IN questo capitolo impareremo un’altra componente fondamentale del disegno: la percezione degli spazi negativi. Usando le vostre nuove capacità di vedere e disegnare contorni complessi, imparerete a tracciare i contorni degli spazi «vuoti».
Questo esercizio sarà uno sforzo per alcuni, un piacere per altri. Certo, è una cosa bizzarra riuscire a visualizzare gli spazi negativi. In un certo senso, state vedendo ciò che non c’è, ma il mio scopo è proprio quello di renderli «reali» ai vostri occhi e consentirvi di compiere una nuova esperienza.
Imparerete anche a individuare e a servirvi di una «unità di base», che vi permetterà di dare la giusta dimensione alle forme che disegnate. E vi accosterete al tema delle luci e delle ombre lavorando su un fondo tinteggiato.
Ripassiamo brevemente le cinque capacità fondamentali del disegno:
Due termini tradizionalmente usati in arte sono «spazi negativi» e «forme positive». Nei disegni dell’ariete qui riprodotti, per esempio, l’animale è la forma positiva mentre il cielo e il terreno sono gli spazi negativi.
La parola «negativo» sembra avere una connotazione dispregiativa. Ho cercato un termine più consono, ma invano. I termini spazi negativi e forme positive hanno il vantaggio di essere facili da ricordare e sono, dopotutto, usati comunemente nel campo dell’arte e del disegno. Il punto principale è che gli spazi negativi sono importanti quanto le forme positive. Per il principiante sono forse ancora più rilevanti!
Quando un principiante cerca di disegnare una sedia, sa già troppo (nel senso della funzione S) di quell’oggetto: per esempio, che deve essere grande abbastanza da contenere una persona, che tutte e quattro le gambe sono generalmente della stessa lunghezza, che poggiano su una superficie piana e così via. Queste conoscenze non sono d’aiuto per disegnare una sedia, tutt’altro, poiché, quando si guarda da angolazioni diverse, l’informazione visiva può non coincidere con ciò che sappiamo.
Visivamente – cioè visto sul piano d’immagine – il sedile di una sedia appare come una stretta striscia, non ampia abbastanza per potercisi accomodare, le gambe possono sembrare di lunghezza diversa e lo schienale totalmente differente da come lo conosciamo (fig. 7-1).
Fig. 7-1. Jeanne O’Neil.
Disegno dimostrativo dell’insegnante Brian Bomeisler.
Che cosa dobbiamo fare? Ecco una risposta possibile: non disegnate la sedia, bensì gli spazi negativi intorno alla sedia!
Perché mai questo rende il compito più facile? Forse perché non sapete nulla, in senso verbale, di questi spazi. O forse perché non avete, nella vostra memoria, simboli preesistenti associabili alle forme di tali spazi, e potete vederli chiaramente e disegnarli in maniera corretta. Inoltre, concentrandovi sugli spazi negativi, potete escludere ancora una volta la funzione S, che sicuramente avrà già protestato: «Perché stai guardando il nulla? Non mi interessa! Non posso dargli un nome...» Siate certi, però, che ben presto questo chiacchierio cesserà.
«Secondo il mio modo di vedere, l’espressione non è la passione riflessa da un volto umano o rivelata da un gesto violento. L’intera composizione dei miei quadri è espressiva. Lo spazio occupato dalle figure e dagli oggetti, gli spazi vuoti circostanti, le proporzioni, tutto fa la sua parte.»
HENRI MATISSE
Notes d’un peintre, 1908
Nel disegno, le forme-spazio negative sono reali. Non sono soltanto «aria» vuota. La seguente analogia vi può aiutare a comprendere. Immaginate di guardare un cartone animato di Gatto Silvestro. L’animale corre a tutta velocità lungo un corridoio, in fondo al quale c’è una porta chiusa. Va a sbattere contro la porta e l’attraversa, lasciando nella porta la propria impronta vuota. Tutto il resto della porta è spazio negativo rispetto alla forma di Gatto Silvestro. Va notato che la porta ha un bordo esterno, che è anche il bordo esterno della forma-spazio negativa attorno all’impronta. In questa prospettiva il buco nella porta è la forma positiva di Gatto Silvestro volatilizzatosi!
Prendete il mirino con il foglio trasparente e guardate una sedia. Chiudete un occhio e muovete il mirino su e giù, avanti e indietro come se doveste scattare una foto. Quando avrete trovato un’inquadratura che vi aggrada, tenete fermo il mirino. Ora guardate uno spazio, magari quello tra due listelli dello schienale, immaginando che, come per magia, la sedia d’un tratto sparisca, lasciando intatti gli spazi negativi, sia quello che state osservando sia tutti gli altri. Questi spazi sono reali. Hanno forme reali, proprio come la forma di Gatto Silvestro nella porta. Queste forme-spazio negative sono ciò che disegnerete. Riassumendo, disegnerete gli spazi, non la sedia.
La ragione? Ripassiamo la nostra definizione di contorni: tutti i contorni sono bordi che due cose contigue hanno in comune. Gli spazi negativi hanno i bordi in comune con la sedia (ora assente). Se disegnate i contorni di tali spazi, disegnerete di conseguenza anche la sedia. Ma la sedia apparirà «com’è» perché sarete in grado di vedere e disegnare le parti negative con accuratezza (vedi gli esempi di disegni degli spazi negativi di alcune sedie).
Notate inoltre che il bordo del disegno è anche il contorno esterno degli spazi negativi della sedia (un altro bordo condiviso) e che, insieme, la forma-sedia e le forme-spazio riempiono completamente il disegno. Tecnicamente parlando, l’immagine intera, composta di forme positive e di forme-spazio negative, è detta composizione. L’artista situa le forme e gli spazi entro il formato, sistemandoli secondo certe «regole» definite «principi dell’arte».
Gli insegnanti d’arte spesso cercano con fatica di insegnare ai loro allievi «le regole della composizione», ma ho scoperto che, se gli studenti prestano maggior attenzione agli spazi negativi nei loro disegni, molti dei loro problemi compositivi si risolvono automaticamente.
Unità : un principio importantissimo in arte.
Se agli spazi negativi viene data eguale importanza che alle forme positive, tutte le parti del disegno appariranno interessanti e concorreranno a creare una composizione armonica. Se invece prevalgono quasi completamente le forme positive, il disegno rischia di apparire poco interessante e discontinuo – persino noioso – per quanto bello possa essere il soggetto raffigurato. Un’accentuazione degli spazi negativi, al contrario, dona a questi disegni didattici una forza compositiva inimmaginabile.
In campo artistico il termine composizione indica il modo in cui l’artista dispone le varie componenti di un disegno. Tra gli elementi-chiave della composizione vi sono le forme positive (ossia gli oggetti o le persone), gli spazi negativi (ovvero le zone vuote) e il formato (cioè la lunghezza e la larghezza relative della superficie che si utilizza). Nel comporre un disegno, quindi, l’artista accosta le forme positive e gli spazi negativi all’interno del formato al fine di dare unità alla composizione.
Fig. 7-2. Una varietà di formati.
Il formato condiziona la composizione, vale a dire che la forma della superficie sulla quale si disegna (in genere un foglio rettangolare) influisce notevolmente sul modo in cui l’artista distribuisce forme e spazi entro il perimetro della superficie stessa. Per chiarire meglio questo concetto, provate a immaginare, utilizzando la funzione D, un albero, per esempio un olmo o un pino. Inserite ora lo stesso albero in ognuno dei formati alla figura 7-2: scoprirete che per riempire ciascuno dei formati dovrete di volta in volta modificare la forma dell’albero e degli spazi che lo circondano. Se immaginate di collocare esattamente lo stesso albero in tutti i formati qui riprodotti, noterete che una forma che ben si adatta a un certo formato, inserita in un altro risulta del tutto fuori posto.
L’artista esperto è ben conscio dell’importanza che la forma della superficie riveste; il principiante, invece, tende a ignorare completamente il formato del foglio che ha di fronte. Infatti, la sua attenzione è rivolta pressoché esclusivamente agli oggetti o alle persone che sta ritraendo, e i margini del foglio sembrano quasi non esistere per lui: un po’ come lo spazio reale che circonda gli oggetti, che non ha delimitazione.
Questa tendenza a ignorare i bordi del foglio entro il quale si collocano sia gli spazi negativi sia le forme positive causa problemi di composizione alla maggior parte dei principianti. Il problema maggiore sta nell’incapacità di unificare due componenti fondamentali di una buona composizione: gli spazi e le forme.
Nel capitolo 5 abbiamo visto che nella prima infanzia si è molto sensibili al formato e all’importanza che esso riveste. La consapevolezza che il bambino ha del perimetro che delimita il foglio condiziona il suo modo di distribuirvi forme e spazi, e molte volte i bambini più piccoli creano composizioni quasi perfette. Nella figura 7-3 vediamo la composizione di un bambino di sei anni, che ha ben poco da invidiare a quella di Joan Miró, riprodotta nella figura 7-4.
Fig. 7-3.
Fig. 7-4. Joan Miró, Personaggi con stella (1933). The Art Institute of Chicago.
Purtroppo, come abbiamo visto, questa abilità si affievolisce col tempo, fino a scomparire con l’avvicinarsi dell’adolescenza, forse a causa della lateralizzazione, del graduale prevalere del sistema linguistico e della propensione dell’emisfero sinistro al riconoscimento, all’attribuzione di nomi e alla catalogazione degli oggetti. Col tempo, la concentrazione sulle cose sembra sostituirsi a quella visione globale od olistica che il bambino ha del mondo, una visione per cui tutto è importante, compresi gli spazi negativi costituiti dal cielo, dalla terra e dall’aria. Di solito ci vogliono anni di tirocinio prima che il principiante arrivi a convincersi, alla maniera dell’artista esperto, che gli spazi negativi che rientrano nel formato richiedono lo stesso grado di attenzione e di cura delle forme positive. In genere il principiante concentra tutta l’attenzione sugli oggetti, sulle persone o sulle forme nei suoi disegni, poi «riempie lo sfondo». Sebbene sia difficile crederlo, in questa fase dell’apprendimento, se si dedicano attenzione e cura agli spazi negativi, le forme positive verranno da sé. Più avanti mostreremo qualche esempio specifico.
Nelle parole del drammaturgo Samuel Beckett e del filosofo zen Alan Watts (vedi a riquadro sotto) troviamo questo concetto espresso sinteticamente. Beckett ci dice che nell’arte il nulla (inteso come spazio vuoto) è reale, e per Alan Watts il dentro e il fuori sono tutt’uno. Nel capitolo precedente abbiamo visto come nel disegno gli oggetti e gli spazi che li circondano si combinino come i pezzi di un puzzle: tutti i pezzi sono ugualmente importanti, e insieme essi ricoprono la superficie delimitata dai quattro lati, cioè il formato.
«Nulla è più reale del nulla.»
SAMUEL BECKETT
«Non si avrà mai il dentro di una tazza senza il suo fuori. Il dentro e il fuori vanno insieme. Sono tutt’uno.»
ALAN WATTS
Potete vedere qualche esempio di questo combinarsi di spazi e forme nella natura morta di Paul Cézanne (fig. 7-6) e nel nudo di Albrecht Dürer (fig. 7-5). Notate quanto siano interessanti e vari gli spazi negativi. Anche nell’opera di Dürer, che è quasi simmetrica, gli spazi negativi sono mirabilmente diversi l’uno dall’altro. Ma ora torniamo alla nostra spiegazione.
Fig. 7-5. Albrecht Dürer (1471-1528), Donna nuda con bastone. The National Gallery of Canada, Ottawa. Le forme negative che circondano la figura presentano un’attraente varietà nelle dimensioni e nella configurazione.
Fig. 7-6. Paul Cézanne (1839-1906), Vaso di tulipani. The Art Institute of Chicago. Facendo sì che le forme positive tocchino in vari punti i bordi del formato, Cézanne ha ottenuto in questo dipinto delle forme negative chiuse e distinte, che contribuiscono alla pregnanza e all’equilibrio della composizione quanto le forme positive.
Riassumendo, dunque, gli spazi negativi hanno due importanti funzioni:
1Rendono facili i disegni «difficili»: per esempio, disegnare una prospettiva oppure una forma complicata o che «non appare» come «sappiamo che è» diventa agevole usando gli spazi negativi. Il disegno della sedia riprodotto qui sotto e quello delle corna del montone più sopra sono validi esempi.
2L’enfasi sugli spazi negativi completa il vostro disegno, rende convincente la composizione e – forse ancora più importante – migliora le vostre capacità percettive.
Capisco che vada contro ogni logica pensare che concentrarsi sugli spazi intorno agli oggetti migliorerà il disegno. Questo è semplicemente un altro dei paradossi del disegno e può aiutarvi a spiegare perché è così difficile imparare a disegnare. Tali e tante strategie – come usare gli spazi negativi, appunto – non sono certo tipiche di persone che fanno prevalente uso del loro emisfero sinistro.
Il passo successivo consiste nel definire l’«unità di base». Che cos’è e come ci aiuta a disegnare?
Guardando un disegno finito, i principianti spesso si chiedono come abbia fatto l’artista a decidere da dove partire. Questo è uno dei problemi più seri che bloccano gli studenti: «Dopo che ho deciso che cosa disegnare, come faccio a sapere da dove cominciare?» o «Che cosa accade se all’inizio disegno una forma troppo grande o troppo piccola?» Se si usa un’unità di base all’inizio del disegno queste domande trovano una risposta e si è sicuri di realizzare proprio la composizione che si era scelta con tanta cura.
I miei colleghi e io, forti di anni di insegnamento e di seminari in cui abbiamo combattuto per trovare le parole giuste per spiegare come si comincia a disegnare, alla fine abbiamo messo a punto un metodo che ci è di enorme aiuto. Abbiamo analizzato attentamente ciò che ci apprestavamo a fare nel momento in cui davamo inizio a un disegno, al fine di capire e di poter «trasmettere» agli altri questo processo, che è fondamentalmente un passaggio non verbale, assai rapido e spontaneo. Ho chiamato questo metodo: «Scelta di un’unità di base». Questa unità di base permette di svelare tutti i rapporti esistenti tra gli oggetti in una data composizione: si trovano tutte le proporzioni comparando ogni singola cosa con l’unità di base.
Nel capitolo 6 ho affermato che tutte le parti di una composizione (spazi negativi e forme positive) sono strette in una relazione che è delimitata dal bordo esterno del formato. Quando esegue un disegno realistico, l’artista è vincolato dalla relazione che lega le parti l’una all’altra; egli non può prendersi la libertà di cambiare i rapporti proporzionali. Sono certa che voi stessi vi accorgete che, se cambiate una parte, qualcos’altro necessariamente va cambiato. Nel capitolo 6 ho anche fatto ricorso a un semplice disegno per illustrare il concetto dei bordi condivisi. Userò lo stesso esempio per illustrare l’unità di base (fig. 7-7).
Fig. 7-7.
L’unità di base è una «forma (o unità) di partenza» che voi stessi scegliete, estrapolandola dal soggetto (in questo caso, la scena della barca sull’acqua) che state osservando attraverso il mirino. L’unità di base deve essere di media grandezza: né troppo piccola né troppo grande, in rapporto al formato. Sempre rifacendoci al nostro esempio, potete scegliere il bordo dritto della vela; ma può essere anche una forma intera (la forma di una finestra o di uno spazio negativo) oppure un singolo contorno, tra un punto e un altro (il bordo superiore di una finestra, per esempio). La scelta dipende solo da voi, da ciò che vi sembra più semplice da valutare e da usare come unità di base. Nel disegno alla figura 7-7 ho scelto di usare il bordo dritto della vela.
Una volta stabilita l’unità di base, tutte le altre dimensioni devono essere rapportate a questa unità, che potremmo anche chiamare «uno». Aiutatevi con la matita, posandola sulle varie parti del disegno, per valutare i rapporti. Per esempio: «Quanto è grande la barca se paragonata all’unità di base?» (uno a uno e un terzo), oppure: «Quanto è larga la vela relativamente alla mia unità di base?» (uno a due terzi), o ancora: «Dov’è situata la linea cielo/mare rispetto al lato inferiore del formato?» (uno a uno e un quarto). Notate che il punto di partenza per stabilire ogni dimensione è la vostra unità di base misurata con la matita e poi confrontata con un’altra parte della composizione. Sono sicura che presto comprenderete fino in fondo la logica di questo metodo e come possa permettervi di valutare con esattezza le dimensioni.
So che di primo acchito questo metodo può sembrare un po’ noioso e meccanico, ma vi assicuro che risolve molti problemi (da quello relativo a come iniziare un disegno a quelli di composizione, a quelli riguardanti i rapporti proporzionali) e in breve tempo diventerà pressoché automatico. Infatti questo è il procedimento più collaudato dagli artisti, i quali però lo applicano così rapidamente che la gente pensa che il loro disegno sia naturale e istintivo.
Un aneddoto sull’artista francese Henri Matisse illustra questo punto e anche il procedimento quasi inconscio per trovare un’unità di base. John Elderfield, sovrintendente presso il Museum of Modern Art di New York, nel suo bellissimo catalogo della mostra retrospettiva di Matisse del 1992, scrive: «C’è un filmato del 1946 che ritrae Matisse mentre dipinge la Giovane donna in bianco, sfondo rosso [fig. 7-8]... Quando Matisse vide la sequenza rallentata del filmato, si sentì ‘improvvisamente nudo’, disse, perché vide come la sua mano ‘facesse uno strano viaggio involontario’ nell’aria prima di disegnare il corpo della modella. Non si trattava di esitazione: ‘Stavo inconsciamente stabilendo le proporzioni tra il soggetto che dovevo disegnare e le dimensioni della carta’». Elderfield prosegue: «Questo significa che l’artista doveva valutare l’intera area su cui si apprestava a disegnare prima di cominciare a tracciare qualche segno».
Fig. 7-8. Henri Matisse, Giovane donna in bianco, sfondo rosso, 1946.
Chiaramente, Matisse stava cercando la sua «forma di partenza», la testa della modella, per essere sicuro di disegnarla della giusta dimensione per poter inserire nel quadro la figura intera. La cosa curiosa, comunque, è l’osservazione di Matisse, quel sentirsi «improvvisamente nudo». Credo che questo stia a indicare la natura subconscia di tale processo.
Con il tempo, anche voi troverete rapidamente una «forma di partenza» o un’«unità di base» o il vostro «uno», comunque lo vogliate chiamare, e chi vi guarda penserà che state semplicemente «cominciando a disegnare».
Presto vi abituerete a scegliere velocemente un’unità di base per assicurarvi buoni risultati. Credo che ormai abbiate afferrato la logica (visiva) per cominciare un disegno, ma permettetemi di tornarci sopra ancora una volta.
I principianti, è comprensibile, non desiderano altro che disegnare subito qualcosa. Spesso si buttano a capofitto, mettendo sulla carta qualunque oggetto capiti davanti ai loro occhi, senza prestare attenzione alla grandezza di quella prima forma in relazione alle dimensioni del foglio.
Dalla dimensione di quella prima forma dipende la dimensione di ogni altro oggetto che disegnerete in seguito. Se inavvertitamente la disegnate troppo piccola o troppo grande, la composizione del disegno finito può risultare totalmente diversa da come la volevate.
Questo è un risultato frustrante per gli studenti, perché spesso accade che proprio ciò che maggiormente interessa loro finisca con il restare «fuori dai bordi» della carta oppure, al contrario, che debbano includere nel disegno altre cose che a loro non interessano, soltanto per «riempire» il foglio.
Il metodo che vi consiglio – valutare correttamente la prima forma (unità di base) che avete scelto – vi eviterà di incorrere in questo tipo di problemi e, con un po’ di pratica, diverrà quasi istintivo. Più avanti nel corso, quando avrete abbandonato tutti gli strumenti meccanici utili per disegnare, e cioè i mirini e il foglio di plastica trasparente, saranno le vostre mani a formare un «mirino» approssimativo (fig. 7-9) e riuscirete al contempo a fare una valutazione della prima forma (che in queste lezioni abbiamo chiamato unità di base) in modo corretto per la vostra composizione.
Fig. 7-9.
Poiché sono necessari alcuni passi preliminari, leggete attentamente le istruzioni prima di cominciare. Questi passi preliminari sono utili per ogni disegno e richiederanno solo pochi minuti, quando avrete appreso il procedimento.
Come in ogni campo, le «regole» dell’arte sono fatte per essere infrante dagli artisti che lavorano ad alti livelli. Ma, mentre si acquisiscono le capacità basilari del disegno, ritengo sia meglio attenersi allo scopo che ci si prefigge: imparare come osservare e disegnare. Una volta fatto questo, potrete anche infrangere le regole, ma intenzionalmente, non per caso.
1Innanzitutto disegnate un formato sulla carta. Vi consiglio di servirvi del bordo esterno del mirino o del foglio trasparente. Il disegno sarà dunque più largo dell’apertura del mirino.
2Preparate il fondo grigio. Assicuratevi di aver fissato sulla tavoletta da disegno più fogli sovrapposti, per avere una superficie morbida. Usate lo stick di grafite per il lungo, tenendo la mano leggera, e arrivando fino al bordo del formato.
3Quando avete finito, distribuite la grafite sulla carta aiutandovi con fazzoletti di carta. Procedete con movimenti circolari, applicando una leggera pressione e procedendo a poco a poco verso i bordi, ottenendo così una sfumatura molto leggera e argentata.
4Tracciate le linee verticale e orizzontale che si incroceranno al centro, come quelle sul foglio trasparente (potete riportare la loro posizione da quest’ultimo). Non devono essere troppo marcate, perché sono soltanto linee-guida e più tardi potete cancellarle.
5Scegliete ora una sedia come soggetto del disegno. Qualsiasi sedia farà al caso vostro: una sedia da ufficio, uno sgabello da bar, una sedia a dondolo, un modello più complicato e attraente; ma anche il più semplice sarà perfetto.
6Ponete la sedia contro uno sfondo non complicato: un angolo o una parete con una porta. Anche un muro bianco andrà bene e quello che ne risulterà sarà un disegno bellissimo e semplice. Lascio a voi la scelta. Una lampada posta nelle vicinanze, ad esempio, può gettare un’ombra suggestiva sia sulla parete sia sul pavimento: un’ombra che potrà diventare parte della composizione.
7Sedete di fronte alla «natura morta» – la sedia e l’ambientazione che avete scelto – a una distanza di circa 2,5-3 metri. Tenete a portata di mano il pennarello.
8Usate il mirino per decidere la composizione. Dopo avere fissato al mirino il foglio trasparente, sollevatelo davanti al volto, chiudete un occhio e, muovendolo avanti e indietro, «incorniciate» la sedia in una composizione che vi soddisfi (gli studenti sono molto bravi: sembrano dotati di un «senso» intuitivo per la composizione). Se volete, la sedia può da sola «riempire lo spazio».
9Tenete ben fermo il mirino. Ora, osservando uno spazio della sedia, magari tra due listelli dello schienale, immaginate che la sedia magicamente – come Gatto Silvestro – scompaia. Ciò che rimane non sono altro che gli spazi negativi. E sono reali, hanno forme reali, proprio come nel caso del cartone animato citato sopra. Queste forme-spazio negative sono ciò che disegnerete. Ripeto: disegnerete gli spazi, non la sedia (fig. 7-10).
Fig. 7-10.
Notate che:
1Trovata la composizione che vi soddisfa, tenete sempre ben fermo il mirino (che, ricordo, è fissato al foglio di plastica). Prendete il pennarello. Poi scegliete uno spazio negativo all’interno dell’immagine: tra due traverse della sedia o due listelli dello schienale. Dovrebbe essere una forma semplice, se possibile, né troppo piccola né troppo grande. Ricordatevi che state cercando un’unità di cui potete identificare con facilità forma e dimensioni. Questa sarà la vostra unità di base, la vostra «forma di partenza», il vostro «uno» (vedi fig. 7-10).
2Con un occhio chiuso, concentratevi su quello spazio negativo: fissatelo fino a che non vi apparirà come una vera e propria forma (ci vorrà qualche momento, prima di tacitare le proteste della funzione S!).
3Con il pennarello, riportate con attenzione l’unità di base sul foglio trasparente. Questa forma sarà l’inizio del disegno (fig. 7-11).
Fig. 7-11.
4Il prossimo passo è trasferire l’unità di base sulla carta a fondo grigio. Userete le linee perpendicolari per collocarla e dimensionarla correttamente. (Questo passaggio tecnicamente si chiama «riprodurre in scala». Vi rimando, per maggiori particolari, alla spiegazione a margine.) Guardando il disegno sul foglio trasparente, vi domanderete: «In rapporto ai bordi esterni e alle linee incrociate, dove ha inizio il contorno della forma-spazio? E quanto deve essere distante da quel lato? E rispetto alle due linee perpendicolari? E rispetto al bordo inferiore?» Queste verifiche vi aiuteranno a disegnare correttamente la vostra unità di base. Controllate che la forma dell’unità di base che state disegnando sulla carta, quella sul foglio trasparente e quella reale (del modello-sedia) abbiano le stesse proporzioni.
5Verificate ogni angolazione dell’unità di base mediante lo stesso triplice confronto. Chiedetevi: «In rapporto al bordo del formato (orizzontale e verticale), qual è l’angolazione?» Potete anche avvalervi delle due linee incrociate per stabilirlo. Tracciate il contorno della forma-spazio secondo l’angolazione osservata. (Contemporaneamente state disegnando anche il contorno della sedia.)
6Controllate ancora una volta il disegno dell’unità di base, confrontandolo prima con il modello-sedia reale, poi con lo schizzo eseguito sul foglio trasparente. Anche se la scala è diversa, le proporzioni e gli angoli relativi saranno uguali.
Vi conviene dedicare il tempo necessario a verificare che la vostra unità di base sia corretta. Una volta che avete collocato nel punto giusto e dimensionato correttamente questa prima forma-spazio negativa, tutto il resto verrà di conseguenza. Avrete sperimentato come il disegno possegga una logica magnifica e sarete stupiti dei risultati.
1Ricordate di concentrarvi solo sulle forme degli spazi negativi. Cercate di convincervi che la sedia sia svanita nel nulla. Solo gli spazi sono reali. Cercate anche di evitare di parlare a voi stessi o di chiedervi perché le cose appaiano così: per esempio, perché uno spazio abbia una data forma. Disegnate esattamente ciò che vedete. Cercate di non «pensare» nei termini della logica della funzione S. Ricordate che tutto ciò che vi serve è lì, davanti ai vostri occhi, e non avete bisogno di «immaginare» nulla. Ricordate anche che potete verificare ogni punto problematico con l’aiuto del foglio trasparente, disegnando la parte difficile direttamente su di esso (con un occhio chiuso).
2Disegnate gli spazi della sedia uno dopo l’altro. Lavorando con l’aiuto dell’unità di base, tutte le forme andranno insieme come in un puzzle. Non dovete immaginare nulla della sedia. E non chiedetevi perché il bordo di uno spazio vada in quel senso o nell’altro. Disegnate soltanto ciò che vedete (fig. 7-12).
Fig. 7-12.
3Se una linea forma un angolo, chiedetevi: «Com’è quest’angolo in rapporto alla verticale?» e poi disegnatelo come lo vedete.
4Fate la stessa valutazione rispetto alle costanti orizzontali (cioè il bordo superiore o inferiore del disegno).
5Mentre disegnate, cercate di prendere nota mentalmente di tutto ciò che provate: perdita del senso del tempo, impressione di essere totalmente «presi» dall’immagine, piacevole senso di stupore per la bellezza delle forme che percepite. Man mano che procedete nel disegno, gli spazi negativi cominceranno a rivelarsi sempre più interessanti nella loro stranezza e complessità. Se in qualsiasi punto del disegno vi trovate in difficoltà, ricordatevi che tutto ciò di cui avete bisogno per fare questo disegno è proprio lì, a vostra disposizione.
6Continuate a lavorare, valutando le relazioni tra le forme, le ampiezze degli angoli (in rapporto alla verticale o all’orizzontale) e le proporzioni. Se, mentre disegnate, parlate a voce alta, limitatevi a osservazioni del tipo: «Quanto è grande questo spazio se paragonato a quello che ho appena disegnato?», «Che angolo è questo rispetto all’orizzontale?», «Quanto si estende questo spazio in relazione all’intero formato?» Presto, starete «disegnando veramente». E il vostro lavoro comincerà a sembrarvi un puzzle affascinante, in cui i pezzi, a poco a poco, andranno a posto in modo del tutto soddisfacente (fig. 7-13).
Fig. 7-13.
7Quando avete finito di disegnare i contorni degli spazi negativi, potete «ripulire» un po’ il disegno con la gomma per eliminare in alcune zone le parti troppo cupe o addirittura per cancellare completamente gli spazi negativi e lasciare così la sedia in grigio scuro (fig. 7-14). Se sul pavimento o sul muro vi sono delle ombre e volete aggiungerle nel disegno, potete farlo servendovi della matita oppure cancellando gli spazi negativi che circondano le ombre. Potete anche rifinire la forma positiva della sedia, rinforzando alcuni contorni interni.
Fig. 7-14.
Fig. 7-15.
Sono sicura che il vostro lavoro vi piacerà. Una delle caratteristiche più incredibili dei disegni di questo tipo è che, indipendentemente dal soggetto – una sedia, uno sbattiuova, un apriscatole –, il risultato sarà bellissimo.
Forse i disegni degli spazi negativi ci riportano a un intimo desiderio di unità oppure alla reale unità con il mondo che ci circonda. Qualunque sia la spiegazione, questi disegni ci piacciono e basta. Non siete d’accordo?
Grazie a questa breve lezione, ora comincerete a vedere spazi negativi ovunque. I miei studenti spesso la considerano una scoperta estremamente gratificante. Esercitatevi a vedere gli spazi negativi negli oggetti d’uso quotidiano e immaginate di disegnare quei bellissimi spazi. Questo esercizio mentale in alcuni momenti è fondamentale per mettere «in moto» le proprie capacità percettive e per integrarle nel bagaglio di conoscenze che già possedete.
Quello che segue è un ultimo esempio dell’utilità degli spazi negativi.
Le figure 7-16 e 7-17 documentano in modo interessante la fase del conflitto e la soluzione finale. Il primo disegno – un proiettore sul carrello – rivela le difficoltà riscontrate dall’allievo nel conciliare le sue nozioni circa l’aspetto dell’oggetto e le sue percezioni al momento in cui lo ritraeva. Noterete che le gambe del carrello sono tutte della stessa lunghezza e che per disegnare le rotelle è stato usato un segno-simbolo. Attivando la funzione D, utilizzando il mirino e disegnando soltanto gli spazi negativi, lo stesso allievo ha poi ottenuto risultati migliori (fig. 7-17). Qui è evidente la corretta percezione dei dati visivi, e il tratto, più sicuro, rivela una maggiore naturalezza nell’esecuzione. L’allievo ha effettivamente trovato più facile il secondo disegno, perché il ricorso agli spazi negativi permette di sottrarsi allo stress mentale che si produce quando la percezione non concorda con un concetto.
Non si può dire che se si guardano gli spazi anziché le forme i dati visivi si semplifichino o diventino più facili da disegnare. Dopo tutto, sappiamo che i contorni degli spazi sono al tempo stesso quelli delle forme, ma concentrandoci sugli spazi sottraiamo la funzione D al dominio della funzione S. Detto altrimenti, rivolgendo la nostra attenzione alle informazioni che l’emisfero sinistro trova difficili da elaborare, provochiamo la disattivazione della funzione S e il passaggio del compito all’emisfero competente in materia di disegno: l’emisfero destro. Così il conflitto viene a cessare e il cervello, utilizzando la funzione D, può elaborare con facilità le informazioni spaziali e relazionali.
Fig. 7-16 e 7-17.
È curioso come i disegni di spazi negativi siano gradevoli da guardare, anche quando si tratta di soggetti banali come una sedia da ufficio. Forse uno dei motivi è che in questo tipo di disegno risulta enfatizzata l’unità di forme e spazi positivi e negativi. Un’altra ragione può essere che questa tecnica si traduce facilmente in composizioni eccellenti, con un’interessante distribuzione di forme e spazi all’interno del formato.
Disegno dimostrativo dell’insegnante Lisbeth Firmin.
Disegno dimostrativo dell’autrice.
Disegno dimostrativo dell’autrice.
Disegno dell’allieva Sandy DePhillippo.
Disegno di un allievo.
Imparando a vedere chiaramente mediante il disegno si arriva senza dubbio ad avere le idee più chiare su ogni tipo di problema e si acquista una maggiore capacità di vedere le cose in prospettiva.
Nel capitolo seguente parleremo della capacità dell’artista di cogliere i rapporti prospettici, una facoltà che potrete mettere a profitto in qualunque direzione la vostra mente vi porti.
Winslow Homer (1836-1910), Bambina seduta su una sedia di vimini, (1874). Sterling and Francine Clark Art Institute, Williamstown.
Osservate l’uso dello spazio negativo fatto da Winslow Homer nel suo disegno della bambina sulla sedia. Provate a copiare questo disegno.
Pieter Paul Rubens (1577-1640), Studio di braccia e gambe. Museum Boymans-van Beuningen, Rotterdam.
Copiate questo disegno. Capovolgete la figura e disegnate gli spazi negativi; poi raddrizzate l’immagine e inserite i dettagli interni delle forme. Queste «difficili» forme di scorcio diventano facili da disegnare se si concentra la propria attenzione sugli spazi che le circondano.