La sua faccia è assai meno familiare di quella del colombiano Pablo Escobar e il suo nome gode di una popolarità inferiore rispetto a quella del messicano Joaquin Guzman. A conoscere bene la sua faccia e il suo nome sono invece le forze di polizia di mezzo mondo e le centinaia di agenti dell’antidroga che l’hanno inseguito in ogni angolo del pianeta, riuscendo a catturarlo sono nel gennaio del 2021.
Tse Chi Lop è considerato uno dei più pericolosi narcotrafficanti del globo, un criminale di altissimo livello come del resto testimonia la cifra mostruosa che riesce a fatturare: 70 miliardi di dollari all’anno, l’equivalente di circa 60 miliardi di euro. Secondo le maggiori agenzie antidroga sarebbe il capo assoluto di un cartello denominato “The Company” (noto anche come “Sam Gor”, che in cantonese vuol dire “Il terzo fratello”) che domina incontrastato il mercato degli stupefacenti e delle metanfetamine in tutto il continente asiatico. Il cartello, ovviamente, non è un gruppo di amici che si riuniscono per iniziative filantropiche, ma una sorta di esclusivo club al quale sono iscritte le più potenti triadi della mafia orientale: 14K, Wo Shing Wo e Sun Yee On.
Secondo gli investigatori, Tse Chi Lop sarebbe a capo di un’organizzazione ramificata a Hong Kong, Macao, Taiwan (dove comanda la Big Circle Gang) e in Giappone, dove il mercato è nelle mani della Yakuza, la mafia nipponica. Ma le indagini hanno accertato che avrebbe esteso i tentacoli del “Sam Gor” anche altrove. A partire dall’Australia, dove l’AFP – la polizia federale – lo considera un soggetto pericolosissimo perché gestirebbe il 70% della vendita di droghe nel Paese.
La biografia di Tse Chi Lop è breve ma piuttosto intensa. Nato in Cina nel 1963, ha venticinque anni quando si trasferisce a Toronto, in Canada, dove ben presto finisce sotto la lente di ingrandimento della Royal Canadian Mounted Police – la polizia federale canadese – che lo ritiene un appartenente al “Grande Cerchio”, una gang messa in piedi da ex componenti delle Guardie Rosse cinesi che si sono “riconvertiti” dedicandosi ad attività illegali. Tse Chi Lop chiede e ottiene la cittadinanza canadese, ma rigare dritto non è nei suoi piani. Si concentra, infatti, sul traffico di droga collaborando con i Rizzuto, famiglia ’ndranghetista italo-canadese. Nel 1998 il criminale di origini asiatiche finisce in carcere insieme a due mafiosi vicini ai Rizzuto. Però non si perde d’animo perché trova il modo per limitare i danni:
Come ogni buon film d’azione a tema narcotraffico, il protagonista a un certo punto sembrava in trappola, ma è l’astuzia a salvarlo. Nel 1998 il futuro boss dei boss venne arrestato negli Stati Uniti per traffico di droga, ma la pena gli venne ridotta grazie al fatto che Tse Chi Lop “pregò i giudici” di graziarlo perché aveva genitori anziani e bisognosi di cure e un figlio di dodici anni con seri problemi polmonari. Così Tse Chi Lop venne condannato a soli 9 anni e li fece in un carcere dell’Ohio.
(www.esquire.com/it/news/attualita/a29637278/sam-gor-narcos-asia/)
Quando gli viene restituita la libertà non cambia vita, ma si lancia a capofitto nel narcotraffico e inizia a fare affari lungo l’asse che collega il Canada, Hong Kong e Taiwan. La sua organizzazione si espande, conquista nuovi mercati in Asia e si spinge fino all’Australia:
Non è facile capire come sia riuscito a mettere in piedi una rete illecita di portata continentale. Una delle chiavi sarebbe alla fonte, la capacità di cucinare in mezzo alla giungla del Myanmar quantità enormi di cristalli a prezzi ridotti, da rivendere poi in tutta l’Asia con ricarichi fino a 3.000 volte. Grazie a profitti del genere Sam Gor avrebbe messo d’accordo tutti i clan locali, dalla mafia taiwanese ai biker australiani, promettendo nuove partite gratuite in caso di sequestro.
(https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/10/19/news/chapo_asia_cina_tse_chi_lop-238987927/)
È senz’altro un uomo che non ha mai badato a spese. Del resto perché dovrebbe avere il braccino corto? Secondo le indagini degli ultimi anni, in una sola notte ai casinò di Macao (Cina) avrebbe speso circa 60 milioni di dollari. Spiccioli rispetto ai costi dei jet privati sui quali si sposta con la sua famiglia, protetto da un gruppo di almeno otto esperti di arti marziali thailandesi. Alla bella vita non rinuncia mai, tant’è che le sue feste di compleanno non sono mai passate inosservate nei resort di lusso affollati di personaggi dalla fedina penale tutt’altro che immacolata.
L’Australia, intanto, diventa la sua nuova isola del tesoro. Ma le autorità locali lo tengono d’occhio e acquisiscono materiale investigativo dal quale emerge che con la sua organizzazione non solo inonda le città di sostanze stupefacenti, ma ricicla spaventose quantità di danaro accumulando ricchezze sterminate.
Tse Chi Lop sembra un inafferrabile fantasma e per diversi anni è in cima alla lista dei ricercati delle forze di polizia di mezzo pianeta. Ma le risorse economiche di cui dispone gli consentono di farla sempre franca. La fuga però un giorno si conclude e quel giorno è il 24 gennaio del 2021, quando gli olandesi lo ammanettano all’aeroporto di Amsterdam su ordine della polizia australiana.
Quando sarà estradato e poi processato, sicuramente andrà incontro a una pena pesantissima. Addio jet privati, addio bella vita.