La mattina dopo Leonie si svegliò con la sensazione di aver dormito per una settimana. Rimase distesa a letto per qualche minuto, cercando di orientarsi. C'era qualcosa di diverso.
Era sposata. Non ricordava niente dell'evento, ma era consapevole di essersi coperta di vergogna. Sollevò la mano sinistra per essere sicura che non fosse stato tutto un sogno, e la stella luminosa all'interno dello zaffiro parve salutarla. Era un anello così bello, semplice e di suo gusto...
Dov'era Roman?
Era stato lì.
Si mise seduta e si stupì di scoprire che indossava solo la sottoveste e la camiciola. L'abito da sposa era ripiegato sulla panca davanti alla toletta, ma non ricordava di esserselo tolto.
L'indignazione cominciò a invaderla, fino a quando non ricordò la conversazione avuta con Roman. Gli aveva detto tutto.
I ricordi tornarono: la sua rabbia, le sue braccia che l'avevano stretta, quando era crollata. Con tutta probabilità suo marito la disprezzava. Non c'era da stupirsi che se ne fosse andato.
Qualcuno bussò timidamente alla porta. «Milady, sono Minnie.»
Milady. Sono io.
«Sì?» rispose coprendosi con il lenzuolo.
Minnie aprì la porta, entrò e la richiuse con cura alle proprie spalle. «Sua Signoria ha raccomandato di non svegliarvi, ma mi è sembrato di sentirvi muovere.»
«Sono sveglia» le assicurò Leonie.
«Devo fare i bagagli. Sua Signoria vuole partire oggi pomeriggio.»
«Vuole che tu faccia i miei bagagli?»
«Sì, milady. Partirete insieme, no?»
«Lo ha detto lui?» Leonie aveva paura della risposta. Magari i domestici lo davano per scontato, ma in realtà Roman non la voleva con sé. Se le cose stavano così, non riusciva a immaginare di dover affrontare la servitù, per non parlare di tutta Londra.
«Sì, milady» confermò Minnie. Nella sua voce si sentiva una nota di confusione.
Leonie non sapeva come interpretare quella notizia. Una parte di lei era sollevata, e l'altra in preda all'ansia. «Dov'è Sua Signoria?»
«È uscito. Ha parlato con Mr. Yarrow. Volete che chieda qualcosa di più?»
«No, ma non fare i bagagli fino a quando non avrò parlato con mio marito. Vorrei fare un bagno. Poi mi aiuterai a vestirmi.» Voleva apparire al proprio meglio. Era colpevole di parecchie cose, ma aveva bisogno di sapere se sarebbe stata trattata come una moglie, o come una domestica in più. Aveva visto molti mariti trattare la moglie in quel modo e lo riteneva un atteggiamento villano. Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscita a piegarsi ai suoi voleri. Non era quella la sua natura.
Minnie si mise al lavoro ordinando di preparare il bagno e aiutandola a scegliere un abbigliamento adatto. Chiese anche di mandare in camera un vassoio con la colazione.
Un'ora e mezza dopo Leonie indossava un abito da giorno rosa e aveva i capelli raccolti sulla nuca, fermati con forcine dorate. Aveva l'impressione di aver riacquistato un certo controllo sulla propria vita. Mandò la cameriera a chiedere informazioni a Yarrow, ma il maggiordomo ignorava dove fosse andato Roman.
Leonie rimase ferma in mezzo alla stanza, tormentata dall'indecisione. Roman sapeva che Arthur l'aveva violentata e dunque che lei era merce avariata, eppure si aspettava ancora che lo accompagnasse nella residenza di famiglia in campagna? Quale altro uomo si sarebbe comportato così, e perché?
Un leggero bussare alla porta la interruppe. «Sì?» rispose, imperiosa.
«Milady, Miss Holwell e Miss Reverly vorrebbero vedervi» mormorò una voce spaventata.
Sentendo nominare le amiche, Leonie si diresse verso la porta, poi si fermò. Il giorno prima erano state invitate al banchetto di nozze, e di certo si erano chieste cosa le fosse successo.
La gioia e il sollievo all'idea della visita delle sue amiche e confidenti erano smorzati dalla necessità di giustificare la propria assenza. Mentre scendeva al piano di sotto la sua mente lavorava frenetica, alla ricerca di una spiegazione convincente.
Yarrow era nell'atrio e dirigeva i domestici, intenti a riporre l'argenteria e a riordinare dopo i festeggiamenti del giorno prima. Vedendola, si fermò a metà di una frase e le rivolse un lieve inchino. «Buongiorno, milady.» Il maggiordomo dava una grande importanza al suo titolo ed era contento per lei, era chiaro.
«Buongiorno, Yarrow» rispose lei, un po' intimidita. «Dov'è mia madre?»
«La padrona è ancora nella sua stanza, milady.» Il maggiordomo porse a una cameriera di passaggio due caraffe vuote. «Le ho trovate sotto una sedia nella sala da ricevimento.» Il tono dimostrava che non era soddisfatto dell'operato dei domestici.
«Sì, Mr. Yarrow» replicò la ragazza. «Vado subito a controllare.»
«No, ci sono le ospiti della contessa. Aspetta che se ne siano andate» ribatté il maggiordomo.
La cameriera lanciò uno sguardo colpevole a Leonie e scivolò via.
Yarrow scosse la testa. «È stata una bella festa.»
«Così ho sentito» rispose Leonie, ripensando alla musica e alle risate che avevano fatto da sfondo alla conversazione con il marito.
Una strana espressione, un misto di furbizia e imbarazzo, attraversò il volto di Yarrow. Leonie non sapeva se domandargli qualcosa, o ignorarlo, e scelse la seconda opzione. «Mio padre è in casa?» si informò.
«Se ne è andato stanotte con degli amici.»
Poteva significare qualsiasi cosa, soprattutto visto che non era ancora tornato.
«Potete mandare dei rinfreschi nella saletta qui accanto?» chiese Leonie.
«L'ho già fatto.»
«Grazie, Yarrow.»
«È un piacere, milady.»
Leonie si fermò prima di incontrare le amiche. Decise di raccontare che si era sentita male. Era una scusa debole, ma in quale altro modo poteva giustificare l'assenza da una festa in suo onore?
Abbozzò un sorriso e aprì la porta.
Cassandra e Willa erano sedute sul divanetto, le teste accostate. Al suo ingresso balzarono in piedi e corsero verso di lei, frastornandola con una pioggia di domande incalzanti.
«È stato meraviglioso?» chiese Cassandra.
«Hai avuto paura?» domandò Willa.
Leonie fece un passo indietro. «Di cosa state parlando?» reagì, spaesata.
«Del letto coniugale» rispose Cassandra. «Ha trovato il tuo fiore della passione?»
«Che cosa?»
«Ma sì, lo sai! Eri nel mio salotto la sera in cui Mr. Roger Edmonds ha letto il suo poema sull'argomento. Temevo di svenire prima che finisse.»
Leonie aggrottò la fronte, poi ricordò. «Rammento un poeta che leggeva dell'estasi suscitata dal fiore della passione, ma pensavo stesse parlando di giardinaggio.» Scherzava: Mr. Roger Edmonds era un pessimo poeta.
Cassandra non sapeva se parlasse sul serio, e lanciò un'occhiata a Willa. «Ti sta stuzzicando» le assicurò l'amica. «Tuo marito è stato davvero affascinante» aggiunse, rivolta a Leonie. «Il modo in cui ti ha portata in casa...»
«Lo hai proprio ammaliato!» proclamò Cassandra. «Abbiamo aspettato il tuo ritorno e quando non ti sei più fatta vedere, la maggior parte delle donne era gelosa.»
«Sì» concordò Willa. «Erano tutte sicure che il tuo fiore della passione fosse in estasi.»
«Il lavoro di Mr. Edmonds è una cosa seria!» la rimproverò Cassandra. Per tutta risposta Willa scoppiò a ridere.
Leonie lanciò uno sguardo al di sopra della spalla, pregando che Yarrow e gli altri domestici non fossero lì ad ascoltare quelle sciocchezze, e condusse le amiche nella saletta accogliente. «Staremo meglio qui. È più intimo.»
Cassandra si illuminò. «Oh, sì! Così potrai raccontarci tutti i particolari.»
Leonie chiuse le doppie porte alle loro spalle. «Quali particolari?»
«I particolari della notte di nozze» chiarì Willa. «Ti ha fatto male? Annabelle Markham ha detto che dopo che Niles l'ha posseduta è stata male per settimane.»
«E oltretutto Niles non è certo un tipo molto virile» aggiunse Cassandra in tono allusivo.
Willa scoppiò a ridere. «A differenza di Rochdale.»
«Oh, sì» concordò Cassandra. «Avanti, Leonie, dicci la verità.»
«Su che cosa?» Leonie non aveva alcuna voglia di continuare quella conversazione.
«Sull'estasi suscitata dal fiore della passione!» Cassandra sembrava esasperata. «L'hai provata?»
In quel momento qualcuno bussò alla porta, salvando Leonie dalla necessità di rispondere. «Avanti.» La cameriera entrò con un vassoio di tè, pane, burro e marmellata. Leonie la congedò e poi servì se stessa e le amiche.
La porta si era appena richiusa quando Willa tornò alla carica. «Allora? È stato meraviglioso, o terribile? Ho sentito parlare di entrambe le cose.»
Come faceva a rispondere che non ne aveva idea?
Alla fine non ebbe bisogno di dire niente, perché Cassandra decise per lei. «È stato meraviglioso, vero? Tutto quello che raccontano i poeti.»
«Il fiore della passione...» borbottò Leonie prendendo un morso di pane spalmato di burro e marmellata.
«Appunto» commentò Cassandra con un sospiro soddisfatto. «È quello che pensavo. Quando l'ho visto portarti in braccio su per le scale...» La voce le si spezzò, come se le mancassero le parole.
«È stato incredibile» rimarcò Willa in tono solenne. «E poi tu non sei tornata. Chi l'avrebbe detto? Il conte sembrava un tipo piuttosto compassato.»
«Non è compassato!» scattò Leonie in sua difesa. Roman meritava la sua lealtà.
Le amiche scoppiarono in una risatina. «No? Su, raccontaci qualcos'altro.»
«Non vi racconterò nient'altro» tagliò corto Leonie. L'idea che tutti gli invitati al banchetto di nozze fossero convinti che lei e Roman avessero passato il pomeriggio a consumare il matrimonio la imbarazzava. Non c'era da stupirsi della strana espressione di Yarrow. La riteneva senza dubbio una donna sfacciata. E se avessero saputo la verità, sarebbe stato ancor più umiliante.
«Non è giusto né gentile, da parte tua» si stizzì Cassandra. «Sei la prima di noi a sposarti, e dovresti darci qualche indizio riguardo a ciò che dobbiamo aspettarci.»
«Non ne vedo il bisogno.» Leonie lasciò cadere una zolletta di zucchero nel suo tè. «L'ha già fatto Roger Edmonds, il poeta.»
Willa e Cassandra si scambiarono un'occhiata, poi scoppiarono a ridere, deliziate, come se non riuscissero quasi a credere a quanto l'amica stava dicendo.
Avevano tanto da imparare.
In passato, quando gruppi di debuttanti cominciavano a interrogarsi sull'atto coniugale, Leonie si era sempre allontanata in fretta. Se avesse raccontato alle amiche ciò che succedeva tra un uomo e una donna, avrebbero rigettato il pane e la marmellata e giurato di non sposarsi mai, ossia proprio quello che Leonie aveva pensato di fare.
«Hai un'aria diversa» osservò Willa.
Non era vero, lo sapeva. Dopo che Arthur l'aveva stuprata... Si bloccò, sorpresa dai suoi stessi pensieri: aveva usato la parola stupro senza esitazione. Non l'aveva mai fatto, prima, tanto le era sembrato orribile, ma era la verità. Arthur le aveva fatto la cosa peggiore che un uomo poteva fare a una donna, a parte ucciderla. Le aveva sottratto la purezza, la fanciullezza e la sensazione di essere una brava persona.
Era stata sciocca e ingenua a lasciarsi convincere a fuggire con lui, ma Arthur era stato brutale.
Le tornarono in mente le parole di Roman. Non si è comportato da gentiluomo. Non è stata colpa vostra. Avete solo cercato di proteggervi.
Aveva ragione. Chissà cosa sarebbe successo, se non avesse trovato la pistola.
«Sono diversa» confermò, rivolta a Willa.
«A causa di Lord Rochdale?» la incalzò Cassandra, sempre drammatica.
Leonie posò la tazza sul piattino e rifletté sulla domanda. La risposta affermativa la sorprese.
Non era sicura del suo significato, però. Era la seconda volta che Roman interveniva in suo aiuto. La prima sostenendo di avere sparato a Paccard in un duello, e la seconda nascondendo il suo vero stato. Se qualcuno al di fuori della famiglia avesse saputo che si era presentata ubriaca alle sue nozze, sarebbe stata una mortificazione terribile.
Bussarono alla porta. Prima che Leonie potesse reagire, questa si aprì e Roman entrò, come se i suoi pensieri lo avessero evocato. Willa e Cassandra parevano sul punto di fare le fusa, estasiate.
Leonie le capiva. Roman era davvero elegante, con i pantaloni di pelle scamosciata, la giacca blu che pareva aderire alle ampie spalle e gli stivali alti che gli conferivano un'aria da sportivo.
I suoi limpidi occhi grigi la cercarono, squadrandola come per valutarla. Aveva parlato con la sua cameriera e appreso che si rifiutava di fare i bagagli?
Lo stomaco sussultò, a disagio. Il senso di colpa la spingeva a distogliere lo sguardo, ma il coraggio la indusse ad affrontarlo. Fu come se lo vedesse per la prima volta, non come un gentiluomo elegante, ma come l'uomo che aveva già fatto per lei più di quanto avesse il diritto di chiedergli.
E ora si rifiutava di seguirlo in campagna?
Tanto, che cosa c'era a Londra per lei? Leonie non aveva una risposta.
Roman aveva già incontrato Willa e Cassandra, che si erano mostrate un po' intimidite. Ora invece Cassandra parlò nel consueto modo diretto. «Milord, avete la mia approvazione.»
«E anche la mia» si unì Willa. Un rossore incantevole le salì alle guance, come se fosse stata sorpresa a pensare a qualcosa di sconveniente.
«Grazie, Miss Holwell, Miss Reverly.» Roman lanciò uno sguardo confuso alla moglie.
«Stavamo parlando di fiori» spiegò Leonie, asciutta, sapendo che lui non avrebbe capito.
Willa e Cassandra scoppiarono a ridere, confondendolo ancor di più.
«Ho interrotto qualcosa?» chiese.
«Perché lo pensate?» ribatté Leonie.
«Ho delle sorelle. Me ne accorgo, quando le donne si mettono a complottare.»
Sorelle? Leonie ignorava che avesse delle sorelle. In effetti sapeva ben poco dell'uomo che aveva sposato. Lui conosceva i dettagli più intimi della sua vita, e lei non gli aveva nemmeno chiesto della sua famiglia.
Quell'omissione la mortificò. Era davvero abituata a pensare solo a se stessa?
Willa e Cassandra si congedarono, e Leonie si alzò, ricorrendo ai doveri di padrona di casa per riprendere il controllo.
Roman si inchinò sulle loro mani, un gesto galante che venne chiaramente apprezzato. Willa le comunicò che era fortunata muovendo appena le labbra, e anche quello fece riflettere Leonie.
Roman si spostò per lasciarle passare, in modo che Leonie potesse accompagnare le amiche nell'atrio, ma a metà strada lei prese una decisione e si fermò.
Willa e Cassandra la imitarono, pensando che volesse parlare un momento con loro in privato, e in effetti era così.
«Volevo dirvi che oggi partiremo per la tenuta di campagna di mio marito.»
«Te ne vai?» chiese Willa.
«È ansioso di mostrarmi...» Leonie si interruppe. Roman le aveva detto il nome della tenuta, ma lei non se lo ricordava.
«... Bonhomie» completò lui raggiungendola. Le posò le mani sulle spalle con gentilezza, un gesto che i mariti facevano spesso con le mogli.
Leonie cercò di non trasalire. Cassandra e Willa non se ne accorsero, ma lui sì. Lo capì perché ritirò le mani. Notava davvero ogni sua minima reazione.
«Sì, Bonhomie» ripeté con un sorriso forzato.
«Quando tornerai?» volle sapere Cassandra. «Ho un salotto tra tre settimane. Ci sarai per allora?»
Leonie lanciò uno sguardo a Roman. Quali erano i suoi piani?
«Vedremo» rispose lui, vago.
«Ti prego, ritorna. Spero di mettere insieme un programma interessante, e ho bisogno di persone che partecipino al mio salotto.»
«Lo so, anche se sono sollevata di non essermi persa il poeta del fiore della passione» ribatté Leonie.
Willa scoppiò in una risatina che soffocò tappandosi la bocca con la mano, e Cassandra scosse la testa con aria indulgente. «Speriamo di rivederci presto.» Si baciarono da buone amiche, poi le due giovani uscirono e Leonie rimase sola con suo marito. Il domestico che sorvegliava la porta era uscito per aprire la portiera della loro carrozza.
Roman parlò per primo. «La vostra cameriera mi ha riferito che le avete detto di non fare i bagagli.»
«È vero, ma ora le dirò il contrario.» Leonie trasse un respiro profondo e lo affrontò. «Quando volete partire?»
«Pensavo tra un'ora.»
«Sarò pronta. E adesso, se volete scusarmi...» Non aspettò una risposta e si avviò verso le scale. La sua riserva di coraggio era finita.
«Leonie?» La sua voce la fermò. Lei esitò, il piede già su un gradino. Roman la raggiunse, così che si guardarono negli occhi al di sopra della ringhiera. «Cosa vi ha fatto cambiare idea e decidere di venire a Bonhomie con me?»
Suo marito non era uno stupido.
La trattava anche con maggior onestà di quanto avessero mai fatto i suoi genitori. Inoltre, a parte Willa e Cassandra, Leonie non aveva veri legami a Londra. Per qualche ragione restare lì da sola aveva perso il suo fascino.
«Avete delle sorelle» rispose, enigmatica. Poi si affrettò su per le scale per fare i bagagli.