Capitolo 17

Il treno macinava miglia nel suo ferroso incedere attraverso la pianura e Andrew osservava il paesaggio oltre il finestrino scorrere rapido come gli anni che lo avevano condotto lì, sul baratro di un’esistenza che lo stava trascinando verso il fondo. La sete di successo, il bisogno di vedere il suo nome accostato alla più importante tratta ferroviaria americana, il denaro facile che Durant sapeva infilare nelle sue tasche in cambio di lavori sporchi... Tutto ciò lo aveva gratificato, ma da tempo il carico sulle spalle si era fatto troppo pesante da sopportare.
Allungò la mano per afferrare quella di Hope, seduta di fronte a lui al tavolino della colazione nel vagone privato. Silenziosa e bella, immaginava i pensieri che le stavano attraversando la mente e sentì la fitta della gelosia farsi pressante. Era passato del tempo dalla loro visita a Cheyenne, ma era ovvio che lei fosse ancora scossa dall’incontro con il vecchio amante e comprendeva quanto ora fosse dura per Hope tornare in città, sebbene lui non vi vivesse più.
Serrò la mandibola con rabbia. Quel farabutto era scampato alla giustizia grazie all’intervento del colonnello Moore e ora godeva della sua protezione, soltanto perché Rachel Hill era la sua amante. Moore era uno sciocco esattamente come lui, ma non ebbe il coraggio di provare rancore nei suoi confronti, certo che per Hope avrebbe agito nella stessa maniera. Era disposto a tutto per lei, persino a rischiare la propria carriera, perché se certe questioni fossero giunte alle orecchie di Durant o di suo fratello, avrebbe perso ogni cosa.
Tornò a concentrarsi su Hope, sul suo volto pensieroso e si disse che averla per sé compensava ogni sofferenza.
«Manca poco ormai, Cheyenne è a poche miglia da qui» esordì, destandola dai suoi pensieri.
Hope sollevò lo sguardo e gli rivolse il solito sorriso, quello dietro al quale si celava l’infelicità che era brava a nascondere. Dopotutto a lui bastava questo: averla a disposizione bella e sorridente, ricoprirla di attenzioni e regali per ottenere in cambio la serenità che solo l’amante gli sapeva trasmettere. Non si interrogava più su quanto lei fosse felice o infelice, era troppo vigliacco ed egoista per affrontare discorsi capaci di rompere il sogno nel quale Hope lo faceva vivere.
«Per fortuna Cheyenne si è spopolata e non troveremo più tutta quella marmaglia in città» riprese a dire ed era ovvia l’allusione a Miller, anche se le cose stavano effettivamente così.
In città erano rimasti poco più di mille dei diecimila abitati che l’avevano resa la magica città delle pianure e il merito era anche suo. Era stato lui a spargere la voce che la rimessa dei treni progettata per Cheyenne era invece destinata a Laramie e che sarebbe così diventata un centro importante per la ferrovia. Era bastato sussurrare alle orecchie giuste, e nel giro di una settimana Durant aveva già venduto quattrocento appezzamenti a prezzi da capogiro. Denaro che aveva riempito anche le sue tasche.
«E com’è Laramie?»
«Dicono sia persino peggiore delle altre. Ci sono state alcune impiccagioni e le sparatorie sono all’ordine del giorno. Per questo mi aspetterai a Cheyenne, preferisco saperti lì al sicuro.» La verità era che preferiva tenerla lontana da Miller, ma nessuno dei due ne fece parola. C’erano cose che andavano taciute per quieto vivere.
«Ora che Cheyenne è più tranquilla, potrò finalmente soggiornarvi senza timore» fece Hope, giocherellando con il bracciale che aveva al polso, uno dei regali dei quali lui la ricopriva.
Il pensiero fece spuntare un sorriso sulle labbra di Andrew. Si alzò per raggiungere la valigia e cercare i documenti che intendeva mostrarle. Qualcosa capace di far accelerare i battiti del cuore al pensiero della follia compiuta e per la brama di rivelarle la novità inaspettata con la quale legarla a sé una volta per tutte.
«Mia cara, so che questi ultimi mesi non sono stati facili per te, ma hai studiato molto e sei diventata la donna che sempre avrei voluto al mio fianco» esordì, sedendosi di nuovo di fronte a lei. «Io ti amo per quello che sai fare al mio cuore, rendendomi le emozioni e la forza di quando ero giovane. Per questo ho deciso di farti il regalo più importante, qualcosa che ti rimanga di me e ti sia di aiuto in futuro.» Posò i documenti sul tavolo e osservò lo spalancarsi degli occhi di Hope nel leggere il testamento in cui le lasciava la casa di Washington Square.
«Sono ben più vecchio di te, tesoro, e voglio assicurarmi che tu starai bene quando non ci sarò più.» Sorrise, pronto ad aggiungere ciò che avrebbe stretto il nodo attorno al polso di Hope, una corda invisibile della quale lui avrebbe tenuto ben salda l’altra estremità. «Naturalmente questo prevede che tu resti al mio fianco finché avrò vita.»
«Suona come un ricatto.» Si accigliò, bella e inconsapevole di essere già la padrona di quella casa, perché il testamento era falso, così come la clausola appena mostrata. Andrew le aveva intestato la proprietà, per poi rendersi conto che così avrebbe corso il rischio di perderla davvero. Lei non lo amava, era al suo fianco solo per godere dei benefici che ciò concedeva e ritrovarsi tra le mani un capitale inaspettato le avrebbe infuso il coraggio di lasciarlo. Perché subire le sue attenzioni, quando avrebbe potuto vendere la casa e vivere dignitosamente con il ricavato? L’idea del falso testamento era stata una soluzione geniale, gli aveva evitato la grana di annullare l’atto e garantito un valido laccio per legare Hope a sé.
«Perdio, tesoro... volevo solo farti un regalo!» Le accarezzò il volto con dita delicate. «Una ricompensa che potrai avere se mi starai accanto negli anni a venire.»
«Certo, scusa, Andrew... è naturale che io lo debba meritare. Lo trovo giusto.»
«Sei felice?» Si protese per posarle un bacio sulle labbra ora increspate in un sorriso.
«Certo, non ho mai pensato di poter possedere una casa un giorno, figuriamoci una simile a Washington Square!»
«Tu possiedi la mia anima e io sono pronto a tutto pur di tenerti con me... potrei darti anche il figlio che tanto volevi, se solo me lo permettessi.» Una frase inopportuna, perché Hope si adombrò con un sospiro.
«Ti prego, Andrew, l’idea di avere un figlio illegittimo ti piace così tanto?»
«Ti legherebbe a me per sempre.» Scosse il capo, e tornò a fissare il mare d’erba oltre il finestrino. «Detesto l’idea di possedere solo il tuo corpo.»
«Hai la mia riconoscenza e la mia fedeltà. L’amore può avere tante forme... tu di me ami solo l’idea di sfoggiare un’amante giovane.»
«Io amo ciò che sono quando siamo insieme.» Tornò a guardarla, bella, con il volto acceso di emozioni. «Non sei la prima amante che ho avuto. Buon Dio, ho tradito Georgina per tutta la vita! Eppure, Hope, solo tu hai saputo rendere migliori i miei giorni. Se non è amore quello che provo per te, allora cos’è?»
«Bisogno di fuggire dalla realtà. È così che Miss Parker ha definito il tuo interesse per me, dicendomi di non farmi troppe illusioni.»
«Dovrò licenziare quella zitella ficcanaso.»
La risata composta di Hope, però, lasciava intendere che Miss Parker avesse fatto un ottimo lavoro con lei.
«Tornando a noi, Andrew, non mi aspettavo un simile pensiero da parte tua e prometto che saprò meritare la tua generosità. È qualcosa che non mi sarei mai aspettata e... non me ne capacito!»
«Mi basta sapere che resterai al mio fianco, a rendere i miei giorni speciali.»
«Lo farò, te lo devo.»
Quando giunsero a Cheyenne, salutò Hope con la promessa di raggiungerla appena possibile. Avrebbe trascorso la notte a Laramie, preso da impegni e discussioni che già gli serravano la gola in una morsa d’ansia. Durant voleva modificare il tracciato di Dodge e lui avrebbe proposto il suo, attraverso la valle del Rock Creek e il Medicine Bow River. Così facendo avrebbero aggiunto venti miglia alla ferrovia con un guadagno di due milioni di dollari per i costruttori. Non sarebbe stato facile convincere gli altri ingegneri, ma era forte del fatto che il vecchio tracciato era colmo di dislivelli a differenza di quello che lui avrebbe suggerito.
Il treno stava percorrendo il ponte sul Dale Creek, un reticolo di assi di legno che osservò con terrore. Aveva progettato ponti in diverse città dell’Est e condivideva l’indignazione del governo per quel viadotto pericolante. Un’altra idea di Durant, nata per la fretta di vincere la gara contro la Central Pacific e guadagnare denaro e credibilità. Un ponte instabile come la sua vita in quel momento, dove Hope pareva finalmente essere l’unico punto fermo.
*
Nick attendeva, paziente e deciso a ottenere la propria rivincita. Contava i minuti, seduto nel buio della camera d’albergo, il sigaro tra le dita di una mano, la pistola nell’altra e i pensieri che viaggiavano lontano. Andrew Scott sarebbe presto entrato in quella stanza, solo e spaventato dalla sua presenza, perché era un codardo.
Sorrise, freddo e calcolatore. In quelle settimane aveva fatto domande, stretto amicizie, captato informazioni. Era entrato in modo definitivo nelle grazie del colonnello Moore e aveva scoperto cose interessanti su questioni che si mormoravano appena per evitare di sollevare il pericoloso polverone sotto il quale giacevano.
Dietro all’aria pulita Scott era un uomo pieno di segreti e lui era deciso a sfruttare la situazione.
La maniglia della porta ruotò e Nick armò il cane della pistola nell’istante in cui Andrew comparve sull’uscio. Bianco in volto, lo osservava con terrore, gli occhi sbarrati e il corpo immobile nel fascio di luce proveniente dal corridoio. Era così gratificante sapere di incutergli paura che attese un istante prima di prendere parola.
«Vieni avanti e chiudi la porta» ordinò senza convenevoli. Mise il sigaro tra le labbra e accavallò le gambe in una posizione rilassata, ma dentro fremeva dalla voglia di prendere a pugni quel damerino.
«Ti è andata male con i tuoi vigilantes... non avevano nulla in mano per levarmi di mezzo.»
«Come sei entrato?» La porta si chiuse e il buio calò di nuovo nella stanza. Fu Nick ad accendere il lume per guardarlo in volto.
«Ho atteso che si distraessero e sono salito, già sapendo che avresti occupato la stanza migliore.» Fece spallucce. «Forzare la serratura è stato un gioco da ragazzi.»
«Cosa vuoi?»
Nick si alzò con la pistola sempre puntata contro il rivale e gli si piazzò di fronte.
«Denaro, quello che può servire per iniziare una nuova vita altrove. Laramie è una fogna di città e me ne voglio andare.»
«E perché lo chiedi a me? »
«Perché devi ripagarmi per la notte trascorsa in cella, e sono certo mi darai fino all’ultimo quattrino.»
Andrew emise una risata nervosa, subito zittita dalla pistola che ora gli puntava in faccia.
«Pensi di ottenere qualcosa minacciando di uccidermi?»
«Penso che otterrò molto di più minacciando di dire ciò che so sul tuo conto e su quello di Durant.» Vide l’altro sussultare e capì di aver centrato il bersaglio. «Ho ricevuto informazioni interessanti sulle tangenti e sui tracciati della ferrovia. Vi siete riempiti le tasche con concessioni vendute a prezzi gonfiati, come quelle di Laramie... diamine, avete giocato davvero sporco, Dodge è furioso, lo sapevi?»
«Taci, farabutto!» sbraitò l’altro, agitato. «Non sai niente di me, di chi sono!»
«Oh, so cose molto interessanti, invece. So che le prime miglia del tracciato seguono un assurdo percorso tortuoso nel mezzo della pianura e questo solo per allungare la tratta e ricevere più soldi dal governo. So anche che sei qui per discutere del nuovo tracciato e bocciare quello deciso da Dodge. So anche che Durant non vede l’ora di liberarsi di Dodge stesso e immagino tu stia lavorando per screditarlo agli occhi di tutti. Infine, vogliamo parlare delle azioni del Crédit Mobilier e dei conti gonfiati a dismisura, oppure questo ti basta?»
«Sei un gran bastardo, Miller...»
«E tu hai un paio di conti in sospeso con me.» Premette l’arma contro la guancia dell’altro distorcendogli il volto in una smorfia innaturale. «Ti sei preso la mia donna e ne hai fatto la tua puttana, poi hai cercato di farmi impiccare da quegli irlandesi. Credo proprio tu mi debba qualcosa.» Lo spinse via con tanta forza che Scott finì contro il muro come una bambola di pezza. «Quindi cerca di esaudire le mie richieste e, ti avverto, farne parola con Durant o con uno dei suoi tirapiedi servirà solo a sollevare il coperchio sul marcio che nascondete. Ho una lettera che verrà spedita al generale Grant [9] se mai mi accadrà qualcosa, scommetto troverà molto interessante conoscere certe faccende sul fratello del suo rivale in politica. Di sicuro avrà in mano una carta in più per vincere le elezioni.»
«Hai pensato proprio a tutto, complimenti.» Il disprezzo era palese nella voce tesa d’angoscia.
«Sto imparando che è meglio non lasciare nulla al caso.»
«Quanto costerà il tuo silenzio?»
Ecco la domanda che attendeva. Si prese il piacere di sussurrargli la cifra all’orecchio godendo del modo in cui Andrew spalancò gli occhi con sgomento.
«È una cifra assurda!»
«Vuoi farmi credere che non li hai? Tu e Durant ve ne sarete intascati molti di più.»
L’altro serrò la mascella con un guizzo nervoso.
«E se ti darò ciò che vuoi?»
«Ti dimenticherai che io esisto.» Rinfoderò la pistola ma la mano restò salda sul calcio; avrebbe impiegato un istante a estrarla e sparare. «Come vedi chiedo ben poco. Ricattarti per il resto dei miei giorni non mi interessa, ma ti concedo una settimana, dopo muoverò i miei passi.»
Aprì la porta e lasciò la stanza, nel cuore un senso di vittoria che lo rendeva euforico. Aveva un nuovo obiettivo e un sogno in cui investire il proprio tempo, ciò bastava per sentirsi felice.
Quando raggiunse la casa da gioco trovò il colonnello Moore impegnato a giocare a keno [10] insieme ad altri quattro avventori. Rachel estraeva i numeri tra le imprecazioni dei giocatori e non lo degnò di uno sguardo. Dal giorno della sparatoria i rapporti tra loro erano tesi, sentiva che l’amica si stava allontanando e ciò gettò un’ombra sul buonumore ritrovato. Moore la divorava con gli occhi, come sempre quando lei era nei paraggi, sembrava non esserne mai sazio. Forse doveva lasciarla andare per la sua strada, offrirle l’opportunità di vivere una vita diversa, come quella che gli aveva portato via Hope.
Anche per lui era tempo di guardare al futuro, fare i passi giusti, doveva solo capire quale direzione prendere. Il richiamo del West lo ammaliava come il canto di una sirena, non gli restava che seguirlo o decidere di ignorarlo.
*
Andrew ingollò il contenuto del bicchiere senza trarne alcun beneficio. Il whisky era spesso un buon alleato ma non quella sera, dove paure e certezze si mescolavano in un turbine pericoloso che lo rendeva irrequieto .
Tutti i suoi timori si erano infine concretizzati. Ciò che aveva fatto per conto di Durant non era un segreto e ora poteva solo sperare di cavarsela pagando a Miller l’assurda cifra richiesta per il suo silenzio. Un vile ricatto, una vendetta che, oltre a svuotargli le tasche, minava ciò che lui aveva costruito fino a quel giorno. La sua posizione, il rispetto e la fiducia dei quali godeva sarebbero andati in frantumi se quelle faccende fossero venute alla luce. Avrebbe trascinato nel fango anche la sua famiglia, quel fratello candidato alla presidenza degli Stati Uniti che da sempre condannava i suoi giri di affari. Le conseguenze di scelte scellerate pendevano su di lui come la scure di un boia.
Imprecò, buttandosi sul letto a fissare il soffitto. La smania di avere Hope per sé gli sarebbe costata più del previsto ma non c’era modo di tornare indietro, né di placare il bisogno d’averla accanto. Poteva comprare il silenzio di Miller, ma era certo che lui sarebbe tornato a ricattarlo non appena avesse terminato il denaro sperperato ai tavoli da gioco. Un lurido fallito con le tasche bucate, ecco cos’era quella serpe il cui veleno gli stava già avvelenando la mente.
Inoltre, pagare quel perdigiorno avrebbe solo arginato il problema. C’era chi aveva messo in giro le voci giunte fino al rivale e questo lo inquietava ancor più perché non avrebbe potuto comprare il silenzio di tutti. D’improvviso avvertiva il peso degli anni e degli imbrogli. La presenza ingombrante di Durant nella sua vita si era fatta insopportabile e lo trascinava a fondo nella melma in cui annaspavano da mesi .
Si alzò e aprì la finestra in cerca d’aria, con il cuore che batteva all’impazzata. Fuori il viavai di persone e carri si era placato ma giungeva un gran baccano dai saloon che si affacciavano sulla via. Quali degli occhi incrociati quel giorno conosceva la verità su di lui? Chi era stato a parlare con Miller dei suoi affari?
Portò una mano al petto, preda di un affanno che lo costrinse a sedersi. Avrebbe voluto avere Hope con sé in quel frangente, certo che sarebbe bastata la sua presenza a calmarlo, cura e causa di una situazione ormai sfuggita di mano.