Capitolo 10

Il paesaggio scorreva oltre il vetro, rapido come la fuga della mandria di bisonti spaventati dal cavallo di ferro . Qualcuno stava sparando dal finestrino nell’assurdo divertimento di colpire quelle bestie possenti e lasciarle poi a marcire tra l’erba. Hope scosse il capo con disappunto. Non c’era da stupirsi se gli indiani erano così arrabbiati con gli invasori delle loro terre. Cosa sarebbe rimasto a quella gente con l’avanzare del progresso?
Stanca, appoggiò la testa al vetro e sospirò. Erano partiti da Sidney dopo un solo mese di permanenza e ora si ritrovava ad affrontare un nuovo spostamento con tutto ciò che comportava. Inoltre, da qualche giorno si sentiva spesso assonnata e la nausea non aiutava a stare meglio, ma aveva evitato di farne parola con Nick e Rachel.
Era incinta e, al momento, non lo avrebbe detto a nessuno.
Avrebbe dovuto gridare per la felicità di aspettare un figlio dall’uomo che amava, invece viveva nel terrore che lui lo rifiutasse. Posticipava l’attimo in cui lo avrebbe reso partecipe di quella novità, senza mai trovare il coraggio per farlo. A lui la legavano l’amore e la consapevolezza di non avere altre alternative, una trappola nella quale in parte si crogiolava e in parte si sentiva soffocare .
Eppure, già si vedeva intenta a cullare la propria creatura, le dolci carezze su guance paffute, piccole dita che afferravano le sue... Come avrebbe potuto Nick non crollare di fronte a questo? Proprio lui che giurava di amarla?
«Va tutto bene?» Rachel era intenta a sgranocchiare un biscotto mentre la studiava con aria interrogativa, seduta di fronte a lei nel vagone in cui viaggiavano con le loro ragazze. «Sembri stanca, tesoro.»
«È solo per il trambusto del viaggio» mentì, non per timore che Rachel corresse da Nick a svelare il suo segreto, ma per non costringerla a tacere la verità all’amico. «Sai che non amo questi continui spostamenti.»
«Sicura che non ci sia dell’altro?» L’occhiata si fece più intensa, un invito a parlare che costrinse Hope ad abbassare lo sguardo. «Nick dice che non stai mangiando molto in questi giorni.»
«Starò meglio quando ci saremo sistemati ad Antelopeville.»
Non l’aveva convinta. Rachel sollevò un sopracciglio e gettò lo sguardo alla prateria che scorreva oltre il finestrino.
«Temi che Nick ti chiederà di sbarazzartene?» Una domanda a bruciapelo che rendeva inutile far finta di non averne compreso il senso.
«Come l’hai capito?»
«Sono una donna anch’io... e ci sono già passata.» Tornò a guardarla, ma questa volta c’era tenerezza nelle iridi scure, uno sguardo materno che costò a Hope un magone difficile da mandar giù. «Non ti dirò che posso aiutarti a liberartene, so che non lo faresti mai; ma posso dirti che Nick non la prenderà bene, e questo lo sai anche tu.»
La speranza di essersi ingannata fu spazzata via all’istante. Come un vento gelido, quelle parole avevano portato alla luce la sola verità.
«Però ti ama, Hope» proseguì l’amica, portando alla bocca il biscotto. «E questo potrebbe cambiare le carte in tavola.»
«Dunque cosa consigli?»
«Io giocherei d’azzardo con lui, mostra solo le carte che vuoi far vedere e attendi una sua mossa. Devi essere scaltra, tesoro, è l’unico modo per vincere con uomini del genere.»
Giocare d’azzardo non era la sua specialità, preferiva dire le cose per come stavano, avere risposte chiare a domande precise. Ma Rachel aveva ragione, doveva sondare il terreno e capire cosa fosse meglio per lei.
«Cosa mi devo aspettare da un randagio come lui?» C’era la speranza di una risposta che scacciasse i cattivi pensieri, ma l’altra scosse la testa con rassegnazione.
«Domandati cosa ti aspetti dalla vita, non da lui. Le donne come noi devono pensare a loro stesse, a ciò che è meglio per il proprio futuro. Non arriverà nessun eroe innamorato a salvarci dall’inferno... e tu hai un figlio in grembo. Puoi sperare che Nick accetti di creare la famiglia che tanto desideri, ma se non lo farà dovrai decidere cos’è meglio per te e la tua creatura.»
Sarebbe stata una scelta difficile, qualcosa che le spezzava il cuore al solo pensarci.
La porta del vagone si aprì e Nick avanzò nel dondolio del treno. Il sigaro tra le labbra, il cappello in testa e l’aria da furfante stampata in volto. Le rivolse un sorriso e le afferrò la mano nel sedersi accanto a lei.
Avrebbe voluto confessargli tutto all’istante, ma ignorò il magone e rispose al sorriso con falsa serenità. Chissà se lui riusciva a scorgere le nubi in fondo al suo sguardo...
«Moore dice che siamo quasi giunti ad Antelopeville» dichiarò Nick, controllando l’ora nell’orologio da taschino.
«Speriamo non sia un mortorio come Sidney.» Rachel aveva parlato aprendo il ventaglio che prese ad agitare davanti al viso.
Hope però non badò alla risposta di Nick, la sua attenzione era stata catturata dal gruppo di indiani a cavallo che osservava il passaggio del treno con la fierezza che li contraddistingueva. Immobili sotto il sole d’agosto, i lunghi capelli raccolti in trecce ornate da piume, le gambe e i petti nudi dalla pelle bronzea.
Affascinata e impaurita al contempo, sussultò quando il gruppo partì al galoppo tra grida ovattate dallo sbuffare del treno. Le armi in pugno mostrate come minaccia, la folle corsa in groppa a pony pezzati tra l’erba di una terra che quella gente solcava da un’eternità.
Era la prima volta che li vedeva e sentiva di essere lei fuori posto in mezzo a tutto quel nulla.
«Non avere paura, vogliono solo spaventarci.» Nick le passò una mano sulla spalla, ma l’altra si posò sul calcio della pistola in un modo che non la rassicurò.
«Diamine, non sono venuta fin qui per farmi prendere lo scalpo da uno di quei selvaggi.» Rachel sollevò la sottana ed estrasse una piccola rivoltella dallo stivale. «Forse con questa graffierò appena la loro pellaccia, ma non venderò facilmente la mia.»
Lei invece era paralizzata dalla paura. Le mani le tremavano tanto che non sarebbe stata nemmeno in grado di tenere l’arma in pugno, e si rese conto di quanto inutile fosse stato imparare a sparare. Uccidere un uomo non era come centrare qualche lattina.
Per fortuna, però, il gruppo di guerrieri deviò la corsa verso nord, scomparendo in una nuvola di polvere in quel mare d’erba.
*
Il proiettile sibilò nell’aria e andò a conficcarsi nel metallo della lattina. Nick la osservò rotolare tra l’erba, poi portò lo sguardo su Hope, impegnata a prendere di nuovo la mira. L’abito chiaro la faceva apparire più giovane della sua età, i capelli raccolti davano un tocco di eleganza alla figura semplice.
L’amava tanto da non saperlo dire a parole perché non ne esistevano capaci di misurare i suoi sentimenti. Eppure, a lei non bastava. Sapeva che si stava accontentando e in quei giorni l’aveva spesso sorpresa a riflettere con malinconia tra il profumo di torte sfornate alla stessa velocità del tormento che le regnava negli occhi. Era diventata più silenziosa, spesso aveva l’aria stanca, e lui sapeva di dover accorciare la distanza tra loro prima che diventasse una voragine. Antelopeville non era come l’avevano immaginata, e tutti loro erano delusi dalla miseria che li circondava. Per questo aveva portato Hope lì, lontano da tutto tranne che da lui: un picnic sull’erba, un pomeriggio romantico ed era riuscito a farla sorridere di nuovo.
Lo sparo spazzò via un’altra lattina e lei gli rivolse uno sguardo soddisfatto mentre riponeva l’arma.
«Sei diventata brava.»
«Voglio diventare anche più sicura... forse dovremmo farlo più spesso.»
«Buona idea, e dopo dovrai solo imparare a montare un cavallo.» Fece un passo e posò la mano sul muso di Bower. «Stavo pensando di comprartene uno.» Il morello scrollò la testa e cercò un’altra carezza con la consueta docilità.
«Oh, no di certo! Non sarei in grado di stare in sella da sola.» Lo sguardo spaventato lo fece sorridere.
«Dicevi anche che non avresti saputo sparare, invece ora centri quasi ogni bersaglio.» Perché lei era determinata nel riuscire in tutto ciò che faceva, ed era questo che la rendeva speciale. La immaginò ragazzina intenta a provare le prime mosse audaci davanti allo specchio, scommise che nella mente aveva avuto ben chiaro quale risultato ottenere. E lo aveva ottenuto.
Caparbia e fiera proprio come lui.
Era questo il problema tra loro.
«Non monterò in sella da sola. I cavalli sono animali splendidi ma mi incutono timore. Sono potenti e imprevedibili, un ammasso di muscoli che potrebbe uccidermi se volesse.»
«È una preda e si spaventa facilmente, solo per questo può essere pericoloso se si è inesperti, ma è un valido compagno in queste terre così vaste. »
«Forse un giorno proverò a cavalcare da sola.» Si avvicinò tra il frusciare della gonna sull’erba ingiallita dal sole. Le dita si posarono lievi sulla fronte ampia di Bower, quasi a prendere confidenza con lui. «Ma al momento mi accontenterò di farlo insieme a te.» Si alzò sulle punte per baciargli le labbra, lo sguardo dolce di una donna innamorata. Era quella la sola espressione che voleva vedere sul suo volto.
«Ti amo, dannata ragazzina...» le sussurrò tra i baci.
«Non sono più una ragazzina.» Hope corrugò la fronte con disappunto e fece un passo indietro. «E non lo ero nemmeno quando sono giunta a North Platte!»
«Oh, lo eri eccome! Sperduta e impaurita con un futuro marito moribondo in un luogo dimenticato da Dio.» Si pentì di aver sollevato l’argomento, perché la serenità svanì dal volto di Hope e il ricordo di quel giorno rese malinconico anche lui. L’assenza di Bart era qualcosa al quale si doveva ancora abituare. «Ma poi hai trovato me... e io ho trovato te.»
Era giunto il momento che aspettava da settimane, l’attimo perfetto e non lo avrebbe rovinato con quei ricordi tristi. Nient’altro che loro due nel mezzo della prateria, sotto un sole ormai prossimo al tramonto.
Mise la mano in tasca e tirò fuori l’elegante astuccio che custodiva la collana sottratta a Andrew Scott. Aveva atteso di essere sicuro che l’altro rispettasse davvero l’addio scritto nella lettera e così era stato. Durante le numerose visite alla ferrovia non aveva più messo piede alla casa da gioco né aveva cercato Hope in alcun modo, e lui non provò pentimento né vergogna nel sollevare il coperchio e mostrarle il gioiello, anzi, le sorrise grato della sorpresa che balenò sul suo volto.
Che Andrew Scott andasse all’inferno.
«Nick!» La mano corse alla bocca con incredulità, negli occhi luccicarono lacrime dense di emozioni.
«Forse non sarò il tipo d’uomo che sognavi di avere accanto e la nostra non è di certo la vita che desideravi... ma questo regalo è per dimostrarti quanto sei speciale per me.»
«Oddio, è stupenda! Ma come te la sei potuta permettere? E quando l’hai comprata?»
«Gli affari a Julesburg sono andati bene, tesoro, lo sai.» Afferrò la collana mentre Hope si voltava offrendogli il collo affinché l’aiutasse a indossarla. «Sei preziosa e unica per me, noi siamo nati per stare insieme; cosa importa come e quando l’ho comprata?» un sussurro all’orecchio capace di esprimere solo in parte ciò che aveva dentro.
Hope era speciale. Esattamente come aveva scritto Scott, era un fiore raro in quell’inferno, ma era perfetta per lui, non per quel vecchio, pensò mentre lei si girava e mostrava la collana in tutto il suo splendore.
«Io... non credevo avrei mai ricevuto un simile regalo. È davvero elegante, forse un po’ troppo per questo posto!»
«Forse adesso, ma chissà dove saremo un giorno io e te.»
Il modo in cui lei distolse lo sguardo annunciava l’inoltrarsi su un sentiero costellato di discorsi che lui avrebbe preferito non affrontare.
«Me lo domando sai? Mi chiedo spesso dove andremo quando la ferrovia sarà ultimata, se tu non avrai ancora deciso di fermarti in un posto in cui vivere. »
Le posò un bacio sulle labbra, dolce come il languore che cullava il petto. Era deciso a non rovinare la perfezione di quel giorno. Aveva evitato di pensare a ciò che lei voleva davvero da un uomo, a Andrew Scott e al fatto che quella collana era stata comprata proprio da lui. Si era concentrato sul presente come faceva da una vita intera, ignorando i progetti futuri e accantonando il passato. Vivere l’attimo e goderne rendeva tutto più facile. Perché crucciarsi su ciò che non si poteva avere o su ciò che ormai era accaduto?
«Ovunque andremo saremo felici, amore mio, te lo prometto.» Un bacio sulla fronte, la stretta di un abbraccio nel quale lasciò placare i timori.
Lei era sua.
Una folata di vento portò con sé erba e polvere in una corsa disordinata verso ovest, dove il loro viaggio sarebbe continuato.