Capitolo 18
New York
Le parole scorrevano veloci sotto gli occhi attenti e regalavano immagini di una brughiera lontana e di un amore difficile, che le rubava il fiato per la passione e la crudeltà con la quale agivano i protagonisti ma, allo stesso tempo, per la tenerezza e il dolore impossibili da domare. Cime tempestose
di Emily Brontë le era entrato nell’anima, forse perché come Cathy, anche lei aveva scelto di stare al fianco di un uomo che non amava.
“Di qualunque cosa siano fatte le anime, certo la sua e la mia sono simili: e quella di Linton è invece tanto differente dalla nostra quanto lo è la luna da un lampo, o il ghiaccio dal fuoco.”
Rilesse quelle parole e chiuse gli occhi sopraffatta dalle emozioni. Per quanto si sforzasse di compiacere Andrew, loro due erano diversi come il ghiaccio e il fuoco, nonostante tutto lei era ancora la ballerina squattrinata dei bassifondi e lui il ricco ingegnere con il fratello in lizza alle elezioni presidenziali. Diamine, non avrebbe mai immaginato di arrivare tanto in alto nel ruolo di
mantenuta, eppure faticava a gioire per quel traguardo. Due anime distanti, due vissuti diversi. Cosa poteva saperne Andrew della vita di una donna come lei? Poteva giudicare, condannare, storcere il naso e pretendere di cambiarla fino a renderla come lui la desiderava... ma non ci sarebbe mai riuscito.
La sua anima era legata a quella di Nick e non solo dall’amore. Venivano dalla stessa feccia, avevano vissuto tra i peggiori vizi degli uomini e guadagnato da essi. Mani sporche del medesimo peccato e cuori simili, così come gli occhi, limpidi nonostante tutto.
Ogni parte di lei lo amava ancora come in passato e più il tempo passava, più il sentimento metteva radici profonde e rendeva la sua assenza un dolore insopportabile.
Si riscosse nel sentir bussare alla porta e i passi della domestica affrettarsi a raggiungere l’ingresso. Forse Andrew era tornato prima dal solito giro di affari e commissioni? Fu la voce autoritaria di una donna a farle corrugare la fronte e chiudere il libro, che posò sul tavolo prima di alzarsi. Intanto, i passi della domestica risuonarono veloci fin quando non comparve nell’arco della porta.
«Signora...» Era così imbarazzata da non guardarla in volto.
«Cosa succede, Louise? Chi è alla porta?»
«Mrs. Scott, signora.» I grandi occhi risaltarono sulla pelle d’ebano mentre li sollevava per incontrare i suoi. «Devo lasciarla entrare?»
Poteva forse sbatterla fuori di casa? Hope sistemò una ciocca dietro l’orecchio e fece un respiro profondo. Era
impreparata a quell’incontro, ma avrebbe cercato di gestire la faccenda senza perdere la propria dignità.
«Falla accomodare e prepara del tè, anche se dubito lo berremo.» Sentiva l’ansia serrare la gola, ma si impose di tenere le spalle dritte e la testa alta, nonostante la vergogna per la posizione in cui la vita l’aveva messa.
La moglie di Andrew avanzò nel salotto guardandosi attorno con disprezzo, solo alla fine della perlustrazione si degnò di posare gli occhi su di lei con palese astio. Come darle torto?
Hope rimase in silenzio, in attesa che fosse l’altra a prendere parola e la osservò avvicinarsi abbigliata in un elegante completo dai colori tenui che donava all’incarnato pallido.
«Dunque siete voi il nuovo giocattolo di Andrew?» Prese in mano il libro e fece una smorfia. «E leggete romanzi privi di morale. Mi stupisco persino che sappiate leggere, ho sentito dire che siete una ballerina.»
«Lo ero.»
«E ora siete una mantenuta, immagino ne andiate fiera.»
«Cosa volete, signora?»
«Guardare in faccia la donna che sta rovinando mio marito. Voi gli avete offuscato la mente come la peggiore delle malattie.» C’era un disprezzo pungente in quelle parole, e Hope trattenne il fiato in attesa della stoccata finale. «E non siete nemmeno un granché, ne ha avute di più belle e pregiate.»
«Allora sarete abituata a questo genere di faccende.»
«A essere tradita?» Inclinò il capo e si perse un istante a studiarla. Sulle labbra un sorriso di scherno. «Credetemi,
mi levate un grosso problema, fin quando ci sarete voi a sollazzarlo non lo dovrò fare io. Sono le conseguenze di questa vostra relazione a preoccuparmi, perché se a causa vostra Andrew farà mancare qualcosa a me e alle nostre figlie, vi assicuro che ne pagherete le conseguenze.»
Hope faticava a capire di cosa la sua ospite stesse parlando. Forse aveva saputo del testamento? Osservò Louise entrare per servire il tè e non si stupì del sopracciglio che Mrs. Scott sollevò con disappunto.
«Non capite, mia cara?» incalzò l’altra, riportando l’attenzione su di sé. «Perché non chiedete a Andrew cos’ha fatto per voi?»
«Lo farò.» Tagliò corto, ormai certa che si riferisse al lascito illegittimo e inopportuno. Era ovvio che la moglie fosse furiosa, quella casa spettava alle figlie di Andrew, non certo alla sua mantenuta!
Mrs. Scott la squadrò da capo a piedi, il volto arrogante che ancora la scherniva. «Siete bella e giovane, dovete avere davvero poca stima di voi stessa per fare ciò che fate.»
«Ne avrei avuta di meno a restare dov’ero.» Ma non ne era più così certa. Guardarsi allo specchio diventava sempre più difficile ed era impossibile non odiarsi ogni volta che dita affamate le accarezzavano la pelle senza provocare alcun brivido.
Mrs. Scott girò i tacchi e sollevò una mano in direzione di Louise. «Non ti disturbare, conosco la strada.»
Hope tornò a respirare quando udì la porta sbattere con un tonfo secco. Difficile nascondere il sussulto che la pervase e si crogiolò nella comprensione che lesse negli
occhi della serva.
«Versa il tè, per favore, e fammi compagnia.» Si buttò a sedere sul divanetto, umiliata e stanca.
«Non prendetevela, signora.» Louise accompagnò la tazza con un sorriso. «Prima o poi doveva succedere.»
Sì, ed era stata un’illusa a credere il contrario. Aveva sperato che la dignità e la decenza avrebbero tenuto la moglie di Andrew lontano da lei, ed era ovvio che a Mrs. Scott importasse più il profitto che il sentimento. Non c’era stata una sola parola di gelosia o di rabbia per un amore distrutto dal tradimento, soltanto un freddo avvertimento venale. Una donna dal carattere forte, di sicuro una compagna adatta a Andrew per portamento ed età. Elegante e ancora piacente, ma sola, senza un marito capace di meritarla, Georgina quasi le faceva compassione.
Portò la tazza alle labbra e sorseggiò il tè, assorta in quei pensieri, poi riprese in mano il libro e si rituffò nelle vicende di Heathcliff e Catherine, leggendo a voce alta per lei e per Louise.
Quella sera Andrew non andò a farle visita, né la sera successiva, ma si presentò il sabato mattina con lo sguardo cupo celato dietro un sorriso incerto.
«Perdona la mia assenza, Hope, ho avuto alcuni grattacapi.» Le posò un bacio sulle labbra con l’aria di chi quei grattacapi non li aveva ancora risolti.
«Tua moglie è stata qui.»
Il modo in cui alzò lo sguardo lasciò intendere che ne fosse all’oscuro.
«E perché mai?»
«Dice che hai fatto qualcosa di assurdo per me... Si
riferiva alla casa o c’è dell’altro?»
«Cos’altro potrebbe esserci?» Lo sguardo parve tremare mentre la fissava e Hope ebbe l’impressione di vederlo di colpo invecchiato e stanco.
«Non saprei, ma mi ha fatto preoccupare. Dice che ti ho rovinato e io non voglio nulla di tutto ciò. Non pretendo più di quel che mi dai, Andrew, mi basta vivere in modo dignitoso.»
Detestava il senso di colpa che la divorava nel vederlo incurvarsi sotto il peso di un qualcosa che lo stava schiacciando. Era lei la causa?
«Georgina non sa di cosa sta parlando.» Andrew scosse il capo, e si buttò a sedere sulla sedia. «Non sa nulla della casa e del lascito, probabilmente è venuta qui solo per vedere in faccia la mia amante. Non ha accettato di buon grado che tu viva a un passo da noi.»
«Lo comprendo, sarebbe lo stesso anche per me.» Gli posò una carezza sul volto smunto, quasi intenerita. «Ma tu sembri stanco e preoccupato da quando siamo tornati a New York. È accaduto qualcosa a Laramie di cui mi vuoi parlare?»
«No.» Fu perentorio e d’improvviso brusco, conferma che qualcosa doveva essere accaduto. «Ho solo alcuni pensieri legati alla ferrovia. Durant pretende molto da me e sono sotto pressione.»
Eppure, qualcosa le diceva che Andrew stava mentendo. Per un istante temette si fosse stancato di lei, forse impaurito dalla visita di Georgina, ma un attimo dopo si sentì prendere per mano e condurre al piano superiore, in una camera da letto nella quale ogni volta perdeva una po’
di se stessa.
Lui, invece, in quella stanza ritrovava sempre la serenità tanto agognata, l’attimo in cui cessava di essere il tirapiedi di Durant carico di responsabilità, e diventava semplicemente un uomo desideroso di lasciarsi andare tra le braccia dell’amante.
Quella sera, però, la notizia della visita di Georgina a Hope aleggiava come una nube su di loro. Sua moglie aveva scoperto ogni cosa e a lui erano serviti un paio di giorni per tentare di rabbonirla, ma era stato inutile. Sapeva di aver agito come un idiota e si maledisse per aver dato retta alla paura e alla debolezza della carne.
Osservò Hope accarezzata dalla luce che filtrava attraverso le tende tirate, il volto adombrato da pensieri di facile intuizione. Di certo aveva capito che non le aveva detto la verità, ma raccontarle del ricatto di Miller avrebbe sollevato questioni dalle quali lei doveva restate fuori, compresa la faccenda degli irlandesi. Come poteva dirle che la gelosia lo aveva portato quasi a far uccidere il rivale e che ora proprio lui lo teneva per la gola? Temeva di perderla, perché Hope amava Nick e non gli avrebbe perdonato un simile gesto.
Le si avvicinò per sfiorarle il collo con un bacio, mentre il desiderio tardava a svegliarsi e il cuore sprofondava nell’angoscia di quella trappola di paura e senso di colpa. Georgina aveva ragione, Hope lo stava rovinando ma in modo inconsapevole, priva di torti, se non di quello d’essere la più bella creatura sulla quale avesse mai posato lo sguardo.