23

La bestia

BRIANNA
Castello di Fionn, territorio di lord MacQuinn

«Signorina Brianna! C’è stato un incidente!» gridò Thorn, entrando nello studio con insolita foga.

Allarmata, alzai gli occhi dai registri dei MacQuinn che stavo esaminando e vidi che il maggiordomo aveva il farsetto coperto di sangue.

«Un incidente di caccia. Purtroppo due uomini sono morti, e un altro è…»

Prima che potesse concludere la frase ero già in corridoio, guidata dal trambusto che sentivo nel salone. Non sapevo che cosa aspettarmi, ma tutto il mio coraggio svanì non appena vidi che stavano adagiando Liam O’Brian sul tavolo, la faccia martoriata e una freccia conficcata nella parte destra del petto.

Gli uomini che lo accompagnavano si accorsero della mia presenza e mi guardarono, in preda al panico, facendosi da parte per lasciarmi avvicinare. Appoggiai le dita sul collo del vassallo per sentire il battito. Era debole, ma c’era ancora.

«Mandate a chiamare Isla» ordinai, sapendo che avrei avuto bisogno della sua assistenza per quella ferita. Mentre una donna correva a cercare la guaritrice, io mi rivolsi agli uomini intorno a me: «Aiutatemi a portarlo in una camera».

Sollevammo Liam tutti insieme e percorremmo un corridoio fino alla stanza vuota più vicina. Dopo averlo adagiato su un letto, gli sfilai delicatamente farsetto e camicia e osservai la posizione della freccia, quindi gli tastai il torace per cercare le costole. La freccia sembrava conficcata fra la terza e la quarta. Estrarla sarebbe stato complicato: a Magnalia avevo studiato le ferite da freccia, e pur non avendo mai avuto occasione di mettere in pratica ciò che sapevo, ricordavo che quelle al petto erano quasi sempre fatali se interessavano il polmone. In più, estrarre la punta era estremamente complicato quando la freccia era conficcata nell’osso.

Osservai il viso di Liam, che sembrava dilaniato dagli artigli di un rapace. La carne della guancia era stata letteralmente strappata via dalla mandibola esponendo i denti – un’immagine raccapricciante, che mi diede il voltastomaco.

«Ho bisogno di acqua pulita, miele di rosa, e molte bende» mormorai, rivolta a una delle donne che mi avevano seguita nella stanza. «E fate accendere il camino. Subito, per favore.»

Non appena si fu allontanata – la sentii gridare i miei ordini nel corridoio – mi rivolsi a uno degli uomini che mi avevano aiutata a trasportare Liam e che mi fissava in attesa di ricevere le indicazioni successive.

«Che cosa è successo?» sussurrai.

«Signorina… non lo sappiamo. Gli altri due cacciatori che erano con Liam sono morti.»

«Quali cacciatori?»

«Phillip e Eamon.»

Philip e Eamon. I due soldati che mi avevano scortata da Lyonesse a Fionn.

In quel momento Isla entrò nella camera, distogliendomi dal dispiacere per quella notizia. L’avevo vista nel salone durante i pasti, ma non le avevo mai parlato. Era una donna anziana, con lunghi capelli bianchi e occhi color del mare. Posò la sua borsa e studiò le ferite di Liam.

Dopo qualche minuto mi guardò e mi chiese: «Il sangue vi fa impressione?».

«No» risposi. «E so come curare le ferite.»

Lei si limitò a frugare dentro la sua borsa. Ne estrasse una serie di specilli in legno di sambuco di diverso spessore e lunghezza, e alcune pinze, molto sottili, appositamente studiate per estrarre le frecce. Quindi fece cenno ai due uomini di tenere fermo Liam. Io restai a guardare, immobile, mentre lei cercava di ruotare il fusto della freccia. Che però non cedette, anzi, si spezzò fra le sue mani.

«La punta è nell’osso» sentenziò allora, gettando il moncone di legno nel fuoco, stizzita.

«Posso provare a estrarlo» proposi, facendomi avanti.

Lavorai insieme alla guaritrice, avvolgendo gli specilli con strisce di tessuto e intingendoli nel miele di rosa. Isla indicò nuovamente agli uomini rimasti con noi di tenere fermo Liam – uno dalle spalle, l’altro dai fianchi – mentre noi lentamente aprivamo la ferita con gli strumenti. Ero madida di sudore quando finalmente arrivammo alla freccia, un triangolo di metallo coperto di sangue e incuneato in una costola.

Presi le pinze e ne affondai le estremità nella ferita finché non toccai la freccia. Mi feci coraggio e cercai una posizione più favorevole, dopodiché tirai con tutta la mia forza. Il metallo cedette di colpo e io caddi a terra, andando a sbattere contro un tavolo. Ma nelle pinze che stringevo in mano c’era la punta della freccia.

Se solo Cartier avesse potuto vedermi. Un vero peccato che non fosse lì con me.

Isla mi rivolse un breve cenno di approvazione, poi tornò a occuparsi di Liam, ritirando gli specilli e iniziando a pulire la ferita. Anche i due uomini si congratularono con me facendomi un cenno del capo. Mi stavano tributando un rispetto che finora non avevo mai ricevuto lì a Fionn.

Mi alzai da terra e posai le pinze, poi presi il barattolo di miele di rose e iniziai a passare a Isla le bende per la fasciatura.

«Dovremo aspettare un po’ per capire se il polmone è lesionato» disse la guaritrice, finendo di applicare il suo impiastro. «Quanto alla faccia… cercherò di fare ciò che posso. Vi intendete di erbe, signorina Brianna?»

«Sì. Ditemi che cosa vi serve.»

«Fiordaliso stellato» rispose. «Cresce nei boschi orientali, vicino al fiume.»

«Vado subito a raccoglierne un po’.» E uscii dalla stanza.

Arrivata in salone, fui sorpresa di trovarvi riunita una piccola folla silenziosa di uomini e donne che attendevano composti notizie del vassallo Liam. Quando mi videro, si alzarono in piedi e io sentii tutti i loro sguardi su di me, sulle mani insanguinate e sulle macchie scarlatte che avevo sul viso e sui vestiti. Thorn fu il solo ad avvicinarsi.

«È morto?» mi domandò.

«No. Siamo riuscite a estrarre la freccia.» E mi avviai verso la porta della grande sala, attraversando la massa di persone che nel frattempo si erano fatte da parte per lasciarmi passare. In quel momento negli sguardi che seguivano il mio passaggio sentii per la prima volta tutto il rispetto dei MacQuinn. E mi resi conto che quella gente era in attesa dei miei ordini.

Mi fermai sulla soglia, pensando a che cosa avrei potuto dire. Quindi mi voltai, sul punto di annunciare che per quel giorno sarebbe stato meglio interrompere il lavoro perché sulle terre dei MacQuinn stava succedendo qualcosa che avrei cercato di risolvere, ma fui preceduta da Thorn.

«Tornate tutti alle vostre occupazioni» ordinò il maggiordomo, sbrigativo. «Non c’è motivo di sprecare una giornata di lavoro.»

Le donne e gli uomini obbedirono, e iniziarono a sciamare fuori dal salone; io invece aspettai finché Thorn non guardò verso di me.

«Quando torno ho bisogno di parlare con voi» dissi.

Lui sembrò confuso dalla mia richiesta, ma annuì. «Certamente, signorina Brianna.»

Uscii dal castello, senza dimenticare di prendere un cestino. Il cielo del primo pomeriggio era grigio e coperto di nuvole. Mi fermai per mettere a posto i capelli e sgranchirmi la schiena, che iniziava a patire la tensione della mattinata.

«Signorina Brianna!»

Mi voltai e vidi Neeve affrettarsi verso di me, seguita da Nessie, il mio cane, con la solita lingua penzoloni.

Appena vide il sangue, però, mia sorella si fermò di colpo e si portò una mano alla bocca.

«È tutto a posto, Neeve» la rassicurai. «Sto andando a raccogliere un po’ di fiordaliso stellato.»

Lei si tranquillizzò. «So dove cresce. Lasciate che vi aiuti.»

E così ci allontanammo insieme, dirette verso la fitta macchia di alberi che cresceva lungo la sponda del fiume. Consegnai a Neeve il mio dirk, in modo che potesse tagliare le piante senza toccare le spine che circondavano il fiore, e iniziammo a lavorare in silenzio, riempiendo rapidamente il cesto.

Mentre ero in ginocchio, curva sulle piante da raccogliere, udii il rumore di un ramo spezzato. Non avrei dato peso alla cosa se il cane, con il pelo dritto, non avesse iniziato a ringhiare e a digrignare i denti.

«Nessie» mormorai, ma intanto sbirciai nella fitta boscaglia che avevo intorno. D’un tratto ebbi la sensazione di essere osservata e sentii un brivido freddo attraversarmi la schiena.

Nel bosco c’era qualcuno, e mi stava spiando.

Nessie iniziò ad abbaiare, furiosa, e si mosse verso il folto degli alberi.

Io scattai in piedi. «Neeve? Neeve!»

Mia sorella tornò correndo nella radura, il mio dirk stretto fra le dita, e io tirai un sospiro di sollievo.

«Cosa succede?» chiese, spaventata, mentre il cane continuava a ringhiare verso il bosco. «Avete visto la bestia, per caso?»

«Quale bestia?»

«La bestia che ha aggredito Liam.»

Mi voltai verso il bosco. Non c’era nessuna bestia, avrei voluto rispondere. Semmai c’era una persona.

Raccolsi il cesto con le erbe e presi mia sorella sottobraccio. «Venite, Neeve. Dobbiamo rientrare. Nessie? Nessie!»

Il cane obbedì al mio richiamo solo quando vide che mi stavo allontanando dal pericolo, e corse insieme a noi fuori dal bosco, verso la luce grigia che filtrava dalla coltre di nubi. Arrivai al castello senza fiato.

«Neeve, non avete un dirk vostro?» domandai quando mia sorella mi restituì lo stiletto.

«No» rispose. «Lord Allenach ci aveva proibito di portare armi.»

«Bene. Allora questo adesso è vostro.» Mi sollevai le gonne per slacciare il fodero che nascondevo sotto l’abito e lo passai a lei, accertandomi che se lo legasse per bene alla coscia e vi infilasse il pugnale. «Portatelo sempre con voi. E se qualcuno dovesse aggredirvi, dovrete colpirlo qui e qui», dissi, indicando collo e ascella.

Neeve sgranò gli occhi ma annuì, accettando il mio ordine. «E voi, signorina?»

«Io me ne procurerò un altro» replicai, stringendole il braccio per rassicurarla. «Non andate in giro da sola, nemmeno quando vi spostate dal laboratorio al castello. Fatevi sempre accompagnare. Ve ne prego.»

«A causa della bestia?»

«Sì.»

Neeve stava facendo del suo meglio per calmarsi, per essere coraggiosa, ma dal pallore del suo viso si capiva quanto fosse spaventata. Mi avvicinai e la baciai delicatamente sulla fronte. Il mio gesto la colse di sorpresa, e subito pensai che forse avevo osato troppo. Non era un comportamento adeguato alla lady dei MacQuinn, ed era chiaro che l’avevo confusa.

«Andate, ora» mormorai, e Neeve si allontanò verso un corridoio del castello, congedandosi con uno sguardo complice, quasi iniziasse anche lei a sentire il legame segreto che ci univa.

Tornai da Liam, portando alla guaritrice il cesto di erbe. Lavorammo in silenzio, pestando le infiorescenze che poi lei mischiò al miele, ricavandone un unguento che spalmò sulle ferite di Liam.

Mentre mi lavavo le mani, Isla avvolse il viso del vassallo in una fasciatura di bende pulite.

«Questa non è opera di una bestia, signorina Brianna» sentenziò poi con aria grave.

«Lo so.» Ripensai all’inquietante sensazione provata nel bosco e mi sentii mancare il respiro. «Vi dispiace restare sola con lui? Verrò a darvi il cambio al tramonto.»

«Ma certo, signorina.» Isla annuì e, dopo aver lasciato la stanza, convocai Thorn nello studio. Quando arrivò, mi trovò seduta al tavolo di mio padre.

«Immagino che mentre io mi occupavo di Liam voi abbiate raccolto informazioni su quanto è accaduto questa mattina» esordii.

«Sì, signorina. Liam è uscito per andare a caccia con Phillip e Eamon» iniziò a spiegare Thorn. «Non è una cosa strana. I tre amici, nelle ultime settimane, sono andati spesso a caccia insieme. Dopo l’incidente Liam in qualche modo è tornato al castello nonostante non si reggesse quasi in sella, con la freccia conficcata nel petto e la faccia sfigurata. Gli uomini che lo hanno portato nel cortile hanno detto che è riuscito a dire soltanto una parola. “Bestia.” L’ha pronunciata due volte e poi ha perso conoscenza, poco prima che voi arrivaste. Mentre voi e Isla vi stavate occupando di lui, ho mandato qualcuno a perlustrare la zona in cerca degli altri uomini. Li hanno trovati morti in un campo, a nord, la faccia martoriata come quella di Liam. Ma avevano anche delle profonde ferite alla pancia. Credo che…» Thorn esitò.

Attesi con il sopracciglio alzato. «Che cosa credete, Thorn?»

Lui osservò le macchie di sangue sui miei abiti e sospirò. «Credo che le loro viscere fossero sparse tutt’intorno.»

Riflettei per qualche secondo, fissando le ombre della stanza. Ero agghiacciata all’idea che quelle persone fossero morte in modo tanto brutale. Avrei voluto arrendermi all’orrore che stavo provando, ma sapevo di non potermelo permettere. «Secondo voi, una bestia non si sarebbe cibata delle viscere, invece di giocare a spargerle sul prato?»

Thorn non rispose, sorpreso dalla domanda.

«Inoltre, vi chiedo: secondo voi, una bestia potrebbe mai scagliare una freccia?»

Il maggiordomo si fece rosso in viso, indignato. «Perché mi fate queste domande, signorina Brianna? Come posso saperlo? Io vi sto soltanto riferendo ciò che ho scoperto!»

«E io sto soltanto chiacchierando con voi, in modo che sia più facile risolvere questo terribile mistero.»

«Mistero? Qui non c’è nessun mistero. Si è trattato solo di un tragico incidente! Quasi tutti pensano che Phillip e Eamon abbiano cercato di uccidere la bestia e che una delle loro frecce per sbaglio abbia colpito Liam.»

In effetti, avrebbe anche potuto essere andata così. Ma, di nuovo, qualcosa non quadrava. Mi appoggiai allo schienale, pensando che da quando ero arrivata, le cose mi erano sembrate piuttosto strane lì a Fionn.

«Avete conservato l’impennaggio delle frecce?» mi domandò Thorn, inaspettatamente. «Se potessi averlo, potrei dirvi se si tratta di una freccia nostra oppure se appartiene a un altro casato.»

Le parole del maggiordomo mi diedero qualche speranza. Che però si rivelò subito vana perché ricordai che la guaritrice aveva gettato la freccia spezzata nel fuoco. «No. L’impennaggio non c’è.»

«In questo caso non saprei che altro dirvi, signorina Brianna, a parte che sono profondamente dispiaciuto che abbiate dovuto occuparvi di questa triste vicenda. Vostro padre avrebbe fatto meglio a mandarci lord Lucas.»

Dovetti fare uno sforzo per trattenere la mia irritazione.

«Dove sono adesso i corpi di Eamon e Phillip?» domandai, massaggiandomi le tempie doloranti.

«Le mogli li stanno preparando per la sepoltura.»

Dovevo andare da quelle donne per assisterle in quei preparativi. Mi alzai e dissi: «Mandate una pattuglia di soldati a perlustrare il nostro territorio, fino al confine. Iniziate dal bosco orientale, dove cresce il fiordaliso stellato».

Thorn mi guardò perplesso. «Ma, signorina… perché?»

«Perché?» Mi venne quasi da ridere. «Perché là fuori c’è una bestia che si aggira per le nostre terre e uccide la nostra gente, ecco perché.»

«Quindi mi state chiedendo di mettere a repentaglio la vita di altri uomini per catturarla? Quasi sicuramente è un orso, e a quest’ora si sarà rintanato nella sua caverna. Ho già perlustrato i dintorni e, come vi ho riferito, ho trovato soltanto i cadaveri di Eamon e di Phillip.»

«Thorn, ascoltate. La bestia non è un orso. È un uomo. Ed è molto probabile che sia un Halloran, accompagnato da una cricca di compari. Trovateli e portateli da me. Avete capito?»

«Gli Halloran?» il maggiordomo mi fissò a bocca aperta. «Ma è assurdo! Avete per caso intenzione di scatenare una guerra?»

«Se volessi scatenare una guerra, non avreste bisogno di chiedermelo per saperlo. Lo vedreste con i vostri occhi» ribattei gelida. «Adesso andate e fate ciò che ho detto, prima che io perda anche l’ultima briciola di pazienza.»

Quando Thorn lasciò lo studio aveva ancora l’aria sbigottita, come se non potesse credere di dover obbedire ai miei ordini.

Aspettai che la porta si richiudesse, poi mi rimisi a sedere. Mi tremavano le gambe.

Di sicuro erano stati gli Halloran.

Pensai a Pierce, all’umiliazione che aveva subìto, e poi al rifiuto di tessere il suo arazzo. Erano questi i motivi della vendetta?

“Guardatevi le spalle, Brianna.”

Il consiglio di lady Grainne mi risuonò nella testa, e ripensai a quanto avevano patito i Dermott per anni e anni a causa delle scorrerie degli Halloran.

Che cosa avrei fatto se Thorn avesse catturato gli Halloran? Come li avrei puniti?

Non ne avevo idea. E questo, se possibile, mi spaventava più di qualsiasi altra cosa.

Quella sera, mentre mi trovavo nella stanza di Liam e facevo bollire un decotto di erbe sul fuoco del camino per purificare l’aria, Thorn venne da me. L’anziano maggiordomo era macchiato di fango e sembrava sfinito.

«Non abbiamo trovato nulla, signorina Brianna. Solo scoiattoli, uccelli e conigli» riferì in tono asciutto, come a significare: ve l’avevo detto.

Mi alzai per poterlo guardare negli occhi allo stesso livello. Nella stanza c’eravamo soltanto io, lui e Liam. Isla era scesa a mangiare qualcosa e a riposarsi un po’.

Thorn si voltò verso il letto dove giaceva il vassallo ferito. «Come sta?»

«Respira ancora» risposi, ma il mio tono era grave. Era successo ciò che Isla e io temevamo: Liam aveva perso conoscenza e respirava a fatica. La guaritrice non era certa che avrebbe superato la notte.

Ma questo a Thorn non lo dissi. Gettai un’altra manciata di menta nell’acqua in ebollizione e pregai che le erbe potessero ripulire anche i polmoni di Liam, nonostante il suo respiro fosse così stentato.

«Andate a cenare, Thorn. Per oggi avete fatto abbastanza.»

Il maggiordomo lasciò la camera con un sospiro, e io andai a sedermi accanto al vassallo, finché Isla non tornò a darmi il cambio.

Mi resi conto di quanto fossi esausta solo quando uscii in cortile e fischiai per chiamare Nessie.

Il mio cane arrivò immediatamente, come se mi stesse aspettando. La portai nella mia stanza e la feci salire sul letto per lasciarla dormire accanto a me.

Mentre lei si accoccolava sulle coperte, presi la spada, la sfoderai e mi infilai a letto, posando l’arma accanto a me con l’impugnatura a portata di mano. Quindi misi la testa sul cuscino – il cane da una parte, la lama dall’altra – e iniziai a guardare le ombre che il fuoco disegnava sul soffitto.

Non ricordo quando mi addormentai, forse scivolai nel sonno a poco a poco, so soltanto che fui svegliata dal ringhio di Nessie.

Spalancai gli occhi nell’oscurità della mia stanza, il fuoco nient’altro che un mucchietto di braci. Rimasi immobile. Nessie ringhiò ancora. E in quel momento sentii un rumore. Qualcuno stava bussando timidamente alla mia porta.

«Brava, Nessie» ordinai, e lei obbedì.

Scesi dal letto, impugnando la spada, e mi avvicinai alla porta.

«Signorina Brianna?»

Era Thorn. Mi lasciai sfuggire uno sbuffo di fastidio e aprii. Davanti a me il maggiordomo aspettava con una candela in mano.

«Che succede, Thorn?»

«C’è qualcosa che dovreste vedere, signorina» mormorò. «Presto, venite con me. Credo che abbia a che fare con… con l’aggressione.» E con una punta di apprensione allungò lo guardo su Nessie, che continuava a ringhiare.

«Datemi un momento.» Richiusi la porta e mi infilai gli stivali. Quindi indossai il mio mantello di appassionata e misi la spada a tracolla in modo che restasse dietro la schiena con l’elsa che spuntava oltre la spalla, pronta per essere afferrata.

Quando riaprii la porta, il maggiordomo mi stava aspettando nel corridoio.

«Avrà paura del cane» borbottò, e io mi fermai sulla soglia, interdetta.

«Chi avrà paura?»

«La ragazza. Dice di sapere qualcosa dell’aggressione, ma vuole parlare solo con voi.»

Quelle parole mi colsero di sorpresa, però accettai di lasciare Nessie nella mia camera, nonostante i suoi mugolii di protesta.

Seguii Thorn lungo i corridoi bui e silenziosi del castello, convinta che mi avrebbe accompagnata nei magazzini. Perciò, quando vidi che invece saremmo usciti nel cortile, illuminato dalla luce argentata della luna, esitai.

«Dove si trova questa ragazza?» domandai, in una nuvola di fiato. «E chi è?»

Thorn si voltò verso di me. In quel momento mi sembrò vecchio e fragile. «È nel laboratorio di arazzeria. Non sono riuscito a portarla in un altro posto.»

«Al laboratorio?» ripetei. Mi sembrò strano che la ragazza volesse vedermi lì. Ma poi pensai a quanto Jourdain si fidasse di Thorn, al punto da affidargli l’amministrazione del castello, e accettai di seguirlo lungo il sentiero che scendeva ai piedi della collina, con l’erba alta che ci accarezzava gli stivali. Il vento aveva spento la candela del maggiordomo, perciò procedemmo guidati soltanto dalla luce della luna e delle stelle.

Quando arrivammo nei pressi della manifattura – una sagoma nera contro il cielo notturno – mi accorsi che all’interno non brillava nessuna luce. L’edificio era immerso nel sonno, come gli altri intorno.

Mi fermai. Un moto di paura mi attanagliò lo stomaco. «Thorn?»

Il maggiordomo si fermò e si voltò verso di me. Dal suo viso capii che alle mie spalle c’era qualcuno, e prima che potessi sguainare la spada sentii il gelido avvertimento di una lama sfiorarmi il collo.

«Non muovetevi, Brianna» mi ordinò Pierce Halloran all’orecchio.

Obbedii, ma il cuore si frantumò in mille pezzi. «Perché?» fu tutto quello che riuscii a dire a Thorn, la gola chiusa dalla rabbia del tradimento.

«Volevamo Lucas» rispose Thorn. «Per questo ho chiesto che tornasse a Fionn. Invece vostro padre è stato così sciocco da mandare voi al suo posto. Mi spiace, Brianna, mi spiace davvero.»

«Come avete potuto tradire il vostro lord?» ribattei, e in quel preciso istante la verità mi colpì come un pugno in pieno viso. Avevo capito chi era Thorn. E avrei voluto scoppiare a ridere, furiosa contro me stessa per non aver fatto ciò che invece avevo suggerito ad altri.

Non avevo forse indicato a Sean di alzare la manica di tutti i suoi vassalli per controllare se avessero il marchio della falce di luna?

Ero convinta che nessuno dei MacQuinn si fosse unito alla setta, ma quanto ero stata sciocca a credere che la corruzione esistesse soltanto in alcuni casati!

Pierce mi cinse la vita con un braccio e non appena aprì la fibbia della bandoliera sentii la mia unica arma scivolarmi via dalla schiena e cadere sull’erba, per poi essere allontanata con un calcio.

«Mio padre vi ucciderà quando saprà che cosa avete fatto» dichiarai, sorpresa dalla mia calma.

Thorn si limitò a scuotere la testa. «Lord MacQuinn non lo saprà mai.»

Pierce rinfoderò la spada e mi costrinse a terra, quindi mi legò i polsi dietro la schiena e mi infilò uno straccio in bocca. Vidi Thorn incombere su di me, e sopra di lui le stelle scintillare contro il cielo notturno. Vidi Pierce passargli una borsa di monete e vidi il maggiordomo allungare il braccio e scoprire un’inequivocabile falce di luna tatuata sul polso.

«Avrete il resto soltanto a scambio avvenuto» lo avvertì Pierce. Dopodiché mi strappò di dosso il mantello e lo consegnò a Thorn, che lo afferrò con riluttanza, come se il tessuto blu potesse morderlo.

Il figlio cadetto degli Halloran mi fece alzare in piedi e mi issò sulla sua spalla, come fossi un sacco di granaglie. Urlai, ma la mia voce fu attutita dallo straccio che avevo in bocca; scalciai, cercando di puntargli il ginocchio sullo stomaco, e lui inciampò. Cademmo a terra e riuscii a strisciare via, ferendomi una gamba su una pietra. Ma prima che potessi alzarmi, Pierce Halloran si avventò su di me e mi sferrò un pugno sul viso. La vista mi si annebbiò, il dolore alla guancia fu atroce, dopodiché mi sentii trascinare dentro il bosco e il mio unico pensiero fu continuare a respirare.

Quando mi ripresi ero ancora intontita. Cercai subito di orientarmi e capii di essere in una piccola radura, dove c’era un carro circondato da quattro uomini di Halloran, che aspettavano guardandomi con indifferenza. Due avevano il farsetto macchiato di sangue rappreso. Compresi che era il sangue di Phillip e Eamon, e sentii la bile salirmi fino in gola.

Osservai Pierce sollevare il telone del carro. Sul fondo c’erano dei sacchi di granaglie, ma sotto notai anche una sorta di intercapedine, perfettamente nascosta. Il cuore sembrò volermi schizzare via dal petto quando capii che il mio rapitore aveva intenzione di chiudermi nel buio di quella specie di bara. Scattai in piedi, goffa per via delle mani legate, e scappai via in un disperato tentativo di liberarmi. Avevo attraversato due macchie di rovi prima che Halloran riuscisse a riprendermi, acciuffandomi per i capelli.

«Siete molto furba» ghignò, stringendomi fra le braccia. «Fechin mi aveva avvertito che sarebbe stato difficile catturarvi. Ma questa volta ho vinto io, Brianna.» Mi trascinò fino al carro e mi spinse dentro l’intercapedine mentre i suoi ridevano e lo incoraggiavano. Quando ebbe finito, mi fissò inclinando la testa, come se gli piacesse vedermi confinata in quello spazio angusto. «Il principe voleva il sangue dei MacQuinn, non degli Allenach. Ma immagino che dovrà accontentarsi.»

Lo guardai armeggiare con uno dei sacchi ammassati sul carro, poi sentii un rumore di vetro e prima che potessi reagire mi pressò uno straccio umido davanti alla faccia per costringermi a respirare i vapori di una sostanza dall’odore pungente.

Cercai di resistere ritirandomi contro il fondo dell’intercapedine, ma avvertii uno strano formicolio alle dita e il mondo intorno a me iniziò a svanire. Mi ero quasi arresa a quel vuoto quando udii Pierce parlare.

«Sapete una cosa, Brianna? Se voi non mi aveste umiliato davanti al casato di vostro padre, se aveste scelto di allearvi con me, gli Halloran sarebbero stati dalla vostra parte. E ci saremmo liberati dei Lannon come fossero un sacco di biancheria sporca. Voi sareste stata mia e io vi avrei protetta. Invece guardatevi adesso. È divertente come sia volubile il potere, non è vero?»

Mi strappò lo straccio dal viso, e io cercai di gridare. Ma la mia voce non aveva quasi suono. Riuscii solo a mormorare: «Dove mi state portando?».

«Vi sto portando a casa» rispose con un sorriso. «Dal principe.»

Dopodiché mi rinchiuse nella mia bara. Sentii il carro mettersi in marcia e mi sforzai di rimanere lucida.

Prima di perdere conoscenza ebbi un ultimo pensiero. Stavo per essere consegnata a Declan Lannon.