Capitolo 37

Usciamo sotto il tendone. Piove davvero forte.

«Wilf?» dice Teddi al telefonino. «Zoe e io abbiamo parlato e adesso andiamo al salone di tatuaggi a prendere mia madre. Saremo lì tra una quarantina di minuti.» Riattacca.

«La nonna non ha mai conosciuto tuo marito, vero?»

«No.» Teddi apre l’ombrello. «È la giornata adatta per le presentazioni.»

La pioggia scroscia con violenza. Mi stringo a Teddi per tenermi al riparo. Quando arriviamo al 2TZ rombano i tuoni. Sul davanti c’è un capannello di persone in cerca di riparo. Trigger è alla cassa dietro il banco. Con un cenno ci indica il retro, dove Tibet lavora sulla testa di un motociclista che se ne sta schiacciato sulla sedia come se frenasse per evitare un incidente. Ha i denti affondati in una pallina di gomma.

«Lei deve essere Tibet» dice Teddi come se niente la turbasse mai. «Sono la zia di Zoe. Grazie per avere badato a sua nonna.»

«Non c’è problema.»

Mi volto a guardare tutta la gente. «È di sopra?»

«Immagino di sì, se non è qui sotto. Le abbiamo mostrato il tuo biglietto.» Tibet si china sul motociclista: «Manca soltanto un po’ di colore. Metto la terza, va bene?».

«AARGH ARGH!!!» Il motociclista sviene.

«Vuole un caffè? Un bicchierino di whisky?» chiede Tibet a Teddi.

«No, grazie. Appena si calma il temporale ce ne andiamo.» Teddi si guarda attorno. «Zoe, puoi andare a prendere tua nonna?»

Salgo le scale. Che cosa le dirò? “Nonna, te ne torni a Greenview”?

Attraverso il soggiorno e vado nella camera dei gemelli. La valigia della nonna è aperta, le foto di lei e Teddi sono sparse sul copriletto… ma lei non c’è.

«Nonna?»

Ti prego, fa’ che sia nell’altra camera da letto.

Non c’è.

Non farti prendere dal panico.

«Nonna?» Apro la porta del bagno. Non è neppure lì. «Nonna???»

Corro di sotto. «La nonna non c’è.»

«Che stai dicendo?» chiede Teddi.

«Sto dicendo che non c’è!»

Tibet posa la macchinetta. «Dev’essere filata via quando è venuta tutta questa gente.»

Teddi è pietrificata. «MAMMA!» urla in preda al terrore.

Respira. «Ha appena cominciato a piovere. Non può essere lontana. Se avesse preso la direzione da cui siamo arrivate, ci saremmo incrociate. Perciò deve essere andata verso il parco.»

Teddi e io ci precipitiamo verso la folla sulla porta.

«Devo vomitare!» urlo.

Si apre un varco. Usciamo.

L’ombrello di Teddi si rovescia. Lo chiude. «Andiamo.»

Corriamo verso il parco proteggendoci la faccia con le braccia. Fulmini. Scrosci di pioggia che ci si riversano addosso. Canali di scolo che traboccano. Fiumi che corrono sui marciapiedi. Le nostre scarpe che affondano nelle pozzanghere. Inciampo in un tombino. Teddi mi sorregge.

La pioggia mi inonda gli occhi. Non vedo quasi niente. «NONNA!?!»

«MAMMA?!»

I barboni si schiacciano sotto gli alberi. Passiamo di gruppo in gruppo, urlando il nome della nonna. Non c’è. Ma dov’è?

Improvvisamente uno stridio di freni. Clacson che suonano. Dal caos emerge la voce della nonna: «ZOE, DOVE SEI?».

Altri fulmini. Una vecchina gira in tondo in mezzo alla strada. È la nonna.

«NONNA! STO ARRIVANDO!»

«ZOE!» Si volta verso la mia voce.

La prendo. Teddi salta davanti a noi agitando le braccia per fermare il traffico. Arriviamo alla pensilina dell’autobus all’angolo. Un uomo è accasciato a un lato della panchina, noi ci stringiamo dall’altra parte, con la nonna nel mezzo.

La pioggia tambureggia sul tetto, ma siamo al sicuro. Fari e lampioni brillano nel muro d’acqua che corre lungo il vetro.

La nonna mi stringe. Ha i capelli aggrovigliati, impazziti, gli occhi sbarrati. «Non andartene mai più in giro in quel modo. Mi hai fatto preoccupare da morire.»

«Va bene, nonna, non lo farò più.»

Teddi avvolge la giacca blu sulle spalle della nonna.

«Grazie.» La nonna si volta a guardare chi la sta aiutando. Al semaforo rosso si ferma un tram. I fari inondano la faccia di Teddi. La nonna la fissa a lungo. Si porta la mano alla bocca. «Zoe» sussurra, «io questa persona la conosco? Credo di conoscerla. Mi scusi, la conosco?» chiede a Teddi, confusa e intimorita.

Teddi esita.

«Non ci vedo più bene come prima. E non ricordo come prima. Però in qualche modo… C’è qualcosa… La conosco?… Credo di conoscerla. Chi è lei?»

«Teddi» risponde lei piano.

La nonna allunga un braccio. Passa i polpastrelli sulla faccia di Teddi. «Una volta avevo una Teddi. Le volevo così bene, alla mia bambina.»

Teddi posa le mani su quelle della nonna. «E io avevo una mamma a cui volevo tanto bene.»

«Teddi.» Gli occhi della nonna si riempiono di lacrime. «Sei la mia Teddi?»

La faccia di Teddi si contrae. «Sì.» Stringe forte la nonna.

La nonna piange. «Sono stata ingiusta con te.»

«Sssh. Sssh.» Teddi le accarezza i capelli. «Anch’io sono stata ingiusta con te.»

«Mi perdoni?»

«Con tutto il mio cuore. E tu mi perdoni?»

«Sì, sì» dice la nonna. «Teddi, voglio andare a casa. Vieni a casa con me. Voglio che andiamo a casa.»

«Lo faremo» le promette Teddi.

Mi fa un cenno col capo. Ci abbracciamo tutte e tre. Il resto è silenzio.