(San Giovanni di Stella, Savona, 1896 – Roma, 1990)
Uomo politico italiano
Il Presidente «più amato» della Repubblica Italiana si avvicinò sin da giovane, durante gli studi, al socialismo ligure. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu inviato sull’Isonzo, dapprima come soldato semplice e in seguito come ufficiale di complemento, e venne congedato nel 1918 con il grado di capitano.
Iscrittosi al Partito socialista, seguì il socialismo riformista di Filippo Turati e tra il 1919 e il 1921 fu consigliere nel comune natio, quindi partecipò ai lavori del Congresso di Livorno, in cui si consumò la separazione del Partito in due anime e la nascita del Partito comunista. All’affermarsi del fascismo in Italia non mancò di mostrare subito la sua ostilità al Regime, da cui fu più volte preso di mira. Nel 1925 fu arrestato per aver distribuito un volantino da lui stesso redatto in cui denunciava senza mezzi termini le responsabilità del Re per aver appoggiato la nascita del Regime in Italia e le violenze squadriste. Nel 1926 si recò a Milano ma vi rimase per breve tempo, in quanto era stato segnalato come pericoloso antifascista e di conseguenza soggetto al confino, cui si sottrasse con la fuga in Francia.
Rimase oltralpe per tre anni circa, proseguendo l’attività antifascista; nel 1929 rientrò in Italia per riorganizzare il Partito socialista e preparare un attentato contro Mussolini a Milano. Il casuale riconoscimento di Pertini da parte di un gerarca fece scattare l’arresto, il processo e la detenzione all’isola di Santo Stefano; in seguito il prigioniero venne trasferito a Pianosa, quindi a Ponza e infine a Ventotene, dove conobbe altri oppositori come Altiero Spinelli, Umberto Terracini ed Ernesto Rossi.
All’indomani della caduta del fascismo venne liberato e si attivò per riprendere attivamente la lotta contro quanto ancora restava del Regime in Italia: prese parte alla costituzione del PSIUP e venne scelto per far parte della giunta militare del CLN. Alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre del 1943, combatté contro i Tedeschi giunti a Roma per occuparla. Nell’ottobre dello stesso anno venne arrestato dai nazifascisti con Giuseppe Saragat e messo a morte perché partigiano; si sottrasse alla condanna grazie a un’ardita azione dei GAP, che lo fecero evadere dal carcere di Regina Coeli. Nel 1944 era a Milano per coordinare l’azione dei partigiani; era stato designato segretario del PSI per l’Italia settentrionale, oltre a essere membro del CLNAI. Il 29 marzo organizzò con Leo Valiani ed Emilio Sereni un comitato per preparare l’insurrezione antifascista nel capoluogo lombardo, che ebbe luogo il successivo 25 aprile con lo sciopero generale.
Alla fine della guerra fu nominato segretario del nuovo PSI e membro della Costituente, in seno alla quale si occupò dei rapporti civili e sviluppò una politica tesa alle riforme in ambito sociale. Nel 1947 tentò invano di evitare la scissione socialista di Saragat, mentre difese sempre l’autonomia del socialismo nei confronti del comunismo, per cui nelle elezioni del 1948 osteggiò l’ipotesi di liste unitarie tra i due Partiti. Nel 1953 fu eletto alla Camera, dove rimase fino al 1976 e dove diede ancora una volta prova del suo antifascismo quando, nel luglio 1960, si oppose all’autorizzazione al congresso missino a Genova.
Non mancò di muovere critiche al centrosinistra, in cui vedeva un mezzo per dividere le due anime della sinistra italiana, quella socialista con l’accesso al governo e quella comunista che ne era estromessa. Dal 1968 al 1976 fu Presidente della Camera dei deputati e nel 1978, nei giorni del sequestro Moro, non esitò a sostenere la linea della fermezza verso i brigatisti. Nel giugno di quell’anno, in seguito alle dimissioni del presidente Giovanni Leone, iniziarono le elezioni del suo successore: i principali partiti dell’arco costituzionale convennero nel designare Pertini alla massima carica istituzionale, cui fu eletto l’8 luglio. Nel corso del suo settennato fece del Presidente l’emblema dell’unità nazionale, fronteggiò circostanze tragiche come la sfida lanciata dal terrorismo alle istituzioni repubblicane e il terremoto dell’Irpinia e problemi come la criminalità organizzata.
Nel 1979 incaricò per la prima volta un socialista, Bettino Craxi, di sondare il terreno per la formazione di un governo. Il primo tentativo non andò a buon fine, ma nel 1983 si ripeté, e in questa circostanza si realizzò il primo governo a guida socialista della storia del Paese. Il 29 giugno 1985 Pertini lasciò la carica presidenziale e divenne senatore a vita, rinunciando a qualsiasi incarico ufficiale.