Due debolezze non fanno una forza. La somma non funziona mai e non ha funzionato neppure con Doretta Graneris e Guido Baldini, le cui vite si sono incrociate creando una combinazione micidiale. Fragile, piena di rabbia repressa, Doretta; irrisolto, fumoso e alla ricerca di una donna benestante, Guido.
Da una unione di due soggetti del genere non poteva germogliare chissà che, insieme riuscirono a compiere qualcosa che singolarmente non avrebbero mai pensato di fare. Niente di buono, ovviamente, se i loro nomi sono in questo libro: sono stati risucchiati dalla spirale dell’odio scavalcando il perimetro dell’immaginazione con una strage nella quale furono ammazzate 6 persone e un animale. L’elenco delle vittime che la coppia si è lasciata alle spalle comprende, infatti, un bambino di tredici anni (il fratellino di lei) e un cane.
La motivazione che spingerà Doretta e Guido a pianificare e realizzare una carneficina è una delle più diffuse sul pianeta: il denaro. Per la precisione, il denaro dei genitori di lei. Soldi che non avranno mai e che in ogni caso si sarebbero portati appresso l’odore nauseabondo di 5 cadaveri (più il cane).
Doretta Graneris (classe 1957) nasce e cresce a Vercelli, una città di provincia che sta stretta ai giovani che vorrebbero emergere, ma che al tempo stesso regala una certa tranquillità. Papà Sergio non è un miliardario però, come si dice in questi casi, alla famiglia non fa mancare niente. Quello dei Graneris è un benessere solido che però non viene mai ostentato, di certo consente di vivere il presente senza patemi d’animo e di guardare al futuro con il sorriso sulle labbra. Chi non sorride, però, è Doretta. Papà Sergio e la madre Itala Zambon sono delle brave persone, ma l’adolescenza non è una passeggiata, tant’è che alle Medie prova un misto di ammirazione e invidia nei confronti delle coetanee: ai suoi cocchi sono tutte più intelligenti, più libere, più brillanti e più belle. Lei è convinta di non possedere nessuna qualità, e soprattutto si sente esteticamente inadeguata:
Il fatto che si sente brutta è molto importante nella formazione del suo carattere: Doretta cresce fragile, insicura e questo scatenerà in lei una conflittualità nei confronti dei genitori che non la gratificheranno mai. La ragazza sviluppa perciò fin dall’infanzia una fame di affettività che, non saziata in famiglia, deve rivolgersi verso l’esterno.
(Francesco Bruno-Marco Minicangeli, Ammazzo tutti,
Stampa alternativa, 2004)
Il clima in casa Graneris non è mai stato minacciato da particolari tensioni, ma il temperamento di Doretta comincia a scardinare quel muro di calma apparente dietro il quale si sono tutti sentiti al riparo. Le prima urla sono dirette proprio alla futura assassina che non è quel che si dice un angioletto, come ammetterà lei stessa:
Da piccola ero un maschiaccio, ribelle e dispettosa. […] Un giorno, per dimostrare a un cliente che ero capace di rompere una vetrina del negozio, l’ho fatto con un colpo di cartella. Poi me le sono prese. […] Qualunque cosa dicessi, mia madre mi rispondeva di stare zitta: aveva un carattere chiuso e mi ha fatto diventare come lei. Con mio padre, poi, non c’era confidenza: di me non si interessava, per me non c’era mai tempo.
(Paolo De Pasquali, Figli che uccidono. Da Doretta Graneris a Erika&Omar, Rubbettino, 2002)
Non molto distante dai Graneris vive Guido Badini, che ha tre anni in più di Doretta. Non è un ragazzo fortunato, è orfano e da quando ha perso la madre – alla quale era legatissimo – s’è smarrito pure lui. Non è mai stato un fuoriclasse della socializzazione, ma la scomparsa della mamma lo ha reso ancora più chiuso. Le disavventure emotive non hanno tuttavia inaridito le sue passioni e non gli impediscono di dedicarsi alle cose che più gli piacciono: le belle macchine, il culturismo, le armi.
Per un discreto periodo riesce a godersi la vita spendendo i soldi che gli ha lasciato mammà, ma poi arriva il momento in cui quel pozzo comincia a prosciugarsi un po’ alla volta. Succede quando a una festa di Capodanno, quella del 1972, conosce Doretta Graneris. Lui ha diciotto anni, lei appena quindici. Pur essendo acerba, l’irrequieta adolescente si lancia a capofitto in una relazione amorosa con quel giovanotto che appare aitante, con il fisico curato e un atteggiamento da collaudato seduttore.
Guido, però, agli occhi della fanciulla ha un valore aggiunto: è l’unico essere umano che le dedica delle attenzioni, riesce a darle quella importanza che neppure i genitori le hanno mai fatto sentire. Lui, invece, colma il vuoto della solitudine, e poco importa se la sua fidanzatina è solo una ragazzina di cui diventerà succube:
Io in Doretta vedevo una madre, aveva un’aria calda e materna nei miei confronti, usava con me lo stesso diminutivo che usava mia madre.
(De Pasquali, op. cit.)
Doretta e Guido sono gli unici a manifestare una sincera allegria. I genitori e i nonni di lei hanno invece tutta l’aria di chi deve fare i conti con un problema irrisolvibile: l’aspirante consorte di Doretta non riscuote alcuna simpatia, per non parlare poi della stima. Papà Sergio ha delle perplessità piuttosto forti nei confronti di Badini, ma – col senno di poi – verrebbe da dire che ci aveva visto giusto. Probabilmente nessun genitore sarebbe entusiasta di dare in sposa a Guido la propria figliola, visto che non sembra un ragazzo completamente a posto. È vero che ha tre anni in più di Doretta, però non dà la sensazione di essere più maturo della ragazza. Ma magari fosse solo un problema anagrafico, a quello alla lunga ci si abitua. La questione, piuttosto, è un’altra: il futuro marito non ha un lavoro e Sergio Graneris è convinto che su questa cosa non è che il giovanotto ci perda il sonno. Anzi, probabilmente non ha intenzione di trovare una occupazione solida e sicura prima di mettere su famiglia. Se non bastasse questo a renderlo un personaggio sgradito, si possono aggiungere le sue passioni strane o difficilmente condivisibili: le armi, innanzitutto, poi le idee di estrema destra, e infine la frequentazione con le prostitute.
Insomma, se si organizzasse il concorso di “Fidanzato dell’anno”, sicuramente tra i Graneris l’insipido Guido non prenderebbe neppure un voto. Ma Doretta la pensa diversamente, quell’uomo le ha preso il cuore e anche una parte del cervello. Lei il suo Guido vuole tenerselo stretto, anche a costo di rompere con la famiglia. Cosa che accade inevitabilmente, e infatti alla fine Doretta e la sua metà della mela mettono un po’ di roba nella valigia e vanno a vivere a Novara, in un appartamento della zia.
All’inizio la storia d’amore è un turbinio di emozioni, con le scorribande nei locali che danno un’adrenalina mai provata prima di allora. Poi, però, la fiamma comincia ad ardere sempre meno e il sapore dolcissimo del loro rapporto quasi infantile si guasta. Il crack arriva quando Guido resta senza una lira dopo aver scialacquato i risparmi della madre nelle irrefrenabili serate con Doretta, tra ristoranti costosi e discoteche. Dirà Guido:
I miei desideri di agiatezza economica e di fare la bella vita si stavano infrangendo, perché non avevo un lavoro stabile.
(Ibidem)
Intanto la lontananza da casa ha evidenziato alcuni difetti della coppia: lui di lavorare non ne ha una gran voglia, e lei vuole continuare l’esistenza rassicurante che le hanno garantito da sempre il babbo e la mamma.
Se Doretta fosse lucida, le verrebbe in mente che Guido non possiede tutte le qualità che si pretenderebbero da un futuro compagno di vita. Ma la mente è troppo offuscata dai sentimenti e la coppia non solo non scoppia ma diventa ancora più salda. I genitori sperano che le passi il capriccio, invece la ragazza rilancia: torna a casa a Vercelli e comunica che si sposerà con Guido quanto prima. È una pessima notizia per Sergio Graneris e la moglie, però preferiscono abbozzare piuttosto che scontrarsi e perdere inevitabilmente contro l’irrazionale cocciutaggine della figliola.
Per gli sposini c’è però da affrontare un tema delicato: i soldi. Non he hanno, o perlomeno Guido non è in grado né di affrontare le spese di un matrimonio né tantomeno di mantenere una famiglia. Ed è lì che scocca una scintilla. Di fronte alla prospettiva di una vita grama, Doretta si lascia scappare una frase: ammazziamo i miei genitori e intaschiamoci l’eredità.
Dirà la Graneris:
Fu solo una battuta, ma lui da quel momento non pensò ad altro.
(Ibidem)
Le necessità sono impellenti e quindi occorre procurarsi il denaro nel più breve tempo possibile. Nel giro di qualche giorno dalle parole si passa ai fatti. Guido è gasato perché finalmente vede una soluzione a portata di mano per risolvere i problemi una volta e per sempre. E trova una complice più che convinta nella sua giovanissima compagna:
Le indagini accerteranno che nei giorni seguenti Doretta e Guido iniziano a setacciare la malavita novarese alla ricerca di un killer disposto a eseguire la strage, ma nessuno li prende sul serio. Guido è molto deciso: di fronte al matrimonio che si avvicina, sente probabilmente aumentare lo stress psicologico e perciò non fa altro che ripetere un’azione da lui già vissuta, la morte dei genitori. Come può lui gestire una famiglia che non ha mai avuto? Il rapporto con la famiglia Guido non lo ha mai elaborato proprio per il fatto che è rimasto orfano in età giovane. Meglio perciò che anche la famiglia di Doretta sparisca in modo da poter mettete le mani ai soldi dei Graneris.
(Bruno-Minicangeli, op. cit.)
L’eredità è un boccone assai ghiotto: tra proprietà e denaro contante, si aggira intorno ai 100 milioni di lire; una cifra che nel 1975 è notevolissima.
La ricerca di qualcuno che li aiuti a eliminare tutti i Graneris si rivela uno sforzo titanico. Alla fine l’unico che accetta è un certo Antonio D’Elia, diciannove anni, meglio conosciuto come “Caparossa”, al quale tocca però un ruolo accessorio.
Benché assolutamente sprovvisti di qualsiasi capacità criminale, Doretta Graneris e Guido Badini pianificano una strage che prevede l’eliminazione di tutta la famiglia. Compreso l’incolpevole e innocuo Paolo, il fratellino tredicenne di lei.
La sera del 13 novembre del 1975 l’improvvisata coppia di assassini mette in scena il piano omicida. Arrivano a ora di cena nella villa dei Graneris, in una zona isolata di Vercelli. A tavola ci sono tutte e cinque le vittime designate: i genitori di Doretta, i nonni di Doretta, il fratellino di Doretta. Con quel pizzico di diplomatica ipocrisia che serve a evitare lo scatafascio, papà Sergio accoglie la figlia e l’aspirante genero con una gioia che più finta non si può. Del resto tra un po’ c’è il matrimonio, quindi meglio anestetizzare la tensione. Sergio Graneris non può neppure lontanamente immaginare che non ci sarà nessun matrimonio. In chiesa ci andranno ugualmente tutti, ma per un funerale.
Dopo i convenevoli, qualche chiacchiera sul nulla e un’occhiata distratta alla televisione, Guido Badini si alza dalla sedia e si porta alle spalle del futuro suocero. Nessuno si chiede perché si sia alzato, fino a quando non infila la mano in tasca, estrae una pistola e spara in direzione della testa di Sergio. Poi c’è il caos:
Il proiettile entra nell’orecchio sinistro ed esce dalla tempia destra: l’uomo neanche si accorge di morire. Il secondo colpo è per Romolo Zambon, il nonno di Doretta, che viene colpito alla nuca. La mattanza è iniziata, ma qualcosa non va per il verso giusto: la pistola che impugna Guido infatti si inceppa. Nella casa, intanto, è scoppiato il putiferio: spari, urla, tutti che cercano di scappare. L’ultima a rimanere calma è proprio Doretta, che non si è mossa dalla sedia dov’è seduta. Nelle mani di Guido allora compare un’altra pistola: è con quella che vengono uccise prima Itala Zambon e poi Margherita Baucero.
(Ibidem)
Resta da ammazzare l’ultimo testimone, Paolo. Si è nascosto sotto il tavolo, ma non si salverà. L’assassinio del tredicenne è il penultimo atto della coppia omicida: l’ultimo proiettile è per il cane, che ha cominciato ad abbaiare come un forsennato. Muore anche lui.
Gli sposini escono di corsa dalla villa per salire a bordo di una Simca verde al volante della quale c’è Antonio D’Elia. Arrivati in una zona di campagna, lasciano i vestiti insanguinati nell’auto e le danno fuoco. Più tardi si presentano alla festa di un loro amico, come se nulla fosse accaduto nelle ore precedenti. Il giorno dopo la prima a trovare la villa con cinque cadaveri è la nonna paterna di Doretta. Le indagini stabiliranno che sono stati esplosi 17 colpi; 5 a distanza ravvicinata, come se fosse stata un’esecuzione di stampo nazista.
Gli inquirenti non ci mettono troppo tempo per capire chi ha provocato quella carneficina. La vicenda riempie i giornali e i telegiornali, nel 1975 certi eventi di cronaca nera non erano così frequenti, per cui la storia dei promessi sposi che ammazzano un intero nucleo familiare è qualcosa di sensazionale.
Convocati in caserma, Doretta Graneris e Guido Badini confessano al termine di un lungo interrogatorio. Entrambi vengono sottoposti a perizie psichiatriche e l’esito è in parte sorprendente:
I periti confermano la subalternità di Guido, un «mediocre, perfido e millantatore», che ricorre a versioni mistificatorie e contraddittorie dei fatti e all’interpretazione soggettiva della realtà con grossolana modificazione dei dati obiettivi della realtà stessa. Il primario psichiatrico di Novara, professor Borgna, parla di “una personalità contraddistinta da una connotazione sessuale distorta […] da una sudditanza nei confronti della figura femminile”. Per un altro perito invece Badini si realizza solo con la pistola. Lei ha un quoziente superiore alla media, è lucida, non perde il controllo dei nervi. Ha una personalità segnata dall’odio: per se stessa (si sente timida, complessata e brutta), per Guido, a cui rinfaccia il plagio. Rettifica le prime dichiarazioni che avevano alleggerito la posizione del fidanzato: “Ha sparato prima con la sua, poi con la pistola che avevo nella borsa. Quindi mi ha trascinata giù dalle scale e siamo andati via”.
(www.ugomariatassinari.it/strage-dei-graneris/)
Gli sposini mancati saranno condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Novara il 5 aprile del 1978. Durante il processo Doretta dichiara:
Li odiavo tutti. Li abbiamo uccisi per l’eredità, avevamo bisogno di soldi. Ho condannato a morte mio padre perché non mi lasciava fare quello che volevo.
(«La Stampa», 13 dicembre 1997)
Badini, poi, in un impeto di sincerità dice:
Se non avessi ucciso i suoi familiari l’avrei persa per sempre. Dopo il delitto saremmo vissuti felici.
(Ibidem)
Confermata in Appello, nel 1983 la sentenza avrà il sigillo della Cassazione.
Per i fidanzatini-assassini però le porte del carcere non resteranno chiuse per sempre. Dal luglio 1992 Badini lavora di giorno come giardiniere a Ospitaletto, nella comunità “Fraternità”; di notte invece rientra nella sua cella al “Verziano”, il carcere di Brescia. Nel 1993 ottiene la semilibertà ma finisce di nuovo sui giornali perché coinvolto in una retata delle procure di Brescia e Reggio Calabria.
In carcere la Graneris si laurea in Architettura e quando ottiene la semilibertà, lavora nel Gruppo Abele di don Luigi Ciotti. Nel 2000 ottiene la libertà provvisoria. Esce dalla galera per entrare in un’altra dimensione fatta di riservatezza e solitudine: i giornalisti la cercano, vogliono intervistarla, ma lei riesce a eclissarsi e a tornare a un’esistenza più o meno normale. Ventuno anni dopo, però, la scovano due giornalisti del settimanale «7» del «Corriere della Sera», in una palazzina situata nella periferia di Torino, tra i quartieri Barriera di Milano e Borgo Vittoria. Bussano alla sua porta ma inutilmente perché lei rifiuta educatamente di rispondere a qualsiasi domanda. Congeda i cronisti e chiude la porta dolcemente.