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È ufficiale. Sto per impazzire.

La mia vita è divisa in due, ma da qualunque parte mi giri mi sento sull’orlo del precipizio. Assomiglia alla cima della scogliera su cui sono seduto e su cui sfido un tempo che sta virando alla pioggia, come succede di continuo, qui in Irlanda. Tornerò al club fradicio, ma ho bisogno di stare ancora un po’ da solo. Di sfruttare ogni minuto che questo cielo plumbeo mi concederà. Ho bisogno di pensare. E di bere, per perdere una lucidità e acquisirne una diversa.

Primo sorso, succhio il whisky finché non mi brucia la gola: il mio piano non sta funzionando. Nonostante ci siano in ballo un sacco di soldi, e i soldi, di solito, impediscano alla gente di ragionare, la talpa sta usando cautela e questo mi fa perdere giorni preziosi. Allontana il mio ritorno a casa.

Il che mi rende inquieto e pronto a far fuori tutti coloro su cui ho puntato gli occhi. Risolverei il problema, ficcandoci di mezzo gente innocente. O quasi. Ma se mi macchiassi di un crimine tanto grave, alla fine perderei me stesso. E Chastity.

Chastity, che è il secondo fronte su cui mi batto e che mi sta facendo perdere il senno con i suoi discorsi su Dio, sul nostro finto matrimonio, sugli errori che abbiamo commesso, sulle nostre anime insozzate dal peccato, sul ritorno all’ovile, alla famiglia, al Padre Celeste.

Il giorno prima gemeva al suono della mia voce, mi implorava di farla venire sussurrando parole indecenti, e il giorno dopo mi invitava a rientrare nella grazia del Signore. Bevo un altro sorso, l’alcool mi scalda, mi fa da coperta contro il tempo avverso, ma non cancella il fatto che mia moglie non risponda alle mie chiamate, non mi mandi foto e che io non veda il suo volto da più di due settimane. Dice che le è caduto il cellulare nella vasca, mentre faceva il bagno, e che, nonostante sia riuscita a ripristinarne alcune funzioni mettendo il telefono tutta la notte nel riso, la fotocamera e il microfono si sono rotti. Quindi mi devo accontentare delle sue parole, sempre più fredde e giudicanti. Voglio tornare a Boston, perché posso scommetterci il culo che c’è di mezzo quel debosciato di suo fratello Jeremy. Ci ha allontanati una volta e adesso ci sta riprovando. Anzi. Ci sta riuscendo.

Io a quest’ora speravo di essere già tra le cosce di mia moglie, invece sono bloccato qui, le sue cosce sono di nuovo serrate dal chiavistello di Dio, e da parte della mia famiglia non arriva nessun aiuto. D’altro canto, anche se non mi sta servendo per scoprire chi è l’infame, il mio piano ha bloccato i sequestri e ha tagliato i ponti con i giapponesi.

Mio padre è parzialmente soddisfatto.

Io no.

Io sto davvero per impazzire. E per questo mi concedo un terzo sorso, più lungo dei primi due. E il whisky mi fa, per un breve attimo, girare la testa.

Ho perso il controllo, navigo a vista su una zattera alla deriva e sono troppo vicino agli scogli. Perdo di vista il quadro generale, perdo di vista il mio cervello e pure il mio cazzo. Sono tutto cuore e questo cuore è sul punto di spaccarsi in mille frammenti doloranti.

Non resisto. Sono un pagliaccio insulso, ma le scrivo ancora. Nonostante le sue risposte non facciano che crepare un po’ di più la mia stabilità, spero ogni volta che rinsavisca, che si ribelli alla costrizione del fratello, che torni mia.

Mad: Ciao. Come va? Come hai dormito stanotte? Che programmi hai per la giornata?

Sono lontani i tempi in cui con un solo messaggio eravamo capaci di metterci in gioco senza veli, se non quelli di una sottospecie di anonimato. In cui ero in grado di farla fremere e di scivolare dentro di lei, fino a sentirmela addosso anche se eravamo lontani.

Ora mi limito a messaggi cauti, che non dicono niente di me, non svelano niente di lei, ma mantengono il labile legame che cerco disperatamente di non spezzare. Manca poco, cerco di convincermi, e poi saremo vicini. E i nostri corpi sapranno come spazzare via insicurezze, le mie, e condizionamenti religiosi e familiari, i suoi.

Basterà sfiorarci per ritornare in quella chiesa, ad ansimare e giurarci l’amore eterno che io, finora, non ho mai tradito neanche col pensiero. Neanche quando mi prendono in giro dandomi del finocchio, se rifiuto le avance di una bella ragazza. Neanche quando chiedono pietà in ginocchio, col braccio torto all’indietro – come ho imparato a fare a mie spese da quello stronzo di mio fratello – mentre li obbligo a rimangiarsi quanto hanno affermato.

Non me ne frega che pensino che mi piace il cazzo, ma in qualche modo mi fa saltare i nervi il pensiero che manchino di rispetto al nostro amore. Un amore in cui continuo a credere anche se, forse, sono rimasto solo in questa cosa a due.

Chas: Se hai un attimo di tempo, ti devo dire una cosa molto importante.

Non ho neanche finito di leggere il messaggio, non ho avuto il tempo di avvertire il brivido di freddo causato dal vento che si è alzato, che ho già risposto.

Mad: Certo, ti chiamo?

Chas: Microfono rotto. Non ricordi?

Mad: Ti chiamo a casa, se è importante.

Chas: No, c’è mio fratello. Non essere insistente, non ti sopporto quando fai così.

Benissimo. E io che pensavo di aver trovato la mia isola sicura. Che credevo – illuso – di poter sfuggire dalla riprovazione della mia famiglia, di poter essere accolto.

Deglutisco e il sapore che percepisco è amaro come quello del rifiuto.

Mad: Mi dispiace, è che ultimamente sei lontana. Ho solo voglia di sentirti. Ti ascolto.

Chas: È successa una cosa e volevo dirtela. È qualcosa che ha a che fare anche con noi.

Ignora la mia implicita richiesta di rassicurazioni. Ha il tono di un esattore delle tasse che sta per calare la mannaia su un poveraccio che non è riuscito a saldare i suoi debiti con lo Stato.

Gelido. Asciutto. Come il ghiaccio secco.

Se mi lascerò toccare, allora sarò davvero nella merda.

Mad: Sono qui. Spara.

Spara e non colpire.

Spara e sbaglia mira.

Spara, ma non farmi male.

Sto parecchio tempo a guardare lo schermo e il suo “sta scrivendo”, faccio in tempo a canticchiare 21 Guns dei Green Day almeno tre volte e scolare quasi tutto il whisky che è rimasto, lasciando le ultime due dita per il post sentenza. Aspetto la mia condanna, mentre il cielo comincia a lanciarmi addosso gocce di pioggia così grosse da sembrare una punizione divina, più che un temporale.

Va a finire che Dio esiste davvero e che si è incazzato con me per avergli portato via la più bella delle anime destinate a lui.

Chas: Stanotte la Madonna mi è apparsa in sogno. Mi ha detto che i miei peccati saranno perdonati, il mio grembo riportato alla santità e potrò tornare nel suo seno, se spezzerò il vincolo che ci lega e che nessuno ha testimoniato e appoggiato. Ho parlato con Jeremy e lui è d’accordo con la mia decisione. Tra qualche giorno entrerò in convento e passerò la vita ad aiutare il prossimo e a espiare le azioni impure che hanno rischiato di condannarmi alla perdizione. Torno casta come il mio nome. Torno vergine per il Signore. Sarò la sua sposa e per farlo, abiuro il nostro finto matrimonio. E abiuro te. Non cercarmi mai più, sei il simbolo di quanto il demonio sia in grado di fare quando vuole strappare un’anima che appartiene a Dio. Tu sei Satana. E io giuro, ora e per sempre, di starti lontana. Addio.

Non ha sparato. Mi ha buttato addosso una granata.

Non mi ha ferito, ha fatto esplodere me e il futuro che avevo immaginato.

Insieme.

Ora solo.

E il cielo mi rovescia addosso la sua ira che si fonde alla perfezione con il mio dolore.

Mi sdraio e mi lascio invadere, ricoprire, annegare dalle gocce di pioggia, da quelle di whisky e dalle mie stesse lacrime. Non ho le forze per mettermi in salvo da questa tempesta. Non ho voluto proteggermi prima, e adesso, che di me restano solo i detriti, sono così spiazzato da non poter far altro che rimanere qui a subire.

Sotto il furore del clima irlandese, ripenso alla nostra storia. Alla prima volta che l’ho sentita cantare, con quella chitarra enorme e gli occhi chiusi. Alla sua timidezza e alla sua curiosità, a quegli sguardi che hanno assaltato e vinto il mio disinteresse verso l’amore, al modo in cui ci siamo appartenuti, giorno dopo giorno, messaggio dopo messaggio, bacio dopo bacio.

Voleva essere mia, Chastity. Forse io l’ho attirata a me con metodi poco ortodossi, ma l’ho rispettata, ho atteso i suoi tempi, ho evitato di scoparmela nel cesso di un locale, anche se lei non avrebbe opposto resistenza. Anche se me lo chiedeva con la voce e con i suoi ansiti.

Non sono Satana, cazzo! Forse lo sono stato prima. Prima di lei.

Ma ora no. E lei deve saperlo. Deve capire che mi ha cambiato, che non sono io a strapparla a Dio, ma è lei a portarmi nel giusto, che sia il Signore o la morale in cui credo io. Chastity mi può… mi deve salvare.

Mad: Non puoi credere davvero che il nostro matrimonio sia finto, che non valga niente. Quello è stato il momento in cui tutto è cambiato, in cui ho giurato una fedeltà che non avevo mai garantito a nessuna e cui mai avevo pensato. Prima di te… era tutto diverso.

Non mi fa attendere troppo prima di rispondere, come se sapesse che ho i jeans incollati alle gambe e il freddo che mi invade le ossa. Mentre aspetto che scriva mi sposto verso la costruzione alle mie spalle e cerco un minimo di riparo. Ma questa torre del 1835 non ha intenzione di assolvere ai suoi doveri e la pioggia continua a frustarmi. L’ultima volta che sono stato qui, il clima tra me e Chas era completamente diverso. Durante il nostro appuntamento più romantico, lei si spogliava per me e io la minacciavo di mostrare il telefono ai pochi turisti. Ridevamo, ci amavamo. Ora siamo lontani, siamo vuoti, come la bottiglia che appoggio per terra, inutile ed esaurita. Come me.

Chas: Anche io, prima di te, ero diversa. Ero migliore. Non avevo svenduto il mio corpo, non avevo tradito la mia famiglia, mio fratello. Le tue parole non valgono niente, tu sei solo un criminale, un violento, un peccatore.

Mad: Lo ero. Non lo sono più.

Chas: Non hai prove per dimostrarlo e se anche le avessi non cambierebbe niente.

Certo che ho le prove! Lei lo deve sapere. Mi appoggio al muro e scivolo per terra, la testa mi gira, ma lei deve capire che la amo, non la mollo di certo, non adesso.

Mad: L’ultima volta che ho scopato con una che non eri tu, mio fratello è stato così cretino da filmarmi ed ero ancora in America, si vede dalla location e si sente dall’accento. E si capisce chiaramente quanto sia differente il modo in cui faccio sesso con una persona che non mi interessa da ciò che siamo stati noi in quella chiesa. Nessuno potrebbe avere dubbi in merito, perché ti amo e da quando ti ho sposata e sono partito per l’Irlanda non ho toccato un’altra donna e, fidati, ho avuto mille occasioni, ma penso solo a te, sei l’unica che mi eccita, che smuove i miei sentimenti.

Chas: Voglio vedere il filmato.

Mad: Di cosa stai parlando?

Cosa mi sta chiedendo? È impazzita? O sono io che leggo male con la vista appannata dall’alcool e dalla pioggia?

Chas: In un matrimonio ci dovrebbe essere fiducia e io in te non l’ho. Mandami il video.

Mi sono infilato in una trappola? Cosa sto combinando? Se Chastity mi mostrasse le immagini di lei che scopa con un altro ne morirei.

Mad: Non è necessario che tu lo veda. Se lo facessi capiresti che ero in America, ma ti farebbe male vedermi insieme a un’altra. Perché vuoi questo?

Chas: Perché voglio capire qual era il tuo grado di depravazione, prima. Voglio poter fare il paragone che tu mi assicuri mi farebbe capire la differenza tra me e le altre.

Mad: Ne hai già avuto un assaggio al cinema, quando mi sono scopato Jenna davanti a te.

Già, l’ha avuto, e quell’assaggio l’ha eccitata. Forse… forse osservarmi all’opera risveglierà la sua gelosia? Il suo desiderio di possedermi e che io possieda solo lei? È la prima volta da settimane che mi chiede di vedermi . Nella follia che imperversa liquida sulla mia testa, rovente nello stomaco e feroce nel cuore, penso che sia la cosa giusta mostrarle quanto è diverso ciò che facciamo io e lei, da ciò che è stato in passato.

Chas: Mandamelo o smetterò di parlare con te.

Forse ho fatto una cazzata, forse la cosa giusta, ma il suo ultimatum rimette tutto in prospettiva, non ho altra scelta. Di base, con lei, non ce l’ho mai avuta davvero.

Cerco nella chat con Declan e trovo ciò di cui ho bisogno. Cinque minuti e rotti di Damian Kelly che dà il peggio di sé, tra alcool, droga e sesso promiscuo. Si vede ogni cosa, mio fratello ha indugiato a lungo su ognuno dei vizi a cui mi sono lasciato andare. Si vede il mio uccello passare da un buco a un altro, le mie dita spalmare cocaina su corpi femminili e penetrarli con i polpastrelli sporchi di bianco, si vedono ragazze versarmi whisky in gola e poi seguirlo a ruota con la lingua.

È uno spettacolo indecente.

Inviarlo potrebbe farla arrabbiare. Ma anche eccitare. Potrebbe stimolare la sua gelosia, potrebbe allontanarla, ma anche riavvicinarla. Sono comunque in una condizione disperata.

“Tra qualche giorno entrerò in convento.”

Ho due opzioni di fronte a me: partire per Boston con il primo aereo disponibile e raggiungerla, esponendola così alle ritorsioni della mia famiglia. Oppure fare questo tentativo e vedere dove ci porta.

Male che vada ho ancora un po’ di tempo per tornare a casa, prima che lei varchi le soglie della casa del Signore e mi cancelli dalla sua vita.

Premo invio, proprio mentre un tuono scuote le fondamenta solide della torre che regge da quasi duecento anni e una scarica di fulmini illumina un cielo nero come la notte.

Che sia un buon segno o no, non saprei dirlo. Ciò che so è che non voglio aspettare con angoscia la sua risposta, per cui mi infilo il telefono in tasca e raggiungo la moto.

Il viaggio verso il club è lungo, tra la pioggia e la mia scarsa lucidità: se non voglio rischiare di schiantarmi contro il guardrail e finire davvero sugli scogli, devo tenere a bada l’acceleratore. A ogni curva mi chiedo se alla fine non sarebbe meglio perdere il controllo, volare per un lungo attimo e finire nei flutti infuriati, lasciarmi dietro le spalle tutti i dubbi e la solitudine che mi gela più del temporale. C’è chi dice che la vita sia sofferenza, una lotta continua contro un destino avverso, un Dio crudele o semplicemente gli ostacoli che ti si parano davanti.

In momenti come questi mia madre mi manca da morire. Il suo abbraccio rassicurante, il suo “andrà tutto bene, Damian”, il suo sguardo senza giudizio.

L’amore. Che credevo d’aver ritrovato in Chas.

I fari di un’automobile che invade la mia corsia dalla direzione opposta mi riportano al presente. Scarto di lato, le ruote scivolano sull’asfalto bagnato, ma riesco a tenere la moto in piedi, con un paio di manovre che non saprei replicare a mente fredda, mentre il cuore batte forte nel mio petto e io mi rendo conto che l’inconscio non ha intenzione di smettere di combattere.

In qualche modo riuscirò a essere felice, o almeno ne ho ancora la speranza.

Può essere che io sia solo un illuso, ma posso rimandare l’ultimo respiro, almeno finché non avrò la certezza di una vita destinata al fallimento.

Percorro le ultime miglia cercando di non pensare a cosa troverò sul telefono, per cui quando entro nel club, fradicio dalla testa ai piedi, sono impreparato a ciò che mi trovo davanti.

Anthony sta tenendo la maglietta di mio zio nel pugno e, con le lacrime agli occhi e la mano che trema, gli sta urlando contro.

«Tu non riesci a capire. Devi proteggere il club. Non puoi fare quella consegna.»

Dietro di lui c’è Pam, col culo sul bancone del bar, che mangia noccioline.

«Come mai sei così sicuro che ci sarà un nuovo sequestro? Non è che hai dato le informazioni a Malone?»

Dimma scioglie le dita di Tony dalla presa su di sé, una per una, con una lentezza che può esasperare, ma anche terrorizzare. Supera il suo braccio destro di due spanne abbondanti e potrebbe contenerlo due volte, ma è soprattutto la sua nomea a spaventare.

Non è un violento, in generale, mio zio. È un pacifico che preferisce condividere alcool e risate, piuttosto che menare le mani. Ma c’è una cosa che non perdona, ed è l’infamia.

Uno degli aneddoti più famosi risale a qualche anno fa, appena dopo la morte di mia mamma: scoprì che uno del club, di cui si fidava ciecamente e al quale aveva affidato la gestione di parte delle finanze, faceva la cresta ai guadagni. Essersi sbagliato così tanto su qualcuno in cui credeva lo rese implacabile, nonostante avesse scoperto che il tizio usava i soldi per pagare delle cure a sua madre.

Lo torturò per due giorni interi, prima di piazzargli una pallottola nel cervello.

Mio padre mi raccontò di questa storia con una punta d’orgoglio nella voce. Ricordo che mi disse: “Dimma ha tirato fuori le palle. Un giorno lo farai anche tu”.

E dovrei farlo, proprio ora, mentre grondo acqua sul pavimento del club.

Dovrei prendere in mano la situazione, ma resto fermo, cercando di capire cosa stia succedendo.

«Tony, calmati» gli dice, con un tono che ha il potere contrario su tutti noi. Persino Pamela sobbalza su ognuna delle poche sillabe roche e profonde che vibrano contro il legno che ricopre ogni centimetro del pavimento di questa stanza. Se non fosse ridicolo, potrei ammettere ad alta voce che in testa mi è appena partita I’m your Boogie Man di KC and The Sunshine Band. Mi sembra di essere in uno dei film di Tarantino, in cui, su una scena macabra, parte una musichetta allegra e sfacciata. Non dubito che se il nostro Uomo Nero decidesse di farlo, potrebbe rendere questa stanza un mattatoio. «Sto cominciando a dubitare di te. Mi nascondi qualcosa? C’è qualcosa che vuoi dirmi?»

Tony trema, visibilmente, il suo sistema nervoso è compromesso, sta sempre peggio.

Chiunque penserebbe che sta tenendo un segreto troppo scabroso per essere portato alla luce. Un peso che nessun uomo sano di mente riuscirebbe a sostenere da solo. Che sia il tormento dell’infamia? Del tradimento?

Nonostante i dubbi, non riesco a non empatizzare con la sua sofferenza, con il tracollo che somiglia – pur se in forma diversa – a quello a cui mi sento condannato io. C’è una parte di me che vorrebbe offrirgli un po’ del whisky che mi ha dato conforto, ma non posso. Dimma resta solido e Pam ricomincia a sgranocchiare le noccioline, lasciando oscillare le gambe seminude.

«La consegna si farà. E se ci saranno sequestri, Tony, le cose si metteranno molto male per te.»

«Tu non capisci, io ti sono fedele, stiamo rischiando tutti. Tu ti devi guardare da chiunque», sbotta Tony e si lancia uno sguardo intorno fino a posarlo su di me. Pam lo segue e per ultimo Dimma.

Solo allora mi rendo conto che ci sono altri membri del club nella stanza e ora mi stanno fissando tutti.

«Sei tornato» constata mio zio. «Dove sei stato?»

«Alle scogliere di Moher.»

«Quello è un posto da appuntamento romantico con una bella fica. Invece, a tornare tutto bagnato, sei tu da solo. Devo sospettare anche di te?»

«Te ne ho mai dato motivo?» rispondo serio e mi passo la mano tra i capelli che ancora grondano.

«Non ancora.»

Scuoto la testa. Dimma non aveva mai espresso dubbi su di me. Oggi non è la mia giornata. «Appunto.»

Lascio il bar, dirigendomi verso le scale che portano nella mia stanza. Sul primo gradino mi volto e scruto le persone che mi sto lasciando dietro. Alcune di loro non si accorgono di me e su uno dei volti presenti scorgo la soddisfazione della vittoria.

Mi imprimo quell’immagine nella mente, uno scalino dopo l’altro, la analizzo, la unisco a tutti i tasselli che ho raccolto e catalogato in questi mesi, fino a tirare le somme dell’equazione complessa che è l’animo umano, con i suoi desideri. Entro nella mia camera, mi spoglio e mi concedo una lunga doccia calda. Il telefono è ancora nella tasca della mia giacca di pelle, buttata insieme al resto sul pavimento.

Credo di aver capito chi è la talpa e la prossima consegna sarà la conferma dei miei sospetti. Devo solo trovare le prove, per poter inchiodare l’infame alle sue responsabilità. Poi cosa farà mio zio, saranno cazzi suoi. Io voglio solo riportare le mie chiappe in America, trascinare Chastity fuori da casa sua, terrorizzando suo fratello se necessario, portarla nel mio appartamento e ricordarle di quando mi definiva celestiale, quando descriveva ciò che vivevamo come un Paradiso.

Mi sento a un passo di distanza da lei, posso riportarla a me, a noi.

Passo il sapone sui muscoli tesi e intirizziti, lascio che l’acqua bollente scacci il gelo che mi ha pervaso vene e ossa e, quando esco dalla doccia, mi sento un po’ più fiducioso.

La spugna dell’asciugamano assorbe le gocce e mi fa sentire protetto, per cui è con quello che mi butto sul letto, dopo aver recuperato il telefono.

C’è una sola notifica.

Chastity ha risposto al mio video.

E poi mi ha bloccato.

La fortuna oggi è più mutevole di un camaleonte.

Mad: Fai schifo. Quante donne hai portato sulla via della perdizione? Sesso, alcool, droghe. Cos’altro? È stato orribile vedere come profanavi quei corpi, come godevi su di loro, quante erano intorno a te. Orribile. Come te, come chiunque si lasci andare ai piaceri della carne a cui bisogna resistere con tutta la propria volontà. Tu pecchi e hai fatto peccare anche me. Mi fa orrore pensare che mi hai trattata come una di quelle meretrici. Pensare a ciò che mi hai fatto, al modo in cui hai abusato del mio corpo, prendendoti ciò che non ti apparteneva, sdraiandoti sopra di me per strapparmi la verginità. Il convento mi aspetta. Scordati di me.

C’è qualcosa che non mi torna in questo messaggio, forse per questo non mi lascio prendere dall’ansia, nonostante tutto. Ma è solo alla terza volta che lo rileggo che capisco cos’è.

Come per il momento in cui, giù al bar del club, ho compreso chi è la talpa, mentre le righe scorrono sotto i miei occhi, capisco che non può essere stata Chastity a scrivere questo messaggio.

E finalmente ho di nuovo la motivazione giusta per concludere la mia missione qui a Galway e tornare a riprendermi mia moglie. Dopo averla fatta pagare a quella merda di suo fratello.

Digito frenetico poche parole. Non sono indirizzate alla famiglia Nedley, ma alla mia. A Declan.

Mad: Ho bisogno di parlare con la tua ragazza, con Ariel. Il prima possibile.