Capitolo 22
Il fumo del sigaro rendeva dolciastra l’aria nella camera da letto e riportava alla mente di Hope notti ormai lontane. Si alzò gettando un’occhiata a Rachel e aprì la finestra incurante del freddo di quella sera.
«Non capirò mai perché ti piace tanto fumare» borbottò, tornando a sedersi alla toeletta.
«Siamo nervose questa sera?» Il tono canzonatorio e un nuovo sbuffo di fumo dalle labbra sensuali. «Come sta andando con Nick?»
«E come dovrebbe andare?» Il primo mese da socia del Prairie flower si era rivelato un vero incubo e non ne avrebbe fatto mistero con Rachel. «Non vedi che mi evita di proposito? Stenta a rivolgermi la parola e non mi rende partecipe delle sue decisioni riguardo al locale.» Mise uno degli orecchini ai lobi e si apprestò a sistemare l’altro. «L’unico momento in cui punta lo sguardo su di me è per godersi il mio imbarazzo mentre fa il cascamorto con le nostre ragazze.»
«Sai che vuole solo renderti il favore.»
«Se la sua intenzione è ferirmi, ci sta riuscendo benissimo.» Sbuffò, sistemando le piume tra l’acconciatura.
La convivenza con Nick si stava rivelando più difficile del
previsto. Evitarlo durante il giorno era piuttosto semplice, lui dormiva fino a tardi e al risveglio usciva per sbrigare le sue faccende. Il resto della giornata lei trovava rifugio in cucina in compagnia di Louise, ormai cuoca ufficiale del locale, e accantonava per qualche ora la frustrazione che altrimenti non le avrebbe dato tregua, ma la sera la faccenda si complicava perché Rachel la voleva in sala al tavolo dei dadi e allora evitarlo diventava impossibile.
«E immagino che a peggiorare la situazione, ci siano le avance che alcuni clienti ti fanno, giusto?» Rachel spense il sigaro e la fissò attraverso lo specchio.
«Ogni volta che mi ronzano attorno, Nick pare volermi dire “Ecco i vecchi ricconi che piacciono a te...”
È davvero imbarazzante!»
«Oh, ti assicuro che lo pensa davvero, tesoro.»
Non ne dubitava affatto. Si alzò, lisciando la stoffa dell’abito elegante.
«Se solo sapesse cosa mi ha spinto tra le braccia di Andrew, il senso di vuoto che ho provato quando ho perso quel figlio di cui lui non sa nulla, la voglia di annientarmi che mi ha reso spettatrice della mia stessa vita!» Scosse il capo, accettando l’abbraccio dell’amica.
«Lui si rode di gelosia e pensa solo alla sua rabbia, ma ti ama forse anche più di prima, Hope.»
«Lo amo anch’io, per questo non sono ancora andata via. Una parte di me è così legata a lui da sperare che...» ma non terminò la frase, sentendosi sciocca per quei pensieri.
«Forse un giorno, chissà!» Rachel le posò un bacio sulla guancia, capace di scaldarle il cuore. «Ora andiamo, staranno già arrivando i primi clienti.
»
Infatti, quando scese in sala, Hope trovò i suoi ammiratori ad accoglierla con la consueta galanteria e si sentì soffocare dall’angoscia. Perché la vita l’aveva ricondotta quasi al punto di partenza? Avvertì la voce di Thomas Carter sussurrarle un complimento e la sua mano stringerle il braccio, mollemente, disgustandola al solo tatto.
Un sottile panico prese a farsi strada in lei. Si voltò e vide Nick versare da bere a un paio di avventori. Quasi desiderò correre da lui e supplicarlo di riprenderla con sé, dimenticare il passato e portarla via da lì, dallo sguardo lascivo di Thomas Carter che le scivolava addosso come la bava di una viscida lumaca.
Le parole pronunciate da Rachel poco prima avevano aperto una breccia nel suo cuore, una misera speranza. Per un attimo, s’illuse che per lei e Nick potesse ancora esserci un futuro e si concesse il lusso di guardare oltre quella sera, di sognare la felicità che non le era stata concessa. D’istinto fece un passo avanti ma Thomas la trattenne, riportandola con forza alla realtà.
Che sciocca era stata, non poteva esserci futuro per lei e Nick, ora ancor meno che in passato. Non ci sarebbe stato futuro nemmeno per lei. Niente aveva più importanza da quando al Prairie flower aveva ritrovato quell’amore che le stava divorando l’anima. Dopo la chiacchierata con Rachel, sentiva di non poter più sopportare la pressione che la schiacciava, i ricordi che la tormentavano, il dolore che la rincorreva da tutta la vita.
‹‹Hope, vi sentite bene?›› domandò Thomas, cingendola per la vita con un braccio
.
«Ho solo avuto un giramento di testa›› mentì, e accettò il cognac che una delle ragazze le stava già porgendo. Ingollò il liquore e accennò un sorriso rivolto alla faccia rubiconda del cliente.
Fu solo il primo dei tanti cognac che mandò giù durante la serata, unico alleato al quale aggrapparsi per sopravvivere. Il suo ruolo nel locale la voleva sorridente e affabile con i clienti, e per farlo aveva bisogno di ottenebrare la mente, di annullarsi, di non pensare. L’alcol le garantì una certa spigliatezza, fece crollare le difese e le paure, e proiettò Nick a una distanza abbastanza accettabile perché non la turbasse, ma non sufficiente a renderla immune al suo fascino.
Era così difficile fingere che non le importasse di lui. Vivere come se tra loro non fosse ancor forte il bisogno di appartenersi. Glielo leggeva negli occhi ogni volta che lo sorprendeva a guardarla, rapido nello spostare lo sguardo ma non abbastanza nel mutare l’espressione tesa del volto. Odio e amore combattevano la più cruenta guerra per contendersi i loro cuori, e lei poteva solo assistere come muta spettatrice di una vita alla quale ormai temeva di chiedere un ultimo briciolo di felicità.
Agitò i dadi e li lasciò ruzzolare sul panno verde, e intanto i pensieri corsero al giorno in cui lui le aveva insegnato a maneggiarli. Pareva trascorsa un’eternità, erano entrambi così diversi dai due innamorati che si erano scambiati il primo bacio come posta in gioco della più sensuale scommessa. Erano diventati duri e diffidenti, eppure qualcosa doveva essere rimasto sotto alla scorza con la quale si proteggevano l’uno dall’altra. Di certo sotto
la sua sopravviveva l’amore che ancora la spingeva verso di lui.
Si voltò verso il bancone per cercare i suoi occhi e li trovò ad attenderla come sempre, quasi fosse impossibile per lui guardare altrove e, come sempre, fu svelto nel rivolgerli altrove. Aveva perso il conto delle volte in cui era capitato quella sera, ma la risposta del cuore era stata sempre la stessa, un balzo al centro del petto prima di tuffarsi nel mare della speranza.
Il banco perse e pagò il dovuto al giocatore, felice di notare che nessun altro aveva intenzione di tentare la sorte ai dadi. Avrebbe avuto il tempo di uscire a prendere una boccata d’aria, così da ritrovare il controllo delle proprie emozioni.
Sentì lo sguardo di Nick su di sé mentre gli passava accanto per raggiungere la porta in un frusciare di seta. Gli abiti sfoggiati a New York parevano ancora più eleganti nella semplicità di Cheyenne, ma la facevano sentire nuda quando lui la fissava con disprezzo e desiderio.
Raggiunse l’uscita e fece un profondo respiro non appena l’aria fredda della sera l’accolse. Fuori dal locale erano assicurati i cavalli degli avventori in uno sbattere di code sui fianchi possenti, la strada di semplice terra battuta e la città confinante solo con l’immensità della prateria; tutto così diverso da ciò che aveva assaporato con Andrew, eppure capace di trasmetterle la forza di andare avanti. Quelle terre erano la dimostrazione che la vita poteva attecchire anche nei luoghi più remoti e selvaggi, serviva solo la volontà di farlo. Anche per i sentimenti valeva la stessa regola? Forse sarebbe bastato infrangere la scorza
per ridare ossigeno all’amore che ancora univa lei e Nick.
Chiuse la porta e tornò in sala, annegando i pensieri nel bicchiere di cognac. Non si ubriacò, ma bevve quel tanto da rendere meno disgustoso lo stare lì, con occhi sconosciuti a frugarla ovunque e la falsa indifferenza dell’uomo che ancora amava a trafiggerla come una lama.
Nick, infatti, fingeva pur morendo dentro ogni istante di più. La vedeva diversa, non più la Hope di un tempo, di certo abbigliata in maniera troppo provocante e si rodeva di gelosia. Non sopportava il modo in cui Thomas Carter le posava gli occhi addosso, la confidenza che usava nel toccarla, le ovvie allusioni che le rivolgeva provocandone sensuali risate che a lui spaccavano timpani e cuore, benché fossero false e studiate. No, non era indifferente, anche se si sforzava di apparire tale.
Averla lì lo turbava ogni giorno di più. Sapere che lei possedeva ancora il potere di mettergli la mente in subbuglio lo faceva infuriare. Il dolore provato un anno addietro, trovandola con Andrew Scott, era tornato a pugnalarlo con la medesima crudeltà.
Sapeva di averla persa solo a causa del suo egoismo, della sua stupidità. Lei gli aveva chiesto stabilità, una famiglia e un posto in cui mettere radici e lui aveva negato a entrambi un futuro felice. Sì, a entrambi, perché da quando l’aveva persa, il futuro non aveva avuto più importanza per lui.
‹‹Ti unisci a noi per una partita, Nick?›› domandò uno dei vigilantes, con un sigaro tra le labbra.
Non ne aveva granché voglia, considerò mentre
annuendo seguiva il cliente al tavolo, ma una partita a carte e una bevuta erano quel che ci voleva per scrollarsi di dosso la malinconia che lo aveva assalito e il bisogno di correre da Hope per assaporare ancora il calore del suo abbraccio, per pregarla di perdonarlo se era stato così idiota da perderla e trascorrere ogni notte a maledirsi per non averlo saputo impedire.
Quella sera rimase in sala anche dopo l’orario di chiusura. La camicia aperta sul petto, la bottiglia di whisky a fargli compagnia, il sigaro che fumava nel posacenere d’argento. Il buio lo avvolgeva simile alla malinconia di notti lontane che stringeva il cuore in una morsa impossibile da allentare. Chiuse gli occhi e lasciò che una lacrima scivolasse sulla guancia, senza vergogna, solo con il bisogno di alleviare il malessere.
Perché lei era rimasta al Prairie flower? Cosa la tratteneva?
Ciò che tratteneva anche lui, era ovvio.
Asciugò la lacrima e riaprì gli occhi afferrando la bottiglia alla quale si attaccò per l’ennesima sorsata.
«Nemmeno tu riesci a dormire?» La voce di Hope alle sue spalle fece scorrere un brivido fin dentro al cuore.
Non era pronto ad affrontare una conversazione con lei quella sera. Si voltò appena e imprecò nello scorgerne la figura vestita solo della succinta veste da notte, i capelli sciolti a sfiorare la vita, lo sguardo reso lucido dal cognac e dalle aspettative.
Bella e malinconica quanto lui.
L’alcol era stato un cattivo alleato per entrambi quella sera
.
Udì la coscienza suggerire di alzarsi e andare via ma la ignorò, perché Hope si stava avvicinando e quando gli si parò di fronte non vi era più un briciolo di volontà in lui, solo il folle bisogno di averla e tornare per un attimo a sperare che il loro tempo non fosse finito in un dannato giorno di settembre.
Rilassato contro lo schienale della sedia, affondò gli occhi nei suoi e allungò una mano per afferrarle una ciocca di capelli che rigirò tra le dita. Era anche più sensuale di un anno addietro e questo lo eccitava e spaventava al tempo stesso.
«Nick...» un sussurro che racchiudeva supplica e timore, ma lui le fece cenno di tacere e l’attirò a sé, sollevandosi quel tanto da catturarla in un bacio e dissetarsi di un amore che significava la vita stessa.
Le labbra unite, le lingue ad accarezzarsi, il gemito rabbioso dei sentimenti che esplodevano nel cuore e li avvolgevano nella magia di quell’istante. Lasciò che Hope lo spingesse di nuovo contro lo schienale e si sedesse a cavalcioni su di lui, le mani artigliarono i fianchi vestiti di seta e seppe che non avrebbero potuto arrestare la follia di sospiri e baci di cui ormai erano preda.
La foga di quel furioso ritrovarsi, il bisogno di stringersi in un abbraccio che sapeva di passione e dolore. Hope non gli si stava dando per lussuria ma per l’amore che ne inondava gli occhi, e lui vi annegò deciso a ignorare ogni appiglio offerto dalla ragione.
Era accaduto tutto in fretta, inaspettato, e nel farla sua gli parve che il tempo si fosse riavvolto. Il ripercorrere di notti spese ad amarsi, ricordi impossibili da cancellare,
che ora scorrevano sulla pelle come brividi inclementi.
«Non dire una parola, Hope...» le mormorò sulla bocca, stretto nell’abbraccio in cui lei lo serrava. «Avremo tempo domani per pentircene, quando l’alcol avrà esaurito la sua magia.» Affondò il volto nell’incavo del collo, mentre le mani risalivano la curva dei fianchi messi a nudo dalla veste sollevata.
Lei, invece, era certa che non se ne sarebbe mai pentita. Era scesa per cercarlo, spoglia della sua corazza e ormai decisa a infrangere quella di Nick, e adesso era esattamente dove avrebbe voluto essere. Tra le sue braccia, unita a lui nel corpo e nell’anima, completa e appagata come non si sentiva da tempo.
La testa resa leggera dall’alcol, i gesti audaci di un’amante esperta. Lo privò della camicia e posò le labbra sulle spalle muscolose, la pelle calda sferzata da un fremito. Aveva creduto che non sarebbe mai più stata sua, invece eccoli lì ad amarsi nel buio e nel silenzio. Non importava cosa sarebbe accaduto l’indomani, quando il dissolversi della leggera sbornia avrebbe messo entrambi di fronte al fatto che ignorarsi e odiarsi era servito soltanto a far divampare l’incendio nel quale stavano bruciando.
«Diamine, ti amo ancora...» gli sussurrò all’orecchio, mentre il piacere trafiggeva le carni in ondate di lussuria che travolsero entrambi, lasciandoli molli l’uno tra le braccia dell’altro.
«Domani te ne pentirai, Hope, e me ne pentirò anch’io...» A dispetto delle parole, però, le prese le labbra in un bacio languido al quale sembrava impossibile porre fine. «Ma questa notte resta con me, ti prego.
»
Un sorriso le sollevò gli angoli delle labbra, il primo dopo mesi di falsa felicità.
*
Hope aprì gli occhi, avvolta nel tepore delle coperte. Era consapevole di quanto accaduto durante la notte, di essersi data a Nick su una sedia del piano inferiore e di averlo rifatto nel proprio letto con la smania di chi temeva l’infrangersi del sogno alle prime luci dell’alba. E così era stato, perché di lui non c’era traccia nella stanza, restava solo il ricordo della sua pelle calda, dei baci roventi in quella notte così strana.
Si alzò, indossò la camicia da notte e raggiunse la porta che aprì sul corridoio. Voleva parlargli, fargli sapere che l’alcol aveva solo abbattuto le sue difese ma ricordava ogni cosa e, nonostante tutto, non se ne pentiva affatto.
A cosa sarebbe servito lottare contro i sentimenti se il destino l’aveva riportata tra le sue braccia?
Trovò la porta di Nick socchiusa, stava per bussare ma si arrestò nell’udire la voce di Rachel parlare in tono di rimprovero e sbirciò attraverso la fessura.
«Non avresti dovuto lasciarla sola!» La socia era accanto a lui, intento a chiudere i bottoni della camicia candida di fronte allo specchio. «Forse tu ti sarai pentito, ma stai pur certo che per lei non è così.»
«Nemmeno io mi sono pentito, Rachel.» Il tono era nervoso quanto i movimenti. «Ma non si può aggiustare ciò che è andato distrutto.
»
«Il tuo orgoglio?» Il tono pungente le costò un’occhiataccia.
«Il nostro amore.»
Hope trattenne il respiro, il cuore impazzito e la speranza che scivolava via dal cuore e sgorgava in lacrime silenziose.
«Allora perché te la sei portata a letto?»
Stizzito, Nick infilò il panciotto.
«Perché la amo, Rachel e tu lo sai.» Scosse il capo, e sospirò. «Ma sono successe troppe cose...»
«Temi che scopra dei tuoi giochetti con Scott? Di come lo hai ricattato finendo per farlo crepare?» Parole dure, cariche di biasimo, che colpirono le orecchie di Hope con la potenza di un fulmine.
Il cuore annaspò nel ripensare a Andrew, a come si era ridotto negli ultimi tempi, lo sguardo sempre preoccupato, l’umore tetro, le accuse di Georgina e poi l’ultima sera... Trattenne un singulto nel rivederlo crollare a terra davanti ai suoi occhi.
Spalancò la porta attirando l’attenzione dei due soci.
«Che cosa significa?» La voce rotta dal pianto e dall’incredulità. «Di quale ricatto stai parlando, Rachel?»
Il volto sgomento dell’amica la colpì meno dello sguardo arrogante che Nick le rivolse.
«Dove credi abbiamo trovato il denaro per avviare questo locale?» disse lui, con sfrontatezza. «Il tuo amante ha sborsato un bel po’ di soldi per comprare il mio silenzio, e non venirmi a dire che non sai in che faccende era coinvolto.»
«Davvero hai fatto una cosa così meschina?»
«Meschina?» Nick le si parò davanti, il volto distorto da
un rancore che, era ovvio, ancora lo attanagliava. «Io
avrei fatto una cosa meschina? Ti sei venduta a lui per qualche vestito e una bella casa!»
«Non è così.»
«Beh, non m’importa più di scoprire il perché, Hope! Ma il tuo Andrew non è certo morto a causa mia, forse il suo cuore non ha retto ai ritmi di un’amante tanto passionale. Scommetto che è morto nel tuo letto e...» Lo mise a tacere con uno schiaffo così violento da farle dolere la mano. Bastardo ipocrita! Come osava parlarle così dopo ciò che aveva fatto, dopo il modo in cui aveva preso il suo cuore stracciandolo in mille pezzi.
Dopo la notte trascorsa ad amarla...
Gli voltò le spalle e lasciò la stanza. Dietro di sé i passi di Rachel risuonavano rapidi. Sì, avrebbe avuto bisogno del suo conforto e di tante, troppe spiegazioni per comprendere ciò che era davvero accaduto. Come era arrivata a non saper più controllare nulla della sua vita?
Udì la porta della stanza chiudersi non appena vi entrò e si gettò sul letto ancora disfatto dalla notte trascorsa con Nick. Pianse di rabbia e dolore, rannicchiata come la bimba che era stata in passato, in un tempo al quale non apparteneva più, ma che le aveva lasciato quel folle bisogno di essere amata.
L’amore aveva distrutto sempre tutto nella sua vita.
«Ti prego, tesoro, non fare così.» La mano di Rachel le accarezzava i capelli con dolcezza, alleviando pian piano le sue pene.
«Tu lo sapevi e non mi hai detto nulla...»
«Come avrei potuto? Sono faccende che dovete risolvere
da soli, sta a voi trovare il modo per sistemare le cose. Io ho solo agito affinché vi ritrovaste.»
«Per questo mi hai fatto venire qui? Perché ci ritrovassimo?» Tirò su con il naso e la fissò negli occhi sinceri.
Rachel annuì. «Speravo tanto vi riconciliaste. Sapevo che tu stavi soffrendo per Nick, e lui... beh, lui non è più stato Nick dopo che sei andata via.»
«Non posso credere che abbia ricattato Andrew.»
«A dire il vero, Andrew se l’è meritato.»
«Per avermi portata via da lui?»
Rachel sospirò, come se raccontare ciò che sapeva le costasse fatica. «A Laramie Nick è stato arrestato dai vigilantes ed ha rischiato l’osso del collo. È salvo solo grazie a Moore. Quei vigilantes erano stati assoldati da Andrew, perché facessero il lavoro sporco al posto suo. Lo voleva fuori dai giochi, Hope, capisci?»
«Andrew ha fatto davvero una cosa simile?» Era atterrita dal marcio in cui aveva vissuto senza essersene resa conto. D’un tratto, però, tutto si faceva più limpido nella mente, come se i pezzi di un rompicapo si fossero d’un tratto messi tutti in ordine, fino a rendere il quadro completo.
Rachel annuì. «Ora capirai anche tu perché Nick avesse così voglia di vendicarsi. Aveva perso te e rischiato di morire per mano di quell’uomo...»
«Avrebbe potuto denunciare i fatti e lasciare alla giustizia il compito di punire Andrew, ma l’idea di estorcergli denaro deve essere stata troppo allettante per resisterle.» Il sarcasmo a mascherare lo sgomento.
«La giustizia non sta dalla parte di quelli come noi.
Andrew aveva amicizie importanti, non immagini nemmeno in che melma avesse immerse le mani.» La fissò con tenerezza. «Nick ha solo colto un’opportunità per vendicarsi e c’è riuscito; poi sono arrivati parecchi soldi, questo locale e il suo bisogno di annegare nei vizi per riempire il vuoto che hai lasciato nel suo cuore. Lui ti ama e non è responsabile della morte di Scott. Il cuore del tuo ingegnere era debole già da tempo e lui così sotto pressione per gli imbrogli in cui era implicato da non saper reggere oltre.»
«Come lo sai?»
«Il colonnello Moore è uno a cui si scioglie la lingua dopo una bevuta e qualche moina.» Le rivolse uno sguardo preoccupato. «Cosa farai ora?»
«Cosa posso fare se non restare qui? Non ho altro posto in cui andare e ti ho dato quasi tutto il mio denaro. Dovrò imparare a convivere con Nick.»
«O forse provare a perdonarlo.»
Sarebbe stato difficile e doloroso ormai, troppo anche solo per poterci pensare.