Capitolo 9

Lo specchio rifletteva l’immagine di una donna ben diversa da quella giunta a North Platte quasi cinque mesi addietro, di sicuro meno ingenua e fiduciosa nel futuro. Hope intinse il piumino nella polvere di riso e lo passò sul volto preoccupato. Sapeva che Andrew era di nuovo in città e sapeva quanto ciò desse fastidio a Nick. Nonostante l’altro non l’avesse più cercata nel mese appena trascorso, restava un’ombra tra loro ogni volta che si trovava nei paraggi.
Nell’aria la fragranza di cioccolato e cannella sprigionata dalla torta in cottura, nella mente mille rapidi pensieri. L’indomani avrebbero smontato il bordello, le sale da gioco e da ballo, e sarebbero partiti per la città successiva. La sola cosa a rincuorarla era che Sidney sorgeva attorno al forte dove era di stanza la fanteria e ciò garantiva una protezione in più dagli attacchi indiani.
Nonostante l’ora tarda, fuori si udivano ancora i carpentieri al lavoro. Ormai erano diventati suoni familiari, così come la sensazione di non appartenere a nessuno dei luoghi in cui sostavano senza avere il tempo di affezionarsi a un singolo particolare del paesaggio.
«Cioccolato e cannella...» Nick sbucò oltre la porta che comunicava con la casa da gioco, in mano un paio di dadi che rigirava tra le dita. «Sei nervosa per la partenza?»
«Un po’.» Sollevò il coperchio dalla stufa e prelevò la torta ormai cotta che posò sul tavolo. «Mi agita sempre l’idea di ricominciare altrove.» Non parlò di Andrew e della sua presenza in città, di quanto la inquietasse la rivalità che Nick non riusciva a mettere da parte. Era teso in volto persino adesso che le si avvicinava sorridendo.
«Agita anche me, ma sono felice di scrivere con te questa pagina di storia del nostro Paese.» Le scostò un boccolo dalla fronte con quel fare adulatore che l’aveva conquistata. Sembrava saper dire le cose giuste al momento giusto, riusciva sempre a toccare le corde del suo cuore con mani lievi ma capaci di spazzare via ogni altro pensiero.
Ed eccola sorridere alle emozioni che splendevano negli occhi del suo uomo. Cosa poteva volere più di ciò che già aveva? Forse era tutto lì il senso della sua vita, nella dignità trovata tra braccia che amava.
«Sidney sarà una città come Julesburg?» domandò, gettandogli le braccia al collo.
«E come North Platte e tutte quelle che sorgeranno da qui all’incontro con la Central Pacific: un immenso giro di anime e denaro.»
«Allora non ci sarà da annoiarsi.»
«Ma noi insieme non ci annoiamo mai.» Un bacio lieve, le braccia che già la issavano sul tavolo alle sue spalle. «Sai che non ti resisto quando profumi di cioccolato e cannella.» Rise nel posarle un bacio sul collo, mentre le mani sollevavano le sottane e risalivano ad afferrare il bordo della biancheria .
«Sarà meglio rimandare a più tardi» tentò di fermarlo con l’ultimo briciolo di razionalità che annaspava tra brividi ed emozioni. «Dovremmo già essere in sala.»
«La sala può attendere.» Armeggiò con i calzoni e intanto le ghermì la bocca con la stessa passione che usò nel farla sua.
Un gemito le salì alle labbra mentre si lasciava amare e ogni altro pensiero svaniva dalla mente. Le mani sotto la camicia di Nick, la pelle calda del suo petto sotto i palmi delicati, i movimenti fluidi di quella danza sensuale che li vedeva uniti e complici del medesimo piacere. Si sentiva bella e amata, corteggiata e conquistata. Nick era il realizzarsi di un sogno mai accantonato: quello del vero amore.
Sì, lo amava così tanto da desiderare di trascorrere l’intera vita al suo fianco. Forse avrebbe sacrificato tutto il resto pur di restare con lui. Era un dannato randagio dal fascino irresistibile e non c’era nulla che lei potesse fare per salvare se stessa dal bisogno di appartenergli. Sollevò lo sguardo per tuffarsi nel verde di un mare in tempesta. Lussuria e tenerezza traboccavano in onde dense di desiderio, e lei si lasciò travolgere dal delirio del piacere che sommerse entrambi.
«Diavolo, Hope... a volte credo che tu sia nata per stare con me» le sussurrò sulle labbra gonfie di baci.
«È una dichiarazione d’amore?» Sorrise, indugiando nel suo sguardo. La tempesta aveva lasciato il posto alla calma di un mare quieto.
«È un dato di fatto.» Si ricompose e le posò un bacio sulle labbra. «In realtà ne sono sicuro. Sei l’unica donna che potrei avere accanto.»
«O forse l’unica che accetta di seguirti in questa avventura.»
«Di certo la sola che voglio.»
Era stato il tono arrochito dal desiderio appena soddisfatto o il modo in cui l’aveva guardata, a farle balzare il cuore nel petto? Hope se lo domandò più tardi, mentre il rapido incontro di quella sera era ormai un dolce ricordo e lei si ritrovava tra le braccia dell’ennesimo ballerino della serata.
Era la sola donna che Nick voleva e lui era il solo uomo per lei. Un pensiero che le accese un sorriso sul volto, subito ricambiato dall’ignaro cavaliere che si congedò alla fine del brano.
«Siete libera per un ballo con me?» La voce impastata d’alcol era quasi irriconoscibile, ma mentre Hope si voltava già sapeva che si sarebbe trovata a fronteggiare Andrew Scott.
«Mr. Scott, posso indicarvi una delle ragazze disponibili.» Cercò di usare un tono fermo, celando la sorpresa di vederlo lì ebbro d’alcol.
«Non voglio una delle ragazze, voglio voi.»
«Non sono disponibile, mi dispiace.» Fece per allontanarsi ma lui la trattenne.
«Credete che non sappia perché il vostro uomo ha evitato di regolare i conti con me dopo che vi ho regalato quell’abito?» Il volto contratto in una smorfia di derisione, così diversa dalla solita espressione gentile. Ecco il marcio che trapelava da dietro la maschera. Ecco l’altra faccia dell’uomo che voleva entrare con prepotenza nella sua vita. «Ha già rischiato tanto per voi; basterebbe una mia parola a chi di dovere e non potrebbe più lavorare sul suolo della ferrovia. Lui lo sa... e lo sapete anche voi.»
«E cosa vi trattiene dal farlo?»
«La consapevolezza che lo seguireste e così vi perderei.» Le si fece tanto vicino che i loro volti quasi si sfiorarono. «Nonostante ciò, gli conviene non mettere alla prova la mia pazienza.»
«Non siate meschino, Mr. Scott!»
«Vedete del meschino in me e non in lui, che tace pur di poter restare qui a rubare soldi a questi poveretti?»
«Forse dovreste andare a cercare compagnia altrove.»
«Ma io desidero la vostra.» La strinse a sé mentre la musica colmava l’aria di una melodia romantica. «Non vi chiedo di essere mia e non vi costringerò, anche se scommetto vi sacrifichereste volentieri pur di salvare il locale del vostro uomo. Chiedo solo di ballare con voi di tanto in tanto, in cambio... lascerò che voi e quel farabutto continuiate a lavorare qui.»
«Perché lo fate?»
«Perché vi amo e vi desidero, ma se non posso avervi voglio almeno continuare a godere della vostra compagnia.» Le rivolse un sorriso che non raggiunse gli occhi. «Ballerete con me, Hope?»
Poteva forse rifiutare e rischiare di perdere la possibilità di lavorare sul suolo della ferrovia? Sperò che Nick restasse nella sala adiacente, ignaro di quanto stava accadendo, perché in realtà anche Andrew non avrebbe dovuto metterne così a prova la pazienza. A differenza sua, quelli come Nick non avevano poi molto da perdere. Si morse un labbro, inquieta, e lasciò che Andrew la trascinasse nel ballo con l’arroganza alimentata dall’alcol che gli avvelenava il sangue e la mente.
«Non siete in voi questa sera» lo rimproverò, tesa.
«Avete ragione.» Rise nel premerla al suo petto in una morsa indecente. «Domani me ne pentirò e striscerò ai vostri piedi per chiedervi scusa, ma adesso non m’importa un accidenti della dignità e del rispetto, vorrei solo avervi e saziare la fame che mi avete messo addosso.»
«Avete fatto tutto da solo, non datemi colpe.»
«Essere giovane e bella è l’unica colpa che avete, per il resto sono io il farabutto tra noi due, non so resistere allo sguardo dei vostri occhi e morirei pur di sfiorare la vostra pelle.» Si arrestò nonostante la musica seguitasse a risuonare nella sala, e avvicinò la bocca all’orecchio di Hope sussurrando: «Domani partirò, venite via con me.» C’era l’ombra di una supplica in quelle parole. «Non è il posto adatto a voi questo, rende gli uomini peggiori.»
«O forse li mostra per ciò che sono davvero.»
«Vi prego, Hope, sapete che ho bevuto e... anche se non è una scusante, l’alcol è un pessimo consigliere. Perdio, partite con me, meritate una vita che Miller non vi potrà mai dare.»
«E cosa offrite di meglio?» domandò, sfidandolo a mettere nel piatto la sua offerta. Era davvero curiosa di sapere fin dove si sarebbe spinto.
«Un’esistenza dignitosa lontano da questa marmaglia.»
«Come vostra moglie?»
«Ne ho già una, lo sapete.» Allargò le mani con rassegnazione. «Posso solo offrirvi gli agi di una donna benestante, una bella casa in cui vivere e un posto in società.»
«La vostra società non è luogo adatto a quelle come me.»
«Farei di voi una vera signora se solo me lo permetteste.»
«Fareste di me la concubina da tenere in una gabbia dorata.»
«Sarebbe pur meglio della prigione polverosa in cui vivete ora. Inferno su ruote , è così che vengono chiamate le nostre dannate città al seguito della ferrovia, il luogo in cui voi vivete.» Le carezzò il viso, un gesto languido, privo di lussuria. «Forse vi sentite libera in questa terra selvaggia, a vivere in una tenda che chiamate casa, ma state solo sprecando i vostri giorni.»
Il fastidio per quelle parole la fece irrigidire e, nello scorgere Nick varcare la soglia che divideva le due sale, si divincolò da Andrew timorosa delle conseguenze. Dallo sguardo torvo dell’amante si era aspettata una sfuriata che però si esaurì nel contrarsi della mascella, e si sentì sciocca nel provare stupore.
Rivolse un cenno di saluto a Andrew e si dileguò tra le coppie danzanti, dentro al petto la sensazione di essere contesa da due uomini per i quali valeva meno di una casa da gioco e poco più di una prostituta.
*
Il suono di un’armonica accompagnava il coro di un gruppo di operai seduto fuori dal vagone dormitorio :
Drill, ye tarriers, drill.
Drill, ye tarriers, drill.
Oh it’s work all day,
no sugar in your tay
workin’ on the U. Pay Ra-ailway! [7]
Così conosciuto tra la gente della ferrovia da essersi insinuato nella mente di Nick con il suo ritmo incalzante. Lo aveva sulle labbra mentre se ne stava appoggiato allo stipite della porta sul retro, tra le mani una tazza di caffè e lo sguardo puntato verso la stazione.
Al momento la civiltà finiva lì, all’ultima fermata del treno, ma stava conquistando il West miglio dopo miglio. C’era sudore e forza di volontà in ognuno dei chiodi che assicuravano le rotaie alle traversine di legno.
Pensò alle centinaia di taglialegna impegnati a lavorare nei boschi più a nord, alle condizioni difficili in cui erano costretti a vivere, sotto la costante minaccia degli indiani e del clima non sempre clemente.
Giungevano notizie poco rassicuranti, ma la ferrovia non arrestava la sua corsa verso l’Oceano Pacifico in quella folle gara contro la Central Pacific, fatta di orgoglio, denaro e vite umane. E nemmeno lui avrebbe fermato la sua, sarebbero partiti a giorni per Sidney e sentiva fremere dentro di sé la voglia di ricominciare.
Sentiva di non appartenere a nessun posto e aveva la netta sensazione che fermarsi avrebbe significato marcire per il resto dei suoi giorni in un luogo estraneo. Smaniava invece dalla voglia di scoprire cosa vi fosse ad attenderlo spingendosi sempre più a ovest.
Bramava l’attimo esatto in cui avrebbe assistito al congiungersi delle due ferrovie, in quel bisogno di novità ed emozioni che portava nel cuore da sempre.
Poi sarebbe salito sul treno e avrebbe raggiunto l’oceano Pacifico.
Ciò che sarebbe accaduto dopo era in mano al destino.
L’America era immensa e lui pronto ad affrontare nuove avventure.
Il suono di un fischio di apprezzamento lo fece voltare, Rachel stava passando davanti al gruppo di operai che avevano smesso di cantare per gridarle complimenti ai quali lei non rispose, ma proseguì ancheggiando fin quando non si arrestò di fronte a lui.
«Buongiorno Nick, sei pensieroso questa mattina?»
«Sto solo aspettando l’arrivo del treno.»
«Aspetti notizie da Scott anche questa settimana?»
Il tono canzonatorio gli fece serrare la mascella, nervoso e per nulla intenzionato a negare.
Sarebbe stato inutile fingere con Rachel e non si vergognava della gelosia che lo spingeva a intercettare le lettere dello spasimante di Hope.
«Non si è più fatto vivo, forse ha rinunciato» riprese a dire l’amica con l’aria assonnata di chi aveva passato una notte di bagordi.
«Prima o poi le scriverà. Manca da un po’ e, se ho imparato a conoscerlo, non credo si sia arreso.»
«Ti preoccupi di ciò che Scott farà o non farà per portarti via Hope... e non pensi a cosa dovresti fare tu per non perderla.»
«Io e Hope ci amiamo, non ho paura di perderla né che lui me la porti via» mentì, fingendosi tranquillo. Dentro, invece, tremava di timori nella lotta tra cuore e ragione. «Ma mi infastidisce che lui non rispetti la nostra storia e pensi di poter trattare la mia donna come se non mi appartenesse.»
«Non ti appartiene, infatti.» Gli occhi sgranati con finta innocenza erano il preludio della stoccata in arrivo: «Non è tua moglie. Sposala e allora lui si metterà il cuore in pace e tu avrai ragione di sentirti offeso se non lo farà.»
«Sposarla?» Il solo pensiero riusciva a dividere a metà la sua anima. «Da quando ragioni come una femmina, Rachel?»
«Faresti meglio a ricordare che lo sono e seguire i miei consigli.» Gli passò accanto e varcò la soglia della stanza deserta. «Oppure puoi continuare a roderti di gelosia e aspettare in eterno che venga soddisfatta all’arrivo del prossimo treno.»
«E Moore quando ti sposerà?» la punzecchiò, senza voltarsi.
«Moore è un farabutto come Scott... e io sono quella che sono; Hope invece merita di più ed entrambi avete la fortuna di essere liberi e innamorati.» La sentì armeggiare in cucina e l’aroma del caffè fece intendere che se ne fosse servita una tazza. «Prima o poi ti stancherai di rincorrere la libertà, Nick.»
Il fischio del treno mise fine ai discorsi e lui quasi gliene fu grato .
Il pennacchio di fumo comparve oltre i tetti in uno stridere di freni che fece arrestare la locomotiva sulla banchina deserta. Nessuna partenza quel giorno, solo nuovi arrivi, braccia da lavoro, avventurieri, ladri e santi. E notizie dal resto del Paese, attese da chi aveva lasciato i propri affetti negli angoli più remoti di quella grande nazione.
Senza più badare a Rachel, s’incamminò verso il treno. Di lì a poco avrebbero scaricato la posta e lui sentiva che questa volta Scott aveva mosso un’altra subdola pedina nella sua strategia per ingraziarsi Hope. Un gioco sottile, si mostrava innamorato e cortese, ma sotto sotto moriva dalla voglia di averla a ogni costo.
Lo sapeva, perché era lo stesso per lui.
Tenerla con sé a ogni costo, anche a quello dell’inganno.
Erano due sporchi farabutti, la sola differenza era che lui l’amava davvero.
Si avvicinò al vagone della posta e aprì il portellone dopo essersi sincerato che nessuno lo stesse osservando.
«Ciao Willy, niente posta per me? » domandò entrando.
Il ragazzo fece cenno con il capo verso una cassa su cui era posato un pacchetto accompagnato da una lettera.
Non si era sbagliato. La rabbia gli fece tremare le mani mentre afferrava la busta e cercava di soffocare il bisogno di bestemmiare.
“Mia cara Hope,” prese a leggere. “Ho cercato di non pensare a voi in queste settimane, di dimenticare l’emozione di tenervi tra le braccia anche solo per un ballo, ma è stato inutile. So di aver dato un’immagine pessima di me quella sera, e non voglio lasciarvi un ricordo tanto meschino. Non avete accettato l’abito ma vi prego di accettare questo dono d’addio, un pensiero per ricordarvi che siete preziosa e unica. Un fiore raro nell’inferno in cui avete deciso di vivere. Per sempre vostro, Andrew.”
«Che figlio di puttana!» sbraitò suscitando la curiosità del ragazzo impegnato a smistare le lettere.
Afferrò il pacchetto e stracciò la carta con gesti così nervosi che nel farlo la scatoletta custodita si aprì lasciando cadere una collana dal ciondolo a forma di fiore tempestato di mezze perle al cui centro luccicava quello che pareva un diamante.
Si inginocchiò per raccoglierla sotto lo sguardo attonito di Willy e imprecò tra sé per essere stato così maldestro.
«Non hai visto nulla, vero, ragazzo?»
«Certo che no, Mr. Miller.»
«Bravo. Hai appena guadagnato un paio di ore con una delle mie ragazze.» E intanto studiava con rabbia l’eleganza di quel gioiello destinato alla sua donna.
Lo avrebbe rivenduto.
O forse no?
Raccolse la scatola e ve lo ripose dentro con cura, poi frugò in tasca in cerca del denaro.
«Ecco il tuo compenso. Hai fatto un buon lavoro, quando andrai al bordello di’ che ti ho mandato io.» Un cenno di saluto e saltò giù dal vagone.
Il fuoco di un falò accolse le parole di Scott con ardente voracità, la stessa con la quale lui osservò le fiamme distruggere pensieri che Hope non avrebbe mai conosciuto .
Aprì l’astuccio e osservò la collana con un mezzo sorriso. La vendetta a volte aveva un sapore più dolce di quanto si potesse immaginare.