Capitolo 20
Pittsburgh, Pennsylvania
La città non era cambiata molto in quegli anni, si era solo ingrandita, ma restava il solito via vai di operai e merci tra le fabbriche e le acque del fiume.
Nick scese dalla barca con la valigia in mano e spese un istante a guardarsi attorno travolto dai ricordi di un tempo in cui, forse, si era mostrato più coraggioso. In gioventù lasciare tutto e partire all’avventura con Rachel era stato più facile che fare i conti con i sentimenti e i desideri di quell’ultimo anno.
Scacciò il pensiero e si diresse verso la casa nella quale era nato. La via sembrava più malconcia di quanto ricordava, ma sorrise nello scorgere la palazzina in cui aveva vissuto Rachel, e intanto la mente ritrovava frammenti di memorie in ogni angolo di quel luogo. Quasi gli parve di scorgere loro due bambini impegnati a rincorrersi, o ragazzi a sognare di partire e lasciare la miseria di una vita troppo avara. Erano trascorsi molti anni, eppure i ricordi restavano vividi nel cuore.
La finestra della cucina di casa sua aveva le imposte aperte. Sapeva che adesso vi abitava suo fratello Charlie con moglie e figli ed era emozionato all’idea di conoscere i
nipoti. In tutto quel tempo non aveva mai davvero sentito il bisogno di riabbracciare la propria famiglia, invece adesso provava un’irrazionale fretta di guardarli negli occhi a uno a uno e ritrovare quelle parti di sé lasciate a Pittsburgh.
Aprì il portone e salì le scale. Le scarpe eleganti in contrasto con i gradini usurati. Si fermò di fronte alla porta e attese un attimo prima di bussare, ma quando lo fece il cuore sprofondò nell’ansia.
Non ebbe il tempo di fare un respiro più profondo che la porta si spalancò e un paio di braccia possenti lo strinsero in una morsa fraterna.
«Nick! Diamine... credevo non ti avrei più rivisto.» Charlie lo lasciò andare e lo squadrò da capo a piedi con ammirazione. «Sei bello e raffinato come un damerino.»
«Ma non lo sono.» Sorrise e l’ansia scivolò via lasciando una sensazione di ritrovata serenità. Era felice di non aver ricevuto ostilità dal fratello.
Un attimo dopo era già stato presentato al resto della famiglia. La moglie di Charlie era una donna minuta e silenziosa, con un bimbo perennemente attaccato al seno e un altro alla sottana. A giudicare dal pranzo era anche una brava cuoca e sapeva restare in disparte lasciando a loro due il piacere di raccontare ciò che era accaduto in quegli anni.
«Nostro padre sarebbe fiero di come sei diventato.» Le parole di Charlie lo stupirono e alzò lo sguardo dal bicchiere di whisky servito dopo cena. «Non ha nominato il tuo nome per molti anni, ma in questi ultimi tempi ci domandava tue notizie.
»
«Per vedere se i miei soldi sarebbero bastati a coprire i suoi debiti?» Lo aveva sputato fuori con tale disprezzo che persino la cognata ne parve colpita. «Sarebbe felice di sapere che sono al verde di questi tempi, e che gli ultimi soldi vanno a sanare i suoi guai.»
Charlie scosse la testa con mestizia. «Mi dispiace. So che venire fin qui per risolvere certe questioni non ti fa piacere, ma...»
«No» lo interruppe, pentito. «Dispiace a me aver detto quelle parole.» Frugò nella tasca della giacca e tirò fuori una mazzetta di denaro che gettò sul tavolo. «Era anche mio padre ed è giusto che io partecipi a questa faccenda.»
«Lo perdonerai mai, Nick?»
«Credo di averlo già fatto.» Posò lo sguardo sul nipote più piccolo, ora cullato dalle braccia della madre. «Non hai mai paura di diventare come lui un giorno? Di renderti tale agli occhi dei tuoi figli?»
«Un ubriacone debosciato?» Charlie lo fissò con un certo divertimento nelle iridi. «Per l’amor di Dio, certo che no! Nessuno di noi intende seguire i suoi passi, nemmeno tu.» Poi lo sguardo si fece indagatore sotto le sopracciglia folte. «È per questo che non hai messo su famiglia con Rachel?»
«Rachel?» Per poco non si strozzò con il whisky che aveva portato alla bocca. «Diamine, è l’unica donna al mondo che non vorrei come moglie!»
«Perché porta i calzoni meglio di te?» Charlie scoppiò a ridere e lui si trovò a fare altrettanto. Non sapeva se a divertilo fosse di più la battuta del fratello o l’assurda idea di lui e Rachel sposati.
Tornò serio e mandò giù il whisky restante. «No, Rachel
è la mia socia in affari e nulla di più. Sai bene che siamo uniti da un affetto fraterno... anche se l’ho messo a dura prova.» Non aveva voglia di parlare di quella storia, ma lo sguardo dell’altro lo invitò a vuotare il sacco.
Parlare di Hope era fastidioso e gli ricordava che tra Pittsburgh e New York c’erano poco più di trecento miglia. Sembravano così poche se pensava che ne aveva percorse quasi il triplo per giungere fin lì da Cheyenne. Aveva l’impressione di poter allungare una mano per sfiorare la donna che amava.
Quando finì di raccontare si sentì meglio. Gli occhi della cognata ora lo scrutavano con tenerezza, ma non era di quella che lui aveva bisogno. Gli servivano conferme e una rivalsa che presto si sarebbe preso.
«E così nostro padre ha continuato a rovinarti la vita anche da lontano. Mi dispiace, Nick.» C’era rammarico nella voce di Charlie.
«Non è facile scrollarsi di dosso certe faccende.»
«Siamo noi a decidere che piega dare alla nostra vita. Lui era un debole e ha scelto di non prendersi le sue responsabilità. Il fatto che tu sia qui dimostra che sei diverso.»
«Sì, adesso lo so.» Ma lo aveva capito troppo tardi e a cosa poteva servire, ormai? Si alzò e calzò il cappello, prima di portare un sigaro alle labbra. «Gli farò visita al cimitero, devo dirgli che lo perdono, nonostante tutto.»
Doveva chiudere la questione con il padre, portare un fiore sulla sua tomba così da permettere al vecchio di riposare in pace e a lui di ricominciare da capo un’altra volta
.
«Vuoi che ti accompagni?» Charlie lo aveva domandato solo per cortesia, lo capì dal modo in cui si rilassò contro lo schienale della sedia.
«No, è una cosa tra me e lui.» Si avviò alla porta con passo deciso. «Quando arriveranno i nostri fratelli, dì loro che non tarderò.»
Invece spese più tempo del previsto a confrontarsi con John Miller. Un monologo in cui riassunse undici lunghi anni e che terminò con la consapevolezza di non aver sprecato uno solo di quei giorni. L’unica ombra restava Hope e il fallimento della loro storia; per il resto era felice delle scelte compiute.
«Dopotutto, è anche grazie a te se non sono rimasto a Pittsburgh a scavar carbone. Forse non avrò fatto la fortuna in cui speravo, ma almeno ho seguito la mia strada e non la tua.»
Non giunse risposta dall’oltretomba e di certo non se n’era aspettato alcuna, ma udì con chiarezza quella del suo cuore.
Aveva fatto pace soprattutto con se stesso.
*
New York
In quell’ultimo mese si era sentita sballottare come una nave nella tempesta, tra sentimenti e paure, incertezze e bisogno di trovare una via in cui indirizzare la propria vita. Hope osservava la pioggia rigare il finestrino del treno e
sospirò al pensiero di dover ricominciare ancora daccapo.
In borsa l’ultima lettera di Rachel e ciò che restava del denaro ricavato dalla vendita della casa di Washington Square. Due cose apparentemente separate ma che d’improvviso avevano riacceso la speranza sul futuro, perché era nell’albergo avviato dalla vecchia socia che lei aveva investito la maggior parte dei suoi averi.
“Mia cara Hope”
aveva letto così tante volte le parole dell’amica da saperle a memoria. “Sono addolorata per quanto accaduto a Andrew e mi domando cosa farai adesso. Perché non mi raggiungi a Cheyenne? Nonostante avessi detto che tornare indietro sarebbe stato assurdo, è proprio ciò che ho fatto ed è qui che ho deciso di mettere radici, non è granché ma da qualche parte si deve pur cominciare e lo potremmo fare insieme, io e te. Il Prairie flower è un albergo di tutto rispetto e ho davvero bisogno di una socia e di un’amica con la quale dividere i miei giorni. Non ti nascondo che mi trovo in ristrettezze economiche al momento e credo che unire le nostre forze sarebbe la salvezza di entrambe. Purtroppo, Nick ha proseguito il suo viaggio verso ovest, come sai niente e nessuno è capace di trattenerlo...”
Niente e nessuno, nemmeno l’amore per lei lo aveva indotto a fermare la corsa verso qualcosa cui nemmeno lui aveva mai dato un nome. Nick alla fine era rimasto solo, completamente schiavo di se stesso.
«Signora, stiamo per partire.» Louise la distolse da quei pensieri. Le sedeva accanto, il volto eccitato all’idea di iniziare una vita nuova. Se solo avesse immaginato ciò che l’attendeva laggiù in quella città di polvere e fango, non
avrebbe insistito tanto per partire con lei. Eppure, Hope la capiva, lei stessa nel lasciare New York per la prima volta aveva messo in valigia speranze e sogni.
Il volto di Nick si palesò di nuovo tra i pensieri con prepotenza. Lo rivide venirle incontro il giorno del suo arrivo a North Platte, bello e affascinante da levare il fiato. Non avrebbe amato mai nessun altro con tanto trasporto e, forse, nemmeno le importava farlo. L’idea che lui non fosse a Cheyenne la intristiva e cercò di convincersi fosse un segno del destino; era ormai ovvio che per il loro amore non fosse previsto un epilogo diverso da quello già avuto.
Il treno partì con un ferroso rumore di ruote e ingranaggi, tra lo sbuffare del fumaiolo e la pioggia che scendeva incessante su New York. Sarebbe stato un lungo viaggio ma, questa volta, ciò che l’attendeva era la certezza di trovare ad accoglierla l’abbraccio fraterno di Rachel.
Quando dopo il lungo viaggio giunsero a destinazione, però, le certezze si dissolsero come un miraggio.
Il Prairie flower era un bordello, di lusso, ma pur sempre un bordello. I divanetti rossi, il pavimento di legno tirato a lucido, le scale con la passatoia, il pianoforte. Hope alzò gli occhi al soffitto e si scontrò con la luce diffusa dai candelabri a goccia, prima di tornare a guardare le dieci ragazze seminude che la scrutavano con curiosità.
Rachel le doveva un bel po’ di spiegazioni.
Accidenti a lei!
Sibilò tra sé, posando la valigia a terra, prima di sfilarsi i guanti con stizza.
‹‹Si può sapere chi siete?›› domandò una delle ragazze, con fare poco cordiale. Era bionda, troppo magra e già mezza sbronza a quell’ora della tarda mattinata
.
‹‹Mi chiamo Hope Darnell e lei è Louise, stiamo cercando Rachel, è qui?›› rispose, colpita dal pessimo benvenuto e si voltò, richiamata dal rumore di passi alle sue spalle.
‹‹Hope, tesoro! Non ti aspettavo così presto›› l’accolse Rachel, stringendola in un abbraccio affettuoso, ma lei si divincolò infastidita.
‹‹Altrimenti avresti fatto in tempo a trasformare questo posto nell’albergo che mi aspettavo di trovare?››
D’un tratto l’aria si era fatta così tesa che le ragazze filarono via in silenzio. Non poteva credere che l’amica le avesse giocato un simile scherzo, oltretutto si sentiva responsabile per Louise e ciò la mandava davvero su tutte le furie.
‹‹Se ti avessi detto la verità saresti venuta?›› Opportunista e ingrata, proprio come Nick.
«Certo che no.» La fissò, delusa. «Avevi bisogno di denaro per sanare i conti del tuo albergo
e hai usato me... come hai potuto, Rachel? Ho anche trascinato Louise in questa faccenda!» Indicò la ragazza al suo fianco, l’aria smarrita aveva preso il posto dell’eccitazione di qualche giorno prima. Quasi rivide se stessa di fronte al capezzale di Bart; il West portava solo guai.
«Tu avevi bisogno di un posto in cui ricominciare, lontano dalle malelingue...» Lo sguardo di Rachel si fece colpevole mentre indugiava nel finire il discorso. «E io e Nick avevamo bisogno di denaro.»
‹‹Nick?›› Sentì lo stomaco contorcersi nella morsa dell’ansia e imprecò tra sé, chiudendo gli occhi nel vano tentativo di mantenere la calma. Nel riaprirli, però, aveva
già afferrato Rachel per un braccio con rabbia. «Sei una maledetta disonesta!»
‹‹Cerca di capire... eravamo al verde e senza il tuo denaro rischiavamo di perdere tutto! Ci serviva una socia, la nostra socia, e a te serviva un nuovo inizio! Per la miseria, Hope, credi sarebbe stato meglio infilarti nel letto di qualche altro vecchio?››
Un nuovo inizio? La stava prendendo in giro, forse?
«Spettava a me poter scegliere e non avrei scelto Nick.» Scosse il capo, delusa. «Da lui mi aspettavo tutto, fuorché questo.»
Avrebbe voluto gridare di rabbia, ma era già abbastanza umiliante star lì impalata a subire l’ennesimo affronto da parte del destino.
Nick... Nick... Nick.
Il solo nome le straziava il cuore e l’idea di ritrovarselo accanto nella quotidianità la terrorizzava. I pensieri erano diventati così rapidi e intrisi di violente emozioni che quasi le girò la testa. Il ricordo del loro ultimo bacio, il disprezzo che aveva letto nei suoi occhi, quel figlio mai nato...
‹‹Hope, lui è all’oscuro di tutto, non sa che sei qui né che i soldi con i quali ho ripagato i debiti sono tuoi. È stata una mia idea.››
‹‹Perfetto! Allora, immagino farà i salti di gioia quando mi vedrà.›› Il tono era sarcastico, lo sguardo glaciale.
‹‹Beh, lo scopriremo appena tornerà da Pittsburgh.›› Il suo accigliarsi esortò l’altra a parlare ancora: ‹‹Suo padre è morto e lui è andato a pagarne i debiti, come se non ne avessimo già abbastanza dei nostri!›› Rachel sbuffò esasperata, avviandosi su per le scale. ‹‹Venite, vi mostro
le vostre stanze, così forse questo posto ti sembrerà meno terribile.››
Solo quando la porta della camera si spalancò, Hope comprese ciò che l’amica aveva voluto dire. Un fascio di luce illuminava l’elegante letto matrimoniale, tende vermiglie scendevano a sfiorare il pavimento di legno e un separé nascondeva in parte la spaziosa conca da bagno. Toeletta e armadio erano di fine fattura e, se tutte le stanze erano state arredate con tale ricercatezza, non c’era da stupirsi se Rachel e Nick avevano dato fondo ai loro risparmi.
Rimasta sola, si guardò attorno spaesata. Lui sarebbe rientrato a giorni e lei aveva poco tempo per decidere il da farsi. Poteva saltare sul primo treno diretto a est o restare e affrontare l’ennesima beffa del destino, ma entrambe le soluzioni la spaventavano a morte.
Tornare a New York significava vivere additata come la puttana che aveva fatto morire d’infarto Andrew Scott nel suo letto, perché, nonostante i tentativi di evitare lo scandalo, era quella la voce che girava sulla morte dell’ingegnere.
Nessuno le avrebbe dato un lavoro per bene e forse nemmeno un alloggio in cui vivere nei quartieri meno malfamati.
Chiuse gli occhi e rivide Andrew steso a terra. Al solo ricordo rabbrividì. Sentiva ancora il suono roco del rantolio che aveva emesso e l’espressione di terrore che ne aveva velato gli occhi cerulei.
‹‹Mio Dio…›› mormorò, buttandosi a sedere sul letto.
No, non poteva tornare a New York. Inoltre, quasi tutti i
suoi soldi ora erano investiti in quel dannato bordello che l’avrebbe tenuta intrappolata a Cheyenne.