La precoce malvagità di Mary Bell: a undici anni era già un’assassina

Nell’immaginario collettivo il serial killer è spesso una persona che ha vissuto un’infanzia fatta di indicibili soprusi, di abbandono, di solitudine. Persone che hanno covato nelle profondità dell’animo un malessere che li ha divorati un po’ alla volta fino a esplodere all’improvviso, trasformandole in uno strumento di morte.

Ma c’è un caso in cui l’assassino non ha dovuto attendere l’età adulta per cominciare a uccidere. Questa eccezione alla regola, questo caso unico si chiama Mary Bell: ha commesso il suo primo omicidio a undici anni. Terribile. Come terribile è la malvagità manifestata negli anni successivi.

Mary nasce nel 1957 a Newcastle upon Tyne, in Inghilterra. La madre Betty ha solo sedici anni e per sopravvivere fa la prostituta, l’unico mestiere che è riuscita a svolgere da quando il marito l’ha lasciata da un giorno all’altro e non s’è mai più fatto vedere né sentire.

La bimba non è proprio fortunata: cresce senza una figura paterna, e la mamma certo non può seguirla come dovrebbe. Come se questo quadretto familiare non fosse già abbastanza sciagurato, succede anche dell’altro. Betty capisce che con una figlia da allevare non può andare avanti da sola, e così sposa Billy Bell, un uomo che non è esattamente un giglio di campo: vive di lavoretti saltuari, e tra una pausa e l’altra fa il ladro. Nonostante la statura morale e intellettuale piuttosto modesta, con la figlia acquisita si comporta bene. Ma evidentemente a Mary i modi gentili del patrigno non sono sufficienti per farla crescere in una maniera sana.

Negli anni ’60 Newcastle upon Tyne è un postaccio, ci vivono famiglie disagiate, c’è molta emarginazione e di conseguenza la violenza e la sopraffazione fanno parte della vita quotidiana.

In un contesto del genere è difficile non farsi contaminare, ma Mary – pur essendo in tenerissima età – non si limita ad assistere in maniera passiva e inconsapevole a ciò che accade attorno a lei. Assorbe tutto, anche troppo, tant’è che inizia a essere violenta e aggressiva come i peggiori adulti.

I primi ad accorgersene sono i suoi compagni di scuola, sistematicamente picchiati da quella bambina insolitamente brutale. Della manesca figlia di Betty se ne accorge pure il vicinato, bersagliato da inspiegabili atti vandalismo.

Ma le botte e le devastazioni sono solo dei segnali premonitori che nessuno riesce a cogliere, neppure Betty e il marito, entrambi distratti dalla impellente necessità di guadagnarsi da vivere giorno per giorno.

Mary è una selvaggia e difficilmente fa amicizia, l’unica coetanea con la quale crea un legame si chiama Norma Jean Bell (nessun legame di parentela), pure lei con dei problemi relazionali tutt’altro che trascurabili. A renderle molto simili non sono soltanto il cognome e una certa inclinazione caratteriale, ma pure un oscuro e ingiustificato sentimento d’odio nei confronti di Martin Brown. e̴s̴c̴l̴u̴s̴i̴v̴a̴ ̴d̴e̴l̴ ̴s̴i̴t̴o̴ ̴e̴u̴r̴e̴k̴a̴d̴d̴l̴. Martin non è un adulto insopportabile e molesto, ma l’inoffensivo figlio di un loro vicino: non potrebbe fare del male a una mosca perché ha solo quattro anni. E a 5 non ci arriverà mai. Il 25 maggio del 1968 Martin Brown viene attirato dalle due bambine con una delle scuse più comuni: le caramelle. Lo portano in una casa abbandonata e Mary lo uccide strangolandolo, davanti alla taciturna Norma Jean.

Quando Martin non rientra a casa, i genitori corrono dalla polizia. Le ricerche continuano fino all’alba del giorno dopo, quando il cadavere del piccolo viene ritrovato in un casolare sgangherato. Gli inquirenti non fanno esattamente un lavoro certosino, non rilevano i segni di violenza sulla vittima per cui l’ipotesi di un omicidio viene esclusa. Il babbo e la mamma di Martin devono rassegnarsi e accettare l’ipotesi degli inquirenti che archiviano la morte del figlio come un “incidente”.

La brutta fine di quell’innocente bambino scuote la comunità di Newcastle upon Tyne. E tre settimane dopo nella scuola frequentata da Martin si verifica un episodio strano:

Qualcuno si era intrufolato all’interno e aveva compiuto degli atti di vandalismo: aule ribaltate, sedie distrutte, e sui muri erano state lasciate delle scritte dove si dichiarava che Martin era stato assassinato. Gli inquirenti indagano, ma alla fine il caso viene chiuso dichiarando che si tratta di episodi di vandalismo, senza secondi fini.

(Alessio Pizzichi, Disturbed, Auralcrave Libri, 2021)

Nella cittadina britannica sono tutti sconcertati, a eccezione delle due amichette. Tant’è che un mese e mezzo dopo decidono di ripetere l’esperienza. Stavolta la vittima si chiama Brian Howe, e ha solo tre anni. Troppo piccolo e ingenuo per capire che quelle bimbe gli hanno offerto delle caramelle solo per portarlo in una zona isolata e ucciderlo.

Mary Bell strangola pure Brian, ma evidentemente per lei non è abbastanza: con una forbice gli incide una “M” sul petto, poi gli taglia i capelli e infine gli taglia i genitali.

Quando il cadavere viene trovato abbandonato in un campo, si ipotizza che sia stata opera di un pedofilo. E a quel punto si sospetta che anche la morte di Martin Brown non sia avvenuta per un incidente, ma che sia stato il primo ad aver incontrato un pervertito che ammazza i bambini.

La polizia avvia una serie di indagini e oltre agli adulti considerati potenzialmente degli assassini, interroga anche qualche migliaio di bambini per capire se qualcuno di loro ha avuto a che fare con soggetti dal comportamento strano. Ma, paradossalmente, l’atteggiamento più singolare lo manifestano Mary Bell e Norma Jean Bell. Alle domande degli inquirenti forniscono risposte stravaganti, come se sapessero qualcosa sulla misteriosa fine dei due piccoli vicini di casa. Hanno undici anni e non hanno alcuna malizia, per cui i poliziotti impiegano davvero poco per farsi dire ciò che sanno. E quando raccontano candidamente ciò che è realmente accaduto, c’è chi non vuole credere che due bambine siano coinvolte in due omicidi. Ma Mary e Norma Jean dimostrano di essere a conoscenza di particolari che non possono certo aver appreso dalla lettura dei giornali; alcuni dettagli, poi, non erano mai stati neppure divulgati alla stampa. Alla fine Mary Bell confessa di essere stata lei l’assassina; Norma Jean Bell, invece, spiega che lei non c’entra perché ha solo assistito ai delitti.

Al processo la Bell dirà che Norma le ha dato una mano ad accoppare Martin e Brian, ma non verrà creduta. La giovanissima assassina viene condannata all’ergastolo, ma in carcere ci resta fino al 1980: torna in libertà perché da una serie di perizie psichiatriche risulta essere totalmente guarita.

Le autorità le danno una nuova identità grazie alla quale trova anche un compagno che non sospetta nulla e dal quale avrà una figlia, nel 1984.

Il 21 maggio del 2003, dopo essere stata scovata da un giornalista, ingaggia una battaglia legale per chiedere per la seconda volta una nuova identità sia per lei che per la figlia. Da allora nel Regno Unito l’ordine per la protezione dell’anonimato a vita è definito “Mary Bell Order”.