Capitolo 2
Era nervosa. Aveva ballato davanti a banchieri e commercianti, mostrato il seno a distinti signori incravattati, accettato le lusinghe di gole eleganti, eppure si sentiva agitata come una debuttante. Nonostante tutto, il bordello di Madam Maryann era il paradiso in confronto al tendone sotto il quale stava per esibirsi.
Non era certa che quegli uomini avrebbero gradito, e dubitava che avrebbero tenuto le mani a posto.
«Sei pronta?» esordì la voce decisa di Rachel, alle sue spalle. «Tra un attimo annuncerò il tuo arrivo.»
«Credi che la mia esibizione piacerà?» Si voltò per incontrare gli occhi da cerbiatta dell’altra e vi lesse una nota di divertimento.
«Mostra loro le tette e non capiranno più niente.» Incastrò il sigaro nella fessura del sorriso. «E io mi ritroverò il bordello pieno di clienti.»
Hope sospirò, lo sterno compresso nel corsetto dal quale il seno faceva capolino in attesa di essere liberato. Come sempre, sarebbe stato un cliente a sciogliere i lacci, spettava a lei decidere a chi concedere l’onore.
Dalla sala giunsero le prime note del pianoforte e si lasciò avvolgere dalla nuvola di fumo che l’altra buttò fuori dalle labbra
.
Ancora non sapeva se Rachel le piaceva o no, restò per un istante a studiarla, ammirando l’oro dei capelli raccolti in una bella acconciatura. Seducente e grezza al contempo. Si conoscevano da poche ore, ma si era sentita subito a suo agio insieme a lei. Sperava davvero di aver trovato un’amica lì in mezzo.
«Tu e Nick siete fratelli?» Era curiosa di sapere cosa li legasse, oltre al lavoro.
«È come se lo fossimo.»
«Dunque vi conoscete da molto.»
«Da sempre. Siamo cresciuti a Pittsburgh, in Pennsylvania, finché lui non ha deciso di partire e io l’ho seguito.»
Hope si accigliò, Rachel invece non sembrava affatto turbata da quei discorsi, anzi, l’espressione era di sognante malinconia.
«Non avevate famiglia?»
«Oh, era come non averne, credo che nessuno abbia sentito la nostra mancanza.» Si fece pensierosa, ma nel voltarsi le rivolse uno sguardo malizioso. «A parte i suoi fratelli maggiori... loro devono aver sentito parecchio la mia mancanza. Comunque, io e lui abbiamo girato per un po’ fin quando non siamo arrivati a Omaha. Io ero stufa di vendermi per due soldi, lui aveva progetti ambiziosi, così abbiamo reclutato qualche ragazza che lavorasse per noi e siamo partititi per questa avventura.»
«Pare vi sia andata bene.» Sbirciò oltre il telo che divideva il retro dalla sala gremita di clienti.
Rachel annuì e spense il sigaro. «E andrà ancora meglio non appena tutti sapranno della nuova ballerina giunta da
New York. Persino chi non ha mai messo piede qui dentro verrà a vedere per curiosità!»
Sperava proprio di non deludere nessuno. Appuntò le piume tra i capelli e sollevò lo specchio per un’ultima occhiata, poi restò a osservare Rachel raggiungere la sala attirando su di sé gli sguardi degli avventori. Era bella e sapeva come muoversi nel suo ambiente, era evidente che le portavano rispetto.
Più in là, Nick se ne stava appoggiato al bancone. Lo sguardo rivolto alla socia, il sorriso sulle labbra ombreggiate dai baffi e le dita che giocherellavano con un mazzo di carte. Era impressionante l’abilità usata nel maneggiarle.
«Signori» esordì Rachel con le mani piazzate sui fianchi. «È arrivata da New York per deliziarvi con la sua bellezza. Fate un applauso a Hope... e tenete le mani lontane da lei. Si può solo guardare!»
Con il volto atteggiato nel più sensuale dei sorrisi, Hope raggiunse il centro della tenda tra fischi di ammirazione e battiti di mani. La musica allegra offriva la giusta base per muoversi tra i tavoli e stuzzicare i clienti, un giro di prova per capire in quanti avrebbero obbedito a Rachel e in quanti trovassero piacevole lo spettacolo. A giudicare dalle mani che dovette evitare, fu subito ovvio che il pubblico era indisciplinato e lo spettacolo gradito.
Persino Nick non le toglieva gli occhi di dosso.
Tornò al centro della sala, ormai spoglia di ogni titubanza. Mossette procaci accompagnarono il gesto di liberarsi della sottana, facendola restare vestita soltanto della leggera sottogonna che sollevò per mettere in mostra
le gambe fasciate in calze bianche, rette da una giarrettiera vezzosa.
Sentì gli occhi dei presenti incollarsi addosso, bramosi e divertiti dalla novità che offriva. Una mossa con i fianchi sul vibrare delle note e Hope sollevò l’indumento per mostrare il didietro fasciato in mutandoni corti. Il coro di assensi le stappò un sorriso. Questo pubblico era più caloroso di quello newyorkese.
Scacciò una mano che tentava di afferrarla e assunse l’aria severa di una maestrina con le mani sui fianchi.
«Mi vuoi bacchettare, bellezza?» L’uomo rise, mentre lei si allontanava in un ritmato sculettare e sganciava, a uno a uno, i gancetti del corpetto del quale si liberò gettandolo oltre il bancone.
Un giro su se stessa e le mani sciolsero il laccio della sottogonna. Lasciò che si ammassasse ai suoi piedi, chiusi in stivaletti neri, e accolse il brusio di fischi d’ammirazione e commenti piccanti che i presenti le gettarono addosso.
Gli occhi di Nick la stavano ancora divorando quando lo raggiunse offrendogli l’onore di liberarla del corsetto. Una mossa scelta con cura, per non dare speranza a uomini dei quali non si fidava affatto. Ci avrebbero messo un attimo a trascinarla dietro una tenda e prendersi ciò che volevano senza badare a chiedere il permesso. Nick era diverso. Sentiva che l’avrebbe protetta e rispettata.
«Dunque... vediamo cosa nasconde lì sotto» lo udì dire e, intanto, avvertiva le dita armeggiare con il fiocco. Il corsetto si allentò concedendo maggior respiro ai polmoni, e lei si voltò nell’attimo esatto in cui se ne liberava mostrando la schiena nuda al pubblico e il seno a un solo
fortunato.
Lo sguardo scaltro di Nick le scivolò addosso come lava, ma tenne le mani a posto e gliene fu grata.
Schermò il petto con le braccia, raccolse la sottogonna e si dileguò nel retro dopo un rapido inchino. I fischi, intanto, continuarono a saturare l’aria per alcuni istanti.
*
La serata era andata bene. Nick contò il denaro e lo ripose nella scatola prima di richiuderla con il lucchetto. Lui e Rachel stavano mettendo via un bel gruzzolo ed erano quasi rientrati dei costi iniziali. Si sentiva soddisfatto.
Afferrò la cassetta e si diresse nel retro, stupendosi di trovare Hope sulla soglia della tenda, lo sguardo rivolto al cielo, le braccia strette attorno al corpo.
«Ottima serata, non trovi?» Mise il denaro al sicuro e le si avvicinò. Aveva ancora negli occhi le lune tonde dai capezzoli rosei che aveva mostrato a lui soltanto. Difficile resistere alla tentazione di allungare una mano per sfiorarla, anche ora che aveva deposto le armi di seduzione e pareva di nuovo spaesata.
«Sì, sembra si siano divertiti.»
«Da domani voglio che ti eserciti a maneggiare i dadi. Sono sicuro che averti al tavolo li spingerà a giocare, se non sarai troppo impegnata a farli ballare.»
«Non ho idea di come si giochi.»
«Ti insegnerà Rachel, non è difficile, l’importante è capire in che modo far cadere quelli truccati per ottenere il
numero desiderato. Dovrai fare pratica prima di metterti all’opera, ma sono certo che sarà un successo.»
«Parli come se dovessi restare per sempre.» Le scappò una risata stanca. «Invece partirò con il primo treno.»
«Ne sei così sicura?» Lui era certo del contrario. «Cos’hai lasciato a New York di tanto importante?»
Si sorprese del modo in cui Hope resse il suo sguardo. Non aveva lasciato nulla laggiù, la risposta era palese nelle iridi nocciola screziate di verde della ragazza.
«Il West offre a tutti noi una nuova possibilità» proseguì, ormai deciso a convincerla a restare. «Ci permette di lasciarci alle spalle ciò che eravamo e provare a diventare ciò che vogliamo essere.»
«Ed è questo quel che vuoi essere?»
«Qualcosa di simile.» Rivolse uno sguardo allo scorcio di cielo oltre la tenda, sommerso dai ricordi di un passato dal quale era fuggito. «L’alternativa era trascorrere la vita a estrarre carbone dalla miniera di Pittsburgh. Ti assicuro che dopo aver passato quasi tutta la vita a spaccarmi la schiena per due soldi, North Platte e la casa da gioco mi sembrano un sogno.»
L’istinto lo portò a guardarsi i palmi candidi. Difficile dimenticare quanto tempo avevano impiegato a perdere le callosità e il nero lasciato dal carbone.
«Sono diventato un uomo là, sottoterra» proseguì, spinto dal bisogno di farle sapere cos’era stato prima di diventare ciò che era. «Da bambino mi occupavo di guidare i muli o separare il carbone dai residui di terra. Poi mi hanno messo in mano un piccone e la fatica si è fatta sentire davvero. Poco prima che io lasciassi Pittsburgh avevamo
iniziato a scavare un tunnel sotterraneo, entravamo che ancora il sole doveva sorgere e uscivamo quando ormai era tramontato.» Abbassò le mani e le scoccò un sorriso. «Se quello che hai lasciato a New York non è migliore di ciò che hai trovato qui, ti do un consiglio: non tornare indietro.»
Sembrava un suggerimento sensato, pensò Hope, anche se a North Platte aveva trovato un marito morto e un lavoro che la costringeva ancora nella situazione dalla quale era fuggita. Qualcosa però la spingeva a fidarsi di lui, a vincere i timori e proseguire nell’avventura che la vita le aveva riservato.
«Ci penserò.» Ricambiò il sorriso, perdendosi nelle iridi verdi che la divoravano.
Sarebbero diventati amanti, già lo sapeva.
*
I dadi ruzzolarono sul tavolo e per l’ennesima volta diedero un risultato diverso da quello desiderato. L’istinto di scagliarli a terra la fece imprecare tra sé. Non aveva pazienza, era una dote che le mancava, con ogni probabilità insieme a quella di maneggiare quegli arnesi infernali. Rachel aveva fatto sembrare facile la magia
: «Devi tenere in mano i dadi con la faccia che vuoi far uscire rivolta verso l’alto, poi li lanci.» Niente di troppo difficile, fin quando non era stata lei a doverci provare.
Era goffa e si stava irritando parecchio. Un connubio che non semplificava le cose. Ci provava e riprovava, sola nella
tenda con il freddo che la stufa quella mattina non riusciva a combattere.
Raccolse i dadi e fece un respiro profondo. Non poteva essere poi così difficile, doveva solo esercitarsi.
Ma a chi la voleva raccontare? Abbassò le spalle, stanca.
Perché mai dannarsi tanto? Lei era brava a intrattenere i clienti, a mostrare le proprie grazie, servire da bere, elargire sorrisi e false promesse. Quello era il suo lavoro.
Eppure, eccola lì a ritentare, perché la verità era che voleva far colpo su Nick. Aveva bisogno di un uomo per sopravvivere in quelle terre selvagge, qualcuno capace di proteggerla da tutti i pericoli. Ma era una bugia che si ripeteva dalla sera prima, da quando il cuore aveva compiuto un balzo al ricordo dello sguardo con il quale lui aveva accarezzato il suo seno in bella mostra.
Strinse i dadi nel palmo, li scosse e riprovò. Voleva una coppia di sei, il numero più alto. Lanciò e si ritrovò a saltellare dalla gioia per esserci riuscita.
«Un successo?» La voce di Nick le fece sollevare lo sguardo verso il bancone. Se ne stava a osservarla, con un sigaro tra le labbra e la solita postura a ostentare sicurezza.
«Il primo, dopo molti tentativi.» Raccolse i dadi e riprovò, certa di aver ormai capito il trucco, però la fortuna non era dalla sua parte e il risultato fu una strampalata somma di numeri indesiderati. «Dannazione!» un’imprecazione che suscitò l’ilarità dell’altro.
Lo osservò spegnere il sigaro, prima di lasciare il bancone e raggiungerla.
«Fa molto freddo oggi» le disse, afferrandole le mani. «Sono gelate, per questo non ci riesci.» La lasciò andare
per impossessarsi dei dadi che chiuse nel palmo qualche istante, prima di posarli sul tavolo.
«Cosa c’entra il calore della mie mani?» Il contatto con la pelle di Nick aveva diffuso un’inaspettata vampata rovente in tutto il corpo. Sentiva le guance in fiamme, simili a quelle di una ragazzina al primo bacio. Che assurdità.
Lui però eluse la domanda e le rivolse uno sguardo di sfida.
«Scommettiamo che riesco a far uscire un quattro e un due?» disse, raccogliendo i dadi.
«Qual è la posta in gioco?» Titubanza rivestita di sensualità, anche lei doveva giocare bene le sue carte.
«Se vinco resterai con me, se perdo sarai libera di andare.» Afferrò i dadi e piantò gli occhi nei suoi. C’era la promessa di qualcosa per cui sarebbe valsa la pena rischiare.
Avrebbe vinto, Hope lo sapeva. Per questo accettò.
Li udì rotolare sul tavolo in un lancio elegante e si trovò a gioire nell’osservare i numeri vincenti.
«Diamine... temo dovrai restare.» Il cruccio era così fasullo da risultare irresistibile. Poi un sorriso scaltro sollevò un angolo delle labbra. «Le scommesse si pagano sempre.»
«Vorrà dire che resterò.» Fu lei questa volta a sorridere, poi si fece pensierosa. «Ma non mi hai ancora spiegato cosa c’entra il calore delle mani.»
«Questi dadi contengono un peso e della cera.» Li raccolse nel palmo in cui li strinse qualche istante. «Con il calore la cera si scioglie e il peso va nella direzione desiderata. Devi tenere in alto la faccia che vuoi far uscire,
così il peso andrà su quella opposta zavorrando il dado, ma dovrai posarlo per qualche istante prima di lanciarlo, così la cera si solidificherà e il peso resterà nel posto giusto» concluse nel posarli di nuovo sul legno del tavolo.
Ecco spiegato il trucco, cosa che Rachel aveva omesso. Si era limitata a mostrarle un paio di lanci, subito richiamata da una delle ragazze che aveva avuto un guaio con un’altra prostituta. Le aveva sentite sbraitare insulti e minacce attraverso la tenda.
«Adesso prova tu» la esortò. «Scommettiamo che esce una coppia di tre?»
«E questa volta qual è la posta in gioco?»
L’espressione furbesca accentuò la bellezza virile del volto. «Se vinco mi prenderò le tue labbra, se perdo... ti prenderai le mie.»
Si accigliò, celando la sorpresa per quella mossa sfacciata. «Così ci guadagnerai comunque.»
«Allora non accettare la scommessa» la provocò, con fare maliardo.
Le dita di Hope, però, stavano già afferrando i dadi. Di nuovo rotolarono sul tavolo in una mano vincente. La coppia di tre sanciva l’inizio di qualcosa di molto interessante.
Si sentì afferrare per i fianchi, una presa salda che l’attirò contro il torace solido di Nick celato dalla camicia bianca.
«Le scommesse si pagano sempre, tesoro.»
«Vorrà dire che mi bacerai...» sussurrò quando ormai le loro labbra erano a un soffio.
«Ci
baceremo
...» Una precisazione mormorata un istante prima di afferrarle la nuca e ghermirle la bocca con
delicata sensualità.
I baffi le sfioravano la pelle, la lingua s’insinuò in una carezza che accolse allacciandogli le braccia al collo. Non aveva nulla da perdere o da temere, a parte il battito impazzito del cuore e il bisogno viscerale di avere di più. Sentiva di desiderarlo con tutta se stessa e ciò la spaventava.
La mano di Nick scese a posarsi sul seno, la lingua percorse la linea del collo con un brivido che le rubò un sussulto. Era così strana la vita, così assurdo il destino. Pensò a Bart, e si domandò se avesse immaginato cosa sarebbe accaduto tra lei e l’amico. L’ombra del rimorso offuscò per un istante il desiderio che l’accecava e, mentre Nick la issava sul tavolo sotto una pioggia di baci, si sforzò di tornare alla realtà. Quella era la seconda possibilità che la vita le offriva, non l’avrebbe gettata via ma non si sarebbe nemmeno concessa così facilmente. Aveva bisogno di stabilità, non del folle battito del cuore o del delirio della passione.
«Avevamo scommesso un bacio...» lo rimproverò, scostando la mano che aveva preso a sollevarle la gonna. «Il resto non è compreso.»
«Scommettiamo ancora, allora.» Rincorse le sue labbra serrandola in un abbraccio.
«Hey, voi due: ci sono i letti per certe cose.» Rachel attraversò il locale a passo deciso, in mano il denaro che posò sul tavolo, accanto all’incrocio di gambe e fianchi che ancora univa lei e Nick. «Appena riscosso dalle ragazze. Stamattina pare siate pieni di appetito, voi maschi.
»
«E tu discreta come sempre, non è vero?» Nick sciolse l’abbraccio e Hope lasciò che l’aiutasse a rimettersi in piedi.
Lo sguardo divertito di Rachel li studiava con insistenza, un sopracciglio alzato, le mani sui fianchi. «Stavate amoreggiando sul tavolo del locale e sarei io quella indiscreta?»
«Hai ragione.» Nick prese i soldi e posò un bacio sulla guancia della socia. «Sono imperdonabile.» Voltò le spalle a entrambe e si diresse nel retro a passo sicuro.
Il silenzio avvolse lei e Rachel per un istante. Si sentiva in imbarazzo mentre l’altra pareva decisa a non abbandonare l’aria divertita.
«L’hai conquistato con quel balletto, tesoro. Non ti staccava gli occhi di dosso ieri sera.» Sospirò nel farsi seria. «Un giocatore d’azzardo e una ballerina... se è questo che cercavi, siete una coppia perfetta. Se volevi un marito, non credo lo troverai in Nick.»
Era ciò che temeva, eppure il cuore era intenzionato a proseguire su quel sentiero. Per una volta valeva la pena di rischiare d’essere felice.