21

Lady MacQuinn

BRIANNA
Castello di Fionn, territorio di lord MacQuinn

Arrivai al castello di Fionn bagnata come un pulcino a causa di un acquazzone, e del tutto impreparata ad assumere il ruolo di lady. Appena entrai nel cortile in sella alla mia giumenta, con gli occhi pesti e un aspetto orribile, Liam prese a gridare ordini ai domestici che aspettavano davanti al portone di ingresso, chiedendo loro di preparare un bagno e di accendere il fuoco per la figlia del lord.

Dillon, lo stalliere, accorse a prendere in custodia la cavalla, sgranando gli occhi per la sorpresa quando si rese conto che ero l’unica della famiglia a essere tornata.

«Vostro padre e vostro fratello stanno bene, signorina Brianna?» domandò Dillon, sinceramente preoccupato e incurante della pioggia che gli tamburellava sul viso. La stessa preoccupazione che la gente dei MacQuinn avrebbe provato nel vedermi rientrare sola.

Starà bene il nostro lord? Ci ha già abbandonati? È appena tornato e l’abbiamo già perduto?

«Sì, grazie, Dillon. Stanno bene. Mio padre mi ha mandata qui al posto di mio fratello» risposi mentre scendevo di sella.

Ringraziai la mia scorta e mi diressi verso il castello, coprendomi con il mantello di appassionata e camminando nel fango. Arrivata nel salone, trovai ad accogliermi Thorn, più irascibile che mai.

«Signorina Brianna» mi salutò, le sopracciglia brizzolate arcuate per lo stupore. «Non vi aspettavamo. Devo far accendere il camino anche per lord Lucas, o il vostro può bastare?»

«Solo il mio, Thorn. Vi ringrazio.»

«E, se posso chiedere, quando dovrò accendere anche il camino del lord? Domani, immagino, poiché avevo espressamente richiesto la sua presenza per gestire questo… ecco… per gestire questo problema.» Il maggiordomo sembrava spiazzato dai lividi che avevo sul viso ed ero certa che fosse molto curioso di sapere come me li fossi procurati.

«Non domani, e neppure il giorno dopo» risposi con un sospiro, slacciando il cordoncino che chiudeva il mio mantello. «L’arrivo di mio fratello e di mio padre non è previsto a breve. Molto probabilmente non prima di una settimana.»

Mi avviai sulle scale, ma Thorn mi seguì.

«Abbiamo sentito che nella capitale reale c’è stato un po’ di trambusto» insisté, cercando di avere informazioni. «E che i Lannon sono evasi.»

«Sì.» Ero quasi arrivata nella mia stanza, e desideravo tanto liberarmi di lui.

«Lord MacQuinn per caso è in pericolo?»

«No. E neppure lord Lucas.»

«Ma allora perché il mio signore vi ha rimandata qui da noi? Non sarebbe stato meglio restare vicino a lui? Avevo espressamente richiesto…»

«La presenza di lord Lucas. Sì. Ho capito, Thorn» lo interruppi. Ero arrivata, avevo già le dita sulla maniglia. Mi voltai e fissai il maggiordomo negli occhi. «Il lord mi ha inviata qui al posto di Luc. So che questo per voi è un brutto colpo, ma così ha deciso mio padre. In quanto maggiordomo, so che siete perfettamente in grado di gestire il castello, perciò non mi intrometterò nei vostri affari; tuttavia, per rispettare la volontà di mio padre, se dovesse sorgere qualche problema mentre lui è via, siete pregato di parlarne direttamente con me.»

Thorn si morse le labbra, accennò un inchino e si congedò e io, con un sospiro di sollievo, riuscii finalmente a entrare nella mia stanza.

Le cameriere si stavano ancora dando da fare per accendere il fuoco e prepararmi il bagno caldo. Una delle ragazze si spaventò quando vide i lividi che mi deturpavano la faccia, e cercai di rassicurarla con un sorriso.

«È meno grave di quel che sembra» affermai, posando il mantello sullo schienale di una sedia.

Le cameriere non replicarono, e si limitarono a lavorare più velocemente per poter uscire il più in fretta possibile dalla mia stanza. Quando rimasi sola, mi spogliai, mi infilai nell’acqua tiepida e con gli occhi socchiusi ascoltai la pioggia tamburellare sui vetri. Il tempo si fece evanescente come le volute di vapore che si alzavano dalla mia pelle, e io mi abbandonai ai miei pensieri su Ewan, Keela e Cartier, finché non scivolai sott’acqua e rischiai di annegare.

Tirai fuori la testa e continuai a fantasticare, immaginai che cosa stesse succedendo in quel momento a Lyonesse, se mentre io mi rilassavo nella vasca, Cartier, Luc e Jourdain avevano ritrovato Declan e i bambini. Pensai anche a Isolde, alla sua incolumità e alla sua incoronazione. Pensai al mio posto in quel nuovo paese, alla figlia di un lord che non stava bene da nessuna parte. Dov’era la mia casa? Era qui, al castello di Fionn, fra i MacQuinn che ancora non si fidavano di me? Era a Lyonesse, accanto alla regina? Oppure era al di là del canale, in Valenia, dove finalmente avrei potuto aprire la mia Casa di Sapienza? Pensai anche a Merei: chissà dov’era, che cosa faceva, se aveva voglia di vedermi.

«Signorina Brianna!»

Sussultai, schizzando l’acqua ormai quasi fredda sul pavimento. Davanti a me, Neeve fissava a bocca aperta i lividi sulla mia faccia. Ero così persa nei miei pensieri che non l’avevo neppure sentita entrare. Non appena la vidi, il mio cuore iniziò a battere forte. Mia sorella. Ci sarebbe mai stato un momento giusto per dirle chi ero, chi eravamo l’una per l’altra – una rivelazione che desideravo e temevo al tempo stesso?

«Come mai nessuna delle ragazze si è fermata per aiutarvi a fare il bagno?» domandò, inginocchiandosi accanto alla vasca.

«Non lo so. Ma non era necessario.» E di certo non volevo che lei si sentisse in dovere di aiutarmi. Feci per alzarmi, ma Neeve prese la spugna e iniziò a pulirmi le dita ancora sporche di terra.

«Vi siete rotta il naso, vero?» mormorò, guardandomi attentamente.

Io trattenni il fiato, non sapendo cosa rispondere. «Va bene così» sussurrai, quando lei mi prese anche l’altra mano. «Non è necessario che lo facciate.»

«Se voi dovete essere trattata come la lady dei MacQuinn, perché così ci ha spiegato oggi Liam…» e riprese a strofinarmi energicamente, come se fosse agitata, facendomi chiedere se fossi io la causa di quel nervosismo, «significa che tutti noi dobbiamo servirvi in ogni modo possibile.»

Cercai di rilassarmi, ma avevo male alla schiena e un leggero torcicollo, in più mi sentivo sull’orlo di una crisi di pianto. Dopo un po’ le domandai: «Neeve, ma non dovreste essere al laboratorio di arazzeria?».

Lei immerse la spugna nell’acqua e prese il sapone. «Sì, ma in questo momento siamo tutte sottosopra.»

La guardai stranita. «In che senso?»

Quando non rispose, mi girai in modo da poterla guardare negli occhi. D’un tratto mi sentii stringere lo stomaco e iniziai a ricomporre il quadro della situazione. Jourdain mi aveva detto che a Fionn c’era un problema con una delle ragazze, ma io avevo creduto si trattasse di una scusa per rimandarmi a casa. Quando ero arrivata, però, Dillon mi era sembrato molto stupito nel vedermi, e ancora di più lo era stato Thorn, perché aveva espressamente richiesto la presenza di Luc…

«Che cos’è successo?» insistei.

Neeve tirò un sospiro, fissando i miei capelli bagnati. «Sono sicura che presto lo verrete a sapere.»

«Allora perché non me lo dite voi?»

«Perché non mi piacciono i pettegolezzi.»

Replicai fingendo di mettere il broncio, e lei sorrise. Era così bella, con i suoi occhi caldi come l’ambra e la lunga treccia un po’ disfatta, che quasi non notai le cicatrici che le segnavano il viso, il collo e il dorso delle mani, perpetuo ricordo della sua vittoriosa battaglia contro una malattia che avrebbe potuto strapparle la vita.

«Devo preoccuparmi?» domandai, mentre mi aiutava a uscire dalla vasca e mi avvolgeva in un telo.

«No» rispose Neeve, prendendo il pettine. «Diciamo però che la ragazza in questione è contenta che siate tornata voi al posto di lord Lucas.»

L’intuito di Jourdain, pensai. E dentro di me fui ammirata dalla lungimiranza della sua scelta.

«Mi sono esercitata molto mentre voi non c’eravate» mi comunicò poi la ragazza, con un certo orgoglio, per cambiare argomento.

Le sorrisi e, seduta su uno sgabello, tra una chiacchiera e l’altra mi informai sui suoi progressi, mentre lei mi districava i capelli finché non furono di nuovo lisci come seta.

Neeve quindi mi aiutò a vestirmi, stringendo il corsetto finché non fummo certe che l’indumento mi avrebbe sostenuto come un’armatura fino alla fine della giornata, quindi mi intrecciò i capelli e mi porse un paio di scarpette da casa. Infine mi avvolsi in uno scialle e lasciai la stanza per andare a cercare Thorn.

Non fu una ricerca lunga. Anzi, fu lui a trovare me in un corridoio dei piani superiori, e mi accompagnò nello studio di Jourdain.

Mi accomodai sulla sedia di mio padre, un piccolo trono in legno di quercia coperto con una pelle di montone.

«In che modo posso aiutarvi, Thorn?»

Il maggiordomo tirò su con il naso, e rimase in piedi. «Avrei necessità di avere un vostro suggerimento. È da molto tempo che non si presentava una situazione di questo genere.»

«D’accordo. E di che situazione si tratta?»

L’uomo però non ebbe modo di spiegarmelo perché in quel momento la porta dello studio si spalancò e la tessitrice più anziana, Betha, irruppe nella stanza, zuppa di pioggia. Non appena mi vide seduta al posto di mio padre mi lanciò una lunga occhiata e scosse la testa.

«Pensavo che lord Lucas fosse rientrato» disse infine, rivolta a Thorn.

«Lord MacQuinn ha mandato sua figlia.»

Betha mi fissò di nuovo. Io mi sentii avvampare.

«Che cosa posso fare per voi, Betha?» domandai.

«Non voglio parlare con lei di questo» disse, rivolta al maggiordomo.

Lui sembrò in difficoltà. «Temo che dovrete esporre la faccenda alla signorina Brianna, oppure dovrete attendere il ritorno di lord MacQuinn.»

«Vuol dire che aspetterò.» E si voltò per andarsene. Era quasi sulla porta quando una ragazza le comparve di fronte. «Andiamocene, Neeve.»

Pensai di aver sentito male, o che si trattasse di un’altra Neeve, finché non riuscii a scorgere i suoi capelli biondi e a sentire la cadenza morbida della sua voce.

«No, Betha» protestò. «Voglio parlarne con la signorina Brianna.»

Il mio cuore accelerò quando capii che la ragazza per cui ero tornata era mia sorella. Cercai di nascondere la sorpresa e aspettai che lei entrasse nello studio e si fermasse di fronte a me. Era nervosa, e mi guardava con occhi inquieti, stropicciandosi le mani.

Mi chiesi come mai non mi avesse detto nulla quando era salita nella mia camera, e pensai che forse avrebbe voluto farlo, ma che alla fine non aveva trovato il coraggio.

«Neeve» le dissi con calma, «raccontatemi. Che cosa succede?»

Lei dischiuse le labbra, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono.

«Si rifiuta di lavorare» si intromise Betha, e dal suo tono compresi quanto fosse delusa dalla sua protetta. «Neeve è sempre stata una delle migliori tessitrici, ha un talento innato per questo lavoro, e le sue capacità sono un vero esempio per le compagne. Invece da qualche giorno si rifiuta di lavorare. E adesso anche altre ragazze si sono unite a questa… protesta.»

Non era assolutamente ciò che mi aspettavo. La guardai, incapace di nascondere la mia sorpresa. «C’è una ragione per questo tuo comportamento, Neeve?»

Betha si lasciò sfuggire uno strano verso, ma io la ignorai e restai concentrata su mia sorella.

«Sì, signorina Brianna. Una buona ragione» rispose lei.

«Sei solo una gran testona, ragazzina» si intromise di nuovo Betha, ma dal suo tono traspariva tutto l’affetto che l’anziana donna aveva per lei, e quando la guardava… sembrava addolcirsi. «Stai mettendo in difficoltà anche le tue compagne, che devono lavorare il doppio per non rimanere indietro.»

«Le mie compagne dovrebbero fare come me, e smettere di lavorare» ribatté Neeve, per nulla intimorita. Non sembrava intenzionata a tornare sulla sua decisione, neppure adesso che Betha l’aveva portata di fronte alla figlia del lord.

«Neeve, parlatemi di questo lavoro» le chiesi.

«È un arazzo che ci hanno ordinato» spiegò mia sorella. «È per Pierce Halloran.»

Bastò il suono del suo nome a mettermi in agitazione.

«E io mi rifiuto di lavorare per lui» proseguì mia sorella in tono di sfida. «Non voglio neanche toccarlo, il suo arazzo, visto come vi ha trattata la settimana scorsa, quando pensava di valere più di voi.»

Ero sbalordita. Da lei, dalla sua protesta, dalla devozione che mostrava per me. Chissà se anche Neeve in qualche modo sentiva il legame che ci univa, pur senza sapere nulla.

«Senti, capisco i tuoi motivi» replicò Betha in tono severo, «ma sei giovane, e non capisci che le tue azioni avranno conseguenze su tutto il casato dei MacQuinn.»

«Betha, volete spiegarmi il senso di ciò che dite?» domandai.

La donna mi fulminò con gli occhi, come se la richiesta di spiegazioni l’avesse in qualche modo indignata. «Se ci rifiutiamo di eseguire l’arazzo che Pierce Halloran ha commissionato, le cose si metteranno molto male per noi. Negli ultimi venticinque anni gli Halloran sono stati i nostri clienti più importanti.»

«Clienti?» Le mie paure iniziarono a farsi più concrete.

«Certo. Siamo sopravvissuti grazie al loro favore. Non fosse stato per loro, saremmo morti di fame, sotto gli Allenach. Sapete, lady Halloran ha gusti molto dispendiosi, e per il suo guardaroba vuole soltanto le nostre lane e i nostri tessuti più pregiati. I suoi ordini ci danno lavoro ormai da decenni, i suoi e quelli del figlio, ovviamente. Rifiutare di consegnare un arazzo proprio ora… credo che per noi gente comune porterebbe un sacco guai.»

Mi presi qualche istante per calmarmi, e per pensare a come replicare. Poi: «Capisco le vostre preoccupazioni, Betha, ma Brendan Allenach non c’è più. Adesso il vostro lord è Davin MacQuinn. E non dovremo più piegarci né omaggiare gente come gli Halloran. Fra noi e quel casato non c’è nessuna alleanza e non dobbiamo sentirci obbligati a compiacerli».

Betha rise, ma era indispettita. «Vedete, signorina? Voi non capite. Non avete idea di com’è stata la vita dalle nostre parti, negli anni bui, quando mi alzavo ogni mattina senza sapere se avrei visto il tramonto.»

Le sue parole mi mortificarono. La decana delle tessitrici aveva ragione. Non lo sapevo. Però volevo che si fidasse di me, che vedesse anche lei che stavamo finalmente uscendo da quel periodo di tenebra.

«Posso parlarvi in privato, Betha?»

Lei mi guardò con insolenza, e pensai che avrebbe respinto la mia richiesta. Fui quindi sorpresa quando la vidi fare un cenno a Neeve.

La ragazza e il maggiordomo, che sino a quel momento avevamo ignorato, uscirono dallo studio lasciandomi sola con la donna.

Seguì qualche secondo di imbarazzato silenzio. Ascoltai il crepitio del falò nel camino, osservai il bagliore delle fiamme per trovare il coraggio che mi serviva in quella danza di fuoco. Ma Betha parlò per prima.

«Neeve è mia nipote» rivelò, lasciandomi senza parole. «È la figlia di mia figlia Lara. E siccome non sono riuscita a proteggere mia figlia, farò tutto ciò che posso per proteggere lei. Se questo significa costringerla a lavorare per l’arazzo degli Halloran, lo farò. Lo farò per amore, per tenerla lontana dai guai. Perciò vi chiedo di convincerla a lasciar perdere questa sciocchezza della protesta.»

Non replicai, ancora spiazzata dalla sua rivelazione.

«Non voglio che mia nipote sia come voi» continuò la tessitrice, le sue parole più affilate di una spada nel fianco. «Non voglio che si monti la testa, che pensi di potersi mettere contro la gente importante.»

«In caso l’aveste dimenticato, Betha» replicai, e per fortuna riuscii a sembrare calma, «è stato Pierce Halloran a venire da me, non il contrario.»

«Vedete che continuate a non capire!» ribatté la tessitrice, visibilmente irritata. «Io non so esattamente da dove venite, ma è chiaro che avete sempre fatto quel che avete voluto senza mai pagarne le conseguenze. Da queste parti, però, le cose stanno molto diversamente.»

«Mi state forse chiedendo di ordinare a Neeve di andare contro la sua coscienza?» replicai. «Non credo sia giusto, Betha.»

La donna sbuffò, ma non rispose, e io mi chiesi se le mie parole avessero avuto effetto, almeno un po’. Così mi alzai e la guardai negli occhi.

«Comprendo molto bene le vostre paure» mormorai. «Detesto sapere che avete dovuto vivere anni così terribili. Ma adesso il vostro lord è tornato. La regina è tornata. Isolde è un autentico faro nel buio. E gli Halloran lo sanno e hanno paura, perché tutta questa luce li mette allo scoperto. Voi non appartenete a quella gente. Questo non accadrà più. E se oggi vi ribellate, vi prometto che sarò al vostro fianco quando ci saranno le ritorsioni. E con me mio padre. E mio fratello.»

Betha mi guardò furiosa, eppure nei suoi occhi vidi anche qualche lacrima, come se le mie parole l’avessero colpita, e avessero toccato una corda segreta.

«Credo che Pierce Halloran vi stia mettendo alla prova, inviandovi un ordine subito dopo essere stato messo in imbarazzo da uno dei vostri arazzi. Sono certa che stia cercando di far valere il suo potere su di voi, anche se non ne ha alcun diritto» sussurrai. «Perciò vi chiedo, Betha: scegliete lui o scegliete me?»

La donna non rispose. Si voltò e lasciò lo studio sbattendo la porta.

Io rimasi al mio posto, da sola, finché il fuoco non si spense e la stanza fu invasa dal buio.

L’indomani la notizia mi arrivò soltanto verso mezzogiorno. Le voci si erano rincorse per tutta la mattinata, dal laboratorio di arazzeria ai corridoi del castello, rimbalzando di casa in casa e di persona in persona, e infine mi raggiunsero nelle cantine, dove stavo aiutando il cuoco ad appendere mazzetti di erbe aromatiche alle travi per farle essiccare.

L’arazzo per gli Halloran era stato sospeso.

Mi sedetti fra i barattoli di frutta sotto spirito e i cesti colmi di cipolle e patate, e sorrisi, rivelando la mia gioia alla penombra che mi avvolgeva.