche istante, sussurrò: «Mi dispiace molto che il vostro casato abbia sofferto così tanto».
Non replicai, e i miei pensieri andarono inevitabilmente a mia sorella. Ricordare il suo crudele destino era un vero supplizio. Avrebbe dovuto ereditare il castello e tutte le nostre terre. Sarebbe stata come Grainne, la lady dei Morgane, la nostra guida.
Lady Dermott sospirò e da sotto il tavolo allungò la mano verso quella del marito per allontanarla con discrezione dal pugnale. «Spero sinceramente che voi e la vostra gente riusciate a ottenere giustizia.» Quindi si alzò, prima che potessi formulare una replica adeguata. Rowan e io subito la imitammo, facendo tremare la luce delle candele sul tavolo. «Vi ringrazio per la cena, lord Aodhan. Sono sfinita a causa del lungo viaggio. Credo sia arrivato il momento di ritirarmi.»
«Ma certo.»
Aileen fu pronta ad avvicinarsi per accompagnare i Dermott nei loro appartamenti.
«A domattina» si congedò Grainne, prendendo il braccio del marito.
«Vi auguro la buona notte.» Attesi qualche istante e mi ritirai a mia volta nelle mie stanze, esausto e con la sensazione di non aver ottenuto niente.
Trovai Tomas già nella mia camera, seduto sulla sua branda davanti al camino e concentrato su un mazzo di carte. Per quanto avessi insistito nel pretendere che dormisse con gli altri ragazzi, Tomas non aveva voluto sentire ragioni, e vedere che non voleva fare amicizia con i Morgane della sua età mi destava qualche preoccupazione.
«La signorina Brianna è qui?» mi domandò con una certa aspettativa.
«No, ragazzo» replicai, slacciandomi le stringhe del farsetto. Dopodiché mi lasciai cadere sulla mia poltroncina e mi sfilai gli stivali.
«Avete intenzione di sposare la signorina Brianna?»
Mi presi qualche secondo per capire come rispondere.
«Allora, mio signore? Volete sposarla?» mi incalzò Tomas.
«Forse. Ora, però, andiamo a dormire. In caso l’avessi dimenticato, domani devo partire per Lyonesse. Non so ancora quando farò ritorno a Brígh, però Aileen ha promesso che ti terrà d’occhio.»
Tomas mi guardò in malo modo.
«Che cosa c’è adesso?» domandai.
«Avevate detto che potevo venire con voi a Lyonesse!»
«Non ti ho mai promesso una cosa del genere.»
«Invece sì! Tre giorni fa, a cena.» Dovevo riconoscere che il ragazzo mentiva bene. Al punto che, per un attimo, mi domandai seriamente se avessi davvero promesso una cosa simile.
Ma era chiaro che non potevo averlo fatto. Non avrei mai portato con me un bambino in quella situazione. Perciò lo guardai dritto negli occhi e replicai: «No. Non ti ho mai promesso niente del genere. Anzi, voglio che tu resti qui, con Aileen e gli altri e…».
«Ma io sono il vostro messaggero, signore!» protestò Tomas. «Non potete partire senza il vostro messaggero.»
Già. Un messaggero autonominato. Sospirai, sentendomi inadeguato anche nei confronti di Tomas, e andai a sedermi sul bordo del letto.
«Un giorno, forse, sarai il mio messaggero. Il mio miglior messaggero, sicuramente» replicai, sforzandomi di non urtare la sua suscettibilità. «Ma per il momento devi dare il tempo al tuo piede di guarire. Per adesso non puoi di sicuro andare in giro a fare commissioni. Ho bisogno di saperti qui, al sicuro.»
Il ragazzino si limitò a replicare con un’occhiataccia, dopodiché si avvolse nella coperta e si allungò sulla branda, dandomi le spalle.
Che il cielo mi aiuti, pensai mentre mi infilavo sotto le coperte. E per svuotare la mente dai pensieri osservai il gioco di luci e ombre proiettato dal fuoco sul soffitto.
«La signorina Brianna viene con voi a Lyonesse?» domandò Tomas, già mezzo addormentato.
«Sì.»
Silenzio. Per qualche secondo nella stanza si udì soltanto il crepitare del fuoco e il rumore del vento dietro le finestre chiuse con le assi, poi sentii il ragazzino girarsi nella sua branda.
«Deve ancora finire di raccontarmi la sua storia.» Tomas sbadigliò. «Di quando ha trovato la pietra.»
«Ti prometto che te la racconterà. Solo, dovrai aspettare ancora un po’.»
«Ma quando potrò rivederla?»
Chiusi gli occhi, facendo appello all’ultimo scampolo di pazienza. «Molto presto, Tomas. Adesso dormi.»
Il ragazzino brontolò qualcosa, ma poi finalmente tacque. E dopo poco lo sentii russare, un suono che sorprendentemente riuscì a darmi un po’ di conforto.
Il mattino successivo mi svegliai presto e mi preparai a partire per Lyonesse. Riempii qualche borsa con i miei effetti personali, avvolsi con cura le accuse dei Morgane in una custodia di pelle che arrotolai e chiusi con un cordino, quindi mi vestii con abiti adatti a una lunga cavalcata. La città reale si trovava a quasi un giorno di viaggio, perciò scesi nelle cucine e feci preparare provviste sufficienti per me e per i Dermott, che incontrai poco dopo nel salone.
«Volete unirvi a noi per la colazione, lord Aodhan?» domandò Grainne con un sorriso, mentre mi avvicinavo al tavolo. Sembrava che la coppia avesse già iniziato a mangiare e per un attimo ebbi la sensazione di essere io l’ospite e lady Dermott la padrona di casa.
«Con molto piacere» risposi, anche se avevo lo stomaco completamente chiuso. «Spero che abbiate dormito bene.»
Ma Grainne non ebbe modo di rispondermi perché in quel preciso istante il suo sorriso svanì mentre il suo sguardo si spostava sul mio braccio, e sulla personcina che mi stava vigorosamente tirando per la manica.
Io non ebbi bisogno di guardare per sapere chi fosse. Tomas mi aveva silenziosamente raggiunto aiutandosi con la gruccia di legno che il falegname aveva fatto per lui; aveva un sacchetto appeso alla spalla.
«Io vengo con voi, mio signore» dichiarò il ragazzino con voce tremante. «Non potete lasciarmi qui al castello.»
Vederlo mi intenerì, e dopo essermi inginocchiato per guardarlo negli occhi, gli sussurrai: «Tomas, ti sto per dare un incarico molto importante. Ho bisogno che tu stia qui a Brígh per occuparti del castello intanto che io non ci sono».
Ma prima ancora di finire la frase, lui stava già scuotendo la testa. «No! No, non posso restare qui».
«Perché no? Perché non puoi restare qui?»
Tomas alzò lo sguardo su lady Dermott, accorgendosi di lei solo in quel momento. E con grande serietà rispose: «Perché sono il vostro messaggero».
Quel ragazzino sembrava non avere alcuna intenzione di darmi ascolto, e quel comportamento iniziava a irritarmi. Presi un bel respiro, e per cercare di capire quale potesse essere l’origine di tanta insistenza gli domandai: «Per caso qualcuno qui al castello ti ha trattato male? Se è così, dovresti dirmelo in modo che possa sistemare la questione prima di partire».
Lui scosse la testa, ma mi accorsi che aveva gli occhi pieni di lacrime. «Devo venire con voi, signore.»
«Numi del cielo, Tomas» replicai in un sussurro, sempre più irritato. «Questa volta non puoi venire con me. Hai capito?»
Per tutta risposta, lui scoppiò a piangere. Dopodiché, in preda all’imbarazzo, mi scagliò addosso la gruccia e corse via prima che potessi fermarlo.
Rimasi in ginocchio ancora per qualche istante, poi mi alzai, raccolsi la stampella e andai a sedermi accanto a Grainne. Mi versai una tazza di tè, cercando di pensare a qualcosa di leggero da dire ai Dermott, che mi fissavano disorientati.
«Lord Aodhan» mi anticipò lady Dermott, la voce così bassa che quasi non riuscivo a sentirla, «conoscete quel ragazzino?»
Ancora irritato, versai troppo latte nel tè. «È un orfano che si nascondeva qui quando sono arrivato al castello. Vogliate accettare le mie scuse per questo piccolo incidente.»
Lady Dermott non replicò, e il suo silenzio mi indusse a guardarla. Era sconvolta. E spaventata.
«Ma quale orfano» mormorò infine. «Si chiama Ewan. È il figlio di Declan Lannon.»