108.

Nino arrivò eccezionalmente puntuale, venne su per le scale carico di regali. Elsa corse ad aspettarlo sul pianerottolo, subito seguita da Tina e poi, con cautela, da Imma. Le vidi apparire il tic all’occhio destro. Ecco papà, le dissi, e lei fece fiaccamente cenno di no.

Ma Nino si comportò subito bene. Già per le scale attaccò a canterellare: dov’è la mia piccola Imma, devo darle tre baci e un morsetto. Quando comparve sul pianerottolo disse ciao a Elsa, tirò distrattamente una treccina a Tina e afferrò la figlia, la sbaciucchiò, le disse che non aveva mai visto capelli così bel­li, lodò il vestitino, le scarpette, tutto. Una volta in casa non mi fece nemmeno un cenno di saluto. Sedette invece sul pavimento, fece accomodare Imma sulle sue gambe incrociate e solo a quel punto diede più corda a Elsa, salutò calorosamente Dede (Santo Dio come sei cresciuta, sei magnifica) che gli si era avvicinata con un sorriso timido.

Vidi che Tina era perplessa. Gli estranei, tutti, erano abbagliati da lei e la coccolavano appena la vedevano: Nino invece aveva cominciato la distribuzione dei regali e la stava ignorando. Lei allora gli si rivolse con la sua vocina carezzevole, cercò di prendere posto sulle sue gambe accanto a Imma, ma non ci riuscì e gli si appoggiò contro un braccio, gli mise la testa con aria languida su una spalla. Niente, Nino diede un libro a testa a Dede e a Elsa, poi si concentrò sulla figlia. Le aveva comprato di tutto. Aspettava che lei scartocciasse un dono e subito gliene dava un altro. Imma mi sembrò lusingata, commossa. Guar­dava quell’uomo come se fosse un mago venuto a fare in­cantesimi solo per lei e quando Tina provava a prendere un regalino strillava: è mio. Tina si ritrasse presto col labbro inferiore che le tremava, io la presi in braccio, dissi: vieni con zia. Solo allora Nino sembrò rendersi conto che stava eccedendo e si frugò in tasca, tirò fuori una penna dall’aria costosa, disse: questa è per te. Rimisi la bambina sul pavimento, lei prese la penna sussurrando un grazie e lui sembrò vederla davvero per la prima volta. Sentii che mormorava stupefatto:

«Sei identica a tua madre».

«Ti scrivo il mio nome?» chiese Tina seria.

«Lo sai già scrivere?».

«Sì».

Nino tirò fuori dalla tasca un foglio ripiegato, lei lo poggiò sul pavimento e scrisse: Tina. Sei bravissima, la lodò. Ma un attimo dopo cercò il mio sguardo temendo di essere rimproverato e per rimediare si rivolse alla figlia: scommetto che anche tu sei bravissima. Imma volle dimostrarglielo, strappò la penna all’amica, scarabocchiò il foglio molto concentrata. Lui le fece molti complimenti, anche se Elsa già tormentava la sorellina (non si capisce niente, non sai scrivere) e Tina cercava inutilmente di riprendersi la penna dicendo: so scrivere anche altre parole. Alla fine Nino, per tagliar corto, si tirò su insieme alla figlia e disse: adesso andiamo a vedere l’automobile più bella del mondo, e se le portò via tutte, Imma in braccio, Tina che cercava di farsi prendere per mano, Dede che la tirava via tenendola accanto a sé, Elsa che s’impadroniva della penna costosa con un gesto rapace.