Capitolo 5
Cioccolato. Il profumo investì Nick non appena mise piede nella casa da gioco deserta in quella mattina di metà aprile, con il sole che gettava riverberi dorati sul telo logoro del tendone. Aveva appena ordinato ai falegnami di fabbricare un tetto di legno, così da avere una struttura più solida e invitante. Certo, sarebbe stato più macchinoso smontare il tutto per seguire la ferrovia e i suoi operai, ma si era trovato tra le mani una grossa cifra grazie alla vincita della sera precedente e valeva la pena investirla in qualcosa di concreto.
Nell’annusare l’aria colse una nota speziata a cui non seppe dare un nome e scostò la tenda per sbirciare nel retro. Hope stava armeggiando con un paio di tegami posti sulla stufa, ne aveva sollevato uno che fungeva da grosso coperchio, e ora aveva prelevato quello sottostante, dal quale si sprigionava il profumo delizioso che saturava l’alloggio.
«Una torta?» domandò, cogliendola di sorpresa.
«Sì.» Hope posò il dolce sul tavolo e passò il dorso della mano sul naso, con il risultato di sporcarlo ancor più di farina. Una visione così innocente che, per un attimo, Nick si scoprì a guardarla con tenerezza mentre le si avvicinava. «Cucino torte quando sono nervosa. Inoltre il cioccolato
mette di buon umore e la cannella è un toccasana contro gli sbalzi d’umore» concluse lei, come imbarazzata per essere stata sorpresa a fare qualcosa di così inusuale in un luogo simile.
«Cannella... ecco cos’è questo profumo.» Si mise alle sue spalle e la cinse con un braccio mentre l’altra mano ripuliva in naso dalla farina. «E cosa ti rende nervosa?» Averla tanto vicina risvegliava desideri che la notte prima aveva tenuto a bada, ma che ora chiedevano con prepotenza di essere soddisfatti. Diamine, non sognava altro fin dalla prima volta in cui l’aveva vista, ferma a un passo dai binari che l’avevano condotta lì.
Chissà se Bart aveva immaginato tutto ciò. Gli scappò un mezzo sorriso nel pensare che sì, con ogni probabilità aveva messo in conto anche quello.
Hope sospirò e rilassò le spalle come se, d’improvviso, il peso di una vita intera le fosse crollato addosso.
«Sono stanca» ammise a capo chino. «Stanca di cercare di capire cosa sia più giusto per me.»
«Non sei felice qui?» La fece voltare per poterla guardare negli occhi e vi lesse una nota di divertita esasperazione.
«Cosa diavolo ho qui?»
«Un lavoro, Rachel e me.»
«Te?» Il divertimento eruppe in una risata. «Non siamo niente io e te. Sono solo una che balla per i tuoi clienti e della quale ogni tanto ti piace prendere le labbra.»
«Sbagli... io adoro prendere le tue labbra.» E avrebbe avuto anche tutto il resto, a tempo debito. Si chinò a baciarla, tra il profumo che li avvolgeva e il calore della stufa accesa
.
Nonostante la voglia di soddisfare il desiderio, frenava la fretta di averla. Aveva imparato a gustare i piaceri con calma, ad assaporare ogni attimo che conduceva alla vittoria o alla conquista.
Lei sarebbe stata sua, questo era ormai più che ovvio, lo capiva da come si arrendeva alle sue labbra, dal bisogno evidente di abbandonarsi a lui e alla passione che li aveva travolti fin dal primo bacio.
Ci volle uno sforzo notevole per imporsi di non andare oltre, ma quando la scostò da sé lei parve più confusa di prima.
«Le cose andranno bene, Hope.» Le dita corsero a sfiorarle la guancia in una tenera carezza sensuale. «Io, te e Rachel insieme possiamo farcela anche in un posto come questo. Non sei sola, se è questo che temi.»
Lei però scosse il capo, gli occhi lucidi di lacrime che non lasciò cadere.
«Sono venuta qui per creare una famiglia tutta mia. Non era questo che volevo.» Chinò il capo, come se guardarlo non le fosse più possibile.
«Credi saresti stata più felice con Bart?» La costrinse a sollevare il mento e sorrise con amarezza, ma si sforzò di usare un tono pacato nel parlare. «Perdio, credi ti sarebbe piaciuto sfornare figli di un uomo che avrebbe passato più tempo al tavolo da gioco che con sua moglie? O doverlo accogliere nel letto, ubriaco e deciso a prendersi ciò che gli veniva di diritto?»
«Non puoi sapere come sarebbe stata la mia vita con Bart.» Era piccata e si divincolò senza che lui facesse nulla per trattenerla. Non era sua abitudine costringere le
persone a stargli accanto, amava troppo la libertà per imporre catene agli altri.
«Lo conoscevo molto meglio di te.»
«E allora dimmi: dovrebbe piacermi stare con un farabutto pronto a giocare persino me in una dannata partita a carte?»
«Ma io e te non stiamo insieme.» Quanto lo divertiva vederla sgranare gli occhi in quel modo che palesava sdegno. «Siamo solo soci.» L’aveva sorpresa, un punto a favore per lui.
A essere onesti aveva sorpreso anche se stesso con quella rivelazione, ma ormai non poteva più rimangiarsela e Rachel gli avrebbe strappato le palle non appena la novità fosse giunta alle sue orecchie. Sentì quasi il dolore trafiggere il corpo.
«Soci?
» ripeté Hope, stranita.
Annuì, cercando le parole giuste da dire. Improvvisare non gli era difficile, lo faceva da una vita intera, ma questa volta era diverso, non c’erano in gioco soldi o averi, solo il bisogno di non deludere la donna che gli stava davanti.
«Ho pensato che fosse giusto farti entrare in società. Sei brava e hai portato una ventata d’aria fresca alla casa da gioco. Forse potresti occuparti di reclutare altre ragazze da impiegare come compagne di ballo per i nostri clienti. Potresti scrivere qualche lettera a New York e cercarne alcune tra le tue conoscenze. Se dirai loro che gli uomini sono disposti a pagare quasi un dollaro per ogni ballo, sono certo che lasceranno i bordelli in massa per venire qui.»
La vide accigliarsi, sorpresa e diffidente
.
«E come socia... avrò il tuo stesso guadagno?»
Tipico di quelli come loro andare dritti al sodo. Agi e denaro erano un miraggio che aleggiava da sempre nell’anima di chi aveva conosciuto la povertà. Per un attimo ricordò la costante sensazione di fame che aveva accompagnato la sua infanzia e il delirio per la prima vincita ai dadi: lui e Rachel erano corsi a comprare due di quei dolci sui quali, fino a quel giorno, avevano potuto posare solo lo sguardo attraverso la vetrina, e si erano fatti la promessa che li aveva condotti fin lì: mai più soli, mai più senza soldi. Sempre uniti nel bene e nel male e a qualunque costo.
E ora aveva agito senza consultarsi con la sua socia, l’unica persona che non lo aveva mai tradito né abbandonato. Le doveva molto, quasi tutto e lui se n’era scordato solo per rincorrere il brivido di un bacio che ancora gli inumidiva le labbra.
Serrò i denti per mettere a tacere l’imprecazione che gli era salita alla gola. Rachel non sarebbe stata d’accordo, già ne immaginava gli insulti.
«Certo, avrai il mio stesso guadagno» rispose, però, prima di soddisfare il bisogno di baciare ancora la sua Hope.
*
«Tu sei un dannato bastardo!» Rachel osservava Nick senza riuscire a credere a ciò che le aveva appena annunciato. Si sentiva tradita, pugnalata alle spalle, usata.
«Non so come mi sia venuta in mente una cosa tanto
stupida, credimi.» Il bicchiere tra le dita, il volto atteggiato in una smorfia dispiaciuta.
«Piantala, Nick» intimò, esasperata. Avrebbe volentieri dato un pugno nel centro preciso di quella maschera pietosa. «Con me non funziona l’aria da cane bastonato. Hai dato retta solo all’arnese che hai tra le gambe e ti sei dimenticato che non sei solo qui a mandare avanti la baracca! Diamine, mi sono venduta per mesi solo per permettere a entrambi di mettere qualcosa nello stomaco, mentre tu perdevi e vincevi i nostri soldi al gioco! Dovrei darti un calcio nel sedere e andarmene... ma non lo farò, perché a differenza tua non infrango i giuramenti.»
«Sempre uniti nel bene e nel male e a qualunque costo.» Il sorriso che le rivolse era sincero, racchiudeva ricordi di giorni che entrambi avrebbero conservato nel cuore per sempre. Non era possibile distruggere tutto soltanto perché lui aveva perso la testa per Hope.
«Ti sei innamorato?»
«Cosa?» Strabuzzò gli occhi e scoppiò a ridere, ma lei lo conosceva troppo bene per non sapere che aveva messo su l’ennesima maschera. Una maschera che gettò un istante dopo, mostrando il volto di un uomo disorientato dai propri sentimenti.
Nick sospirò. «Mi piace molto, è vero, ma credo che averla come socia potrebbe tornarci utile. Piace agli uomini, attira più dei tavoli da gioco e non voglio che se ne vada.»
«Dunque ne sei innamorato» insisté, caparbia.
«E anche se fosse?» Assunse l’espressione canzonatoria che le rivolgeva quando si faceva burla di lei, lo sguardo da
furfante, il labbro appena sollevato in un sorriso insolente. «Sei gelosa, cara amica?»
Eccolo il vero Nick, capace di far girare la testa a tante tranne che a lei. Il suo amico, un compagno di avventure e disavventure; lui conosceva ogni segreto della sua anima ma non aveva mai esplorato un centimetro del suo corpo. A parte una volta. Le sfuggì quasi una risata al ricordo dell’unico bacio tra loro. Sorpresa e disgusto. Era stato come baciare il proprio fratello, si erano sentiti violati nel legame che li univa da sempre.
«Sono timorosa, caro amico
.» Si versò un bicchiere di whisky e lo sollevò alla sua salute. «Lei desidera una vita che tu non le vorrai dare e, Dio voglia che io mi stia sbagliando, ma non vedo nulla di buono in questa tua follia.» Mandò giù il liquore, forte e dolciastro attraverso la gola in fiamme. «Comunque, mi trasferirò altrove... così potrete stare soli.»
«E dove andrai?»
«Sei tu quello geloso, ora?» Stava per rivelare quale sarebbe stato il suo nuovo alloggio, ma fu interrotta dall’arrivo di Hope. La nuova socia varcò l’entrata principale in un leggero clangore di tacchi sulle assi del pavimento, e per la prima volta Rachel scorse l’ombra dell’imbarazzo sul volto di Nick. Lo aveva costretto a mettere a nudo la propria anima, e ora i sentimenti dovevano essere fastidiosi quanto un nervo scoperto.
«Scusate, vi ho disturbato?» Hope avanzò con lentezza, quasi avesse timore d’essere di troppo. «Volevo solo ringraziare entrambi, essere vostra socia significa molto per me e spero di non deludervi.
»
«Lo speriamo tutti, cara.» Rachel lanciò un’occhiata a Nick e si avviò all’uscita. «Ma siamo sicuri che sarai all’altezza.»
Lo sperava anche lui. Nick lasciò che l’amica sparisse dalla sala e si prese qualche istante per osservare Hope. Di tutte le follie compiute negli ultimi anni, questa era la più assurda. Rachel aveva ragione, quella ragazza voleva cose che lui non era disposto a concedere, ma più il tempo passava più l’idea di vederla partire si faceva insopportabile. Aveva messo nel piatto il proprio cuore e la propria libertà, c’era da augurarsi di possedere le carte vincenti.
Stava ancora rimuginando su queste faccende mentre più tardi versava da bere agli avventori impegnati a giocare ai tavoli. Hope era occupata a ballare con un tizio dai capelli rossi e sembrava soddisfare appieno il bisogno di normalità che quei poveretti anelavano nella precarietà della vita di frontiera. Lontani da casa, in un territorio fatto d’erba e null’altro. Tornò dietro al bancone per stappare l’ennesima bottiglia di whisky e intanto udiva Rachel rivelare il numero uscito ai dadi. L’imprecazione che risuonò in risposta lasciò intendere che il giocatore avesse perso, ma subito lo udì puntare altro denaro nella speranza di vincere. Il gioco sapeva rendere re e straccioni nella medesima sera.
«Voglio la rivincita.» La voce alle sue spalle risuonò così decisa che si voltò aggrondando le sopracciglia con disappunto.
«Mr. Scott, non vi è bastato perdere ieri sera?» Fissò l’ingegnere negli occhi chiari e lo vide spostare lo sguardo
su Hope con uno piglio che lo innervosì.
«Vorrà dire che questa sera terrò io la vostra beniamina sulle ginocchia. Chissà che non mi porti fortuna.»
«Ve ne porterà di sicuro.» Che lo credesse pure.
«E questa volta metterete lei sul piatto fin da subito.» Balenò una luce arrogante nel sorriso che spuntò da sotto i baffi. «O temete di perdere?»
Perdio, lo stava davvero sfidando?
Idiota impomatato, gli avrebbe potuto far perdere persino gli abiti che indossava, se avesse voluto.
«Il gioco rende ricchi una sera e poveri quella dopo. Sarà la fortuna a decidere da che parte stare.» Afferrò la bottiglia di whisky e fece il giro del bancone. «E l’avrete dalla vostra se Hope sarà con voi.» Versò il liquore nei bicchieri di quattro clienti intenti a fronteggiarsi con le carte in mano e un piccolo gruzzolo in gioco.
«Quindi accettate?» Andrew glielo gridò mentre ancora se ne stata appoggiato al bancone.
Sorrise tra sé, pregustando l’esito della partita, e annuì.
*
L’aveva strappata alle braccia dell’uomo con il quale stava ballando per gettarla tra quelle di Andrew Scott, e ancora non era riuscito a placare il fastidio di vederla accanto a lui.
Hope lo fissava con incredula rabbia. Non le piaceva essere la posta in gioco, lo sapeva, pareva urlargli tutta la sua delusione e come darle torto? Per come stavano le cose, doveva sembrarle un mostro senza cuore. Però non si
ribellava, accettava il ruolo che le aveva assegnato e forse, dopotutto, iniziava davvero a fidarsi di lui.
«La vostra posta in gioco quanto può valere?» Andrew aveva parlato accarezzando la linea delicata del braccio di Hope. La stava già pregustando? Gli scappò quasi da ridere, nonostante la pressa della gelosia che attanagliava il petto.
Le dita mischiarono rapide le carte e le distribuirono. Quando sollevò lo sguardo in quello dell’avversario vi lesse una vittoria che pareva ormai certa.
«Quanto il vostro orologio da taschino.» Vide Hope serrare le labbra con sdegno e Scott sfilarsi la cipolla per posarla al centro del tavolo.
«Pare che Hope porti davvero una gran fortuna.» Andrew sorrideva compiaciuto e lui si limitò a fingere di studiare ciò che la sorte gli aveva riservato.
«Dunque non intendete rilanciare?» chiese, tamburellando le dita sul panno verde che ricopriva il tavolo.
«Rilancio di cinquanta dollari.» Le parole seguirono il gesto di puntare il denaro, poi afferrò una carta dal mazzo e sorrise con evidente soddisfazione.
Lo lasciò vincere, mano dopo mano, imprecando dietro la maschera di preoccupazione che celava il volto compiaciuto. Avvertiva l’ansia di Hope farsi incontenibile a ogni puntata persa, a ogni combinazione di carte mai abbastanza alta da portare via la vittoria all’avversario.
«Siete davvero fortunato questa sera, Scott.»
«Pare proprio di sì.» Portò il bicchiere di whisky alle labbra e fece un sorso. «Il mio full contro la vostra doppia
coppia. Dunque, ho vinto la vostra
Hope.»
Ecco l’attimo che Nick aspettava da tutta la sera. Sentiva lo sguardo di lei bruciare sulla pelle, ma non lo ricambiò né cercò di rassicurarla. Voleva godersi la vittoria senza concedere preavvisi.
«Certo» assentì, con un sorriso scaltro. «Avete vinto un’intera serata di balli in sua compagnia, complimenti.» Dovette soffocare la risata esplosa nel petto, di fronte allo sguardo sgomento dell’altro. «Perdio, Scott! Non avrete creduto che volessi concedervi qualcosa di più piacevole dalla mia
Hope.»
Oh, l’aveva creduto eccome. La delusione sul suo volto spiccava come un asso di picche tra i cuori.
«Non siete stato chiaro, Mr. Miller.»
«Perdonatemi, credevo aveste inteso che non è una prostituta.» Sollevò lo sguardo per incontrare quello di lei colmo di stupore e gratitudine. Bella e delicata, un fiore raro in quel guazzabuglio di anime imbruttite dalla vita. Cederla a un altro era fuori discussione persino di fronte alla possibilità di vincere una grossa somma di denaro.
«Perdonate voi il malinteso, cara.» Scott si era rivolto a lei con delicata galanteria e Nick la vide esitare prima di sollevare le labbra in un sorriso sensuale.
Un sorriso che dentro vorticava nella più nera confusione. Hope abbandonò le ginocchia di Andrew, consapevole degli occhi di Nick fissi su di lei. Ne scrutò le mani intente a riordinare le carte, dita affusolate che sapevano fare magie al gioco e sulla sua pelle. Lui e Andrew, così simili nell’aspetto distinto eppure tanto diversi. Decidere a quale dei due cedere era una lotta tra
testa e cuore.
«Scuse accettate, Mr. Scott» lo rassicurò. «Ora, se volete, possiamo ballare.»
Nonostante la delusione palese sul volto, l’ingegnere si alzò afferrandole la mano con galanteria. Hope pensò a Caroline e alle altre ragazze del bordello di Madam Maryann e a come si sarebbero buttate a capofitto tra quelle braccia facoltose. Solo poche settimane addietro lo avrebbe fatto anche lei senza pensarci due volte, ma adesso... adesso sentiva il prepotente bisogno di appartenere a qualcuno che le facesse battere davvero il cuore.
La musica aveva una nota malinconica, lenta e dolce, in contrasto con il modo in cui Andrew la strinse a sé. Sarebbe voluta fuggire via, lontano dalla prepotenza di quel corpo premuto contro il suo. Non si sentiva a proprio agio e gettò un’occhiata in giro fin quando non incontrò gli occhi di Nick; li osservava da dietro il fumo del sigaro, mentre sedeva alla postazione del banco nel tavolo da faro
[5]
, l’aria seria e attenta. Era così affascinante da rendere sciatto qualunque altro uomo nei paraggi, persino un signorotto come Scott.
«Cosa vi lega a lui?» La voce del suo cavaliere la costrinse a rivolgergli l’attenzione richiesta. «Ne siete attratta?»
«Siamo soci.»
«E null’altro?» Sembrava dubbioso.
Un giro di danza li portò al lato opposto della sala,
lontani da occhi che seguivano i loro passi e orecchie tese ad ascoltare.
«Non escludo che un giorno la situazione cambi. Nick è un uomo attraente e gentile.»
«Che vi sfrutta come farebbe con una prostituta. Credete impiegherà molto prima di pretendere da voi anche quello?»
«E voi mi stavate trattando forse in modo diverso?» La domanda sortì l’effetto desiderato, perché lui abbassò il capo con imbarazzo.
«Avete ragione, e vi chiedo un’altra volta scusa.» Andrew si umettò le labbra tese sotto i baffi brizzolati e la condusse in un volteggio che li portò quasi fuori dal locale. Fu lei a trattenerlo sulla soglia e la morsa delle braccia che la cingevano si fece possessiva. «La verità è che da due giorni non penso che a voi, Hope, ai vostri occhi, alle vostre labbra...» Si chinò per posarvi un bacio, ma lei fu rapida a scostarsi ricevendo un’occhiata di disappunto. «Dunque non ho alcuna speranza?»
«Non concedo facilmente il mio cuore, tantomeno il mio corpo.» Nel petto un tamburo impazzito travolto dalla confusione che regnava tra i pensieri.
«Vorrà dire che saprò conquistarvi.»
Il baciamano eseguito con eleganza e un sorriso gentile di congedo, poi Andrew lasciò la casa da gioco calzando il cappello.
Restò a osservalo sparire nel buio, solo in direzione del vagone nel quale alloggiava. Il vento freddo della sera s’insinuò tra la stoffa nel vestito facendola rabbrividire e si costrinse a voltarsi per raggiungere il bancone
.
La voglia di ballare era svanita.
«Non terrei due piedi in una scarpa, fossi in te.» Rachel aveva parlato da dietro il tavolo dei dadi deserto. «Nick potrà sembrarti un farfallone superficiale, ma è piuttosto geloso delle cose a cui tiene.»
«Non sto tenendo i piedi in nessuna scarpa, al momento. Ho rifiutato Scott e... per quanto riguarda Nick, se tiene davvero a me, che lo dimostri, allora.»
«Ti ha fatto entrare nella nostra società, non ti basta?»
«Gliene sono grata, ma...» scosse il capo, indecisa se confessare ciò che suggeriva il cuore.
«Beh, a suo modo ti sta corteggiando, tesoro. Preferivi forse che arrivasse dritto al sodo?»
«Non capisco cosa vuole da me, cosa si aspetta.»
«Perché non glielo chiedi?» Ripose i dadi e passò la spazzola sul panno verde. «Scommetto che la risposta non ti deluderà.»
A dire il vero non sapeva ancora in quale risposta sperare. In qualsiasi direzione guardasse, trovava l’incertezza a costellare il suo cammino.
Più tardi, mentre spazzava il pavimento della casa da gioco ormai chiusa, gettò un’occhiata a Rachel seduta a uno dei tavoli. Stava sbocconcellando una fetta della sua torta, e l’espressione estasiata la diceva lunga sul risultato dell’impasto.
«Dovresti cucinarle per i clienti, sarebbero un successo» propose, prelevando un’altra piccola porzione. «Devo ammettere che sei una fonte inesauribile di sorprese, Hope. Sarà per questo che hai conquistato il caro ingegner Scott?» Una frase buttata fuori per stuzzicare il socio, era
ovvio, infatti fu su di lui che puntò i vispi occhi scuri.
La gelosia saettò nel petto di Nick, ma fu abile a intrappolarla nel sorriso che rivolse a entrambe. «E presto si spargerà la voce che Hope porta fortuna al gioco... una carta vincente in più per noi, non trovate?» domandò, dondolandosi sulla sedia.
«Lo hai fatto vincere con l’abilità della canaglia che sei.» Rachel proruppe in una risata contagiosa. «E al tavolo dei dadi qualcuno già mormorava di Hope e della fortuna che pare porti. È stata un’ottima mossa.»
«Un azzardo, ma Scott è uno dei migliori polli da spennare qui in giro e questa sera è andato a casa con un pugno di mosche, nonostante la vincita.» Diede un’occhiata a Hope, ma lei seguitava a spazzare il pavimento senza prestargli attenzione.
«Di certo ha lasciato qui l’unica vincita che gli interessava.» Rachel pareva intenzionata a stuzzicarlo e lui era deciso a non dargliela vinta.
«Perché non ti ritiri per la notte? Si è fatto tardi.» Suonò come un consiglio ma lo sguardo non ammetteva repliche, e quello canzonatorio che ricevette in risposta non ebbe bisogno di parole.
Rachel si alzò con uno sbadiglio forzato, poi avvolse le spalle nello scialle scarlatto.
«Credo proprio che seguirò il tuo consiglio. Buonanotte, soci, da questa sera non dividerò più l’alloggio con voi... ma scommetto che non sentirete la mia mancanza.»
E come darle torto? Nick si gustò l’espressione sorpresa di Hope e, intanto, il ticchettare dei tacchi sul legno accompagnava l’uscita della vecchia amica dal locale
.
Si alzò, pregustando gli attimi che lo attendevano. Si era fatto un’idea precisa di ciò che sarebbe accaduto e non intendeva deluderla. Hope lo osservava, immobile, la scopa tra le mani e domande confuse ad agitare le pupille. Era splendida.
«Perché non posi quella ramazza?» Parole inutili, perché lui stesso gliela stava già sfilando dalle dita. «Sei stata brava stasera.»
«A fare cosa?»
«A fidarti di me.» L’attirò in un abbraccio dal quale non l’avrebbe fatta fuggire. Sarebbe stata sua, lo poteva leggere oltre la smorfia imbronciata che lei aveva messo su. «E a non lasciarti baciare da Scott.»
«Non mi piace la sua insistenza e non voglio più che tu mi metta in una situazione simile.»
«Non accadrà.» Per nulla al mondo avrebbe rischiato di vederla ancora tra le braccia di quel tizio. «Giocargli questo tiro è servito anche a fargli capire che non ti avrà mai, Hope.» Le labbra sfiorarono quelle morbide di lei, ciliegie succose delle quali non sarebbe mai stato sazio. «E non ti avrà perché sei già mia.»
«Ah, davvero?» Il disappunto andò in frantumi non appena lui prese a sbottonare i lacci che chiudevano il corpetto. Anelava a sfiorarle la pelle calda e candida del seno, celata dalla stoffa di un abito succinto che la rendeva sensuale ed elegante.
«Mi pare tu non attenda altro.»
«Sei troppo sicuro di te, Nick.» Ma le dita stavano correndo a sbottonare i bottoni della camicia e si posarono lievi sul suo torace levandogli il respiro
.
Sarebbe stata una nottata da ricordare, ne era certo.
«E tu sei troppo bella.» Un altro bacio nell’intreccio di braccia che li univa. La pelle rovente sotto il tocco di carezze audaci, l’inguine che bramava una soddisfazione impossibile da negare.
Si sfilò la camicia di dosso e sorrise quando lei seguì il suo esempio liberandosi del corpetto. Negli occhi ancora le mosse provocanti esibite per intrattenere il pubblico e il ricordo di come il suo cuore aveva palpitato nel vederla svestirsi la prima volta.
«Spogliati per me...» la stuzzicò, ma in realtà aveva stuzzicato solo se stesso perché, non appena lei incurvò le labbra con quel fare seducente, fu come se l’incendio esploso nelle viscere stesse divampando in ogni fibra del corpo.
«Perché hai atteso tanto? Perché proprio stasera?» Parole accompagnate al gesto di privarsi della gonna. La linea sottile della vita armonizzata dalla curva dei fianchi, il seno che faceva capolino dal corsetto a cui ora stava allentando i lacci. Movimenti lenti e sensuali, capaci di fermare i battiti del cuore e farlo esplodere al contempo.
«E perché non stasera?» Si appoggiò al tavolo alle sue spalle, deciso a godersi lo spettacolo, ma lei si interruppe un istante prima di svelare la rotondità del seno.
«Potrei decidere di non darti ciò che vuoi, di dimostrarti quanto sei stupido e pieno di te da pensare di potermi avere con uno schiocco di dita.»
Nick sbuffò tra sé. Sedurla sarebbe stato meno facile di quel che aveva creduto. Era tosta e coraggiosa, non c’era che dire
.
«Preferisci darlo a Andrew Scott?» Intanto si privava del cinturone e godeva della tempesta che le offuscava lo sguardo. Desiderio e orgoglio, un uragano pericoloso e affascinante. «Sei ancora in tempo per raggiungerlo.» Un passo e l’afferrò per la vita issandola sulla spalla. «Oppure puoi seguirmi nella nostra camera da letto.»
Incassò i pugni con i quali lo colpì, deboli quanto la determinazione a non cedere.
«Non è la nostra
camera da letto!» inveì, quando ormai stavano varcando la soglia dell’alcova.
«Oh, eccome se lo è! Non hai sentito cos’ha detto Rachel?»
«Non m’importa un accidente di quel che ha detto!» Una frase interrotta dal gesto di Nick di rimetterla con i piedi per terra. «Io non dormirò con te!» sputò fuori, velenosa.
Sorrise con voluta irriverenza. «In effetti, dormire non rientrava nei miei piani.» La battuta, però, non sortì l’effetto sperato. Hope gli rivolse uno sguardo deluso, come se quelle parole l’avessero ferita anziché sedurla. Si aspettava ben altro da lui, era ovvio, per questo ripose la maschera da mascalzone, deciso a mostrare ciò che gli si agitava dentro: rammarico e sentimenti ai quali faticava dare un nome. «E va bene, ragazzina... hai ragione. Sei arrabbiata con me e lo capisco, ma ora sai anche che non ti avrei ceduto a lui per una stupida partita a carte, né ti avrei costretto a far cose contro la tua volontà. Non capiterà mai, è una promessa e la manterrò sempre.» Un passo per raggiungerla e il muro di diffidenza e orgoglio andò in frantumi negli occhi di Hope. «Quindi, perché non deponi le armi e lasci che questa serata dia inizio a
qualcosa voluto da entrambi?»
L’azzardo di saggiarne le labbra gli costò un brivido, nemmeno fosse stato uno sbarbatello al primo bacio. Emozioni nuove solcarono il cuore quando lei schiuse la bocca per accogliere la sua lingua, quando l’abbraccio si fece possessivo e il desiderio trascinò entrambi nel suo vortice di lussuria e sentimenti.
«La mia donna, la mia amante, la mia socia...» La bocca seguiva la linea del collo, le dita la liberavano del corpetto. «Non desidero altro, Hope.»
«Desiderio, è solo questo per te.» Il disappunto smorzato dal sospiro che le rubò nel catturare il capezzolo in un bacio languido.
Diamine, avrebbe voluto rimandare a dopo i discorsi e affrontare faccende ben più piacevoli, ma si costrinse a sollevare il volto e incontrare gli occhi che lo avevano fatto innamorare. Sì, lo doveva ammettere prima con se stesso se voleva che lei comprendesse quanto forte fosse il bisogno di averla.
«Ho solo questo da offrirti, non sono un uomo facoltoso come Andrew Scott o come quelli che avrai conosciuto a New York. Sono solo Nick e non posso farti promesse perché non so dove e come sarò domani... ma so che sono innamorato di te e che dal primo momento in cui ti ho visto, ferma davanti al treno ad aspettare il tuo futuro marito, ho desiderato ogni istante di averti per me.» Un bacio a fior di labbra e il cuore galoppò nel petto. «Ora sai come stanno le cose. Se vuoi restare dividerai la vita con me, se non vuoi, ti prego... va’ via adesso.
»
Andare via? Dopo quella dichiarazione sarebbe stato impossibile. Hope sentì le gambe tremare per l’emozione e si aggrappò alle spalle forti che la sovrastavano. Il petto nudo di Nick premuto al suo seno, mentre accoglieva il bacio che suggellava l’inizio della loro vita insieme.
Precaria e selvaggia, una vita che non prometteva nulla ma donava tutta se stessa. C’era passione e sentimento nel modo in cui lui la stava privando della biancheria per ammirarla, rapito e sedotto dai suoi stessi gesti.
Un giocatore d’azzardo e una ballerina in una città dissoluta e selvaggia. Suonava attraente e pericoloso e, forse per questo, irresistibile e perfetto.
Gli ultimi indumenti scivolarono via, le mani a cercare il calore dei corpi, le bocche a fondersi in quel rincorrersi di baci. Sentì le dita di Nick affondare tra i capelli, liberarli dalle forcine per lasciarli ricadere sulle spalle come la veste più sensuale.
La felicità si contendeva il petto con il senso di libertà ritrovata. Per la prima volta dopo tanto tempo, sentiva di non aver nulla da perdere né da temere. Si strinse nell’abbraccio per sincerarsi che non fosse un sogno, ma il petto caldo di Nick contro il suo seno era autentico quanto le mani che scendevano ad accarezzarla con delicata urgenza.
Lasciò scorrere le dita lungo il torace dell’amante, fino alla cicatrice che spiccava sulla pelle chiara.
«Un bel foro...» fece nel prendergli le labbra. «Il ricordo di un giocatore truffato?»
Nick sorrise. «È un lavoro
pericoloso il mio.» Un altro bacio ad alimentare il desiderio, prima di piantare gli occhi
nei suoi. «Sicura di voler rischiare con me?»
Il cuore urlava di sì, la ragione suggeriva di essere cauta. Eppure, non c’era posto in cui si sarebbe sentita più al sicuro delle braccia che la cingevano, e non aveva incontrato occhi più sinceri di quelli nei quali si specchiavano i suoi.
Gli allacciò le braccia al collo, nel folle bisogno di sentirsi davvero sua.
«Al momento è la sola cosa che desidero.»
«Allora benvenuta nella mia vita, bellezza.»
L’unirsi delle labbra nel bacio più dolce mai ricevuto, Hope chiuse gli occhi, decisa a vivere quell’attimo nella sua totalità.
Andrew Scott era già svanito dai pensieri e, mentre il letto accoglieva il fondersi dei loro corpi, Hope riuscì solo a pensare che nella battaglia tra cuore e ragione il primo aveva vinto l’intera guerra.
*
«Resta con me, non pensare più a New York» mormorò Nick più tardi, nel calore di un abbraccio sotto la carezza delle coperte. «Promettimelo.» Aveva bisogno di sentirsi dire che sarebbe stata sua per sempre ed era una necessità che avvolgeva il cuore nella dolce morsa di un tormento al quale ormai aveva dato il giusto nome.
L’amore era un lusso al quale aveva creduto di non essere destinato, invece eccolo lì a bramarne ogni singola goccia.
«Credo di non aver mai pensato di voler davvero tornare
laggiù.» Hope gli si accoccolò contro, rilassata e serena come non l’aveva mai vista prima. «Non c’è nulla che ne valga la pena.»
«Nulla... o nessuno?» Doveva sapere, conoscere il passato della donna che aveva accanto in quel presente incerto. «Avevi un uomo nell’Est?»
Il silenzio si prolungò per un istante di troppo, innervosendolo, poi Hope si puntellò su un gomito e lo guardò da dietro le lunghe ciglia scure. C’era una vita celata in quelle iridi che ricordavano i toni caldi del sottobosco. Un passato che apparteneva solo a lei.
«C’è stato un ragazzo che ho amato molto, ma la guerra se l’è portato via.» Si accigliò, malinconica. «Avevamo tanti sogni e la promessa di una vita normale
non appena i combattimenti fossero finiti, ma non è stato così. Dopo di lui ho avuto un solo un uomo, un avvocato che aveva perso la testa per me, ma ero solo la sua amante all’interno della casa di piacere. Lo aiutavo a fuggire dalla noia quotidiana, così diceva. La nostra storia è finita alcuni mesi fa, lui non mi avrebbe mai sposato e, comunque, ha rivolto la sua attenzione altrove quando si è stancato di me.»
«Due soli uomini? Me ne aspettavo qualcuno di più, dato che...»
«...vivevo in un bordello?» lo interruppe Hope, con aria divertita, poi scosse il capo mentre lo sguardo si velava di nuova malinconia. «Sognavo qualcuno che mi portasse via da lì, non ero interessata ad avere un amante che mi tenesse buona a scaldargli il letto.»
«Quella vita non ti piaceva proprio, vero?»
«Sbagli, ballare mi piaceva tanto quanto essere ammirata
e desiderata... ma ho sempre avuto paura del futuro che mi attendeva. A un certo punto ho capito di dover andare oltre, se volevo salvarmi da un destino inevitabile.»
«Potevi sempre aprire una pasticceria.» Nel dirlo le rubò un bacio, goloso di lei come della più dolce leccornia. «Hai un vero talento con le torte, mi domando dove tu abbia imparato a cucinarle.»
«Ci sono cresciuta in quel bordello, Nick... e prima di mostrare le tette ai clienti ho fatto la sguattera in cucina. Ero così piccola che per pulire il tavolo dovevo salire su uno sgabello, ed è lì che ho imparato a cucinare i dolci.»
«E come sei finita a mostrare le tette?» Scese a prendere un capezzolo tra le labbra, roseo e delicato sulla pelle nivea, e la udì gemere di stupore e piacere.
Il pensiero tornò agli attimi appena vissuti e un brivido lo attraversò al ricordo di come gli si era data, vestita soltanto di una lussuria che lo aveva annientato nel più appagante dei modi. Era stato un incontro di desiderio e possesso. Il folle bisogno di appartenersi e proteggersi, il rincorrersi dei baci, l’intreccio in cui le dita si erano strette... Chiuse gli occhi, sopraffatto da emozioni troppo intense per essere ignorate.
Sentiva che qualcosa era cambiato dentro di sé, e non era certo fosse un bene.
«Allora?» Cercò di ritrovare il controllo e ripose la domanda: «Come sei finita a fare quei balletti?»
«Da piccola sognavo di fare la ballerina. Avevo visto uno spettacolo di artisti di strada ed ero rimasta affascinata dalle mossette di una delle ragazze.» Sorrise, come rapita da ricordi lieti. «Ricordo che rubavo i vestiti di mia
mamma e provavo a ballare nella mia stanza, sulle note della musica che saliva dal piano inferiore, ed è una cosa che ho continuato a fare crescendo. Era il mio modo per fuggire da lì e sentire meno il peso di quella vita. Mi piaceva svestire i panni della sguattera e vestire quelli della ragazza ammaliatrice, e non era difficile trovare l’ispirazione dentro al bordello. Ho imparato presto ciò che si doveva fare per stuzzicare un uomo.»
«Ti hanno rubato l’innocenza, ma sei rimasta pura nonostante tutto.»
«Pura?» Scoppiò a ridere, incredula. Una reazione che Nick si era aspettato, per questo le rivolse un sorriso sornione.
«Pura
, è questa l’idea che dai nel vederti... almeno fin quando non ti esibisci fuori o dentro le lenzuola.» Un altro bacio, e il sangue tornava già a incendiare le vene. «Scommetto che un giorno Madam Maryann ti ha scoperto a ballare e ha capito quanto saresti piaciuta ai suoi clienti. In effetti eri sprecata come sguattera.»
«Proprio così. Mi fece prendere qualche lezione di danza, imparai a muovermi con più grazia, a dosare sensualità e insolenza. Maryann aveva in mente un’idea precisa dello spettacolo che dovevo offrire, e così vennero fuori i miei balletti scabrosi
, come le piaceva definirli.»
«Scabrosi e sensuali.» Si scostò da lei per alzarsi dal letto e indossare i calzoni. Aveva bisogno di un bicchiere di whisky e di un buon sigaro. «Peccato che i nostri clienti non ne potranno più godere» aggiunse versandosi da bere.
«Come?» C’era stupore e sollievo sul volto di Hope, e lui se ne beò
.
«Sei la mia donna, adesso.» Portò il sigaro alla bocca e lo accese con la fiamma della candela. «Non posso offrirti molto, ma ti prometto che non dovrai più spogliarti... a meno che tu non lo faccia per me.» Sollevò le labbra in una smorfia che strappò una risata a Hope. Complicità e attrazione, ingredienti che rendevano sempre più piacevole il loro stare insieme.
«È pur sempre un inizio per cambiare vita.»
«Ed è quello che volevi, giusto?»
«Una parte di quel che volevo, sì.»
L’altra parte comprendeva un marito e una famiglia, ma quella era una promessa che Nick non poteva fare.