LIBRO DECIMO

CAPITOLO I

Il re di Francia ordina che le milizie si ritirino nel ducato di Milano; suo contegno amichevole e di devozione al pontefice; i Bentivoglio imitano il re. Il Triulzio licenzia parte de’ soldati. Condizioni di pace del pontefice. Progetti di Massimiliano e sua impotenza d’effettuarli.

Aspettavasi, con grandissima sospensione degli animi di tutta Italia e della maggiore parte delle provincie1 de’ cristiani, quel che il re di Francia, ottenuta che ebbe la vittoria, deliberasse di fare; perché a tutti manifestamente appariva essere in sua potestà l’occupare Roma e tutto lo stato della Chiesa: essendo le genti del pontefice quasi tutte disperse e dissipate2 e molto più quelle de’ viniziani, né essendo in Italia altre armi che potessino ritenere3 l’impeto del vincitore; e parendo che il pontefice, difeso solamente dalla maestà del pontificato, rimanesse per ogn’altro rispetto alla discrezione della fortuna. E nondimeno il re di Francia, o raffrenandolo la riverenza della religione o temendo di non4 concitare contro a sé, se procedeva più oltre, l’animo di tutti i prìncipi, deliberato di non usare l’occasione della vittoria5, comandò, con consiglio per avventura più pietoso che utile6, a Giaiacopo da Triulzi che, lasciata Bologna in potestà de’ Bentivogli e restituito se altro avesse occupato appartenente alla Chiesa7, riducesse8 subitamente l’esercito nel ducato di Milano. Aggiunse a’ fatti mansueti umanissime dimostrazioni e parole. Vietò che nel suo reame alcuno segno di publica allegrezza non9 si facesse; e affermò più volte alla presenza di molti che, con tutto non avesse errato né contro alla sedia apostolica né contro al pontefice, né fatto cosa alcuna se non provocato e necessitato, nondimeno, che per riverenza di quella sedia voleva umiliarsi e dimandargli perdono; persuadendosi che certificato10, per l’esperienza, delle difficoltà che aveano i suoi concetti11, e assicurato del sospetto avuto vanamente di lui, avesse a desiderare la pace con tutto l’animo: il trattato12 della quale non si era mai intermesso13 totalmente, perché il pontefice, insino innanzi si partisse da Bologna, aveva per questa cagione mandato al re lo imbasciadore del re di Scozia14, continuando di trattare quel che, per il medesimo vescovo, si era cominciato a trattare col vescovo Gurgense. L’autorità del re seguitando i Bentivogli15, significavano16 al pontefice non volere essere contumaci17 o rebelli della Chiesa ma perseverare in quella subiezione18 nella quale aveva tanti anni continuato il padre loro: in segno di che, restituito il vescovo di Chiusi alla libertà, l’aveano, secondo l’uso antico, collocato nel palazzo come apostolico luogotenente.

Partì adunque il Triulzio con l’esercito, e si accostò alla Mirandola per ricuperarla; con tutto che, per i prieghi di Giovanfrancesco Pico, vi fusse entrato Vitfrust sotto colore19 di tenerla in nome di Cesare, e protestato20 al Triulzio che essendo giurisdizione dello imperio si astenesse da offenderla. Il quale21 alla fine, conoscendo che l’autorità vana non bastava, se ne partì, ricevute da lui certe promesse, più tosto apparenti per l’onore di Cesare che sostanziali; e il medesimo fece Giovanfrancesco, impetrato che fusse salvo l’avere e le persone: e il Triulzio, non avendo da fare altra espedizione22, mandate cinquecento lancie e mille trecento fanti tedeschi, sotto il capitano Iacob23, alla custodia di Verona, licenziò gli altri fanti, eccetto duemila cinquecento guasconi sotto Molard e Mongirone24, i quali e le genti d’arme distribuì per le terre del ducato di Milano.

Ma al desiderio e alla speranza del re non corrispondeva la disposizone del pontefice; il quale ripreso animo per la revocazione dell’esercito, rendendolo più duro quel che pareva verisimile lo dovesse mollificare, essendo ancora a Rimini oppressato dalla podagra e in mezzo di tante angustie, proponeva, più tosto come vincitore che vinto, per mezzo del medesimo scozzese, che per l’avvenire fusse per il25 ducato di Ferrara pagato il censo consueto innanzi alla diminuzione fatta per il pontefice Alessandro, che la Chiesa tenesse uno visdomino in Ferrara come prima tenevano i viniziani26, e se gli cedessino Lugo e l’altre terre che Alfonso da Esti possedeva nella Romagna: le quali condizioni benché al re paressino molto gravi, nondimeno, tanto era il desiderio della pace col pontefice, fece rispondere essere contento di consentire a quasi tutte queste dimande, pure che vi intervenisse il consentimento di Cesare. Ma già il pontefice ritornato a Roma aveva mutata sentenza27; dandogli ardire, oltre a quello che si dava da se stesso, i conforti del re d’Aragona: il quale, entrato per la vittoria del re di Francia in maggiore sospezione28, aveva subito intermesso29 tutti gli apparati potentissimi che aveva fatti per passare personalmente in Affrica, ove continuamente guerreggiava co’ mori; e revocatone Pietro Navarra con tremila fanti spagnuoli lo mandò nel reame di Napoli, assicurando, in uno tempo medesimo, le cose proprie e al pontefice dando animo di alienarsi tanto più dalla concordia. Rispose30 adunque non volere la pace se insieme non si componevano con Cesare i viniziani, se Alfonso da Esti, oltre alle prime dimande, non gli restituiva le spese fatte nella guerra, e se il re non si obligava a non gli impedire la recuperazione di Bologna: la quale città, come ribellata dalla Chiesa, aveva già sottoposta allo interdetto ecclesiastico31 e, per dare il guasto alle biade32 del contado loro, mandato nella Romagna Marcantonio Colonna e Ramazzotto; benché questi, affatica entrati nel bolognese, furno facilmente scacciati dal popolo. Aveva nondimeno il pontefice, vinto da’ prieghi de’ cardinali, quando ritornò a Roma, consentito alla liberazione del cardinale d’Aus, il quale era stato insino a quel dì custodito in Castel Sant’Angelo; ma con condizione che non uscisse del palagio di Vaticano insino a tanto non fussino liberati tutti i prelati e ufficiali che erano stati presi in Bologna, e che dipoi non potesse sotto pena di quarantamila ducati, per la quale desse idonee sicurtà33 partirsi di Roma: benché non molto poi gli consentì il ritornarsene in Francia, sotto la medesima pena di non intervenire al concilio34. Commosse35 la risposta del pontefice tanto più l’animo del re quanto più si era persuaso, il pontefice dovere consentire alle condizioni che esso medesimo aveva proposte: onde deliberando impedire che non36 recuperasse Bologna vi mandò quattrocento lancie, e pochi dì poi prese in protezione quella città e i Bentivogli senza ricevere da loro obligazione alcuna di dargli o gente o danari; e conoscendo essergli più necessaria che mai la congiunzione con Cesare, ove37 prima (benché per aspettare i progressi38 suoi fusse venuto nella provincia del Dalfinato) aveva qualche inclinazione di non gli dare le genti promesse nella capitolazione fatta con Gurgense, se egli non passava personalmente in Italia (perché sotto questa condizione aveva convenuto di dargliene) comandò che dello stato di Milano vi andasse il numero delle genti convenuto: sotto il governo del la Palissa, perché ’l Triulzio, il quale Cesare aveva domandato, ricusava di andarvi.

Era Cesare venuto a Spruch, ardente da una parte alla guerra contro a’ viniziani, dall’altra combattuto nell’animo suo da diversi pensieri. Perché considerando che tutti i progressi che e’ facesse riuscirebbeno alla fine di poco momento se non si espugnava Padova, e che a questo bisognavano tante forze e tanti apparati che era quasi impossibile il mettergli insieme, ora si volgeva al desiderio di concordare co’ viniziani, alla quale cosa molto lo confortava il re cattolico, ora traportato39 da’ suoi concetti vani40 pensava di andare personalmente con lo esercito a Roma, per occupare, come era suo antico desiderio, tutto lo stato della Chiesa; promettendosi, oltre alle genti de’ franzesi, di condurre seco di Germania potente esercito: ma non corrispondendo poi, per l’impotenza e disordini suoi, l’esecuzioni alle immaginazioni, promettendo ora di venire di giorno in giorno in persona ora di mandare gente, consumava il tempo senza mettere in atto impresa alcuna. E perciò al re di Francia pareva molto grave d’avere solo a sostenere tutto il peso: la quale ragione, conforme alla sua tenacità41, poteva spesso più in lui che quello che gli era da molti dimostrato in contrario, che Cesare se da lui non fusse aiutato potentemente si congiugnerebbe finalmente con gli inimici suoi; dalla qual cosa, oltre al sostenere per necessità spesa molto maggiore, gli stati suoi di Italia cadrebbeno in gravissimi pericoli.

1. delle provincie: dei paesi (latinismo).

2. dissipate: sbaragliate e disperse.

3. ritenere: fermare.

4. temendo di non: temendo di.

5. di… vittoria: di non mettere a frutto la vittoria.

6. con consiglio… utile: con decisione forse più pia che utile.

7. se altroChiesa: gli altri territori appartenenti alla Chiesa che eventualmente avesse occupato.

8. riducesse: facesse ritirare.

9. Vietò che… non: vietò che.

10. certificato: accertatosi.

11. concetti: progetti.

12. il trattato: le trattative.

13. intermesso: sospeso.

14. Andrew Forman, vescovo di Murray.

15. i Bentivogli: è soggetto.

16. significavano: dicevano.

17. contumaci: disobbedienti.

18. subiezione: forma di sottomissione.

19. sotto colore: col pretesto.

20. protestato: intimato.

21. Il quale: si riferisce a Vitfrust.

22. espedizione: impresa.

23. Jacob Empser (o von Ems).

24. Forse si tratta di Françis de Maugiron, signore de la Roche.

25. per il: dal.

26. Il visdomino (bisdomino) era un giudice veneziano incaricato di amministrare la giustizia ai cittadini veneziani che si trovavano a Ferrara.

27. aveva… sentenza: aveva mutato parere.

28. sospezione: sospetto.

29. intermesso: sospeso.

30. Rispose: soggetto è il pontefice.

31. L’interdetto era una pena ecclesiastica, per cui nella zona colpita si vietava la celebrazione dei riti religiosi, la sepoltura religiosa e alcuni sacramenti.

32. per… biade: per distruggere i raccolti.

33. sicurtà: garanzie.

34. sotto… concilio: a patto di non partecipare al concilio, sotto minaccia della stessa pena (di quarantamila ducati).

35. Commosse: irritò.

36. impedire che non: impedire che.

37. ove: mentre.

38. i progressi: i movimenti.

39. trasportato: trascinato.

40. concetti vani: progetti privi di fondamento.

41. tenacità: avarizia.

CAPITOLO II

Azione del pontefice contro la convocazione del concilio di Pisa; convocazione d’un concilio universale in San Giovanni in Laterano; intimazione a’ cardinali dissidenti. Politica del pontefice verso il re di Francia. Confederazione tra i fiorentini e i senesi.

Raffreddavansi in queste ambiguità e difficoltà i tumulti delle armi temporali, ma andavano riscaldando quegli dell’armi spirituali: così, dalla parte de’ cardinali autori del concilio come dalla parte del pontefice, intento tutto a opprimere1 questo male innanzi facesse maggiore progresso. Erasi, come è detto di sopra, inditto e intimato il concilio con l’autorità del re de’ romani e del re di Francia, intervenuti alla intimazione i cardinali di Santa Croce di San Malò di Baiosa e di Cosenza, e consentendovi manifestamente il cardinale di San Severino; e successivamente, alle consulte e deliberazioni che si facevano intervenivano i procuratori dell’uno e dell’altro re. Ma avevano i cinque cardinali, autori di questa peste, aggiunto nella intimazione, per dare maggiore autorità, il nome di altri cardinali: de’ quali Alibret, cardinale franzese2, benché malvolentieri vi consentisse, non poteva disubbidire a’ comandamenti del suo re; e degli altri, nominati da loro, il cardinale Adriano3 e il cardinale del Finale4 apertamente affermavano non essere stato fatto con loro mandato né di loro consentimento. Però, non si manifestando in questa cosa5 più di sei cardinali, il Pontefice, sperando potergli fare volontariamente desistere da questa insania, trattava continuamente con loro, offerendo venia delle cose commesse e con tale sicurtà6 che e’ non avessino da temere di essere offesi; cose che i cardinali udivano simulatamente7. Ma non per questo cessava da’ rimedi più potenti; anzi per consiglio, secondo si disse, proposto da Antonio del Monte a San Sovino8, uno de’ cardinali creati ultimatamente a Ravenna, volendo purgare9 la negligenza, intimò10 il concilio universale, per il primo dì di maggio prossimo, nella città di Roma nella chiesa di San Giovanni Laterano: per la quale convocazione pretendeva avere dissoluto11 il concilio convocato dagli avversari, e che nel concilio inditto da lui si fusse trasferita giuridicamente la potestà e l’autorità di tutti; non ostante che i cardinali allegassino che, se bene questo fusse stato vero da principio, nondimeno, poiché essi avevano prevenuto, dovere avere luogo il concilio convocato e intimato da loro. Publicato12 il concilio, confidando già più delle ragioni sue13, e disperandosi di potere riconciliarsi il cardinale di Santa Croce, il quale, per ambizione di essere pontefice, era stato in grande parte autore di questo moto, e il medesimo, di San Malò, e di quello di Cosenza (perché degli altri non aveva ancora perduta la speranza di ridurgli14 sotto l’ubbidienza sua), publicò contro a quegli tre uno monitorio, sotto pena di privazione della degnità del cardinalato e di tutti i benefici ecclesiastici se infra sessantacinque dì non si presentassino innanzi a lui: alla quale cosa perché più facilmente si disponessino, il collegio de’ cardinali mandò a loro uno auditore di ruota15, a invitargli e pregargli che, deposte le private contenzioni, ritornassino all’unione della Chiesa, offerendo di fare concedere qualunque sicurtà desiderassino.

Nel quale tempo medesimo, o essendo ambiguo16 e irrisoluto nell’animo o movendolo altra cagione, udiva17 continuamente la pratica della pace col re di Francia, la quale appresso a lui trattavano gli oratori del re e appresso al re il medesimo imbasciadore del re di Scozia e il vescovo di Tivoli nunzio apostolico18, e da altra parte trattava di fare col re d’Aragona e co’ viniziani nuova confederazione contro a’ franzesi. Procurò nel tempo medesimo che a’ fiorentini fusse restituito Montepulciano, non per benivolenza inverso loro ma per sospetto che, essendo spirata la tregua che aveano co’ sanesi, non19 chiamassino, per essere più potenti a recuperare quella terra, in Toscana genti franzesi; e con tutto che al pontefice fusse molesto che i fiorentini recuperassino Montepulciano, e che per impedirgli avesse già mandato a Siena Giovanni Vitelli, condotto20 con cento uomini d’arme da’ sanesi e da lui, e Guido Vaina con cento cavalli leggieri, nondimeno, considerando poi meglio che quanto più la difficoltà si dimostrava maggiore tanto più si inciterebbono i fiorentini a chiamarle21, deliberò, acciò che il re non avesse occasione di mandare genti in luogo vicino a Roma, provedere con modo contrario a questo pericolo: alla qual cosa consentiva Pandolfo Petrucci, che era nel medesimo sospetto, nutritovi artificiosamente22 da’ fiorentini. Trattossi la cosa molti dì: perché, come23 spesso le cose piccole non hanno minori difficoltà né meno difficili a esplicarsi24 che le grandissime, Pandolfo, per non incorrere nell’odio del popolo sanese, voleva si procedesse in modo che e’ paresse niuno altro rimedio essere ad assicurarsi della guerra25 e a non si alienare l’animo del pontefice. Volevano oltre a questo, il pontefice ed egli, che nel tempo medesimo si facesse tra i fiorentini e i sanesi confederazione a difesa degli stati; e da altra parte temevano che i montepulcianesi, accorgendosi di quel che si trattava, non preoccupassino26, con l’arrendersi da loro medesimi, la grazia27 de’ fiorentini, i quali, conseguito lo intento loro, fussino poi renitenti a fare la confederazione: però fu mandato ad alloggiare in Montepulciano Giovanni Vitelli; e il potefice vi mandò Iacobo Simonetta auditore di ruota, il quale molti anni poi fu promosso al cardinalato28; perché per mezzo suo si adattassino29 le cose di Montepulciano. Tanto che, finalmente, in un tempo medesimo fu fatta confederazione per venticinque anni tra fiorentini e sanesi; e Montepulciano, interponendosi il Simonetta per la venia30 e confermazione delle esenzioni e privilegi antichi, ritornò in mano de’ fiorentini.

1. opprimere: eliminare.

2. Amanieu d’Albret.

3. Adriano Castellesi da Corneto.

4. Carlo Domenico del Carretto.

5. non… cosa: non scoprendo le loro posizioni favorevoli a questa cosa.

6. sicurtà: garanzia.

7. che… udivano simulatamente: a cui… fingevano di dare ascolto.

8. Antonio Maria Ciocchi del Monte (o da Montesansavino).

9. purgare: rimediare a.

10. intimò: indisse.

11. dissoluto: sciolto.

12. Publicato: indetto pubblicamente.

13. confidando… sue: già facendo maggiore affidamento sui propri diritti di pontefice.

14. ridurgli: riportarli.

15. un auditore di ruota: un giudice del tribunale della Sacra Rota.

16. ambiguo: incerto.

17. uliva: prestava orecchio favorevole e considerava con attenzione.

18. Angelo Leonini.

19. per sospetto che… non: per timore che.

20. condotto: assunto.

21. chiamarle: le genti franzesi.

22. artificiosamente: di proposito.

23. come: ha valore causale-modale, analogo a quello dell’ut latino.

24. esplicarsi: risolversi.

25. della guerra: dalla guerra.

26. non preoccupassino: li prevenissero nel procacciarsi.

27. la grazia: la benevolenza.

28. Da Paolo III nel 1535.

29. si adattassino: si aggiustassero.

30. per la venia: perché fosse perdonata ai cittadini la ribellione.

CAPITOLO III

L’esercito franco-tedesco contro i veneziani; i veneziani abbandonano diverse terre; fazioni di guerra; i veneziani perdono e ricuperano il Friuli. Difficoltà poste innanzi da Massimiliano riguardo al concilio pisano; continuano le trattative di pace tra il pontefice e il re di Francia.

Erano state per qualche mese più quiete che il solito le cose tra il re de’ romani e i viniziani; perché i tedeschi non abbondanti di gente e bisognosi di danari non riputavano fare poco se conservavano Verona, e l’esercito de’ viniziani non essendo potente a espugnare quella città stava alloggiato tra Suavi e Lunigo, donde una notte abbruciorno, di qua e di là dallo Adice, grande parte delle ricolte del veronese: benché assaltati nel ritirarsi perdessino trecento fanti. Ma alla fame dello approssimarsi a Verona la Palissa con mille dugento lancie e ottomila fanti si ridusse lo esercito loro verso Vicenza e Lignago, in luogo forte e quasi come in isola per certe acque e per alcune tagliate1 che avevano fatte: nel quale alloggiamento non stettono fermi molti dì; perché essendo la Palissa arrivato con parte delle genti a Verona, e uscito subito, senza aspettarle tutte, insieme co’ tedeschi in campagna2, si ritirò quasi come fuggendo a Lunigo; e dipoi col medesimo terrore, abbandonata Vicenza e tutte l’altre terre3 e il Pulesine di Rovigo, preda ora de’ viniziani ora del duca di Ferrara, si distribuirno in Padova e Trevigi: alla difesa delle quali città vennono da Vinegia, nel modo medesimo che prima avevano fatto a Padova, molti giovani della nobiltà viniziana. Saccheggiò l’esercito franzese e tedesco Lonigo: e si arrendé loro Vicenza, diventata preda miserabile de’ più potenti in campagna. Ma ogni sforzo e ogni acquisto era di piccolissimo momento4 alla somma delle cose5 mentre che i viniziani conservavano Padova e Trevigi, perché con l’opportunità di quelle città, subito che gli aiuti franzesi si partivano da’ tedeschi, recuperavano senza difficultà le cose perdute: però l’esercito, dopo questi progressi, stette fermo più dì al Ponte a Barberano aspettando o la venuta o la determinazione di Cesare. Il quale, venuto da Trento e Roveré, intento in uno tempo medesimo a cacciare, secondo il costume suo, le fiere e a mandare fanti all’esercito, prometteva di venire a Montagnana; proponendo di fare ora la impresa di Padova ora quella di Trevigi ora di andare a occupare Roma, e in tutte per la instabilità sua variando6 e per l’estrema povertà trovando difficoltà: né meno che nelle altre, nell’andata di Roma, perché lo andarvi con tante forze de’ franzesi pareva cosa molto aliena dalla sicurtà e dignità sua; e il pericolo che, assentandosi quello esercito, i viniziani non7 assaltassino Verona lo costringeva a lasciarla guardata con potente presidio; e il re di Francia faceva difficoltà di allontanare per tanto spazio di paese le genti sue dal ducato di Milano, perché pochissima speranza gli restava della concordia co’ svizzeri: i quali, oltre al dimostrarsi inclinati a’ desideri del pontefice, dicevano apertamente allo oratore del re di Francia essere molestissima a quella nazione la ruina de’ viniziani, per la convenienza8 che hanno insieme le republiche. Risolveronsi finalmente i concetti e discorsi grandi di Cesare, secondo l’antica consuetudine, in effetti non degni del nome suo: perché accresciuti allo esercito trecento uomini d’arme tedeschi, e uditi da altra parte gli oratori de’ viniziani, co’ quali continuamente trattava, si accostò ai confini del vicentino; e fatto venire la Palissa, prima a Lungara presso a Vicenza e poi a Santa Croce9, lo ricercò che andasse a pigliare Castelnuovo10, passo di sotto alla Scala verso il Friuli e vicino a venti miglia di Feltro, per dare a lui facilità di scendere da quella parte. Però la Palissa andò a Montebellona11, distante dieci miglia da Trevigi; donde mandati cinquecento cavalli e dumila fanti ad aprire il passo di Castelnuovo, aperto che lo ebbeno se ne andorono alla Scala. Nel quale tempo i cavalli leggieri de’ viniziani, i quali correvano senza ostacolo alcuno per tutto il paese, roppono12 presso a Morostico circa settecento fanti e molti cavalli franzesi e italiani, i quali per potere passare sicuramente allo esercito andavano da Verona a Suavi per unirsi con trecento lancie franzesi, le quali essendo venute dietro al la Palissa aspettavano in quello luogo il suo comandamento; e benché nel principio, succedendo le cose prospere13 per i franzesi e tedeschi, fusse preso il conte Guido Rangone condottiere de’ viniziani, nondimeno, calando in favore de’ viniziani molti villani, restorno vittoriosi; morti circa quattrocento fanti franzesi, e presi Mongirone e Riccimar14 loro capitani. Ma già continuamente raffreddavano le cose ordinate15: perché e il re di Francia, vedendo non corrispondere gli apparati di Cesare alle offerte, si era, discostandosi da Italia, ritornato del Dalfinato, dove era soprastato molti giorni, a Bles; e Cesare, ritiratosi a Trento con deliberazione di non andare più all’esercito personalmente, in luogo di occupare tutto quello che i viniziani possedevano in terra ferma o veramente16 Roma con tutto lo stato ecclesiastico, proponeva che i tedeschi entrassino nel Friuli e nel Trevisano, non tanto per vessare i viniziani quanto per costrignere le terre del paese a pagare dinari per ricomperarsi17 dalle prede e da’ sacchi; e che i franzesi, perché i suoi non fussino impediti, si facessino innanzi, mettendo in Verona, ove era la pestilenza grande, dugento lancie; perché de’ suoi, volendo assaltare il Friuli, non vi potevano rimanere altri che i deputati18 alla custodia delle fortezze. Acconsentì a tutte queste cose la Palissa e, essendosi unito con lui Obignì capitano delle trecento lancie che erano a Suavi, si fermò in sul fiume della Piava19. Lasciorno oltre a questo i tedeschi, per maggiore sicurtà di Verona, dugento cavalli a Suave: i quali, standovi con grandissima negligenza e senza scolte o guardie, furono una notte quasi tutti morti o presi da quattrocento cavalli leggieri e quattrocento fanti de’ viniziani.

Erasi tutto questo anno, nel Friuli in Istria e nelle parti di Trieste e di Fiume, travagliato secondo il solito diversamente20, per terra ed eziandio per mare con piccoli legni; essendo quegli infelici paesi ora dall’una parte ora dall’altra depredati. Entrò poi nel Friuli l’esercito tedesco; ed essendosi presentato a Udine, luogo principale della provincia, e dove riseggono gli ufficiali de’ viniziani, essendosene quegli fuggiti vilmente, la terra21 si arrendé subito: e dipoi col medesimo corso della vittoria22 fece il medesimo tutto il Friuli, pagando ciascuna terra danari secondo la loro possibilità. Restava Gradisca situata in sul fiume Lisonzio23, dove era Luigi Mocenigo proveditore del Friuli con trecento cavalli e molti fanti; la quale, battuta dalle artiglierie e difesasi dal primo assalto, si arrendé per l’instanza de’ soldati, restando prigione il proveditore. Del Friuli ritornorono i tedeschi a unirsi con la Palissa, alloggiato vicino a cinque miglia di Trevigi; alla quale città s’accostorno unitamente, perché Cesare faceva instanza grande che si tentasse di espugnarla: ma avendola trovata da tutte le parti molto fortificata, e avendo mancamento di guastatori24, di munizioni e d’altri provedimenti necessari, perduta interamente la speranza di ottenerne la vittoria, si discostorono. Partì, pochi dì poi, la Palissa per ritornarsene nel ducato di Milano, per comandamento del re; perché continuamente cresceva il timore di nuove confederazioni e di movimenti de’ svizzeri. Furnogli sempre alle spalle nel ritirarsi gli stradiotti25 de’ viniziani, sperando di danneggiarlo almeno al transito de’ fiumi della Brenta e dell’Adice; nondimeno passò per tutto sicuramente; avendo, innanzi passasse la Brenta, svaligiati dugento cavalli de’ viniziani, alloggiati fuora di Padova, e preso Pietro da Longhena loro condottiere. Lasciò la sua partita molto confusi i tedeschi, perché non avendo potuto ottenere che alla guardia di Verona rimanessino trecento altre lancie franzesi furno necessitati ritirarvisi, lasciate in preda agli inimici tutte le cose acquistate quella state26. Però le genti de’ viniziani, delle quali per la morte di Lucio Malvezzo era governatore Giampaolo Baglione, ricuperorno subito Vicenza; e dipoi entrate nel Friuli, spianata Cremonsa, ricuperorno, da Gradisca in fuora (la quale combatterono27 vanamente), tutto il paese; benché pochi dì poi, certi fanti comandati28 del contado di Tiruolo espugnorono Cadoro e saccheggiorno Bellona. In questo modo, con effetti leggieri e poco durabili, si terminorno la state presente i movimenti dell’armi; senza utilità ma non senza ignominia del nome di Cesare, e con accrescimento della riputazione de’ viniziani, che assaltati già due anni dagli eserciti di Cesare e del re di Francia ritenessino29 alla fine le medesime forze e il medesimo dominio.

Le quali cose benché tendessino direttamente contro a Cesare nocevano molto più al re di Francia: perché, mentre che, o temendo forse troppo le prosperità e l’augumento di Cesare o che consigliandosi con fondamenti falsi30 e non conoscendo i pericoli già propinqui o che soffocata la prudenza dalla avarizia, non dà a Cesare aiuti tali che potesse sperare di ottenere la vittoria desiderata, gli dette occasione e quasi necessità di inclinare l’orecchie a coloro che mai cessavano di persuaderlo che s’alienasse da lui, conservando in uno tempo medesimo in tale stato i viniziani che e’ potessino con maggiori forze unirsi a quegli i quali desideravano di abbassare la sua potenza. Onde già cominciava ad apparire qualche indizio che nella mente di Cesare, specialmente nella causa del concilio31, germinassino nuovi pensieri: nella quale pareva raffreddato, massimamente dopo l’intimazione del concilio lateranense; conciossiaché non vi mandasse, secondo le promesse più volte fatte, alcuni prelati tedeschi in nome della Germania, né procuratori che vi assistessino in suo nome; non lo movendo l’esempio del re di Francia, il quale aveva ordinato che in nome comune della chiesa gallicana vi andassino ventiquattro vescovi, e che tutti gli altri prelati del suo regno o vi andassino personalmente o vi mandassino procuratori. E nondimeno, o per scusare questa dilazione o perché tale fusse veramente il suo desiderio, cominciò in questo tempo a fare instanza che, per maggiore comodità de’ prelati della Germania e perché affermava volervi intervenire personalmente, il concilio inditto a Pisa si trasferisse a Mantova o a Verona o a Trento: la quale dimanda, molesta per varie cagioni a tutti gli altri, era solamente grata al cardinale di Santa Croce; il quale, ardente di cupidità di ascendere al pontificato (al qual fine aveva seminato queste discordie), sperava col favore di Cesare, nella benivolenza del quale inverso sé molto confidava potervi facilmente pervenire. Nondimeno, rimanendo debilitata molto e quasi manca32 senza l’autorità di Cesare la causa del concilio, mandorno di comune consentimento a lui il cardinale di San Severino, a supplicarlo che facesse muovere i prelati e i procuratori tante volte promessi, e a obligargli la fede33 che principiato che fusse il concilio a Pisa lo trasferirebbono in quel luogo medesimo che egli stesso determinasse; dimostrandogli che il trasferirlo prima sarebbe molto pregiudiciale alla causa comune, e specialmente perché era di somma importanza il prevenire a quello che era stato intimato dal pontefice. Col cardinale andò a fare la instanza medesima, in nome del re di Francia, Galeazzo suo fratello; il quale, con felicità dissimile alla infelicità di Lodovico Sforza, primo padrone, era stato onorato da lui34 dello ufficio del grande scudiere. Ma principalmente lo mandò il re per confermare con varie offerte e partiti nuovi35 l’animo di Cesare, per la instabilità del quale stava in grandissima sospensione e sospetto; con tutto che nel tempo medesimo non fusse senza speranza di conchiudere la pace col pontefice. La quale, trattata a Roma dal cardinale di Nantes e dal cardinale di Strigonia36 e in Francia dal vescovo scozzese37 e dal vescovo di Tivoli, era ridotta a termini tali che, concordate quasi tutte le condizioni, il pontefice aveva mandato al vescovo di Tivoli l’autorità38 di dargli perfezione: benché inserite nel mandato certe limitazioni che davano ombra39 non mediocre che la volontà sua non fusse tale quale sonavano le parole, sapendosi massime che nel tempo medesimo trattava con molti potentati cose interamente contrarie.

1. Le tagliate erano opere di difesa fatte di un fosso e di un parapetto di terra e alberi tagliati.

2. in campagna: in campo aperto.

3. tutte l’altre terre: tutti gli altri luoghi fortificati.

4. di piccolissimo momento: di scarsissimo peso.

5. alla… cose: per il risultato definitivo della guerra.

6. variando: cambiando idea.

7. il pericolo che… non: il pericolo che.

8. convenienza: affinità e solidarietà.

9. Santa Croce Bigolina.

10. Castelnuovo di Quero.

11. Montebelluna.

12. roppono: misero in fuga.

13. succedendo le cose prospere: andando bene le cose.

14. Quasi certamente si tratta di Louis de Richebourg, signore di Bergères.

15. raffreddavano… ordinate: si rallentava l’esecuzione delle cose stabilite.

16. o veramente: oppure.

17. ricomperavsi: riscattarsi.

18. i deputati: quelli destinati.

19. Piave.

20. travagliato… diversamente: combattuto… con risultati alterni.

21. la terra: la città.

22. col… vittoria: continuando l’esercito tedesco a vincere nel medesimo modo.

23. Isonzo.

24. I guastatori erano operai al seguito dell’esercito addetti all’esecuzione dei lavori d’ingegneria militare.

25. Gli stradiotti erano cavalleggeri di origine greca o dalmata.

26. quella state: quell’estate.

27. combatterono: attaccarono.

28. I comandati erano contadini arruolati d’autorità dal signore nel proprio dominio.

29. ritenessino: conservassero.

30. consigliandosi… falsi: decidendo sulla base di considerazioni sbagliate.

31. nella causa del concilio: a proposito della questione del concilio.

32. manca: nulla.

33. obligargli la fede: promettergli formalmente.

34. da lui: si riferisce al re di Francia.

35. partiti nuovi: nuove proposte.

36. Tommaso Bakócz, vescovo di Esztergom.

37. Andrew Forman, vescovo di Murray.

38. l’autorità: il mandato, l’autorizzazione.

39. ombra: sospetto.

CAPITOLO IV

Grave malattia del pontefice e tentativo di giovani della nobiltà romana di infiammare il popolo contro il potere sacerdotale. Bolla pontificia contro la simonia nell’elezione de’ papi. Il pontefice indeciso fra la pace e la preparazione della guerra alla Francia. Indecisione e sospetti del re di Francia.

Nella quale dubietà mancò poco che non troncasse tutte le pratiche, e i princìpi de’ mali che s’apparecchiavano1, la morte improvisa del pontefice; il quale, infermatosi il decimosettimo dì di agosto, fu il quarto dì della infermità oppressato talmente da uno potentissimo sfinimento che stette per alquante ore riputato dai circostanti per morto; onde, corsa la fama per tutto avere terminato i suoi giorni, si mossono per venire a Roma molti cardinali assenti, e tra gli altri quegli che aveano convocato il concilio. Né a Roma fu minore sollevazione che soglia essere nella morte de’ pontefici: anzi apparirno semi di maggiori tumulti, perché Pompeio Colonna vescovo di Rieti e Antimo Savello, giovani sediziosi della nobiltà romana, chiamato nel Capitolio il popolo di Roma, cercorno di infiammarlo con sediziosissime parole a vendicarsi in libertà2: assai essere stata oppressa la generosità3 romana, assai avere servito quegli spiriti domatori già di tutto il mondo; potersi per avventura4 in qualche parte scusare i tempi passati per la riverenza della religione, per il cui nome accompagnato da santissimi costumi e miracoli, non costretti da arme o da violenza alcuna, avere ceduto i maggiori loro allo imperio de’ cherici, sottomesso volontariamente il collo al giogo tanto soave della pietà5 cristiana; ma ora, quale necessità quale virtù quale degnità coprire in parte alcuna l’infamia della servitù? la integrità forse della vita? gli esempli santi de’ sacerdoti? i miracoli fatti da loro? e quale generazione6 essere al mondo più corrotta più inquinata e di costumi più brutti e più perduti7? e nella quale paia solamente miracoloso che Iddio, fonte della giustizia, comporti così lungamente tante sceleratezze? sostenersi forse questa tirannide per la virtù dell’armi, per la industria8 degli uomini o per i pensieri assidui della conservazione della maestà del pontificato? e quale generazione essere più aliena dagli studi e dalle fatiche militari? più dedita all’ozio e ai piaceri? e più negligente alla degnità e a’ comodi de’ successori? avere in tutto il mondo similitudine due principati, quello de’ pontefici romani e quello de’ soldani del Cairo, perché né la dignità del soldano né i gradi de’ mammalucchi9 sono ereditari ma passando di gente in gente si concedono a’ forestieri: e nondimeno essere più vituperosa la servitù de’ romani che quella de’ popoli dello Egitto e della Sorìa, perché la infamia di coloro ricompera10 in qualche parte l’essere i mammalucchi uomini bellicosi e feroci11, assuefatti alle fatiche e a vita aliena da tutte le delicatezze; ma a chi servire i romani? a persone oziose e ignave, forestieri e spesso ignobilissimi non meno di sangue che di costumi; tempo essere di svegliarsi oramai da sonnolenza sì grave, di ricordarsi che l’essere romano è nome gloriosissimo quando è accompagnato dalla virtù, ma che raddoppia il vituperio e la infamia a chi ha messo in dimenticanza l’onorata gloria de’ suoi maggiori; appresentarsi12 facilissima l’occasione, poi che in sulla morte del pontefice concorreva13 la discordia tra loro medesimi14, disunite le volontà de’ re grandi, Italia piena d’armi e di tumulti, e divenuta, più che mai in tempo alcuno, odiosa a tutti i prìncipi la tirannide sacerdotale.

Respirò15 da quello accidente tanto pericoloso il pontefice: dal quale alquanto sollevato, ma essendo ancora molto maggiore il timore che la speranza della sua vita, assolvé il dì seguente, presenti i cardinali congregati in forma di concistorio, il nipote dall’omicidio commesso del cardinale di Pavia; non per via di giustizia come prima si era trattato, repugnando16 a questo la brevità del tempo, ma come penitente per grazia e indulgenza apostolica. E nel medesimo concistorio, sollecito che l’elezione del successore canonicamente si facesse, e volendo proibire agli altri d’ascendere a tanto grado per quel mezzo col quale vi era asceso egli17, fece publicare una bolla piena di pene orribili contro a quegli i quali procurassino o con danari o con altri premi di essere eletti pontefici; annullando la elezione che si facesse per simonia, e dando l’adito molto facile a qualunque cardinale di impugnarla: la quale costituzione aveva pronunziata18 insino quando era in Bologna, sdegnato allora contro ad alcuni cardinali i quali procuravano, quasi apertamente, di ottenere promesse da altri cardinali per essere dopo la morte sua assunti al pontificato. Dopo il quale dì seguitò miglioramento molto evidente, procedendo o dalla complessione sua molto robusta o dall’essere riservato da’ fati come autore e cagione principale di più lunghe e maggiori calamità di Italia; perché né alla virtù né a’ rimedi de’ medici si poteva attribuire la sua salute; a’ quali, mangiando nel maggiore ardore della infermità pomi crudi e cose contrarie a’ precetti loro, in parte alcuna non ubbidiva.

Sollevato che fu dal pericolo della morte ritornò alle consuete fatiche e pensieri; continuando di trattare in un tempo medesimo la pace col re di Francia, e col re d’Aragona e col senato viniziano confederazione a offesa de’ franzesi: e benché con la volontà molto più inclinata alla guerra che alla pace, pure talvolta distraendolo19 molte ragioni ora in questa ora in quella sentenza20. Inclinavanlo alla guerra, oltre all’odio inveterato contro al re di Francia e il non potere ottenere nella pace tutte le condizioni desiderava, le persuasioni contrarie del re d’Aragona, insospettito più che mai che il re di Francia pacificato col pontefice non21 assaltasse, come prima22 n’avesse occasione, il regno di Napoli; e perché questi consigli avessino maggiore autorità avea, oltre alla prima armata23 passata sotto Pietro Navarra d’Affrica in Italia, mandata di nuovo24 un’altra armata di Spagna, in sulla quale si dicevano essere cinquecento uomini d’arme25 secento giannettari26 e tremila fanti; forze che aggiunte agli altri non erano, e per il numero e per il valore degli uomini, di piccola considerazione. E nondimeno il medesimo re, procedendo con le solite arti, dimostrava desiderare più la guerra contro a’ mori, né rimuoverlo da quella utilità o comodo proprio, né altro che la divozione avuta sempre alla sedia apostolica; ma che, non potendo solo sostentare i soldati suoi, gli era necessario l’aiuto del pontefice e del senato viniziano: alle quali cose perché più facilmene coscendessino27, le genti sue, che tutte erano discese nell’isola di Capri vicina a Napoli, dimostravano28 di apparecchiarsi per passare in Affrica, Onde spaventavano il pontefice le dimande immoderate, infastidivanlo queste arti, e lo insospettiva l’essergli noto che quel re non cessava di dare speranze contrarie al re di Francia. Sapeva che i viniziani non declinerebbono29 dalla sua volontà; ma sapeva medesimamente che per la guerra gravissima era indebolita la facoltà dello spendere, e che il senato per se stesso era più tosto desideroso d’attendere per allora a difendere le cose proprie che a prendere di nuovo una guerra30 la quale non si potrebbe sostentare senza spese grandissime e quasi intollerabili. Sperava che i svizzeri per la inclinazione più comune della moltitudine si dichiarerebbono contro al re di Francia, ma non n’avendo certezza non pareva doversi per questa speranza incerta sottomettere a tanti pericoli; essendogli noto che mai aveano troncate le pratiche col re di Francia, e che molti de’ principali31, a’ quali dalla amicizia franzese risultava utilità grandissima, s’affaticavano quanto potevano acciò che, nella dieta la quale di prossimo32 doveva congregarsi a…33, la confederazione col re si rinnovasse. Dell’animo di Cesare, benché stimolato incessantemente dal re cattolico e naturalmente inimicissimo al nome franzese, aveva minore speranza che timore; sapendo l’offerte grandi che di nuovo gli erano fatte contro a’ viniziani e contro a sé, e che il re di Francia aveva possibilità di metterle in atto maggiori di quelle che gli potessino essere fatte da qualunque altro: e quando Cesare si unisse a quel re, si rendeva per l’autorità sua molto formidabile34 il concilio; e congiunte con buona fede le armi sue colle forze e co’ danari del re di Francia, e coll’opportunità35 degli stati d’amendue, niuna speranza poteva il pontefice avere della vittoria, la quale era molto difficile ottenere contro al re di Francia solo. Sollevava l’animo suo la speranza che il re di Inghilterra avesse a muovere la guerra contro al reame di Francia, indotto da consigli e persuasioni del re cattolico suo suocero36 e per l’autorità della sedia apostolica, grande allora nell’isola di Inghilterra, e in cui nome avea con ardentissimi prieghi supplicato l’aiuto suo contro al re di Francia, come contro a oppressore e usurpatore della Chiesa. Ma movevano molto più quel re l’odio naturale de’ re e de’ popoli di Inghilterra contro al nome de’ franzesi, l’età giovenile e la abbondanza grande de’ danari lasciatagli dal padre; i quali era fama, nata da autori non leggieri37, che ascendessino a quantità quasi inestimabile. Le quali cose accendevano l’animo del giovane, nuovo nel regno, e che nella casa sua non aveva mai veduto altro che prospera fortuna, alla cupidità di rinnovare la gloria de’ suoi antecessori; i quali, intitolatisi re di Francia38, e avendo in diverse età vessato vittoriosi con gravissime guerre quel reame, non solo avevano lungamente posseduta la Ghienna e la Normandia, ricche e potenti provincie, e preso in una battaglia, fatta appresso a Pottieri39, Giovanni re di Francia con due figliuoli e con molti de’ principali signori, ma eziandio occupata insieme con la maggiore parte del regno la città di Parigi, metropoli di tutta la Francia40; e con tale successo e terrore che è costante41 opinione che se Enrico quinto loro re non fusse, nel fiore dell’età e nel corso delle vittorie, passato di morte naturale all’altra vita42, arebbe conquistato tutto il reame di Francia. La memoria delle quali vittorie rivolgendosi il nuovo re nell’animo aveva volto totalmente l’animo a cose nuove; con tutto che dal padre, quando moriva, gli fusse stato ricordato43 espressamente che conservasse sopra tutte le cose la pace col re di Francia, con la quale sola potevano i re di Inghilterra regnare sicuramente e felicemente. E che la guerra fatta dagli inghilesi al re di Francia, infestato massimamente44 nel tempo medesimo da altre parti, fusse di momento grandissimo non era dubbio alcuno; perché e percoteva nelle viscere il regno suo e perché, per la ricordazione delle cose passate, era sommamente temuto da’ franzesi il nome inghilese. E nondimeno il pontefice, per la incertitudine della fede barbara45 e per essere i paesi tanto rimoti, non poteva riposare in questo favore46 sicuramente i consigli suoi47.

Queste, e con queste condizioni, erano le speranze del pontefice. Da altra parte il re di Francia aborriva la guerra colla Chiesa, desiderava la pace mediante la quale, oltre al rimuoversi l’inimicizia del pontefice, si liberava dalle dimande importune e dalla necessità di servire a Cesare; né faceva difficoltà nella annullazione del concilio pisano, introdotto solamente da lui per piegare con questo timore l’animo del pontefice alla pace, pure che si perdonasse a’ cardinali e agli altri che v’avevano o consentito o aderito. Ma in contrario lo teneva sospeso la dimanda della restituzione di Bologna, essendo quella città per il sito suo opportunissima a molestarlo; perché dubitava che la pace non fusse accettata dal pontefice sinceramente né con animo disposto, se l’occasioni gli ritornassino, a osservarla, ma per liberarsi dal pericolo del concilio e dell’armi. Sperava pure avere a confermare l’animo48 di Cesare con la grandezza dell’offerte, e perché insino a ora non come alienato49 ma come confederato trattava seco delle occorrenze comuni50; confortandolo51 trall’altre cose a non consentire che Bologna, città di tanta importanza, ritornasse nella potestà del pontefice. Del re d’Aragona e del re di Inghilterra non diffidava interamente; non ostante il procedere già quasi manifesto dell’uno e i romori52 che si spargevano della mente53 dell’altro, e con tutto che gli imbasciadori loro congiunti insieme l’avessino, prima con modeste parole e sotto specie di amichevole officio e dipoi con parole più efficaci, confortato che operasse che i cardinali e i prelati del suo regno concorressino al concilio lateranense, e che permettesse che la Chiesa fusse reintegrata della città sua di Bologna: perché da altra parte, simulando lo inghilese di volere perseverare nella confederazione che aveva seco, e facendogli fede del medesimo molti de’ suoi, credeva non avesse a tentare d’offenderlo; e l’arti e le simulazioni dell’Aragonese erano tali che il re, prestando minore fede a’ fatti che alle parole, colle quali affermava che mai piglierebbe l’armi contro a lui, si lasciava in qualche parte persuadere che quel re non sarebbe così congiunto con l’armi manifeste agli inimici suoi come era congiunto co’ consigli occulti. Nelle quali vane opinioni si ingannava tanto, che essendogli data speranza, da coloro che appresso a’ svizzeri seguitavano le parti sue, di potersi riconciliare quella nazione se consentiva alla dimanda di augumentare le pensioni, partinacemente di nuovo lo dinegò, allegando non volere essere taglieggiato54; anzi, usando i rimedi aspri ove erano necessari i benigni, vietò che non55 potessino trarre vettovaglie del ducato di Milano: delle quali patendo, per la sterilità del paese, grandissima incomodità, sperava s’avessino a piegare a rinnovare con le condizioni antiche la confederazione.

1. s’apparecchiavano: si preparavano.

2. a vendicarsi in libertà: a riconquistare la libertà. Calco del latino se in libertatem vindicare.

3. la generosità: il coraggio, la magnanimità.

4. per avventura: forse.

5. pietà: religione.

6. generazione: genere d’uomini.

7. perduti: depravati.

8. per la industria: per l’abilità e l’impegno.

9. I mammalucchi, originariamente milizie turche e circasse, avevano acquistato in Egitto un potere crescente, fino a diventare nel sec. XIII la casta in seno alla quale si eleggeva il sovrano.

10. ricompera: riscatta.

11. feroci: valorosi.

12. appresentarsi: presentarsi.

13. in… concorreva: in concomitanza con la morte del pontefice c’era.

14. tra loro medesimi: tra i cardinali.

15. Respirò: si riprese.

16. repugnando: facendo ostacolo.

17. Cfr. VI, v.

18. la quale… pronunziata: la quale normativa aveva emanato.

19. distraendolo: spingendolo contraddittoriamente.

20. ora… sentenza: ora verso l’una ora verso l’altra risoluzione.

21. insospettito… che… non: insospettito… che.

22. come prima: appena.

23. armata: flotta.

24. di nuovo: recentemente.

25. uomini d’arme: soldati a cavallo armati di armi pesanti.

26. I giannetari erano cavalleggeri di origine spagnola.

27. conscendessino: acconsentissero.

28. dimostravano: fingevano.

29. non declinerebbono: non si discosterebbero.

30. a… guerra: ad intraprendere un’altra guerra.

31. de’ principali: dei cittadini più autorevoli.

32. di prossimo: tra poco.

33. A Lucerna.

34. formidabile: temibile.

35. con l’opportunità: con il vantaggio della vicinanza.

36. Enrico VIII aveva sposato Caterina d’Aragona, figlia di Ferdinando.

37. da autori non leggieri: da fonti non prive d’autorità.

38. A partire da Edoardo III, nel 1340.

39. A Poitiers, il 19 settembre 1356.

40. Si allude all’ingresso di bande inglesi a Parigi nel 1358, oppure all’ingresso a Parigi di Enrico V nel 1419.

41. costante: ferma.

42. Nel 1422.

43. ricordato: dato l’ammonimento.

44. infestato massimamente: tanto più che egli era attaccato.

45. perbarbara: non fidandosi della lealtà di un barbaro.

46. riposare in questo favore: fondare sicuramente su questo appoggio.

47. i consigli suoi: i suoi progetti.

48. confermare l’animo: rendere più ferma la disposizione.

49. alienato: nemico.

50. delle occorrenze comuni: dei fatti che concernevano i loro comuni interessi.

51. confortandolo: esortandolo.

52. i romori: le voci.

53. della mente: sulle intenzioni.

54. essere taglieggiato: subire estorsioni.

55. vietò che non: vietò che.

CAPITOLO V

I procuratori de’ cardinali dissidenti celebrano gli atti per l’apertura del concilio pisano, e il pontefice lancia l’interdetto contro Firenze e Pisa. Dissensioni in Firenze; simpatie di molti pel cardinale de’ Medici. I fiorentini appellano dall’interdetto. Il concilio di Pisa e la questione di Bologna ostacoli alla pace. Confederazione fra il pontefice, il re d’Aragona e il senato veneziano e sue condizioni.

Sopravenne in questo mezzo il primo dì di settembre, dì determinato a dare principio al concilio pisano; nel quale dì i procuratori de’ cardinali venuti a Pisa celebrorono in nome loro gli atti appartenenti ad aprirlo1. Per il che il pontefice, sdegnato maravigliosamente co’ fiorentini che avessino consentito che nel dominio loro si cominciasse il conciliabolo (il quale con questo nome sempre chiamava), dichiarò essere sottoposte allo interdetto ecclesiastico2 le città di Firenze e di Pisa, per vigore della bolla del concilio intimato3 da lui; nella quale si conteneva che qualunque favorisse il conciliabolo pisano fusse scomunicato e interdetto, c sottoposto a tutte le pene ordinate severamente dalle leggi contro agli scismatici ed eretici. E minacciando di assaltargli con l’armi, elesse il cardinale de’ Medici legato di Perugia, e pochi dì poi, essendo morto il cardinale Regino legato di Bologna, lo trasferì a quella legazione; acciò che, essendo con tale autorità vicino ai confini loro lo emulo di quello stato4, entrassino tra se medesimi in sospetto e in confusione: dandogli speranza, che tal cosa potesse facilmente succedere, le condizioni nelle quali era allora quella città.

Perché, oltre all’essere in alcuni il desiderio del ritorno della famiglia de’ Medici, regnavano tra gli altri cittadini di maggiore momento5 le discordie e le divisioni, antica infermità di quella città, causate in questo tempo dalla grandezza e autorità6 del gonfaloniere; la quale alcuni per ambizione ed emulazione non potevano tollerare, altri erano malcontenti che egli, attribuendosi nella deliberazione delle cose forse più che non si conveniva al suo grado, non lasciasse quella parte agli altri che meritavano le loro condizioni: dolendosi che il governo della città, ordinato nei due estremi, cioè nel capo publico7 e nel consiglio popolare, mancasse, secondo la retta istituzione delle republiche, di uno senato debitamente ordinato, per il quale, oltre a essere come temperamento8 tra l’uno e l’altro estremo, i cittadini principali e meglio qualificati degli altri ottenessino nella republica grado più onorato; e che il gonfaloniere, eletto principalmente per ordinare9 questo, o per ambizione o per sospetto vano facesse il contrario. Il quale desiderio, se bene ragionevole non però di tanta importanza che dovesse voltare gli animi loro alle divisioni, perché eziandio senza questo ottenevano onesto luogo10 né, alla fine, senza loro si disponevano11 le cose publiche, fu origine e cagione principale de’ mali gravissimi di quella città. Da questi fondamenti essendo nata la divisione tra i cittadini, e parendo agli emuli del gonfaloniere che egli e il cardinale di Volterra suo fratello12 avessino dependenza dal re di Francia e confidassino in quella amicizia, si opponevano quanto potevano a quelle deliberazioni che si avevano a fare in favore di quel re, desiderosi che il pontefice prevalesse. Da questo era ancora13 nato che il nome della famiglia de’ Medici cominciava a essere manco esoso14 nella città; perché quegli ancora, emuli del15 gonfaloniere, che non desideravano il ritorno loro, cittadini di grande autorità, non concorrevano16 più a perseguitargli, non a impedire (come altre volte si era fatto) la conversazione17 degli altri cittadini con loro, anzi dimostrando, per battere il gonfaloniere, di non essere alieni dalla amicizia loro facevano quasi ombra18 agli altri di desiderare la loro grandezza19: dalla qual cosa nasceva che non solo quegli che veramente erano amici loro, che non erano di molto momento, entravano in speranza di cose nuove20, ma ancora molti giovani nobili, stimolati o dalle troppe spese o da sdegni particolari o da cupidità di soprafare gli altri, appetivano la mutazione dello stato per mezzo del ritorno loro. E aveva con grande astuzia nutrito e augumentato più anni questa disposizione il cardinale de’ Medici; perché dopo la morte di Piero suo fratello, il cui nome era temuto e odiato, simulando di non si volere intromettere delle cose di Firenze né di aspirare alla grandezza antica de’ suoi, aveva sempre con grandissime carezze ricevuto tutti i fiorentini che andavano a Roma e affaticatosi prontamente nelle faccende di tutti e, non meno degli altri, di quegli che si erano scoperti21 contro al fratello; trasferendo di tutto la colpa in lui22, come se l’odio e l’offese fussino terminate con la sua morte: nel quale modo di procedere essendo continuato più anni, e accompagnato dalla fama che aveva nella corte di Roma di essere, per natura, liberale ossequioso e benigno a ciascuno, era diventato in Firenze grato23 a molti. E però Giulio, desideroso di alterare quel governo non imprudentemente lo propose a24 quella legazione.

Appellorono i fiorentini dallo interdetto25, non nominando, peroffendere meno, nella appellazione il concilio pisano ma solamente il sacro concilio della Chiesa universale; e come se per l’appellazione fusse sospeso l’effetto dello interdetto furono, per comandamento del supremo magistrato, astretti26 i sacerdoti di quattro chiese principali a celebrare publicamente nelle loro chiese gli offici divini: per il che si scopriva più la divisione de’ cittadini, perché, essendo rimesso nello arbitrio di ciascuno27 o osservare o sprezzare28 lo interdetto, regolava quasi ciascuno le cose spirituali secondo il giudicio o la passione che aveva nelle cose publiche e temporali.

Credette [il re di Francia] che il principiare del concilio facilitasse la concordia col pontefice, e perciò con instanza grande fu sollecitato da lui; ingannato in questo come in molte altre cose, perché e rendé il pontefice più duro e ingelosì gli animi degli altri prìncipi, ingelositi29 che alla fine non si creasse un pontefice ad arbitrio suo: dando, oltre a ciò, somma giustificazione; perché pareva gli movesse non gli odii e passioni particolari ma la causa dell’unione della Chiesa e l’onore della religione. Onde di nuovo feciono instanza gli imbasciadori de’ re d’Aragona e d’Inghilterra, offerendogli la pace col pontefice, in caso si restituisse Bologna alla Chiesa e che i cardinali convenissino30 al concilio lateranense; a’ quali offerivano che il papa perdonerebbe. Ma ritenendolo31 da consentire il rispetto32 di Bologna, rispose: che non difendeva una città contumace e rebelle della Chiesa, sotto il cui dominio e ubbidienza si reggeva come per moltissimi anni aveva fatto innanzi al pontificato di Giulio; il quale non doverrebbe ricercare più della autorità con la quale l’aveano tenuta i suoi antecessori: medesimamente, il concilio pisano essere stato introdotto33 con onestissimo e santissimo proposito di riformare i disordini notori e intollerabili che erano nella Chiesa; alla quale, senza pericolo di scisma o di divisione, facilmente si restituirebbe l’antico splendore se il pontefice, come era giusto e conveniente, convenisse34 a quel concilio. Soggiugnendo, che la inquietudine sua e l’animo acceso alle guerre e agli scandoli aveva costretto lui a obligarsi alla protezione di Bologna; e però, per l’onore suo, non volere mancare altrimenti di difenderla che mancherebbe al difendere la città di Parigi.

Dunque il pontefice, rimossi tutti i pensieri dalla pace, per gli odii e appetiti antichi, per la cupidità di Bologna, per lo sdegno e timore del concilio e finalmente per sospetto, se differisse più a deliberare, di essere abbandonato da tutti, perché già i soldati spagnuoli, dimostrando35 d’avere a passare in Affrica, cominciavano a Capri a imbarcarsi, deliberò di fare la confederazione trattata col re cattolico e col senato viniziano: la quale fu il quinto dì di ottobre publicata solennemente, presente il pontefice e tutti i cardinali, nella chiesa di Santa Maria del popolo36. Contenne che si confederavano per conservare principalmente l’unione della Chiesa, e a estirpazione, per difenderla dallo scisma imminente, del conciliabolo pisano, e per la recuperazione della città di Bologna appartenente immediatamente37 alla sedia apostolica e di tutte l’altre terre e luoghi che mediatamente o immediatamente se gli appartenessino, sotto il qual senso si comprendeva Ferrara; e che contro a quegli che ad alcuna di queste cose si opponessino o che di impedirle tentassino (significavano queste parole il re di Francia), a cacciargli totalmente di Italia, con potente esercito si procedesse. Nel quale il pontefice tenesse [quattrocento uomini d’arme cinquecento cavalli leggieri e semila fanti], tenessevi il senato viniziano [ottocento uomini d’arme mille cavalli leggieri e ottomila fanti], e il re d’Aragona mille dugento uomini d’arme mille cavalli leggieri e diecimila fanti spagnuoli; per sostentazione de’ quali pagasse il pontefice, durante la guerra, ciascuno mese, ventimila ducati, e altrettanti ne pagasse il senato viniziano; numerando38 di presente lo stipendio per due mesi, intra i quali dovessino essere venuti in Romagna o dove convenissino i confederati. Armasse il re d’Aragona dodici galee sottili, quattordici n’armassino i viniziani; i quali nel tempo medesimo movessino la guerra nella Lombardia al re di Francia. Fusse capitano generale dell’esercito don Ramondo di Cardona, di patria catelano e allora viceré del reame di Napoli. Che acquistandosi terra alcuna in Lombardia che fusse stata de’ viniziani, se n’osservasse la dichiarazione del pontefice39, il quale incontinente40, per scrittura fatta separatamente, dichiarò si restituissino a’ viniziani. A Cesare fu riservata facoltà di entrare nella confederazione, e medesimamente al re d’Inghilterra; a quello con incerta speranza d’averlo finalmente a separare dal re di Francia, a questo con espresso consentimento del cardinale eboracense, intervenuto continuamente a’ trattamenti41 della lega. La quale come42 fu contratta, morì Ieronimo Donato oratore veneto43, per la prudenza e desterità44 sua molto grato45 al pontefice, e perciò stato molto utile alla patria nella sua legazione.

1. gli atti… aprirlo: le cerimonie d’apertura.

2. L’interdetto era una pena per cui nei luoghi colpiti era vietata la celebrazione delle cerimonie religiose, la sepoltura religiosa ed alcuni sacramenti.

3. intimato: indetto.

4. lo… stato: il nemico di quel governo. dandogli speranza, che tal cosa potesse facilmente succedere, le condizioni nelle quali era allora quella città.

5. momento: prestigio.

6. dalla… autorità: dal potere e dall’autoritarismo.

7. nel capo publico: nel gonfaloniere, che era la massima autorità.

8. come temperamento: un elemento di mediazione e di equilibrio.

9. ordinare: istituire.

10. onesto luogo: cariche di adeguato onore e prestigio.

11. si disponevano: si decidevano.

12. Francesco Soderini.

13. ancora: anche.

14. esoso: odioso.

15. emuli del: avversi al.

16. non concorrevano: non contribuivano.

17. la conversazione: i rapporti.

18. facevano… ombra: facevano… sospettare.

19. la loro grandezza: il loro ritorno al potere.

20. di cose nuove: di mutamenti.

21. che si erano scoperti: che avevano apertamente preso posizione.

22. trasferendo… in lui: attribuendo a lui la colpa di tutto.

23. grato: gradito.

24. lo propose a: lo mise a capo di.

25. Appellorono… dallo interdetto: fecero appello… contro l’interdetto.

26. astretti: obbligati.

27. essendo… ciascuno: essendo ciascuno libero di.

28. sprezzare: non tenere in nessun conto.

29. ingelositi: preoccupati.

30. convenissino: si riunissero.

31. ritenendolo: trattenendolo.

32. il rispetto: la considerazione.

33. introdotto: aperto.

34. convenisse: partecipasse.

35. dimostrando: fìngendo.

36. Si tratta della confederazione nota col nome di Lega Santa.

37. immediatamente: direttamente.

38. numerando: pagando.

39. se… pontefice: se ne disponesse secondo il giudizio del pontefice.

40. incontinente: subito.

41. a’ trattamenti: alle trattative.

42. come: appena.

43. Girolamo Donà mori il 20 ottobre 1511.

44. desterità: abilità.

45. grato: gradito.

CAPITOLO VI

Diversità di giudizi intorno alla politica del pontefice. Atti del pontefice contro a’ cardinali dissidenti; sdegno suo contro Firenze e il Soderini. Orazione del Soderini perché si usino le entrate dei beni delle chiese se il pontefice muoverà guerra. Ragioni per cui si delibera di non assalire i fiorentini.

Destò questa confederazione, fatta dal pontefice sotto nome di liberare Italia da’ barbari, diverse interpretazioni negli animi degli uomini, secondo la diversità delle passioni e degli ingegni. Perché molti, presi dalla magnificenza e giocondità del nome1, esaltavano con somme laudi insino al cielo così alto proposito, chiamandola professione2 veramente degna della maestà pontificale; né potere la grandezza dell’animo di Giulio avere assunto impresa più generosa, né meno piena di prudenza che di magnanimità, avendo con la industria sua commosso3 l’armi de’ barbari contro a’ barbari; onde spargendosi contro a’ franzesi più il sangue degli stranieri che degli italiani, non solamente si perdonerebbe al4 sangue nostro, ma cacciata una delle parti sarebbe molto facile cacciare con l’armi italiane l’altra già indebolita ed enervata5. Altri, considerando forse più intrinsecamente6 la sostanza delle cose né si lasciando abbagliare gli occhi dallo splendore del nome, temevano che le guerre che si cominciavano con intenzione di liberare Italia da’ barbari nocerebbono molto più agli spiriti vitali di questo corpo che non aveano nociuto le cominciate con manifesta professione e certissima intenzione di soggiogarla; ed essere cosa più temeraria che prudente lo sperare che l’armi italiane, prive di virtù, di disciplina, di riputazione, di capitani di autorità, né conformi7 le volontà de’ prìncipi suoi, fussino sufficienti a cacciare di Italia il vincitore; al quale quando mancassino tutti gli altri rimedi non mancherebbe mai la facoltà di riunirsi co’ vinti a ruina comune di tutti gli italiani: ed essere molto più da temere che questi nuovi movimenti dessino occasione di depredare Italia a nuove nazioni che da sperare che, per l’unione del pontefice e de’ viniziani, s’avessino a domare i franzesi e gli spagnuoli. Avere da desiderare Italia che la discordia e consigli malsani de’ nostri prìncipi non avessino aperta la via d’entrarvi all’armi forestiere; ma che, poi che per la sua infelicità due de’ membri più nobili erano stati occupati dal re di Francia e dal re di Spagna, doversi riputare minore calamità che amendue vi rimanessino, insino a tanto che la pietà divina o la benignità della fortuna conducessino più fondate occasioni8 (perché dal fare contrapeso l’un re all’altro si difendeva la libertà di quegli che ancora non servivano) che il venire tra loro medesimi alle armi; per le quali9, mentre durava la guerra, si lacererebbono, con depredazioni con incendi con sangue e con accidenti miserabili, le parti ancora intere, e finalmente quel di loro che rimanesse vincitore l’affliggerebbe tutta con più acerba e più atroce servitù.

Ma il pontefice, il quale sentiva10 altrimenti, divenuti per la nuova confederazione gli spiriti suoi maggiori e più ardenti, subito che passò il termine prefisso nel monitorio fatto prima a’ cardinali autori del concilio, convocato con solennità grande il concistorio publico, sedendo nell’abito pontificale nella sala detta de’ re, dichiarò i cardinali di Santa Croce, di San Malò, di Cosenza e quel [di] Baiosa essere caduti dalla degnità del cardinalato, e incorsi in tutte le pene alle quali sono sottoposti gli eretici e gli scismatici. Publicò, oltre a questo, uno monitorio sotto la forma medesima al11 cardinale di San Severino, il quale insino a quel dì non avea molestato; e procedendo col medesimo ardore a’ pensieri delle armi sollecitava continuamente la venuta degli spagnuoli, avendo nell’animo che innanzi a ogni altra cosa si movesse la guerra contro a’ fiorentini, per indurre a’ voti de’ confederati12 quella republica, rimettendo al governo la famiglia de’ Medici, né meno per saziare l’odio smisurato conceputo contro a Piero Soderini gonfaloniere, come se dalla autorità sua fusse proceduto che i fiorentini non si fussino mai voluti separare dal re di Francia e che dipoi avessino consentito che in Pisa si celebrasse il concilio. Della quale deliberazione penetrando13 molti indizi a Firenze, e facendosi per potere sostenere la guerra diverse preparazioni, fu trall’altre cose proposto essere molto conveniente che alla guerra mossa ingiustamente dalla Chiesa si resistesse colle entrate de’ beni delle chiese, e perciò si astringessino14 gli ecclesiastici a pagare quantità grandissima di danari; ma con condizione che, deponendosi in luogo sicuro, non si spendessino se non in caso fusse mossa la guerra, e che cessato il timore che la dovesse essere mossa si restituissino a chi gli avesse pagati: alla qual cosa contradicevano molti cittadini, alcuni temendo di non15 incorrere nelle censure e nelle pene imposte dalle leggi canoniche contro a’ violatori della libertà ecclesiastica, ma la maggiore parte di loro per impugnare le cose proposte dal gonfaloniere, dalla autorità del quale era manifesto procedere principalmente questo consiglio. Ma essendo, per la diligenza del gonfaloniere e per la inclinazione di molti altri, deliberata già ne’ consigli più stretti16 la nuova legge ordinata sopra questo17, né mancando altro che l’approvazione del consiglio maggiore, il quale era convocato per questo effetto, il gonfaloniere parlò per la legge18 in questa sentenza19:

— Niuno è che possa, prestantissimi cittadini, giustamente dubitare quale sia stata sempre contro alla vostra libertà la mente del pontefice, non solo per quel che ne apparisce di presente, d’averci tanto precipitosamente sottoposti allo interdetto, senza udire molte nostre verissime giustificazioni e la speranza che se gli dava di operare di maniera che dopo pochi dì si removesse il concilio da Pisa, ma molto più per il discorso20 delle azioni continuate da lui in tutto il tempo del suo pontificato. Delle quali raccontando brevemente una parte (perché ridurle tutte alla memoria21 sarebbe cosa molto lunga) chi è che non sappia che nella guerra contro a’ pisani non si potette ottenere, da lui, benché molte volte ne lo supplicassimo, favore alcuno né palese né occulto ? con tutto che e la giustizia della causa lo meritasse, e che lo spegnere quel fuoco, che non molti anni prima era stato materia di gravissime perturbazioni, appartenesse22 e alla sicurtà dello stato della Chiesa e alla quiete di tutta Italia; anzi, come insino allora si sospettò, e fu dopo la vittoria nostra più certo sempre, quante volte ricorrevano a lui uomini de’ pisani gli udiva benignamente e gli nutriva nella pertinacia loro con varie speranze: inclinazione in lui non nuova ma cominciata insino nel cardinalato; perché, come è noto a ciascuno di voi, levato che fu da Pisa il campo de’ franzesi, procurò23 quanto potette appresso al re di Francia e il cardinale di Roano perché, esclusi noi, ricevessino in protezione i pisani. Pontefice, non concedette mai alla republica nostra alcuna di quelle grazie delle quali è solita a essere spesso liberale la sedia apostolica; perché in tante difficoltà e bisogni nostri non consentì mai che una volta sola ci aiutassimo delle entrate degli ecclesiastici (come più volte aveva consentito Alessandro sesto, benché inimico tanto grande di questa republica) ma, dimostrando nelle cose minori l’animo medesimo che aveva nelle maggiori, ci negò ancora24 il trarre dal clero i danari per sostentare Io studio publico, benché fusse piccola quantità e continuata con la licenza di tanti pontefici, e che si convertiva in causa pietosa25 della dottrina e delle lettere. Quel che per26 Bartolomeo d’Alviano fu trattato27 col cardinale Ascanio in Roma28 non fu trattato senza consentimento del pontefice, come allora ne apparirono molti indizi, e tosto ne sarebbono appariti effetti manifesti se gli altri di maggiore potenza che vi intervenivano non si fussino ritirati per la morte improvisa del cardinale: ma benché cessati i fondamenti primi29 non volle mai consentire a’ giusti prieghi nostri di proibire all’Alviano che non30 adunasse o intrattenesse31 soldati nel territorio di Roma; ma proibì bene a’ Colonnesi e a’ Savelli, per mezzo de’ quali aremmo con piccola spesa divertiti32 i nostri pericoli, che non assaltassino le terre di quegli che si preparavano per offenderci. Nelle cose di Siena, difendendo sempre Pandolfo Petrucci contro a noi, ci astrinse con minaccie a prolungare la tregua, né si interpose poi per altro33, perché noi recuperassimo Montepulciano (per la difesa del quale avea mandato gente a Siena), se non per paura che l’esercito del re di Francia non34 fusse da noi chiamato in Toscana. Da noi, pel contrario, non gli era mai stata fatta offesa alcuna, ma proceduti sempre con la divozione conveniente verso la Chiesa, gratificato35 lui particolarmente in tutte le dimande che sono state in potestà nostra36, concedutegli, senza alcuna obligazione anzi contro alla propria37 utilità, le genti d’arme alla impresa di Bologna; ma niuno officio38 niuno ossequio è bastato a placare la mente sua39. Della quale sono molti altri segni, ma il più potente quello, che per non parere traportato40 dallo sdegno e perché so essere nella memoria di ciascuno voglio tacitamente passare, d’avere prestato orecchie (voglio che le parole siano moderate) a quegli che gli offersono la morte mia41 ; non per odio contro a me, dal quale mai avea ricevuta ingiuria alcuna, e che quando era cardinale m’avea sempre onoratamente raccolto, ma per il desiderio ardente che ha di privare voi della vostra libertà: perché avendo sempre cercato che questa republica aderisse alle sue immoderate e ingiuste volontà, fusse partecipe delle sue spese e de’ suoi pericoli, né42 sperando dalla moderazione e maturità43 de’ consigli vostri potere nascere imprudenti e precipitose deliberazioni, ha diritto il fine suo44 a procurare di introdurre in questa città una tirannide che dependa da lui, che non si consigli e governi secondo le vostre utilità ma secondo l’impeto delle sue cupidità; con le quali, tirato da fini smisurati, non pensa ad altro che a seminare guerre di guerre45 e a nutrire continuamente il fuoco nella cristianità. E chi è quello che possa dubitare che ora che seco si dimostrano congiunte sì potenti armi, che ora che signoreggia la Romagna, che si ubbidiscono i sanesi (donde ha lo adito a penetrare insino nelle viscere nostre46), che e’ non abbi intenzione di assaltarci? che e’ non sia per ingegnarsi apertamente di ottenere colle forze quel che già ha tentato occultamente colle insidie, e con tanto ardore ha bramato sì lungamente ? e tanto più quanto più fussimo mal preparati a difenderci. Ma quando niuna altra cosa il dimostrasse, non dimostra egli i pensieri suoi abbastanza d’avere diputato nuovamente47 legato di Bologna il cardinale de’ Medici, con intenzione di proporlo48 all’esercito ? cardinale non mai onorato o beneficato da lui, e nel quale non dimostrò mai alcuna confidenza49. Che significa questo, altro che, dando autorità, accostando a’ vostri confini anzi mettendo quasi in sul collo vostro, con tanta degnità con riputazione e con armi, quel che aspira a essere vostro tiranno, dare animo a’ cittadini (se alcuni ne sono tanto pravi) che amino più la tirannide che la libertà, e sollevare i sudditi vostri a questo nome50 ? Per le quali cose questi miei onorevoli colleghi, e molti altri buoni e savi cittadini, hanno giudicato essere necessario che per difendere questa libertà si faccino i medesimi provedimenti che s’arebbono a fare se la guerra fusse certa; e se bene sia verisimile che il re di Francia, almeno per l’interesse proprio, ci aiuterà potentemente, non dobbiamo per questa speranza omettere i rimedi che sono in nostra potestà, né dimenticarci che facilmente molti impedimenti potrebbono sopravenire che ci priverebbono in qualche parte degli aiuti suoi. Non crediamo che alcuno nieghi che questo sia salutifero e necessario consiglio, e chi pure lo negasse potrebbe essere che altro lo movesse che ’l zelo del bene comune. Ma sono bene alcuni che allegano che, essendo noi incerti se il pontefice ha nell’animo di muoverci la guerra, è inutile deliberazione, offendendo l’autorità sua e gravando51 i beni ecclesiastici, dargli giusta cagione di sdegnarsi e provocarlo a farci quasi necessariamente la guerra: come se, per tanti e così evidenti segni e argomenti, non si comprendesse manifestamente quale sia la mente sua; o come se appartenesse a’52 prudenti governatori delle republiche tardare a prepararsi dopo il principio dell’assalto, volere prima ricevere dall’inimico il colpo mortale che vestirsi dell’armi necessarie a difendersi. Altri dicono che, per non aggiugnere all’ira del pontefice l’ira divina, si debbe provedere alla salute nostra con altro modo, perché non è in noi quella necessità senza la quale è sempre proibito, con pene gravissime dalle leggi canoniche, a’ secolari, imporre gravezze53 a’ beni o alle persone ecclesiastiche. È stata considerata questa ragione54 similmente55 da noi e dagli altri che hanno consigliato che si faccia questa legge: ma non bastando, come voi sapete, l’entrate publiche alle spese che occorreranno56, ed essendo state sì lungamente e sì gravemente affaticate le borse vostre, ed essendo manifesto che nella guerra aranno a ogn’ora a essere di nuovo affaticate, chi è quello che non vegga essere molto conveniente e necessario che le spese che si faranno per difenderci dalla guerra mossa dalle persone ecclesiastiche si sostenghino in qualche parte co’ danari delle persone ecclesiastiche? cosa molte altre volte usata nella nostra città e molto più da tutti gli altri prìncipi e republiche, ma non già mai, né qui né altrove, con maggiore moderazione e circospezione; poiché non s’hanno a spendere in altro uso, anzi s’hanno a depositare in luogo sicuro, per restituirgli, se il timore nostro sarà stato vano, a’ religiosi medesimi. Se adunque il pontefice non ci moverà la guerra non spenderemo i danari degli ecclesiastici, né quanto allo effetto aremo imposto loro gravezza alcuna; se ce la moverà, chi si potrà lamentare che con tutti i modi a noi possibili ci difendiamo da una guerra tanto ingiusta? Che cagione gli dà questa republica, che per necessità non per volontà, come a lui è notissimo, ha tollerato che a Pisa si chiami il concilio, per la quale si possa dire che l’abbiamo provocato o irritato? se già non si dice provocare o irritare chi non porge57 il collo o il petto aperto allo assaltatore. Benché, non lo provoca o irrita chi si prepara a difendersi, chi si mette in ordine per resistere alla sua ingiusta violenza; ma lo provocheremmo o irriteremmo se non ci provedessimo, perché, per la speranza della facilità della impresa, diventerebbe maggiore lo impeto e l’ardore che ha di distruggere da’ fondamenti la vostra libertà. Né vi ritenga il timore di offendere il nome divino; perché il pericolo è sì grave e sì evidente, e sono tali i bisogni e le necessità nostre (né si può in pregiudicio58 vostro trattare cosa di maggiore peso), che è permesso non solo l’aiutarsi con quella parte di queste entrate che non si converte in usi pii, anzi sarebbe lecito mettere mano alle cose sacre: perché la difesa è, secondo la legge della natura, comune a tutti gli uomini e approvata dal sommo Iddio e dal consentimento di tutte le nazioni; nata insieme col mondo e duratura quanto il mondo, e alla quale non possono derogare né le leggi civili né le canoniche fondate in su la volontà degli uomini, e le quali, scritte in sulle carte, non possono derogare a una legge non fatta dagli uomini ma dalla stessa natura, e scritta scolpita e infissa ne’ petti e negli animi di tutta la generazione umana59. Né si ha aspettare che noi siamo ridotti a estrema necessità, perché condotti in tale stato, e circondati e quasi oppressi dagli inimici, tardi ricorreremmo a’ rimedi, tardi sarebbono gli antidoti, incarnato60 che fusse nel corpo nostro il veleno. Ma oltre a questo, come si può negare che ne’ privati non sia gravissima necessità? quando le gravezze che si pongono ne costringono una grandissima parte a estremare di quelle spese61 senza le quali non possono vivere se non con grandissima incomodità, e con diminuire assai delle cose necessarie al grado62 loro. Questa è la necessità considerata dalle leggi, le quali non vogliono che si aspetti che i vostri cittadini siano ridotti al pericolo della fame e in termine63 che non possino sostentare più né sé né le sue famiglie: e da altra parte, con questa imposizione, non si dà agli ecclesiastici alcuna incomodità64, anzi si disagiano65 di quella parte delle entrate la quale o conserverebbeno inutilmente nella cassa o consumerebbeno in spese superflue, o forse molti di loro (siami perdonata questa parola) spenderebbeno in piaceri non convenienti e non onesti. È conclusione comune di tutti i savi che a Dio piaccino sommamente le libertà delle città, perché in quelle più che in altra specie di governi si conserva il bene comune, amministrasi più senza distinzione la giustizia, accendonsi più gli animi de’ cittadini all’opere virtuose e onorate, e si ha più rispetto e osservanza alla religione. E voi credete che gli abbia a dispiacere che per difendere cosa sì preziosa, per la quale chi sparge il proprio sangue è laudato sommamente, vi vagliate d’una piccola parte di frutti e di entrate di cose temporali? le quali benché dedicate alle chiese sono però pervenute tutte in quelle dalle elemosine dalle donazioni e da’ lasci de’ nostri maggiori; e le quali si spenderanno non meno in conservazione e per salute delle chiese, sottoposte nelle guerre non altrimenti che le cose secolari alla crudeltà e avarizia66 de’ soldati, e che non saranno più riguardate67 in una guerra fatta dal pontefice che sarebbeno in una guerra fatta da qualunque empio tiranno o da’ turchi. Aiutate, mentre che voi potete, cittadini, la vostra patria e la vostra libertà; e vi persuadete non potere fare cosa alcuna più grata e più accetta al sommo Iddio, e che a rimuovere la guerra dalle case dalle possessioni da i tempii, e da i monasteri vostri non è migliore rimedio che fare conoscere, a chi pensa di offendervi, che voi siete determinati di non pretermettere68 cosa alcuna per difendervi. —

Udito il parlare del gonfaloniere non fu difficoltà alcuna che la legge proposta non69 fusse approvata dal consiglio maggiore. Dalla qual cosa benché crescesse sopra modo la indignazione del pontefice e si concitasse tanto più al disporre i confederati a rompere la guerra a’ fiorentini, nondimeno rimossono da questa sentenza70 e lui e quegli che in Italia trattavano per il re d’Aragona le persuasioni di Pandolfo Petrucci ; il quale, confortando71 che si assaltasse Bologna, detestava72 il muovere la guerra in Toscana: allegando che Bologna, impotente per se medesima a difendersi, sarebbe solamente difesa dalle forze del re di Francia; ma per i fiorentini resisterebbe e la potenza di loro medesimi e, per l’utilità propria non meno che per Bologna, il medesimo re. I fiorentini, se bene inclinati con l’animo al re di Francia, nondimeno prudenti e gelosi della conservazione dello stato loro, non avere in tanti moti a instanza sua73 offeso alcuno coll’armi, né gli essere stati utili in altro che in accomodarlo, per difesa dello stato di Lombardia, di74 dugento uomini d’arme, per gli oblighi della capitolazione fatta comunemente col re cattolico e con lui: non potersi fare cosa più grata né più utile al re di Francia che necessitare i fiorentini a partirsi dalla neutralità75, e fare diventare la causa loro comune con la causa sua; ed essere grande imprudenza, avendo invano il re astrettigli76 con molti prieghi e promesse che si dichiarino per lui, che gli inimici suoi sieno cagione di fargli conseguire quello che con l’autorità sua non avesse potuto ottenere: comprendersi da ciascuno per molti segni, ma averne egli certissima notizia, che a’ fiorentini era molestissimo che il concilio si celebrasse in Pisa, né averlo consentito per altro che per non avere avuto ardire di repugnare77 alle dimande del re di Francia, fatte subito dopo la rebellione di Bologna e quando non si vedevano armi opposite in Italia; e che era certo concorrere al concilio l’autorità di Cesare, e si credeva che anche vi fusse il consentimento del re cattolico: sapere egli medesimamente che i fiorentini non erano per tollerare78 che nel dominio loro si fermassino soldati franzesi, ed essere cosa molto perniciosa il minacciargli o l’aspreggiargli79, anzi per il contrario essere utilissimo il trattare con mansuetudine e con dimostrazione di ammettere80 le loro scuse; perché così procedendo o si otterrebbe da loro, col tempo o con qualche occasione, quel che ora non si poteva sperare, o almeno, non gli costringendo a fare per timore nuove deliberazioni, si addormenterebbono in modo che ne’ tempi pericolosi non nocerebbeno, e ottenendosi la vittoria sarebbe in potestà de’ confederati dare quella forma al governo de’ fiorentini che più giudicassino espediente81. Diminuiva in questa causa82 l’autorità di Pandolfo il conoscersi che per l’utilità propria desiderava che nella Toscana non si incominciasse una guerra tanto grave, per la quale o dagli eserciti amici o dagli inimici sarebbono parimenti distrutti i paesi di tutti; ma parveno tanto efficaci le sue ragioni che facilmente si deliberò di non assaltare i fiorentini. Il quale consiglio fece riputare migliore la contenzione83 che, non molti dì poi, cominciò tra’ fiorentini e i cardinali.

1. presi… nome: tratti in inganno dalla magniloquenza di queste parole e dalle buone speranze che esse suscitavano.

2. professione: proposito e dichiarazione.

3. avendo… commosso: avendo con la sua abilità scatenato.

4. si perdonerebbe al: si risparmierebbe il.

5. enervata: priva di forze.

6. più intrinsecamente: più a fondo.

7. conformi: concordi.

8. conducessimo… occasioni: facessero sorgere migliori occasioni.

9. per le quali: con le quali.

10. sentiva: pensava.

11. al: diretto al, contro il.

12. par… confederati: per fare aderire alla confederazione.

13. penetrando: trapelando.

14. si astringessino: si obbligassero.

15. temendo di non: temendo di.

16. ne’… stretti: negli organi consultivi più ristretti.

17. ordinata sopra questo: formulata a questo proposito.

18. per la legge: a favore della legge.

19. in questa sentenza: così. Calco del latino in hanc sententiam loqui.

20. per il discorso: per la considerazione.

21. ridurle… alla memoria: ricordarle. Calco del latino in memoriam reducere.

22. appartenesse: fosse conveniente.

23. procurò: si adoperò.

24. ancora: anche.

25. si convertiva… pietosa: veniva usata a vantaggio della causa santa.

26. per: da.

27. trattato: tramato.

28. Cfr. VI, XIV.

29. cessati… primi: venuti meno gli appoggi principali.

30. di proibire… che non: di proibire… che.

31. intrattenesse: facesse stare.

32. divertiti: allontanati.

33. né… altro: né poi fece da intermediario per altro motivo.

34. per paura che… non: per paura che.

35. gratificato: accontentato.

36. in tutte… nostra: in tutte le richieste a cui potevamo soddisfare.

37. alla propria: alla nostra propria.

38. officio: servigio.

39. la mente sua: la sua cattiva disposizione.

40. traportato: trascinato.

41. Cfr. IX, XII.

42. Accolgo qui la correzione apportata dalla Seidel-Menchi alla punteggiatura dell’edizione Panigada, che è: «fusse partecipe delle sue spese e de’ suoi pericoli. Né sperando dalla moderazione».

43. maturità: ponderazione.

44. ha… suo: ha volto le proprie mire.

45. seminare… guerre: far nascere guerre da guerre,

46. nelle viscere nostre: nell’interno del nostro stato.

47. nuovamente: recentemente.

48. proporlo: preporlo, metterlo a capo di.

49. confidenza: fiducia.

50. a questo nome: al nome dei Medici.

51. gravando: tassando.

52. appartenesse a’: fosse compito dei.

53. gravezze: tasse.

54. questa ragione: questo argomento.

55. similmente: anche.

56. che occorreranno: a cui andiamo incontro.

57. se già non si dice… chi non porge: a meno che non si consideri… non porgere.

58. in pregiudicio: a danno.

59. di… umana: di tutto il genere umano.

60. incarnato: penetrato, iniettato.

61. a… spese: a ridurre al minimo quelle spese.

62. al grado: alla condizione.

63. in termine: al punto.

64. incomodità: privazione.

65. si disagiano: vengono privati.

66. avarizia: avidità.

67. riguardate: rispettate.

68. pretermettere: tralasciare.

69. che… non: acciocché.

70. rimossono… sentenza: allontanarono da questa decisione.

71. confortando: consigliando.

72. detestava: disapprovava.

73. a instanza sua: nonostante le sue (del re di Francia) richieste.

74. accomodarlo… di: fornirgli.

75. a… neutralità: ad abbandonare la loro posizione neutrale.

76. astrettigli: fatto pressioni su di loro.

77. repugnare: opporsi.

78. non erano per tollerare: non avrebbero permesso.

79. aspreggiargli: inasprirli.

80. ammettere: accettare.

81. espediente: conveniente.

82. in questa causa: in questa questione.

83. la contenzione: la contesa. È soggetto.

CAPITOLO VII

I fiorentini vietano l’ingresso in Toscana e in Pisa alle milizie francesi al seguito de’ cardinali del concilio. Avversione al concilio del popolo e dei sacerdoti pisani; per un tumulto i cardinali deliberano di trasferire il concilio a Milano. Avversione al concilio anche del popolo milanese. Freddezza di Massimiliano riguardo al concilio e suo contegno ambiguo di fronte alle questioni politiche. Condizioni difficili del re di Francia per la politica degli altri sovrani e del pontefice.

Non erano, come è detto di sopra, intervenuti i cardinali a’ primi atti del concilio; perché si erano fermati al Borgo a San Donnino1, o per aspettare i prelati che venivano di Francia o quegli che aveva promesso di mandare il re de’ romani, o per altre cagioni: onde essendo partiti per diverse vie, si sparse fama che i due spagnuoli, i quali aveano preso il cammino di Bologna, si riconcilierebbono col pontefice; perché continuamente trattavano collo imbasciadore del re d’Aragona che dimorava appresso al pontefice, e perché aveano dimandato e ottenuto da’ fiorentini la fede publica di potere sicuramente fermarsi in Firenze. Ma arrivati nel paese di Mugello si voltorno improvisamente verso Lucca per congiugnersi con gli altri, o perché veramente avessino avuto sempre così nell’animo o perché nel cardinale di Santa Croce potesse più finalmente l’antica ambizione che il nuovo timore, o perché, avendo ricevuto in quel luogo l’avviso di essere stati privati2, si disperassino di potere più essere concordi col pontefice. Passavano nel tempo medesimo l’Apennino i tre cardinali franzesi, San Malò, Alibret e Baiosa, per la via di Pontriemoli; e con loro i prelati di Francia: dietro a’ quali partivano di Lombardia, per richiesta fatta da loro, trecento lancie franzesi sotto il governo di Odetto di Fois signore di Lautrech3, deputato da’ cardinali custode del concilio, o perché giudicassino pericoloso lo stare in Pisa senza presidio tale o perché il concilio, accompagnato dall’armi del re di Francia, procedesse con maggiore autorità, o veramente4 (come dicevano) per avere possanza di raffrenare qualunque ardisse di contraffare5 o di non ubbidire a’ decreti loro. Ma i fiorentini, come intesono questa deliberazione, la quale insino che le genti cominciorno a muoversi era stata loro celata, deliberorno non ricevere in quella città, tanto importante, tal numero di soldati: considerando la mala disposizione de’ pisani ricordandosi che la ribellione passata era proceduta alla presenza e permettendola il re Carlo, e della inclinazione che al nome pisano avevano avuta i soldati franzesi, e dubitando oltre a questo che per la insolenza militare potesse nascervi qualche accidente pericoloso; ma molto più temendo che se l’armi del re di Francia venivano a Pisa non6 ne nascesse (e forse secondo il desiderio occulto del re) che la Toscana diventasse la sedia7 della guerra. Perciò significorno8, nel tempo medesimo: al re, essere difficile l’alloggiarle per la strettezza e sterilità del paese, incomodo non che altro a pascere la moltitudine che conveniva al concilio, né essere necessario, perché Pisa era talmente retta e custodita da loro che i cardinali potevano, senza pericolo o di insulti forestieri9 o di opposizione di quegli di dentro, sicurissimamente dimorarvi; e al cardinale di San Malò, colla cui volontà si reggevano in queste cose i franzesi, che aveano deliberato di non ammettere in Pisa soldati. Il quale, dimostrando colle parole di consentire, ordinava da altra parte che le genti, separatamente e con minore dimostrazione che si poteva10, procedessino innanzi; persuadendosi che approssimate a Pisa vi entrerebbono, o con la violenza o con arti o perché i fiorentini non ardirebbono, con tanta ingiuria del re11, di proibirlo. Ma avendo il re risposto apertamente essere contento non vi venissino e da altra parte non lo vietando, i fiorentini mandorno al cardinale di San Malò, con imbasciata pari alla sua superbia12, Francesco Vettori, a certificarlo13 che se i cardinali entravano con l’armi nel dominio loro non solo non gli ammetterebbono in Pisa ma gli perseguiterebbono come inimici: il medesimo14, se le genti d’arme passavano l’Apennino verso Toscana, perché presumerebbono non passassino per altro che per entrare poi occultamente o con qualche fraude in Pisa. Dalla quale proposta commosso15 il cardinale, ordinò che le genti ritornassino di là dallo Apennino ; consentendogli i fiorentini che con lui rimanessino, oltre alle persone di Lautrech e di Ciattiglione, cento cinquanta arcieri.

Convennonsi tutti i cardinali a Lucca, la quale città il pontefice per questa cagione dichiarò incorsa nello interdetto16; ove17 lasciato infermo il Cosentino18, che pochi dì poi vidde l’ultimo suo dì19, andorno gli altri quattro a Pisa; non ricevuti né con lieti animi de’ magistrati né con riverenza o divozione della moltitudine, perché a’ fiorentini era molestissima la loro venuta, né accetta o di estimazione alcuna appresso a’ popoli cristiani la causa del concilio. Perché, con tutto che il titolo20 di riformare la Chiesa fusse onestissimo e di grandissima utilità, anzi a tutta la cristianità non meno necessario che grato, nondimeno a ciascuno appariva gli autori muoversi da fini ambiziosi e involti nelle cupidità delle cose temporali, e sotto colore21 del bene universale contendersi degli22 interessi particolari, e che a qualunque di essi pervenisse il pontificato non arebbono minore bisogno di essere riformati che avessino coloro i quali si trattava23 di riformare; e che, oltre alla ambizione de’ sacerdoti, aveano suscitato e nutrivano il concilio le quistioni de’ prìncipi e degli stati : queste avere mosso il re di Francia a procurarlo, queste il re de’ romani a consentirlo, queste il re d’Aragona a impugnarlo. Dunque, comprendendosi chiaramente che con la causa del concilio era congiunta principalmente la causa dell’armi e degli imperi, aveano i popoli in orrore che sotto pietosi24 titoli di cose spirituali si procurassino, per mezzo delle guerre e degli scandoli, le cose temporali. Però, non solamente nello entrare in Pisa i cardinali apparì manifestamente l’odio e il dispregio comune ma più manifestamente negli atti conciliari. Perché avendo convocato il clero a intervenire nella chiesa cattedrale alla prima sessione, niuno religioso volle intervenirvi; e i sacerdoti propri di quella chiesa, volendo essi25, secondo il rito de’ concili, celebrare la messa per la quale si implora il lume dello Spirito Santo, recusorno di prestare loro i paramenti; e procedendo poi a maggiore audacia, serrate le porte del tempio, si opposono perché non vi entrassino. Delle quali cose essendosi querelati i cardinali a Firenze, fu comandato che non si negassino loro né le chiese né gli instrumenti ordinati26 a celebrare gli offici divini ma che non si costrignesse il clero a intervenirvi; procedendo queste deliberazioni, quasi repugnanti a se stesse27, dalle divisioni de’ cittadini : per le quali, ricettando28 da una parte nelle terre loro il concilio dall’altra lasciandolo vilipendere, si offendeva in un tempo medesimo il pontefice e si dispiaceva al re di Francia. Però i cardinali, giudicando lo stare in Pisa senza armi non essere senza pericolo, e conoscendo diminuirsi in una città che non ubbidiva a’ decreti loro, l’autorità del concilio, inclinavano a partirsene come prima avessino indirizzate le cose29. Ma gli costrinse ad accelerare un caso, il quale benché fusse fortuito ebbe perciò il fondamento dalla mala disposizione degli uomini30. Perché avendo un soldato franzese fatto a una meretrice certa insolenza nel luogo publico, e avendo i circostanti cominciato a esclamare31, concorsono al romore coll’armi molti franzesi, così soldati come familiari32 de’ cardinali e degli altri prelati; e vi concorsono da altra parte similmente molti del popolo pisano e de’ soldati de’ fiorentini : e gridandosi per quegli il nome di Francia, per questi quello di Marzocco (segno della republica fiorentina)33 cominciò tra loro uno furioso assalto34; ma concorrendovi35 i capitani franzesi e i capitani de’ fiorentini fu alla fine sedato il tumulto, essendo già feriti molti di amendue le parti; e tra gli altri Ciattiglione, corso nel principio senza arme per ovviare allo scandolo36, e similmente Lautrech concorsovi per la medesima cagione, benché l’uno e l’altro ferito leggiermente. Ma questo accidente empié di tanto spavento i cardinali, congregati per sorte37 all’ora medesima nella chiesa quivi vicina di San Michele, che fatta il dì seguente la [seconda] sessione, nella quale statuirno38 che il concilio si trasferisse a Milano, si partirno con grandissima celerità, innanzi al quintodecimo dì della venuta loro39 : con somma letizia de’ fiorentini e de’ pisani, ma non meno essendone lieti i prelati che seguitavano il concilio; a’ quali era molesto essere venuti in luogo che, per la mala qualità degli edifici e per molte altre incomodità procedute dalla lunga guerra40, non era atto alla vita dilicata e copiosa41 de’ sacerdoti e de’ franzesi, e molto più perché, essendo venuti per comandamento del re contro alla propria volontà, desideravano mutazione di luogo e qualunque accidente per difficultare, allungare42 o dissolvere43 il concilio.

Ma a Milano i cardinali, seguitando per tutto44 il dispregio e l’odio de’ popoli, arebbono avute le medesime o maggiori difficoltà: perché il clero milanese, come se in quella città fussino entrati non cardinali della Chiesa romana, soliti a essere onorati e quasi adorati per tutto, ma persone profane ed esecrabili, si astenne subitamente da se stesso dal celebrare gli offici divini; e la moltitudine, quando apparivano in publico, gli maladiceva gli scherniva palesemente con parole e gesti obbrobriosi, e sopra gli altri il cardinale di Santa Croce riputato autore di questa cosa, e che era più negli occhi degli uomini perché nell’ultima sessione pisana l’avevano eletto presidente del concilio. Sentivansi con tutte le strade i mormorii della plebe: solere i concili addurre benedizioni pace concordia; questo addurre maladizioni guerre discordie; solersi congregare gli altri concili per riunire la Chiesa disunita, questo essere congregato per disunirla quando era unita; vulgarsi la contagione45 di questa peste in tutti che gli ricevevano che gli ubbidivano che gli favorivano che in qualunque modo con essi conversavano46, che gli udivano o che gli guardavano; né si potere dalla venuta loro aspettare altro che sangue che fame che pestilenza che, finalmente, perdizione de’ corpi e dell’anime. Raffrenò queste voci già quasi tumultuose Gastone di Fois, il quale, pochi mesi innanzi alla partita di Longavilla, era stato preposto dal re al ducato di Milano e all’esercito; perché con gravissimi comandamenti costrinse il clero a riassumere la celebrazione degli uffici, e il popolo a parlare in futuro modestamente47.

Procedevano per queste difficoltà poco felicemente i princìpi del concilio. Ma turbava molto più le speranze de’ cardinali, che Cesare, differendo di giorno in giorno, non mandava né prelati né procuratori; con tutto che, oltre a tante promesse fatte prima, avesse affermato al cardinale di San Saverino, e continuamente affermasse al re di Francia, volergli mandare: anzi, nel tempo medesimo, o allegando per scusa, o essendone fatto capace48 da altri, non essere secondo la sua degnità mandare al concilio pisano i prelati degli stati propri se il medesimo non si faceva in nome di tutta la nazione germanica, aveva convocati in Augusta i prelati di Germania per deliberare come nelle cose di quel concilio si dovesse comunemente procedere; affermando però a’ franzesi che con questo mezzo gli condurrebbe tutti a mandarvi49. Tormentava anche l’animo del re colla varietà del suo procedere : perché, oltre alla freddezza dimostrata nelle cose del concilio, prestava apertamente l’orecchie alla concordia co’ viniziani, trattata con molte offerte dal pontefice e dal re di Aragona; da altra parte, lamentandosi del re cattolico che non si fusse vergognato di contravenire sì apertamente alla lega di Cambrai, e che in questa nuova non confederazione ma prodizione50 l’avesse nominato come accessorio51, proponeva a Galeazzo da San Severino d’andare a Roma personalmente come inimico del pontefice, ma somministrandogli il re parte del suo esercito e quantità grandissima di danari: e nondimeno non proponendo queste cose con tale fermezza che e’ non fusse dubbio quel che, sodisfatto eziandio di tutte le sue dimande, avesse finalmente a deliberare.

Dunque, nel petto del re combattevano le consuete sospensioni52: che Cesare abbandonato da lui si unirebbe con gli inimici; a sostentarlo, si comperava la sua congiunzione con prezzo smisurato il quale non si sapeva che frutto avesse a partorire, conoscendosi, per l’esperienza del passato, che spesso gli nocevano più i propri disordini che giovassino le forze, né sapendo il re in se medesimo determinarsi quali gli avessino più a nuocere in questo tempo, o i successi prosperi o gli avversi di Cesare. Aiutava quanto poteva la sua sospensione il re cattolico; dando speranza, per farlo procedere più lentamente a’ provedimenti della guerra, che l’armi non si moverebbono: simile officio, e per simili cagioni, faceva il re di Inghilterra; il quale aveva risposto all’oratore del re di Francia non essere vero che avesse consentito alla lega fatta a Roma, e che era disposto di conservare la confederazione fatta con lui: e nel tempo medesimo il vescovo di Tivoli proponeva in nome del pontefice la pace, purché il re non favorisse più il concilio e si rimovesse dalla53 protezione di Bologna; offerendo d’assicurarlo che il pontefice non tenterebbe poi cose nuove contro a lui. Dispiaceva meno al re la pace, eziandio con inique condizioni, che il sottomettersi a’ pericoli della guerra e alle spese che, avendo a resistere agli inimici e a sostentare Cesare, si dimostravano quasi infinite: nondimeno lo moveva lo sdegno di essere quasi sforzato dal re d’Aragona col terrore dell’armi a fare questo; il potersi molto diffìcilmente assicurare che il papa, ricuperata Bologna e liberato dal timore del concilio, osservasse la pace; e il dubbio che, quando pure si dimostrasse apparecchiato54 a consentire alle condizioni proposte, il pontefice non se ne ritraesse, come altre volte avea fatto : onde, offesa la sua degnità e la riputazione diminuita, Cesare si riputasse ingiuriato che, lasciato lui nella guerra co’ viniziani, avesse voluto conchiudere la pace per sé solo. Però rispose precisamente al vescovo di Tivoli non volere consentire che Bologna stesse sotto la Chiesa se non nel modo che anticamente soleva stare; e nel tempo medesimo, per fare ferma determinazione con Cesare, che era a Brunech55 terra non molto distante da Trento, mandò a lui con ampie offerte e con celerità grandissima Andrea de Burgo56 cremonese, oratore cesareo appresso a sé: nel qual tempo alcuni de’ suoi sudditi del contado di Tiruolo occuporno Butisten57, castello molto forte all’entrata di Valdicaldora.

1. L’attuale Fidenza.

2. privati: deposti dal cardinalato.

3. Odet de Foix, visconte di Lautrec.

4. o veramente: oppure.

5. contraffare: contravvenire.

6. temendo che… non: temendo che.

7. la sedia: la sede principale.

8. significorno: comunicarono.

9. di insulti forestieri: di attacchi dall’esterno.

10. conpoteva: con la minore ostentazione possibile.

11. con… re: facendo un così grande affronto al re.

12. pari alla sua superbia: degna della sua alterigia.

13. certificarlo: informarlo.

14. il medesimo: ugualmente (si sarebbero comportati).

15. Dalla… commosso: dalla quale dichiarazione turbato.

16. L’interdetto era una pena ecclesiastica per cui era vietata nei luoghi colpiti la celebrazione delle funzioni religiose, la sepoltura religiosa e alcuni sacramenti.

17. ove: a Lucca.

18. Il cardinale Francesco Borgia.

19. 4 novembre 1511.

20. il titolo: il proposito dichiarato.

21. sotto colore: col pretesto.

22. contendersi degli: combattere per gli.

23. si trattava: si discuteva.

24. pietosi: religiosi.

25. essi: i cardinali.

26. ordinati: necessari, adatti.

27. quasi… stesse: quasi inconciliabili.

28. ricettando: accogliendo.

29. come… le cose: subito dopo avere avviato le cose.

30. ebbe… uomini: nacque tuttavia dall’atteggiamento sfavorevole della popolazione.

31. esclamare: protestare gridando.

32. familiari: servitori, persone del seguito.

33. Il Marzocco è il leone che nel gonfalone regge lo scudo col giglio rosso.

34. uno furioso assalto: una violenta rissa.

35. concorrendovi: intervenendovi.

36. per… scandolo: per evitare lo scontro.

37. per sorte: casualmente.

38. statuirno: decisero.

39. Il 14 novembre (i cardinali erano arrivati a Pisa il 30 ottobre).

40. procedute… guerra: causate dalla lunga guerra con i fiorentini.

41. delicata e copiosa: molle e fastosa.

42. allungare: procrastinare.

43. dissolvere: sciogliere.

44. seguitando per tutto: persistendo (e quindi seguendoli) dovunque.

45. vulgarsi la contagione: diffondersi il contagio.

46. conversavano: avevano rapporti.

47. modestamente: con moderazione.

48. essendone fatto capace: essendone stato persuaso.

49. a mandarvi: sottinteso, delegati.

50. prodizione: tradimento (latinismo).

51. accessorio: semplice aderente e non alleato, e quindi in posizione subordinata.

52. sospensioni: incertezze.

53. si rimovesse dalla: abbandonasse la.

54. apparecchiato: pronto.

55. Brunico.

56. Andrea da Borgo (o Burgo).

57. Butistagno, in Val d’Ampezzo.

CAPITOLO VIII

Disegni del re di Francia dopo l’interruzione delle pratiche di pace. Notizie intorno agli svizzeri. Gli svizzeri entrano nel ducato di Milano. Ne escono, dopo poco, con sorpresa generale. Il re di Francia chiede a’ fiorentini che concorrano con aiuti alla guerra. Contrastanti opinioni in Firenze. Il Guicciardini inviato come ambasciatore al re d’Aragona.

Interrotte del tutto le pratiche della pace, furno i primi pensieri del re che, come1 la Palissa, il quale [avea] lasciati in Verona tremila fanti per mitigare Cesare sdegnato della partita sua, avesse ricondotto il resto delle [genti] nel ducato di Milano, che soldati2 nuovi fanti e raccolto insieme tutto l’esercito si assaltasse la Romagna; sperando, innanzi che gli spagnuoli vi si fussero approssimati, occuparla o in tutto o in parte, e dipoi o procedere più oltre secondo l’occasioni o sostenere la guerra nel territorio d’altri insino alla primavera: al qual tempo, passando in Italia personalmente con tutte le forze del suo regno, sperava dovere essere per tutto superiore agli inimici. Le quali cose mentre che disegna, procedendo più lente le deliberazioni che per avventura3 non comportavano l’occasioni, e ritraendo4 il re da molti provedimenti e specialmente da soldare di nuovo fanti l’essere per natura alienissimo dallo spendere, sopravenne sospetto che i svizzeri non si movessino. Della quale nazione perché sparsamente in molti luoghi si è fatta menzione, pare molto a proposito e quasi necessario particolarmente trattarne.

Sono i svizzeri quegli medesimi che dagli antichi si chiamavano elvezi, generazione5 che abita nelle montagne più alte [di Giura, dette di San Claudio, in quelle di Briga e di San Gottardo], uomini per natura feroci6, rusticani7, e per la sterilità del paese più tosto pastori che agricultori. Furono già dominati da’ duchi di Austria; da’ quali ribellatisi, già è grandissimo tempo, si reggono per loro medesimi, non facendo segno alcuno di ricognizione8 né agli imperadori né ad altri prìncipi. Sono divisi in tredici popolazioni: esse le chiamano cantoni; ciascuno di questi si regge con magistrati, leggi e ordini propri. Fanno ogni anno, o più spesso secondo che accade di bisogno, consulta delle cose universali; congregandosi nel luogo il quale, ora uno ora altro, eleggono i deputati da ciascuno cantone: chiamano, secondo l’uso di Germania, queste congregazioni diete; nelle quali si delibera sopra le guerre le paci le confederazioni, sopra le dimande di chi fa instanza che gli sia conceduto, per decreto publico, soldati o permesso a’ volontari di andarvi; e sopra le cose attenenti allo interesse di tutti. Quando per publico decreto concedono soldati, eleggono i cantoni medesimi tra loro uno capitano generale di tutti, al quale con le insegne e in nome publico si dà la bandiera. Ha fatto grande il nome di questa gente, tanto orrida9 e inculta, l’unione e la gloria dell’armi, con le quali, per la ferocia naturale e per la disciplina dell’ordinanze10, non solamente hanno sempre valorosamente difeso il paese loro ma esercitato fuori del paese la milizia con somma laude : la quale sarebbe stata senza comparazione maggiore se l’avessino esercitata per lo imperio proprio e non agli stipendi e per propagare lo imperio di altri, e se più generosi fini avessino avuto innanzi agli occhi, a’ tempi nostri, che lo studio della pecunia11, dall’amore della quale corrotti hanno perduta l’occasione di essere formidabili12 a tutta Italia, perché non uscendo del paese se non come soldati mercenari non hanno riportato frutto publico delle vittorie, assuefattisi, per la cupidità del guadagno, a essere negli eserciti, con taglie ingorde13 e con nuove dimande14, quasi intollerabili, e oltre a questo, nel conversare15 e nell’ubbidire a chi gli paga, molto fastidiosi e contumaci16. In casa, i principali non si astengono da ricevere doni e pensioni da’ prìncipi per favorire e seguitare nelle consulte le parti loro: per il che, riferendosi le cose publiche all’utilità private17 e fattisi vendibili e corruttibili, sono tra loro medesimi sottentrate le discordie; donde, cominciandosi a non essere seguitato da tutti quel che nelle diete approvava la maggiore parte dei cantoni, sono ultimatamente, pochi anni innanzi a questo tempo18, venuti tra loro medesimi a manifesta guerra, con somma diminuzione dell’autorità che avevano per tutto. Più basse19 di queste sono alcune terre e villaggi chiamati vallesi perché abitano nelle valli, inferiori molto di numero, di autorità publica e di virtù, perché a giudicio di tutti non sono feroci come i svizzeri. È un’altra generazione più bassa di queste due, chiamonsi grigioni, che si reggono per tre cantoni, e però detti signori delle tre leghe20: la terra principale del paese si dice Coira; sono spesso confederati de’ svizzeri, e con loro insieme vanno alla guerra e si reggono quasi co’ medesimi ordini e costumi; anteposti nell’armi a’ vallesi ma non eguali a’ svizzeri né di numero né di virtù.

I svizzeri adunque, in questo tempo non degenerati ancora tanto né corrotti come poi sono stati, essendo stimolati dal pontefice, si preparavano per scendere nel ducato di Milano; dissimulando che questo movimento procedesse dalla università21 de’ cantoni, ma dando voce22 ne fussino autori il cantone di Svit23 e quello di Friborgo, il primo perché si querelava che uno suo corriere passando per lo stato di Milano era stato ammazzato da’ soldati franzesi, questo perché pretendeva avere ricevuto ingiurie particolari. I consigli24 de’ quali e publicamente di tutta la nazione25 benché prima fussino pervenuti all’orecchie del re non l’aveano però mosso a convenire con loro, come i suoi assiduamente lo confortavano26 e come gli amici che aveva tra loro gli davano speranza potersi ottenere; ritenendolo27 la solita difficoltà di non28 accrescere ventimila franchi (sono questi poco più o meno di diecimila ducati) alle pensioni antiche29, e così ricusando per minimo prezzo quella amicizia che poi molte volte con tesoro inestimabile arebbe comperata; persuadendosi che o non si moverebbono o che, movendosi, potrebbono poco nuocergli, perché soliti a esercitare la milizia a piede non avevano cavalli, e perché non avevano artiglierie: essere oltre a questo in quella stagione (già era entrato il mese di novembre) i fiumi grossi, mancare a essi i ponti e le navi, le vettovaglie del

ducato di Milano ridotte30 per comandamento di Gastone di Fois ne’ luoghi forti, bene custodite le terre vicine, e potersi opporre loro alla pianura le genti d’arme; per i quali impedimenti essere necessario che, movendosi, fussino necessitati in ispazio di pochi dì a ritornarsene. E nondimeno i svizzeri, non gli spaventando queste difficoltà, erano cominciati a scendere a Varese, nel qual luogo continuamente augumentavano; avendo seco sette pezzi d’artiglieria da campagna e molti archibusi portati da’ cavalli, e medesimamente non al tutto senza apparecchio31 di vettovaglie. La venuta de’ quali faceva molto più timorosa che32, essendo i soldati franzesi divenuti più licenziosi33 che ’l solito, cominciava a essere a’ popoli non mediocremente grave lo imperio loro; perché il re, astretto34 dalla avarizia, non aveva consentito che si facesse provedimento di fanti; né le genti d’arme che allora erano in Italia, secondo il numero vero35, mille trecento lancie e dugento gentiluomini, potevano tutte opporsi a’ svizzeri, essendone una parte alla guardia di Verona e di Brescia e avendo Fois mandato di nuovo a Bologna dugento lancie, per la venuta del cardinale, de’ Medici e di Marcantonio Colonna a Faenza: ove, se bene non avessino fanti pagati, nondimeno per le divisioni della città, e perché in quelli dì il castellano della rocca di Sassiglione36, castello della montagna di Bologna, l’aveva spontaneamente dato al legato, era paruto necessario mandarvi questo presidio. Da Varese mandorno i svizzeri per uno trombetto37 a diffidare38 il luogotenente regio: il quale avendo seco poca gente d’arme, perché non aveva avuto tempo a raccorle, né più che dumila fanti, né si risolvendo ancora per non dispiacere al re a soldarne di nuovo, era venuto ad Assaron39, terra distante tredici miglia da Milano, non con intenzione di combattere ma di andargli costeggiando40 per impedire loro le vettovaglie; nella qual cosa solo rimaneva la speranza del ritenergli41, non essendo tra Varese e Milano né fiumi difficili a passare né terre42 atte a essere difese. Da Varese vennono i svizzeri a Galera, essendo già augumentati insino al numero di diecimila; e Gastone, il quale seguitava Gianiacopo da Triulzi, si pose a Lignano distante quattro miglia da Galera: dalle quali cose impauriti i milanesi soldavano fanti a spese proprie per guardia della città, e Teodoro da Triulzi faceva fortificare i bastioni e, come se l’esercito avesse a ritirarsi in Milano, fare le spianate dalla parte di dentro43, intorno a’ ripari che cingono i borghi, perché i cavalli potessino adoperarsi44. Presentossi nondimeno Gastone di Fois, con cui erano cinquecento lancie e dugento gentiluomini del re e con molta artiglieria innanzi alla terra di Galera; all’apparire de’ quali i svizzeri uscirono ordinati in battaglia: nondimeno, non volendo insino non erano maggiore numero combattere in luogo aperto, ritornorno presto dentro. Cresceva intratanto continuamente il numero loro; per il quale deliberati di non ricusare più di combattere vennono a Busti45, nella quale terra erano alloggiate cento lancie, che a fatica salvorno sé, perduti i carriaggi con parte de’ cavalli. Alla fine i franzesi, ritirandosi sempre che46 essi procedevano innanzi, si ridussono47 ne’ borghi di Milano; essendo incerti gli uomini se volessino fermarsi a difendergli, perché altro sonavano le loro parole altro dimostrava il fornire sollecitamente il castello di vettovaglie. Approssimoronsi dipoi i svizzeri a’ sobborghi a due miglia; ma vi era già molto allentato il timore, perché continuamente sopravenivano le genti d’arme richiamate a Milano e similmente molti fanti che si soldavano, e d’ora in ora si aspettavano Molard co’ fanti guasconi e Iacob co’ fanti tedeschi, richiamati l’uno da Verona l’altro da Carpi. E in questo tempo furno intercette lettere de’ svizzeri a’ loro signori. Significavano48 essere debole l’opposizione de’ franzesi, maravigliavansi non avere ricevuto dal pontefice messo alcuno né sapere quel che facesse l’esercito de’ viniziani; e nondimeno, che procedevano secondo che si era destinato.

Erano già in numero sedicimila e si voltorno verso Moncia49, la quale non tentato di occupare ma standosi più verso il fiume dell’Adda, davano timore a’ franzesi di volere tentare di passarlo; però gittavano il ponte a Casciano, per impedire loro il transito con l’opportunità della terra e del ponte. Dove mentre stanno, venne, impetrato prima salvocondotto, uno capitano de’ svizzeri a Milano, il quale dimandò lo stipendio di uno mese per tutti i fanti, offerendo di ritornarsene al paese loro; ma partito senza conclusione, per essergli offerta somma molto minore, tornò il seguente dì con dimande più alte, e ancora che gli fussino fatte offerte maggiori che ’l dì dinanzi, nondimeno, ritornato a’ suoi, rimandò subito indietro uno trombetto a significare che non voleano più la concordia: e l’altro dì dipoi, mossi contro all’espettazione di tutti verso Como, se ne tornorno alla patria; lasciando liberi i giudici degli uomini se fussino scesi per assaltare lo stato di Milano o per passare in altro luogo, e per quale cagione non soprafatti ancora da alcuna evidente difficoltà fussino tornati indietro, o perché volendo ritornarsene non avessino accettato i danari, avendone massime dimandati. Come si sia, è manifesto che mentre si ritiravano sopravenneno due messi del pontefice e de’ viniziani, i quali si divulgò che se fussino arrivati prima non si sarebbeno i svizzeri partiti. Né si dubita, che se nel tempo medesimo che entrorono nel ducato di Milano fussino stati gli spagnuoli vicini a Bologna, che le cose de’ franzesi, non potendo resistere da tante parti, sarebbono andare senza indugio in manifesta perdizione.

Il quale pericolo gustando50 il re per l’esperienza, che51 prima non l’aveva antiveduto con la ragione, commesse52, innanzi sapesse la ritirata loro, a Fois che per concordargli non perdonasse a quantità alcuna di danari53; né dubitando più, quando bene i svizzeri componessino54, d’avere a essere assaltato potentemente, comandò a tutte le genti d’arme che aveva in Francia che passassino i monti, eccetto dugento lancie le quali si riservò nella Piccardia; e vi mandò, oltre a questo, nuovo supplemento di fanti guasconi, e a Fois comandò che riempiesse l’esercito di fanti italiani e tedeschi. Ricercò ancora con instanza grande i fiorentini, gli aiuti de’ quali erano di momento grande, per l’aversi a fare la guerra ne’ luoghi vicini e per l’opportunità di turbare da’ confini loro lo stato ecclesiastico e interrompere le vettovaglie e l’altre comodità all’esercito degli inimici, se si accostava a Bologna, che scopertamente e con tutte le forze loro concorressino seco alla guerra; ricercando55 la necessità delle cose presenti altro che aiuti piccoli o limitati o che si contenessino dentro a’ termini delle confederazioni, né potere mai avere maggiore occasione d’obligarsi sé, né fare mai beneficio più preclaro56 e del quale si distendesse più la memoria in perpetuo a’ suoi successori : senza che, se bene consideravano, difendendo e aiutando lui difendevano e aiutavano la causa propria, perché potevano essere certi quanto fusse grande l’odio del papa contro a loro, quanta fusse la cupidità del re cattolico di fermare57 in quella città uno stato dependente interamente da sé.

Ma a Firenze sentivano58 diversamente. Molti, acciecati dalla dolcezza del non spendere di presente, non consideravano quel che potesse portare seco il tempo futuro; in altri poteva la memoria che mai dal re né da Carlo suo precessore fusse stata riconosciuta la fede e l’opere di quella republica, e l’avere con prezzo grande venduto loro il non impedire che recuperassino Pisa59: col quale esempio non potersi confidare delle promesse o offerte sue, né che per qualunque beneficio gli facessino non si troverebbe in lui gratitudine alcuna; e perciò essere non piccola temerità fare deliberazione di entrare in una guerra, la quale succedendo avversa60 parteciperebbono più che per rata parte61 di tutti i mali, succedendo prospera non arebbono parte alcuna benché minima de’ beni. Ma erano di maggiore momento quegli che, o per odio o per ambizione o per desiderio di altra forma di governo, si opponevano al gonfaloniere, magnificando62 le ragioni già dette e adducendone di nuove; e specialmente, che stando neutrali non conciterebbono contro a sé l’odio d’alcuna delle parti, né darebbono ad alcuno de’ due re giusta cagione di lamentarsi : perché né al re di Francia erano tenuti di altri aiuti che di trecento uomini d’arme per la difesa degli stati propri, de’ quali già l’aveano accomodato, né questo potere essere molesto al re d’Aragona, il quale riputerebbe guadagno non piccolo che altrimenti in questa guerra non si intromettessino, anzi essere sempre lodati e tenuti più cari quegli che osservano la fede, e specialmente perché per questo esempio spererebbe che a lui medesimamente, quando gli sopravenisse bisogno, si osserverebbe quel che per la capitolazione fatta a comune col re di Francia e con lui era stato promesso63. Procedendo così, se tra’ prìncipi nascesse pace la città sarebbe nominata e conservata64 da amendue; se uno ottenesse la vittoria, non si reputando offeso ne’ avendo causa di odio particolare, non sarebbe difficile comperare l’amicizia sua con quelli medesimi danari e forse con minore quantità di quella che arebbono spesa nella guerra modo col quale, più che coll’armi, aveano molte volte salvata la libertà i maggiori loro : procedendo altrimenti, sosterrebbono mentre durasse la guerra, per altri e senza necessità, spese gravissime; e ottenendo la parte inimica la vittoria rimarrebbe in manifestissimo pericolo la libertà e la salute della patria. Contrario a questi era il parere del gonfaloniere, giudicando essere più salutifero alla republica che si prendessino l’armi per il re di Francia: e perciò, prima aveva favorito il concilio e suggerito al pontefice materia di65 sdegnarsi, acciò che la città, provocata da lui o cominciata a insospettirne, fusse quasi necessitata a fare questa deliberazione; e in questo tempo dimostrava non potere essere se non perniciosissimo consiglio lo stare oziosi ad aspettare l’evento della guerra, la quale si faceva in luoghi vicini e tra prìncipi tanto più potenti di loro. Perché la neutralità nelle guerre degli altri essere cosa laudabile, e per la quale si fuggono molte molestie e spese, quando non sono sì deboli le forze che tu abbia da temere la vittoria di ciascuna delle parti; perché allora ti arreca sicurtà, e bene spesso, la stracchezza loro, facoltà di accrescere il tuo stato. Né essere sicuro fondamento il non avere offeso alcuno, il non avere data giusta cagione di querelarsi; perché rarissime volte, e forse non mai, si raffrena dalla giustizia o dalle discrete considerazioni l’insolenza del vincitore; né reputarsi, per queste ragioni, meno ingiuriati i prìncipi grandi quando è negato loro quel che desiderano, anzi sdegnarsi contro a ciascuno che non seguita la volontà loro e che con la fortuna di essi non accompagna la fortuna propria66. Credersi stoltamente che il re di Francia non s’abbia a tenere offeso quando si vedrà abbandonato in tanti pericoli, quando vedrà non corrispondere gli effetti alla fede che aveva ne’ fiorentini, a quel che indubitatamente si prometteva di loro, a quel che tante volte gli era stato da loro medesimi affermato e predicato. Più stolto essere credere che, rimanendo vincitori, il pontefiec e il re d’Aragona non esercitassino contro a quella republica immoderatamente la vittoria; l’uno per l’odio insaziabile, amendue per la cupidità di fermare67 un governo che si reggesse ad arbitrio loro, persuadendosi che la città libera arebbe sempre maggiore inclinazione a’ franzesi che a loro : e questo non si vedere egli apertamente, avendo il pontefice, con approvazione del re cattolico, destinato legato all’esercito il cardinale de’ Medici? Dunque: lo stare neutrale non importare68 altro che volere diventare preda della vittoria di ciascuno; aderendosi a uno di essi, almeno dalla vittoria sua risultarne la sicurtà e la conservazione loro, premio, poiché le cose erano ridotte in tanti pericoli, di grandissimo momento69; e se si facesse la pace dovervi avere migliori condizioni. Ed essere superfluo disputare a quale parte si dovessino più aderire, perché niuno dubiterebbe doversi seguitare più tosto l’antica amicizia (e dalla quale se la republica non era stata rimunerata o premiata era almeno stata più volte difesa e conservata) che amicizie nuove, che sarebbono sempre infedeli sempre sospette. Diceva invano il gonfaloniere queste parole, impedendosi il voto suo70 sopra tutto per l’opposizione di coloro a’ quali era molesto che il re di Francia riconoscesse dalle sue opere71 l’essergli congiunti i fiorentini. Nelle quali contenzioni, interrompendo72l’una parte il parere dell’altra, né si deliberava il dichiararsi né totalmente lo stare neutrali; onde spesso nascevano consigli incerti e deliberazioni repugnanti a se medesime73, senza riportarne grazia o merito appresso ad alcuno. Anzi, procedendo con queste incertitudini, mandorono, con dispiacere grande del re di Francia, al re d’Aragona imbasciadore Francesco Guicciardini, quello che scrisse questa istoria, dottore di legge, ancora tanto giovane che per l’età era, secondo le leggi della patria, inabile a esercitare qualunque magistrato74; e nondimeno non gli dettono commissioni tali che alleggierissino in parte alcuna la mala volontà de’ confederati.

1. come: appena.

2. soldati: recintati, assoldati.

3. che per avventura: di quanto forse.

4. ritraendo: trattenendo.

5. generazione: stirpe, popolo.

6. feroci: arditi.

7. rusticani: rozzi.

8. segno… ricognizione: alcun atto di vassallaggio.

9. orrida: grossolana.

10. la… ordinanze: la disciplina con cui conservano il loro posto nell’ordine di battaglia.

11. lo… pecunia: l’amore del danaro.

12. formidabili: temibili.

13. con taglie ingorde: imponendo a chi li assumeva paghe talmente ingorde che diventavano vere e proprie estorsioni.

14. con nuove dimande’. con inusitate richieste di danaro.

15. nel conversare: nei rapporti.

16. contumaci: indisciplinati.

17. riferendosi… private: misurandosi le questioni pubbliche col metro dell’utile privato dei singoli.

18. in questo tempo: si riferisce al momento della scrittura. Si allude alla guerra scoppiata entro la confederazione e conclusasi nel 1531 con la battaglia di Kappel.

19. più basse: più a sud.

20. Lega Caddea, Lega Grigia, Lega delle Dieci Giurisdizioni.

21. dalla università: per volontà unanime.

22. dando voce: diffondendo la voce che.

23. Schwyz.

24. i consigli: i progetti.

25. dei qualinazione: dei quali due cantoni, progetti che erano ufficialmente dell’intero popolo.

26. lo confortavano: gli consigliavano.

27. ritenendolo: trattenendolo.

28. difficoltà di non: rifiuto di.

29. alle pensioni antiche: ai vecchi stipendi.

30. ridotte: raccolte.

31. medesimamente… apparecchio: anche non del tutto sforniti.

32. faceva… che: rendeva molto più temibile il fatto che.

33. licenziosi: sfrenati.

34. astretto: spinto.

35. il numero vero: il numero reale, normalmente inferiore a quello ufficiale, stabilito nei contratti d’assunzione.

36. Sassoleone.

37. per uno trombetto: per mezzo di un uomo dell’esercito addetto ai segnali di tromba.

38. diffidare: sfidare.

39. Saronno.

40. costeggiando: seguendo.

41. nella… ritenergli: la qual cosa (impedire le vettovaglie) era l’unica speranza di fermarli.

42. terre: luoghi fortificati.

43. dalla parte di dentro: dal lato interno delle mura.

44. adoperarsi: muoversi.

45. Busto Arsizio.

46. sempre che: man mano che.

47. si ridussono: si ritirarono.

48. Significavano: dicevano.

49. Monza.

50. gustando: conoscendo.

51. che: dovrebbe riferirsi a re. Me potrebbe anche, secondo un costrutto anacolutico, riferirsi a pericolo.

52. commesse: ordinò.

53. per… denari: per venire ad un accordo con loro non badasse a spese.

54. componessino: venissero ad un accordo.

55. ricercando: esigendo.

56. più preclaro: più glorioso.

57. fermare: stabilire.

58. sentivano: pensavano.

59. l’avere… Pisa: aver pagata ad un alto prezzo la possibilità di recuperare Pisa.

60. succedendo avversa: avendo esito sfavorevole.

61. più… parte: più di quanto spettasse loro.

62. magnificando: esagerando.

63. Cfr. VIII, 11.

64. nominata e conservata: nominata nell’accordo e salvaguardata.

65. materia di: gli argomenti per.

66. Perché la neutralità… la fortuna propria: cfr. Ricordi, C 68 (Opere, I PP· 747-48).

67. fermare: stabilire.

68. importare: comportare.

69. di… momento: di grandissima importanza.

70. il voto suo: la realizzazione del suo desiderio.

71. riconoscesse dalle sue opere: attribuisse essenzialmente al suo operato.

72. interrompendo: ostacolando.

73. repugnanti a se medesime: in contraddizione tra loro.

74. Essendo nato nel 1483, non aveva ancora 30 anni.

CAPITOLO IX

La bastia del Genivolo è presa da’ fanti spagnuoli e ben presto ripresa dal duca di Ferrara. L’esercito ispano-pontificio sotto Bologna. Discussioni e varietà di pareri nell’esercito. Assalto a Bologna; miracoloso effetto della mina posta alla cappella del Baracane. Entrata dell’esercito francese in Bologna; gli ispano-pontifici levano il campo e si ritirano verso Imola.

Ma non molto dipoi che i svizzeri furno ritornati alle case loro cominciorno i soldati spagnuoli e quegli del pontefice a entrare nella Romagna; alla venuta de’ quali tutte le terre che teneva il duca di Ferrara di qua dal Po, eccetto la bastia del fossato di Genivolo, si arrenderono alla semplice richiesta di uno trombetto. Ma perché non erano ancora condotte1 in Romagna tutte le genti e l’artiglierie, le quali il viceré aspettando si era fermato a Imola, parve che, per non consumare quel tempo oziosamente, Pietro Navarra capitano generale de’ fanti spagnuoli andasse alla espugnazione della bastia. Il quale avendo cominciato a batterla con tre pezzi di artiglieria, e trovando maggiore difficoltà a espugnarla che non avea creduto, perché era bene munita e valorosamente difesa da cento cinquanta fanti che vi erano dentro, attese a fare fabbricare due ponti di legname, per dare maggiore comodità a’ soldati di passare le fosse piene d’acqua; i quali due ponti come furono finiti, il terzo dì che vi si era accostato, che fu l’ultimo dì dell’anno mille cinquecento undici, dette ferocemente2 lo assalto, in modo che dopo lungo e bravo combattere i fanti saliti in sulle mura colle scale finalmente l’ottenneno, ammazzati quasi tutti i fanti e Vestitello loro capitano3. Lasciò Pietro Navarra alla bastia dugento fanti, contradicendo Giovanni Vitelli, il quale affermava essere tanto indebolita da’ colpi delle artiglierie che senza nuova riparazione non si poteva più difendere: ma a fatica4 era ritornato a unirsi col viceré che il duca di Ferrara, andatovi con nove pezzi grossi d’artiglieria, l’assaltò con tale furore che squarciato quel luogo piccolo in molte parti vi entrò per forza il dì medesimo : ammazzati, parte nel combattere parte per vendicare la morte de’ suoi, il capitano con tutti i fanti; ed egli percosso di un sasso in sulla testa, benché per la difesa della celata non gli facesse nocumento.

Eransi intratanto raccolte a Imola tutte le genti così ecclesiastiche come spagnuole, potenti di numero e di virtù di soldati e di valore di capitani; perché per il re d’Aragona vi erano, così divulgava la fama, mille uomini d’arme ottocento giannettari5 e ottomila fanti spagnuoli, e oltre alla persona del viceré molti baroni del reame di Napoli, de’ quali il più chiaro per fama e per perizia d’arme era Fabrizio Colonna, che aveva il titolo di governatore generale; perché Prospero Colonna, sdegnandosi d’avere a stare sottoposto nella guerra a’ comandamenti del viceré, aveva ricusato d’andarvi. Del pontefice vi erano ottocento uomini d’arme ottocento cavalli leggieri e [otto] mila fanti italiani, sotto Marcantonio Colonna, Giovanni Vitelli, Malatesta Baglione, figliuolo di Giampagolo, Raffaello de’ Pazzi e altri condottieri, sottoposti tutti all’ubbidienza del cardinale de’ Medici legato; né avevano capitano generale, perché…, duca di Termini6, eletto dal pontefice come confidente al7 re d’Aragona, era, venendo all’esercito, morto a Civita Castellana; e il duca di Urbino, solito a ottenere questo grado, non veniva, o perché così fusse piaciuto al pontefice o perché non reputasse essere cosa degna di lui l’ubbidire, massimamente nelle terre della Chiesa, al viceré capitano generale di tutto l’esercito de’ confederati. Con queste genti, provedute abbondantemente d’artiglierie condotte quasi tutte del regno di Napoli, si deliberò di porre il campo8 a Bologna, non perché non si conoscesse impresa molto difficile, per la facilità che avevano i franzesi di soccorrerla, ma perché niuna altra impresa si poteva fare che non avesse maggiori difficoltà e impedimenti: starsi con tanto esercito oziosi arguiva9 troppo manifesta timidità, e la instanza del pontefice era tale che chiunque avesse messo in considerazione le difficoltà gli arebbe dato cagione di credere e di lamentarsi che già cominciassino ad apparire gli artifici e le fraudi degli spagnuoli. Però il viceré, mosso l’esercito, si fermò tra ’l fiume dell’Idice e Bologna, ove ordinato10 le cose necessarie all’oppugnazione11 delle città e dirivati12 i canali che da’ fiumi di Reno e di Savana13 entrano in Bologna, si accostò poi alle mura, distendendo la maggiore parte dell’esercito tra ’l monte e la strada che va da Bologna in Romagna, perché da quella parte aveva la comodità delle vettovaglie. Tra ’l ponte a Reno posto in sulla strada Romea che va in Lombardia e la porta di San Felice posta in sulla medesima strada andò ad alloggiare Fabrizio Colonna con l’avanguardia, la quale conteneva settecento uomini di arme cinquecento cavalli leggieri e seimila fanti, per potere più facilmente vietare se i franzesi vi mandassino soccorso; e perché i monti fussino in potestà loro, messono una parte delle genti nel monasterio di San Michele in Bosco, molto vicino alla città ma posto in luogo eminente e che la sopragiudica14, e occuporno similmente la chiesa più alta, che si dice di Santa Maria del Monte.

In Bologna, oltre al popolo armigero15, benché forse più per consuetudine che per natura, e alcuni cavalli e fanti soldati da’ Bentivogli, aveva Fois mandato duemila fanti tedeschi e dugento lancie, sotto Odetto di Fois e Ivo di Allegri chiari capitani, questo per la lunga esperienza della guerra, quello per la nobiltà della famiglia sua e perché si vedevano in lui aperti segni di virtù e di ferocia16; e vi erano due altri capitani, Faietta17 e Vincenzio cognominato il grandiavolo18 : e nondimeno collocavano più la speranza del difendersi nel soccorso promesso da Fois che nelle forze proprie, atteso19 il circuito grande della città, il sito dalla parte del monte molto incomodo, né vi essere altre fortificazioni che quelle che per il pericolo presente erano state fatte tumultuariamente20, sospetti molti della nobiltà e del popolo a’ Bentivogli, e per essere antica laude de’ fanti spagnuoli, confermata nuovamente intorno alla bastia del Genivolo, che nell’oppugnazioni delle terre fussino per la agilità e destrezza loro di gran valore. Ma confermò non poco gli animi loro21 il procedere lentissimo degli inimici; i quali stettono nove dì oziosi intorno alle mura innanzi tentassino cosa alcuna, eccetto che cominciorono, con due sagri22 e due colubrine23 piantate al monasterio di San Michele, a tirare a caso e senza mira certa nella città per offendere gli uomini e le case, ma presto se ne astennono conoscendo per l’esperienza non si offendere con questi colpi gli inimici, né farsi altro effetto che consumare le munizioni inutilmente. Cagione di tanta tardità fu l’avere, il dì che s’accamporono, avuto notizia che Fois venuto al Finale raccoglieva da ogni parte le genti; e pareva verisimile quel che divulgava la fama che, per24 considerare quanto nocesse alle cose del re e quanta riputazione gli diminuisse il lasciare perdere una città tanto opportuna25, avesse a esporsi a ogni pericolo per conservarla: onde veniva quasi necessariamente in discussione non solamente da qual parte si potessino più facilmente, e con maggiore speranza di espugnarla, piantare l’artiglierie ma ancora come si potesse vietare che non26 vi entrasse il soccorso de’ franzesi. Perciò, fu nella prima consulta deliberato che Fabbrizio Colonna, proveduto prima di vettovaglie, passando dall’altra parte della terra, alloggiasse in sul poggio situato sotto Santa Maria del Monte, dal qual luogo potrebbe facilmente opporsi a quegli che venissino per entrare in Bologna, né essere tanto distante dal resto dell’esercito che, sopravenendogli pericolo alcuno, non potesse a tempo essere soccorso; e che nel tempo medesimo si cominciasse, dalla parte dove erano alloggiati o in luogo poco distante, a battere la terra: allegando gli autori27 di questo parere, non essere da credere che, dependendo la conservazione di tutto quello che i franzesi tenevano in Italia dalla conservazione dell’esercito, Fois tentasse cosa nell’esecuzione della quale fusse potuto essere costretto a combattere; né medesimamente che avesse in animo, quando bene conoscesse poterlo fare sicuramente, di impiegarsi con tutto l’esercito in Bologna, e così privarsi della facoltà di soccorrere, se fusse di bisogno, lo stato di Milano, non sicuro interamente da’ movimenti de’ svizzeri ma con maggiore sospetto di essere assaltato dall’esercito viniziano; il quale, venuto a’ confini del veronese, minacciava d’assaltare Brescia. Ma il dì seguente fu, quasi da tutti i medesimi che l’aveano consentito, riprovato questo; considerando non essere certo che l’esercito franzese non avesse a venire, e se pure venisse non essere potente l’avanguardia sola a resistere, né potersi lodare quella deliberazione sostentata da uno fondamento28 tale che in potestà degli inimici fusse variarlo o mutarlo. Però fu approvato dal viceré il parere di Pietro Navarra, non comunicato ad altri che a lui; il quale consigliò che, fatta provisione di vettovaglie per cinque dì e lasciata solamente guardia nella chiesa di San Michele, tutto l’esercito passasse alla parte opposita della città29, onde potrebbe impedire che l’esercito inimico non30 vi entrasse; e non essendo la terra riparata31 da quella parte, perché non aveano mai temuto dovervi essere assaltati, indubitatamente intra cinque dì si piglierebbe. Ma come questa deliberazione fu nota agli altri, niuno fu che apertamente non contradicesse l’andare con l’esercito ad alloggiare in luogo privato interamente delle vettovaglie che si conducevano di Romagna, con le quali sole si sostentava: di maniera che senza dubbio si dissolveva32 o distruggeva se infra cinque dì non otteneva la vittoria. E quale è quello, diceva Fabrizio Colonna, che se la possa promettere assolutamente in termine tanto sretto ? e come si debbe, sotto una speranza fallacissima per sua natura e sottoposta a molti accidenti, mettersi in tanto pericolo? e chi non vede che, mancandoci l’ore misurate33 e avendo alla fronte Bologna, ove è il popolo grande e molti soldati, alle spalle i franzesi e il paese inimico, non potremo senza la disfazione34 nostra ritirarci, colle genti affamate disordinate e impaurite? Proponevano alcuni altri che aggiunto all’avanguardia maggiore numero di fanti si fermasse di là da Bologna, quasi alle radici del monte tralle porte di Saragosa e di San Felice35, fortificando l’alloggiamento con tagliate36 e altri ripari; e che la terra si battesse da quella parte dalla quale non solo era debolissima di muraglie e di ripari, ma ancora, piantando qualche pezzo di artiglieria in sul monte, si offendevano per fianco, mentre si dava la battaglia, quegli che dentro difendessino la parte già battuta: il quale consiglio era medesimamente riprovato come non sufficiente a impedire la venuta de’ franzesi e come pericoloso, perché se fussino assaltati non poteva l’esercito, con tutto che in potestà sua fussino i monti, condursi al soccorso loro in minore spazio di tre ore. Nelle quali ambiguità37 essendo più facile riprovare, e meritamente, i consigli proposti dagli altri che proporre di quegli che meritassino di essere approvati, inclinorno38 finalmente i capitani che la terra si assaltasse da quella parte dalla quale alloggiava l’esercito; mossi, trall’altre ragioni, dal diminuire già l’opinione che Fois, poiché tanto tardava, avesse a venire innanzi. Perciò, e cominciorno a fare le spianate per accostare alle mura l’artiglierie e fu richiamata l’avanguardia ad alloggiare insieme cogli altri. Ma poco dipoi, essendo venuti molti avvisi che le genti franzesi continuamente moltiplicavano al Finale, e però ritornando il sospetto primo della venuta loro, cominciò di nuovo a pullulare la varietà delle opinioni: perché, consentendo tutti che se Fois s’approssimava si doveva procurare di assaltarlo innanzi entrasse in Bologna, molti ricordavano che l’avere in tal caso a ritirare dalle mura l’artiglierie piantate darebbe molte difficoltà e impedimenti all’esercito; il che, quando le cose erano ridotte a termini tanto stretti39, non poteva essere né più pericoloso né più pernicioso. Altri ricordavano essere cosa non meno vituperosa che dannosa stare oziosamente tanti dì intorno a quelle mura, confermando in uno tempo medesimo gli animi degli inimici che erano dentro e dando spazio di soccorrerla a quegli che erano fuora : però non essere più da differire il piantare dell’artiglierie, ma in luogo che si potessino comodamente ritirare; facendo, per andare a opporsi a’ franzesi, le spianate tanto larghe che insieme si potesse muovere l’artiglierie e l’esercito. All’opinione di quegli che confortavano40 il dare principio al combattere la terra aderiva cupidissimamente il legato41, infastidito di tante dilazioni né già senza sospetto che questo fusse, per ordinazione del re loro, procedere artificioso degli spagnuoli; dolendosi che se avessino subito, quando si accostorno, cominciato a battere la città, forse che a quell’ora l’arebbono espugnata. Non doversi più moltiplicare negli errori, non stare come inimici intorno a una città e da altra parte fare segni di non avere ardire d’assaltarla : stimolarlo ogni dì con corrieri e con messi il pontefice; non sapere più che si rispondere né che si allegare42, né potere più nutrirlo43 con promesse e speranze vane. Dalle quali parole commosso44 il viceré si lamentò gravemente che, non essendo egli nutrito45 nell’armi e negli esercizi della guerra, volesse essere cagione, con tanto sollecitare, di deliberazioni precipitose. Trattarsi in questi consigli dell’interesse di tutto il mondo46, né potersi procedere con tanta maturità47 che non convenisse usarla maggiore. Essere costume, de’ pontefici e delle republiche pigliare volonterosamente48 le guerre, ma prese, cominciando presto a rincrescere lo spendere e le molestie, desiderare di finirle troppo presto. Lasciasse deliberare a’ capitani, che avevano la medesima intenzione che egli ma avevano di più l’esperienza della guerra. In ultimo, Pietro Navarra al quale molto si riferiva49 il viceré, ricordò che in una deliberazione di tanto momento50 non dovevano essere in considerazione due o tre giorni più; e però, che si continuassino i provedimenti necessari e per l’espugnazione di Bologna e per la giornata51 con gl’inimici, per seguitare52 quello che consigliasse il procedere de’ franzesi.

Non apparì, per il corso de’ due dì, lume alcuno della migliore risoluzione53: perché Fois, a cui si erano arrendute Cento, la Pieve e molte castella del bolognese soggiornava ancora al Finale, attendendo a raccorre le genti; le quali, per essere divise in vari luoghi, né venendo così presto i fanti italiani che aveva soldati, non senza tardità si raccoglievano. Però, non apparendo più cagione alcuna di differire, furno finalmente piantate l’artiglierie contro alla muraglia, distante circa trenta braccia dalla porta detta di Santo Stefano dcnde si va a Firenze, ove il muro volgendosi verso la porta detta di Castiglione, volta alla montagna, fa uno angolo; e nel medesimo tempo si dava opera per Pietro Navarra54 a fare una cava sotterranea più verso la porta di strada Castiglione, a quella parte del muro nel quale era, dalla parte di dentro, fabbricata una piccola cappella detta del Baracane, acciò che, dandosi la battaglia insieme55, potessino più difficilmente resistere essendo divisi che se uniti avessino a difendere uno luogo solo: e oltre a questo, non abbandonando i pensieri dello opporsi a’ franzesi, vollono che l’avanguardia ritornasse allo alloggiamento dove era prima. Rovinoronsi in un dì colle artiglierie poco meno di cento braccia di muraglia, e si conquassò talmente la torre della porta che più non si potendo difendere fu abbandonata: di maniera che da quella parte si poteva comodamente dare la battaglia, ma si aspettava che prima avesse perfezione56 la mina cominciata; benché per temerità della moltitudine [poco mancò], che il dì medesimo disordinatamente non si combattesse. Perché alcuni fanti spagnuoli, saliti per una scala a uno foro fatto nella torre, scesono di quivi in una casetta congiunta con le mura di dentro57, ove non era guardia alcuna; il che veduto dagli altri fanti, quasi tutti tumultuosamente vi si volgevano se i capitani, corsi al romore, non gli avessino ritenuti58: ma avendo quegli di dentro, con uno cannone voltato alla casetta, ammazzatane una parte, gli altri fuggirono dal luogo nel quale inconsideratamente erano entrati. E mentre che alla mina si lavora59 si attendeva per l’esercito60 a fare ponti di legname e a riempiere le fosse di fascine, per potere, andando quasi a piano61, accostare i fanti al muro rotto e tirare in sulla rovina qualche pezzo di artiglierie; acciò che quegli di dentro, quando si dava l’assalto, non potessino fermarsi alla difesa. Le quali preparazioni vedendo i capitani franzesi, e intendendo che già il popolo cominciava a essere soprafatto dal timore, mandorono subito a dimandare soccorso a Fois; il quale il dì medesimo mandò mille fanti, e il dì prossimo62 cento ottanta lancie; la quale cosa generò credenza ferma negli inimici esso avere deliberato di non venire più innanzi, perché non pareva verisimile che se altrimenti avesse in animo ne separasse da sé una parte; e tale era veramente la sua intenzione, perché, stimando questi sussidi essere sufficienti a difendere Bologna, non voleva senza necessità tentare la fortuna del combattere. Finita in ultimo la mina e stando l’esercito armato per dare incontinente la battaglia, la quale perché si desse con maggiori forze era stata richiamata l’antiguardia, fece il Navarra dare il fuoco alla mina. La quale con grandissimo impeto e romore gittò talmente in alto la cappella che, per quello spazio che rimase tra ’l terreno e il muro gittato in alto, fu da quegli che erano fuora veduta apertamente la città dentro e i soldati che stavano preparati per difenderla; ma subito scendendo in giù, ritornò il muro intero nel luogo medesimo onde la violenza del fuoco l’aveva sbarbato, e si ricongiunse insieme come se mai non fusse stato mosso : onde non si potendo assaltare da quella parte, i capitani giudicorno non si dovere dare [la battaglia] solamente dall’altra. Attribuirono questo caso i bolognesi a miracolo, riputando impossibile che senza l’aiutorio63 divino fusse potuto ricongiugnersi così appunto ne’ medesimi fondamenti; onde fu dipoi ampliata quella cappella, e frequentata con non piccola divozione del popolo.

Inclinò questo successo Fois, come se non più fusse da temere di Bologna, a andare verso Brescia, perché aveva notizia che l’esercito viniziano si moveva verso quella città: della quale, per avervi, per il pericolo di Bologna, lasciati i provedimenti deboli e perché dubitava che dentro fussino occulte fraudi, non mediocremente temeva. Ma i prieghi de’ capitani che erano in Bologna, ora dimostrando64 continuare il pericolo maggiore che prima se si partiva, ora dandogli speranza, se vi entrava, di rompere il campo degli inimici, lo alienorno65 da questo proposito. Però, ancora che nel consiglio avessino contradetto quasi tutti i capitani, mossosi, inclinando già il dì alla notte, dal Finale, la mattina seguente, non essendo più che due ore di dì, camminando con tutto l’esercito ordinato a combattere66, con neve e venti asprissimi, entrò per la porta di San Felice in Bologna; avendo seco [mille trecento] lancie, seimila fanti tedeschi i quali tutti aveva collocati nell’antiguardia, e [otto] mila tra franzesi e italiani. Entrato Fois in Bologna, trattò di assaltare la mattina seguente il campo degli inimici, uscendo fuora i soldati per tre porte e il popolo per la via del monte67; i quali68 arebbe trovati senza pensiero alcuno della venuta sua, della quale è manifesto che i capitani non ebbono, né quel dì né per la maggiore parte del dì prossimo, notizia: ma Ivo di Allegri consigliò che per uno dì ancora riposasse la gente, stracca per la difficoltà del cammino; non pensando, né egli né alcuno altro, potere essere che senza saputa loro fusse entrato, di dì e per la strada romana, uno esercito sì grande in una città alla quale erano accampati. La quale ignoranza continuava medesimamente insino all’altro dì se per sorte non fusse stato preso uno stradiotto greco69, uscito insieme con altri cavalli a scaramucciare; il quale, dimandato quel che si facesse in Bologna, rispose che da sé ne riceverebbono piccolo lume70, perché vi era venuto il dì dinanzi con l’esercito franzese: sopra le quali parole interrogato con maraviglia grande diligentemente da’ capitani, e trovatolo costante nelle risposte, prestandogli fede, deliberorno levare il campo; giudicando che, per essere vessati i soldati dalla asprezza della stagione e per la vicinità della città nella quale era entrato uno tale esercito, fusse pericoloso il soprastarvi71. Però la notte seguente, che fu il decimonono dì dal dì che si erano accampati, fatte ritirare tacitamente l’artiglierie, l’esercito a grande ora72 si mosse verso Imola, camminando per le spianate per le quali era venuto, che mettevano in mezzo la strada maestra e l’artiglierie73 : e avendo posto nel retroguardo il fiore dell’esercito di discostorno sicuramente, perché non uscirno di Bologna altri che alcuni cavalli de’ franzesi; i quali, avendo saccheggiata parte delle munizioni74 delle vettovaglie, e perciò essendosi cominciati a disordinare, furono, né senza danno, rimessi dentro75 da Malatesta Baglione, il quale andava nell’ultima parte dell’esercito.

1. condotte: giunte.

2. ferocemente: violentemente.

3. Personaggio non identificabile.

4. a fatica: appena.

5. I giannetari erano cavalleggeri di origine spagnola.

6. Andrea Altavilla da Capua, duca di Termoli.

7. come… al: in quanto persona di fiducia del.

8. il campo: l’esercito.

9. arguiva: denotava.

10. ordinate: preparate.

11. all’oppugnazione: all’assedio.

12. dirivati: deviati.

13. Savena.

14. sopragiudica: sovrasta.

15. armigero: armato.

16. ferocia: audacia.

17. Antoine Moitier, signore de la Fayette.

18. Vincent de la Fayette, fratello naturale di Antoine de la Fayette, soprannominato «le grand Diable».

19. atteso: dato.

20. tumultuariamente: frettolosamente.

21. confermò… gli animi loro: li… incoraggiò.

22. I sagri erano grossi pezzi di artiglieria da campagna.

23. Le colubrine erano pezzi di artiglieria lunghi e sottili.

24. per: ha valore causale.

25. tanto opportuna: il cui possesso era tanto utile.

26. vietare che non: impedire che.

27. gli autori: i sostenitori.

28. sostentata da uno fondamento: che si fondava su di un argomento.

29. Al lato settentrionale.

30. impedire chenon: impedire che.

31. riparata: munita e protetta.

32. si dissolveva: si scioglieva.

33. mancandoci l’ore misurate: se il calcolo del tempo risulta errato anche di poche ore.

34. disfazione: disfatta.

35. Dal lato occidentale.

36. Le tagliate erano opere di fortificazione costituite di un fosso e di un parapetto di terra e alberi tagliati.

37. ambiguità: incertezze.

38. inclinorono: furono propensi a decidere.

39. a… stretti: a così poco spazio di tempo.

40. confortavano: sostenevano.

41. Il cardinale Giovanni de’ Medici.

42. che si allegare: con quali argomenti giustificarsi.

43. nutrirlo: soddisfarlo.

44. commosso: adirato.

45. nutrito: cresciuto e quindi esperto.

46. di tutto il mondo: di tutti.

47. maturità: ponderazione.

48. pigliare volonterosamente: intraprendere volentieri.

49. al quale molto si riferiva: il cui parere teneva in gran conto.

50. di tanto momento: di così grande importanza.

50. la giornata: la battaglia.

52. seguitare: decidere secondo.

53. lume… resoluzione: nessun segno che indicasse quale decisione era meglio prendere.

54. si dava opera per Pietro Navarra: Pietro Navarra lavorava.

55. dandosi… insieme: attaccando contemporaneamente.

56. avesse perfezione: fosse terminata.

57. di dentro: dalla parte interna.

58. ritenuti: fermati.

59. mentre chesi lavora: il mentre seguito dal presente storico ricalca l’uso del dum latino.

60. si attendeva per l’esercito: l’esercito attendeva.

61. a piano: su terreno liscio e pianeggiante.

62. prossimo: seguente.

63. aiutorio: aiuto.

64. dimostrando: affermando.

65. lo alienorono: lo fecero desistere.

66. ordinato a combattere: in ordine di combattimento.

67. Dal lato meridionale.

68. i quali: si riferisce a inimici.

69. uno… greco: un cavalleggero al servizio di Venezia di origine greca.

70. da sé… lume: da lui avrebbero potuto averne scarse notizie.

71. il soprastarvi: l’indugiarvi.

72. a grande ora: a tarda notte.

73. che… l’artiglierie: che fiancheggiavano la strada maestra e le artiglierie (che procedevano lungo essa).

74. munizioni: provviste.

75. rimessi dentro: respinti.