CANTO QUINDICESIMO

I nove cavalieri che difendono Angelica si lanciano al galoppo verso Albracà, affrontando un enorme numero di nemici. Orlando si scontra con Agricane, ma il sopraggiungere degli altri li interrompe (1-4). La zuffa è furiosa. Radamanco disarciona Balano, che però si batte valorosamente a piedi. Santarìa si misura con Antifor e Argante con Brandimarte (5-14). Gli otto ancora in sella procedono verso la città. Un gruppo di assedianti disarciona Antifor e i quattro che scortano Angelica sono separati a forza da lei. La dama invoca Orlando, che interviene facendo strage di nemici. Il paladino salva Aquilante dalle mani di Agricane e tramortisce quest’ultimo, che viene portato via dal suo cavallo (15-29). Nel frattempo Santarìa riesce a rapire Angelica: Oberto, Chiarione e Aquilante, soverchiati dalle forze avversarie, non possono fare nulla. Agricane si riprende e vorrebbe vendicarsi di Orlando, che però si lancia in soccorso di Angelica. Santarìa si fa scudo della dama, ma Orlando lo ammazza con un pugno (27-38). Il paladino si porta via Angelica e arriva con lei e con sei dei cavalieri alle porte della rocca. Trufaldino si rifiuta di farli entrare, ma Orlando lo terrorizza con le sue minacce. Infine Trufaldino acconsente, ma prima fa giurare ai difensori di Angelica che lo proteggeranno da chiunque vorrà aggredirlo per qualsiasi motivo (39-53). Nella rocca i pochi viveri sono presto consumati dai valorosi guerrieri, che si vantano di potere procurare nuove vettovaglie. Arriva l’alba e Orlando suona il corno in segno di sfida. Tra gli assedianti serpeggia il panico, ma Agricane ordina le schiere insultando i suoi e uccidendo chi non entra nei ranghi: suona il corno a sua volta e pensa di potere vincere da solo la battaglia (54-60).

1.
Stati ad oldir, signor, se vi è dileto,
La gran bataglia che io vi vuò contare.
Nel’altro canto di sopra v’ho detto
De’ nove cavalier che hano a scontrare
Dui milïon de popol maledetto;
E come e corni si odivan sonare:
Trombe, tamburi e voce sancia fine
Che par ca il mondo se apra e ’l ciel roine.

2.
Quando nel mar tempesta con romore
Da Tramontana il vento forïoso,
Grandine e piogia mena, e gran terrore,
L’onda si oscura da il ciel nubiloso:
Con tal roina e con tanto furore
Lèvassi il crido nel ciel polveroso.
Prima de tuti Orlando l’asta aresta:
Verso Agrican vien a testa per testa.

3.
È se incontrarno insieme e doi baroni
Che avean possanza e forza smisurata,
E nulla si pigarno deli arzoni,
Né vi fo alcun vantagio quela fiata.
Poi se voltarno a guisa de leoni:
Ciascun con furia trasse for la spada
E comenciàr tra lor la acerba zuffa.
Or l’altra gente gionge ala baruffa

4.
Sì che fo forza a quei dui cavalieri
Lassar tra lor lo assalto comenciato,
Benché si dipartir malvolentieri
Ché ciascun si tenea più avantagiato.
Il conte si retira ai soi guerieri:
Brandimarte li è sempre a lato a lato;
Oberto, Chiarïone e Aquilante
Sono ale spale a quel signor de Anglante

5.
Ed è con lor il franco re Adrïano;
Segue Antifor e lo ardito Grifone,
E in megio di questi il re Balano.
Or la gran gente fora de ragione,
Per monte e vale, per coste e per piano,
Seguendo ogni bandera, ogni penone,
A gran roina ne vien loro adosso,
Con tanto crido che contar nol posso.

6.
Dicean quei cavalier: «Bruta canaglia,
E vostri cridi non varan nïente!
Vostro furor serà foco di paglia:
Tutti sareti occisi incontinente!».
Or se incomencia la cruda bataglia
Tra quei nove campioni e quela gente;
Ben si potea veder il conte Orlando
Spezar le schiere e disturbar col brando.

7.
Il re Agricane a lui solo attendìa
E certamente assai li dà che fare;
Ma Brandimarte e l’altra compagnia
Fan con le spade diverso tagliare
E tanto occidon de quela zinìa
Che altro che morti al campo non appare.
Verso la roca vano tuttafiata,
E già presso li sono ad una arcata.

8.
Nel campo de Agricane era un gigante,
Re di Comano, valoroso e franco,
Ed era longo da il capo ale piante
Ben vinti pedi, e non è un dito manco;
Di lui ve ho racontato ancor davante
Che prese Astolfo, e nome ha Radamanco.
Costui si mosse con la lanza in mano
E riscontrò su il campo il re Balano.

9.
Era a quel re di dreto, nele spale,
Il malvaso gigante e traditore
Che de il destrier il fiè cader a vale;
Né valse al re Balan suo gran valore.
Alo ardito Grifon forte ne calle
E volta a Radamanco con furore;
È cominciàr bataglia aspra e crudiele
Con animo adirato e con mal fiele.

10.
Levato è il re Balan con molto ardire,
E francamente al campo se mantiene;
Ma già non puote al suo destrier salire,
Tanto è la gente che adosse li viene.
Esso non restò intorno de ferire:
La spada sanguinosa a doe man tiene.
Lui nulla teme e i compagni conforta:
Fato se ha un cerchio dela gente morta.

11.
Il re di Sueza, forte campïone,
Che per nome è chiamato Santarìa,
Con una lanza de un grosso troncone
Scontrò con Antifor de Albarosìa:
Già non lo mosse ponto delo arzone,
Ché il cavalier ha molta vigoria
E se diffende con molta possanza;
A prima gionta li tagliò la lanza.

12.
Argante di Rossìa stava da parte,
Guardando la bataglia tenebrosa;
Ed ecco ebe adochiato Brandimarte,
Che facìa prova sì maravigliosa
Che contar non lo può libro né carte:
Tutta la sua persona è sanguinosa;
Mena a doe mane il brando tagliente:
Chi parte al ciglio e chi persino al dente.

13.
A lui se driza il smisurato Argante,
Sopra a un destrier teribil e grandissimo,
E ferì il scudo a Brandimarte avante;
Ma lui tanto era ardito e potentissimo
Che nulla cura del’alto gigante,
Benché sia nominato per fortissimo,
Ma con la spada in man a lui s’afronta.
Ogni lor colpo ben Turpin raconta,

14.
Ma io lasso de dirli nel presente:
Pensati che ciascun forte se adopra.
Ora tornamo a dir del’altra gente:
Benché la terra de morti se copra,
Quelle gran schiere non sceman nïente;
Par che lo Inferno li mandi di sopra,
Dapoi che sono occisi, un’altra volta,
Tanto nel campo vien la gente folta.

15.
Fermi non stano e nove cavalieri,
Ma ver la roca vano a più non posso:
La strata fano aprir coi brandi fieri.
Ducentomilia n’ha ciascun adosso.
Lassar Balano a forza li è mestieri,
Che fo impossibil de averlo riscosso;
Li altri otto ancora son tornati insieme:
Tuta la gente adosso de lor preme.

16.
E ditti re son con lor ale mane,
Ciascun di pregio e gran condicïone:
Lurcone e Radamanco e Agricane
E Santarìa e Brontino e Pandragone,
Argante, che fo longo trenta spane,
Uldano e Poliferno e Saritrone.
Tutti èno insieme e con gran vigoria
Ateràr Antifor de Albarosìa.

17.
La schiera de quei quatro (che io contai)
Che copriva la dama in diffesa
Facea prodeze e maraviglie assai;
Ma troppo è disegual la lor contesa.
Agrican di ferir non resta mai,
Che vuol la dama ad ogni modo presa,
E gente ha seco di cotanto affare
Che a lor convien la dama abandonare.

18.
Ed essa, che si vede a tal partito,
Di gran paura non sa che si fare:
Scòrdasse delo anel che aveva in dito,
Col qual potea nascondersi e campare.
Lei tanto ha il spirto fredo e sbigotito
Che de altra cosa non può racordare,
Ma solo Orlando per nome dimanda,
A lui piangendo sol se racomanda.

19.
Il conte, che ala dama è longi poco,
Ode la voce che cotanto amava:
Nel core e nela faza véne un foco,
Fuor del’elmo la vampa sfavillava;
Bateva e denti e non trovava loco,
E le ginochie sì forte serrava
Che Briliadoro, quel forte corsiero,
Dela gran streta càde nel sentiero,

20.
Abenché incontinenti fo levato.
Ora ascoltati fuora di misura
Colpi diversi de Orlando adirato,
Che pur a racontarli è una paura:
Il scudo con roina ha via gitato,
Ché tuto il mondo una paglia non cura.
Crolla la testa quella anima insana,
Ad ambe man tien alta Durindana,

21.
Speza la gente per tute le bande.
Or fuor deli altri ha scorto Radamanco
(Prima lo vide perché era il più grande)
Tuto il tagliò, dal’uno al’altro fianco;
In dui cavezi per tera lo spande.
Né di quel colpo non parve già stanco,
Ché sopra al’elmo gionse a Saritrone
E tutto il fése, insino in sul’arcione.

22.
Non prende alcuna posa il paladino,
Ma fulminando mena Durindana,
E non risguarda grande o picolino:
Li alti re taglia, la gente megiana.
Mala Ventura li mostrò Brontino
Che dominava la terra normana:
Dala spala de il scudo, e piastre e malia
Sino alla coscia destra tuto il taglia.

23.
Or ecco il re de’ Goti, Pandragone,
Che viene a Orlando crucioso davante;
Questo se fida nel suo compagnone,
Perché ale spale ha il fortissimo Argante.
Orlando verso lor va di rondone,
Che già ben adochiato avìa il gigante,
Ma perché a Pandragone agionse in prima,
Per il traverso dele spalle il cima.

24.
A traverso de il scudo il gionse aponto,
E l’una e l’altra spala ebe troncata.
Argante era con lui tanto congionto
Che non pòte schiffarsi in questa fiata,
Ma proprio di quel colpo (come io conto)
Li fo a traverso la pancia tagliata,
Però che Argante fo di tanta altura
Che Pandragon li dava ala cintura.

25.
Quel gran gigante volta il suo ronzone
E per le schiere se pone a fugire,
Portando le budele sulo arzone.
Mai non se arestò il conte de ferire:
Non ha, come solìa, compassïone;
Tuta la gente intorno fa morire,
Pietà non vale, o dimandar mercede:
Tanto è turbato che lume non vede.

26.
Non ebe il mondo mai cosa più scura
Che fo a mirare il disperato conte:
Contra a sua spada non vale armatura.
Di gente occisa ha già fato un gran monte,
E ha posto a ciascun tanta paura
Che non ardiscon di mirarlo in fronte.
Par che nel’elmo e in faza un foco gli arda:
Ciascun fuge cridando: «Guarda, guarda!».

27.
Agrican combatea con Aquilante
Alor che Orlando mena tal roina.
Angelica ben presso gli è davante,
Che trema come foglia, la meschina.
Eccoti gionto quel conte de Anglante:
Con Durindana mai non se raffina,
Or taglia omini armati, or destrieri;
Urta pedoni, aterra cavalieri,

28.
Ed ebbe visto il Tartaro da canto,
Che facea de Aquilante un mal governo,
E ode dela dama il tristo pianto;
Quanta ira alora acolse io nol diserno!
Sule staffe se riza, e dassi vanto
Mandar quel re de un colpo nelo Inferno.
Mena a traverso il brando con tempesta
E proprio il gionse a megio dela testa.

29.
Fu quel colpo feroce e smisurato,
Quanto alcun altro dispietato e fiero;
E se non fosse per lo elmo incantato
Tuto quanto il tagliava di ligero.
Sbalordisse Agricane, e smemorato
Per la campagna il porta il destriero;
Luï or da un canto e or dal’altro piega:
Fuor de sì stesso andò ben meza lega.

30.
Orlando per lo campo lo seguìa,
Con Brigliadoro a redina bandita.
In questo il re Lurcone e Santarìa
Con gran furor la dama hano assalita;
Ciascun d’i quatro ben la diffendìa,
Ma non vi fo rimedio, ala finita:
Tanto la gente adosso li abondàro
Che al suo mal grato Angelica lassàro.

31.
Re Santarìa davanti in sul’arcione
Da il manco brazo la dama portava,
E stava a lui davanti il re Lurcone;
Poliferno e Uldano il seguitava.
Era a veder una compassïone
La damisella comme lacrimava:
Iscapigliata crida lamentando,
Ad ogni crido chiama il conte Orlando.

32.
Oberto, Chiarïone e Aquilante
Erano entrati nela schiera grossa,
E di persona fan prodecie tante
Quante puon farsi ad averla riscossa;
Ma le lor force non eran bastante:
Tuta è la gente contra da lor mossa.
Ora Agricane in questo se risente:
Tranchera ha in mane, il suo brando tagliente.

33.
Verso de Orlando nequitose torna
Per vendicare il colpo recevuto;
Ma il conte vede quella dama adorna
Che ad alta voce li dimanda aiuto:
Là se rivolta, che già non sogiorna,
Ché tuto il mondo non l’avrìa tenuto.
Più de una arcata se potea sentire
L’un dente contra l’altro screcenire.

34.
Il primo che trovò fo il re Lurcone,
Che avanti a tutti venìa per lo piano:
Il conte il gionse in capo di piatone,
Però che il brando si rivolse in mano,
Ma pur lo getò morto delo arcione
Tanto fo il colpo dispietato e strano;
L’elmo andò fracassato in sul terreno
Tuto di sangue e di cervelo pieno.

35.
Ora ascoltati cosa istrana e nova,
Che il capo a quel re manca tuto quanto,
Né dentro al’elmo o altrove se ritrova:
Così l’aveva Durindana afranto.
Ma Santarìa, che vede quela prova,
Di gran paura trema tuto quanto,
Né riparar se scià da il colpo crudo
Se non se fa de quela dama scudo;

36.
Perché Orlando già gli è gionto adosso,
Né diffender se può, né può fugire.
Temeva il conte di averlo percosso,
Per non far sieco Angelica perire.
Essa cridava forte a più non posso:
«Se tu me ami, baron, famel sentire:
Occideme, io te prego, con tue mane!
Non mi lasciar portar a questo cane!».

37.
Era in quel ponto Orlando sì confuso
Che non sapeva a pena che se fare;
Ripone il brando il conte, di guera uso,
E sopra a Santarìa si lascia andare,
Né con altra arma che il pugno chiuso
Se destina la dama acquistare.
Re Santarìa, che senza brando il vede,
Di averlo morto o preso ben se crede.

38.
La dama sostenìa da il manco lato
E dala destra mane avìa la spada:
Con essa uno aspro colpo ebe menato,
Ma benché il brando sia tagliente e rada,
Già non si attaca a quel conte affatato.
Esso non stete più nïente a·bbada:
Sopra a quel re nel’elmo un pugno serra,
E morto il getò sopra dela tera.

39.
Per boca e naso uscìa fora il cervelo
E ha la faza di sangue vermiglia.
Or se comenza un altro gran zambello,
Però che Orlando quella dama piglia
E via ne va con Briliadoro isnelo
Tanto veloce che è gran maraviglia.
Angelica è sicura di tal scorta:
È de il castello è gionto ala porta.

40.
Ma Trufaldino ala torre se affacia,
Né già dimostra di voler aprire:
A tutti e cavalier crida e menacia
Di farli a doglia e onta dipartire;
Con dardi e saxi a giù forte li cacia.
La dama di dolor volea morire:
Tuta tremava, smorta e sbigotita,
Poi che se vede, misera, tradita.

41.
La grossa schiera de’ nemici arriva:
Agricane è davante e il fier Uldano;
Quella gran gente la tera copriva,
Per la costa de il monte e tuto il piano.
Che fia colui che Orlando ben descriva,
Chi tien la dama e Durindana in mano?
Soffia per ira e per paura geme;
Nulla di sé, ma dela dama teme.

42.
Egli avea dela dama gran paura,
Ma di sì stesso temeva nïente.
Trufaldin li caciava dale mura
E ala roca il stringe l’altra gente.
Cresce d’ognora la bataglia dura,
Perché dal campo continüamente
Tanta copia di frecie e dardi abonda
Che par che il sol e il giorno se nasconda.

43.
Adrian, Aquilante e Chiarïone
Fano contra Agrican molta diffesa;
E Brandimarte, che ha cor di leone,
Par tra ’ nemici una facella accesa;
Il franco Oberto e l’ardito Grifone
Molte prodecie fèrno in quela impresa.
Sotto la roca stava il paladino
E umelmente prega Trufaldino

44.
Che agia pietade de quella dongella
Condutta a caso di tanta fortuna.
Ma Trufaldin per dolce favella
Non piega l’alma di pietà digiuna,
Che una altra non fu mai cotanto fela,
Né traditrice sotto dela luna.
Il conte prega indarno: a poco a poco
L’ira li cresce, e fa li ochii di foco.

45.
Soto la roca più se fu apressato:
È tien la dama coperta col scudo
E verso Trufaldin fu rivoltato
Con volto acceso e con sembiante crudo;
Benché non fosse a minaciar usato,
Ma più presto a ferir, il baron drudo
Or lo scridava con tanta bravura
Che non ch’a lui, ma al Ciel metea paura.

46.
Stringeva e denti e dicea: «Traditore!
Ad ogni modo non porai campare,
Ché questo saxo in meno de quatro ore
Voglio col brando de intorno tagliare!
E pigliarò la roca a gran furore
E giù nel piano la vuò trabuccare,
E strugerò quel campo tuto quanto
E tu sarai con lor insieme afranto!».

47.
Cridava il conte in voce sì orgoliosa
Che non sembrava di parlar umano.
Trufaldino avìa l’alma timorosa,
Comme ogni traditor ha per certano,
E vista avìa la forza valorosa
Che mostrata avìa il conte sopra al piano,
Che sète re mandati avìa dispersi,
Roti e spezati con colpi diversi.

48.
E già parìa a quel falso ribaldo
Veder la roca de intorno tagliata
E roinar il saxo a giù di saldo
Adosso ad Agrican e sua brigata,
Perché vedeva il conte de ira caldo,
Con li ochi ardenti e con vista avampata;
Onde a un merlo si affacia e dice: «Sire,
Piazati un poco mia rason odire!

49.
Io non lo niego, e negar non saprìa,
Che io non abia ad Angelica falito;
Ma testimonio il Ciel e Dio me sia
Che mi fu forza a prender tal partito
Per li doi mei compagni e sua folìa,
Benché ciascun di me si tien tradito,
Ché venerno con meco a quistïone,
E io li presi, e posti li ho in pregione.

50.
E benché meco egli abiano gran torto,
Da lor io non avrìa perdon giamai;
E comme fosser fora, io sarìa morto,
Perché di me son più potenti assai.
Onde per questo io te rasono scorto
Che mai qua dentro tu non entrarai,
Se tua persona non promette e giura
Far con sua forza mia vita sicura!

51.
E simel dico de ogni altro barone
Che voglia teco nela roca entrare:
Giurarà primo de esser campïone
Per mia persona, e la bataglia fare
Contra a ciascun e per ogni casone
Che alcun dimanda o possa dimandare.
Poi tutti insieme giurareti a tondo
Far mia diffesa contra tutto il mondo!».

52.
Orlando tal promessa ben li niega,
Anci il minacia con viso turbato;
Ma quela dama che egli ha in brazo il prega
E streto al collo lo tiene abraciato,
Onde quel cor feroce al fin se piega:
Comme volse la dama ebe giurato;
E simelmente ogni altro cavaliero
Giura quel pato a pieno, e tuto intiero.

53.
Sì come dimandar si seppe, a bocca
Fu fatto Trufaldin da lor sicuro;
Lui poï apre la porta e il ponte scoca,
E intrò ciascun dentro al forte muro.
Or più vivande non è nela roca,
Fuorché megio destrier salato e duro;
Orlando, che di fame venìa meno,
Ne mangiò un quarto e anco non è pieno.

54.
Li altri manzorno il resto tuto quanto,
Sì che bisogna de altro procaciare.
Brandimarte e Adrïan se tran da canto,
Chiarïon e Oberto de alto affare
Col conte Orlando insieme si dan vanto
Gran victuaglia ala roca portare.
Ad Aquilante e il suo fratel Grifone
Ristò la guardia de il forte girone,

55.
Perché alcun cavalier non si fidava
Di Trufaldin, malvagia creatura;
Però la guardia nova se ordinava
E la diffesa intorno al’alte mura.
E già l’alba serena se levava,
Poi che passata fo la notte scura;
Né ancora era chiarito in tuto il giorno,
Che Orlando è armato e forte sona il corno.

56.
Ode il gran suono la gente nel piano,
Che a tutti quanti morte li menacia:
Ben si spaventa quel popul vilano,
Non rimase ad alcun color in facia.
Ciascun piangendo bate man a mano;
Chi fuge e chi nasconder si procacia,
Però che il giorno avanti avìan provato
Il furor crudo de Orlando adirato.

57.
Per questo in campo la parte magiore
Per machie e fossi ascose si apiatava;
Ma il re Agricane e ciascun gran signore
Minaciando sua gente radunava.
Non fu sentito mai tanto rumore
Per la gran gente che a furor se armava;
Non ha bastone il re Agrican, quel crudo,
Ma le sue schiere fa col brando nudo.

58.
E come vede alcun che non è armato,
O che se alonghi alquanto dela schiera,
Subitamente il manda morto al prato.
Guarda de intorno, la persona altiera,
E vede il grande exercito adunato,
Che tien da il monte infino ala riviera;
Quatro leghe è quel piano in ogni verso:
Tuto lo copre quel popol diverso!

59.
Gran maraviglia ha il re Agrican, il fiero,
Che quella gente grande oltra misura
Sia spaventata da un sol cavaliero,
Perché ciascun tremava di paura;
Ed esso per sé solo, in su il destriero,
Di contrastar a tuti si asicura:
Quei cavalier e Orlando paladino
Manco li stima che un sol fanciulino!

60.
È sol se avanta il campo mantenire
A quanti ne ussirà di quella roca;
Tutti li sfida e mostra molto ardire,
Forte sonando col corno ala boca.
Nel’altro canto poterete odire
Come l’un l’altro col brando se toca,
Che mai più non sentisti un tal ferire!
Poi di Renaldo tornarovi a dire.

1. 1. oldir: ‘udire’ (cfr. I, i, 1, 2). se vi è dileto: ‘se vi fa piacere’. 2. vi vuò contare: ‘vi voglio raccontare’. 4. hano a scontrare: ‘devono combattere’. 5. Dui milïon: iperbolico (cfr. I, x, 26, 1-2). 6. e: ‘i’. 7. sancia: ‘senza’. 8. ‘che sembra che il mondo si spacchi e che il cielo precipiti’; iperbole frequente (cfr. I, iii, 5, 2).

2. 1. tempesta: ‘soffia’. 2. Tramontana: ‘nord’. il vento forïoso: sogg. 3. mena: ‘porta’. 4. da il ciel nubiloso: ‘per il cielo nuvoloso’. 5. roina: ‘rovina, furia’. 6. Lèvassi: ‘si leva’. 7. l’asta aresta: ‘mette la lancia in resta’ (cfr. I, i, 70, 6). 8. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha vien testa; si preferisce la lezione di R, T e Z, metricamente più regolare. a testa per testa: ‘faccia a faccia’, in uno scontro a due.

3. 1. se incontrarno insieme: ‘si scontrarono l’uno con l’altro’ (cfr. I, xi, 7, 6). 3. ‘e non si piegarono affatto sulle selle’. 4. fo: ‘fu’. fiata: ‘volta’. 5. a guisa de: ‘come’. 6. trasse for: ‘estrasse’. 7. acerba: ‘dura’.

4. 1. fo forza: cfr. I, xiv, 17, 1. 2. Lassar: ‘interrompere’. 3. si dipartir: ‘si divisero’. 4. si tenea più avantagiato: ‘si riteneva in vantaggio’. 6. a lato a lato: ‘fianco a fianco’.

5. 1. franco: ‘valoroso’. 3. in megio: ‘in mezzo’. 4. fora de ragione: ‘innumerevole’. 7. A gran roina: ‘con gran furia’. 8. Topos dell’ineffabilità (cfr. I, i, 11, 6); sarà usato più volte in questa parte.

6. 4. incontinente: ‘subito’. 5. cruda: ‘crudele’. 8. ‘rompere e sconvolgere le schiere con la spada’ (TISSONI BENVENUTI 1999).

7. 1. a lui solo attendìa: ‘si occupava solo di lui’. 4. diverso tagliare: ‘una carneficina eccezionale’. 5. tanto: ‘tanti’. zinìa: ‘soldataglia’ (cfr. I, xiv, 58, 6). 6. non appare: ‘non si vedono’. 7. tuttafiata: ‘senza fermarsi’.

8. ‘e sono già distanti un tiro d’arco’. 3-4. ‘ed era alto, dalla testa ai piedi, ben venti piedi, e non un dito di meno’ (cfr. I, vi, 37, 8). 5. ancor davante: ‘anche prima’. 6. Cfr. I, x, 34. 8. riscontrò: ‘incontrò’.

9. 1. di dreto, nele spale: ‘dietro, alle spalle’. 2. malvaso: ‘malvagio’. 3. il fiè cader a vale: ‘lo fece cadere a terra’. 4. valse: ‘servì’. 5. forte ne calle: ‘dispiace molto’; calle, cioè cale ‘importa’, con raddoppiamento ipercorretto. 6. volta a: ‘dirige (il cavallo) contro’. 7. crudiele: cfr. I, xii, 60, 6. 8. con mal fiele: ‘con cattiveria’.

10. 1. Levato è: ‘si è rialzato’. 2. ‘e si comporta valorosamente in campo’. 5. ‘Egli non smise di menare colpi in giro’. 8. ‘si è fatto un cerchio di cadaveri intorno’.

11. 1. Il re di Sueza: cfr. I, x, 12, 7. 3. troncone: ‘fusto’. 5. ponto: ‘per nulla’. 8. A prima gionta: ‘al primo colpo’.

12. 2. tenebrosa: ‘sanguinosa’ (TROLLI 2003, p. 289). 5. Cfr. 5, 8. 8. ‘a qualcuno spacca in due la testa fino agli occhi, ad altri fino ai denti’. Il fendente che divide a metà il cranio dell’avversario è diffusissimo nei testi cavallereschi (cfr. Falconetto 1483, p. 131). Il colpo può scendere anche più in basso (cfr. 21, 7-8).

13. 1. se driza: ‘si dirige’. 3. avante: cioè che Brandimarte teneva davanti a sé. 6. ‘benché sia considerato fortissimo’. 7. a lui s’afronta: ‘lo affronta’. 8. Turpin: cfr. I, i, 3, 2. Ottava aperta.

14. 1. ‘ma io tralascio di raccontarli ora’. 2. forte se adopra: ‘si impegna a fondo’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha Hor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 5. non sceman nïente: ‘non si riducono per nulla’. 7. Dapoi: ‘dopo’.

15. 1. e: ‘i’. 2. ver: ‘verso’. 3. fieri: ‘feroci’. 5. a forza li è mestieri: ‘è costretto per forza’. 6. de averlo riscosso: ‘liberarlo’. 7. P e R, seguiti dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, hanno anchor; si preferisce la lezione di R2, T e Z, metricamente più regolare.

16. 1. ‘I re di cui si è detto sopra sono alle prese con loro’; ditti, cioè detti,è forma con metafonesi di tipo sett. 2. pregio: ‘rango’. 5. longo trenta spane: ‘alto trenta spanne’. 7. èno: ‘sono’. 8. Ateràr: ‘atterrarono, fecero cadere’.

17. 1. che io contai: ‘dei quali ho raccontato’. 2. Dialefe tra dama e in. 4. ‘ma la loro lotta è troppo impari’. 6. presa: ‘prigioniera’. 7. di cotanto affare: ‘di tale valore’. 8. convien: ‘bisogna’.

18. 1. a tal partito: ‘in tale condizione’. 2. Di: ‘per la’. 3. Scòrdasse: ‘si dimentica’. 4. campare: ‘salvarsi’. 5. spirto: ‘spirito vitale (che scorre nelle vene)’ (TROLLI 2003, p. 278); Angelica è insomma terrorizzata e sconvolta. 6. racordare: cfr. I, ix, 2, 1. 7. dimanda: ‘chiama’.

19. 1. longi poco: ‘poco lontano’. 3. véne un foco: ‘divenne un fuoco’, cioè avvampò. 5. ‘batteva i denti e non riusciva a stare fermo’; consuete manifestazioni di parossismo determinate da un’emozione violenta (cfr. I, i, 34, 2; I, iii, 2, 8 ecc.). 6. serrava: ‘stringeva’. 7. corsiero: ‘cavallo’ (cfr. I, i, 6, 4). 8. Dela: ‘per la’. Ottava aperta.

20. 1. ‘Benché si rialzasse subito’. 2. fuora di misura: ‘smisurati’, riferito ai colpi del verso successivo. 3. diversi: cfr. 7, 4. 4. pur a racontarli: ‘il solo raccontarli’. 6. una paglia: cioè ‘per nulla’. 7. Crolla: ‘scrolla, muove’. insana: ‘fuori di sé’.

21. 1. Speza: ‘fa a pezzi’. per tute le bande: ‘dappertutto’ (cfr. I, xiv, 63, 8). 5. ‘lo fa cadere a terra spaccato in due’; per cavezi cfr. I, iii, 3, 8. 6. : qui con il valore della congiunzione e (MENGALDO 1963, pp. 153-154). 7-8. ‘perché colpì Saritrone e lo spaccò in due tutto quanto, fino alla sella’; fése è passato remoto di fendere.

22. 1. alcuna posa: ‘alcun riposo’. 2. fulminando: cfr. I, iii, 22, 6. 3-4. ‘e non fa distinzione tra gran signori e gente comune: uccide i re e i borghesi’ (per l’opposizione “sociologica” cfr. I, ii, 59, 6; per gente megiana cfr. TROLLI 2003, p. 192). 5. Mala Ventura: la Sfortuna. 7-8. ‘lo taglia tutto, anche l’armatura, dalla spalla sinistra (che regge lo scudo) alla coscia destra’.

23. 2. crucioso: ‘corrucciato, rabbioso’. 3. nel suo compagnone: ‘del suo compagno’. 5. di rondone: ‘di furia’ (cfr. I, iv, 39, 3). 7. agionse in prima: ‘arrivò prima’. 8. ‘gli taglia le spalle con un colpo di traverso’.

24. 1. ‘Lo colpì di traverso proprio sullo scudo’. 3. congionto: ‘vicino’. 4. ‘che non può scansarsi questa volta’. 5. di: esprime il complemento d’agente. 7. Però che: ‘perché’. altura: ‘altezza’. 8. li dava: ‘gli arrivava’.

25. 1. ronzone: ‘cavallo’. 4. non se arestò: ‘non smise’. 5. come solìa: ‘come soleva’. 7. mercede: ‘pietà’. 8. turbato: ‘adirato’.

26. 1. scura: ‘terribile’. 2. disperato: ‘fuori di sé’. 6. in fronte: ‘in faccia’. 8. Cfr. Inf. XXI, 23: «lo duca mio, dicendo “Guarda, guarda!”» (CREMANTE 1970, p. 190); guarda vale ‘stai attento’.

27. 3. ‘Angelica gli è davanti, molto vicina’. 5. Anglante: cfr. I, vi, 34, 3. 6. mai non se raffina: ‘non si ferma mai’. 8. Ottava aperta.

28. 1. da canto: ‘da parte’. 2. ‘che stava riducendo Aquilante a mal partito’ (TROLLI 2003, p. 164). 4. acolse: ‘raccolse in sé’. io nol diserno: ‘io non posso esprimerlo’ (TROLLI 2003, p. 132). 5. e dassi vanto: ‘e si vanta di’. 6. de un colpo: ‘con un colpo solo’. 7. tempesta: ‘furia’. 8. a megio dela testa: letteralmente ‘in mezzo alla testa’.

29. 2. ‘tremendo e feroce come nessun altro’. 4. ‘lo (Agricane) avrebbe tagliato tutto facilmente’. 5. Sbalordisse: ‘sbalordisce, perde i sensi’. smemorato: ‘privo di conoscenza’. 6. Dialefe tra campagna e il. 8. : ‘sé’.

30. 2. a redina bandita: ‘a galoppo sfrenato’ (TROLLI 2003, p. 240). 3. In questo: ‘in questo tempo’. 6. ala finita: ‘alla fine’. 7-8. ‘Furono così tanti coloro che li aggredirono che, loro mal grado, lasciarono Angelica’.

31. 2. Da il manco brazo: ‘con il braccio sinistro’. 5. una compassïone: cfr. I, xiv, 19, 2. 6. damisella: ‘damigella’. 7. ‘scarmigliata grida e si lamenta’.

32. 3. prodecie: ‘prodezze’. 4. ‘quante se ne possono fare per liberarla’. 5. force: ‘forze’. bastante: ‘sufficienti’. 7. se risente: ‘rinviene’.

33. 1. nequitose: cioè nequitoso ‘rabbioso’. 3. adorna: ‘bella’. 5. non sogiorna: ‘non indugia’. 6. non l’avrìa tenuto: ‘non l’avrebbe trattenuto’. 7. Più de una arcata: ‘da più di un tiro d’arco’. (cfr. 7, 8). 8. screcenire: ‘digrignare’; voce dialettale (cfr. POLDI 1977, pp. 25-26; TROLLI 2003, p. 261).

34. 3. ‘il conte lo colpì alla testa di piatto’. 4. si rivolse in mano: ‘gli si rigirò nella mano’. 5. Il colpo di piatto non porta il filo della lama a contatto con l’avversario e dovrebbe dunque essere meno pericoloso, ma qui è tale la violenza con cui è inferto che lo uccide. 6. strano: ‘straordinario’ (TROLLI 2003, p. 282).

35. 1. istrana: forma prostetica. nova: ‘inaudita’. 2. manca: ‘è sparito’. 4. afranto: ‘frantumato’. 7. se scià: ‘si sa’. crudo: ‘crudele’. 8. Ottava aperta.

36. 2. Chiasmo. 3. di averlo percosso: ‘di colpirlo’. 4. ‘per non uccidere Angelica con lui’; sieco: cfr. I, iii, 11, 5. 6. famel sentire: ‘provamelo’. 7. Occideme: ‘uccidimi’. 8. ‘Non permettere che io sia portata via da questo cane!’; a esprime il complemento d’agente.

37. 2. ‘che a malapena sapeva che fare’. Il costrutto con la negazione è attestato in antico; GDLI s. v. appena lo rintraccia in Agnolo Firenzuola: «E non potendo appena crederlo, […] se n’andò giù da lei per vedere questo miracolo». 3. di guera uso: ‘abituato a combattere’. 4. ‘e si scaglia contro Santarìa’. 6. Se destina: ‘decide’ (cfr. I, i, 6, 7). acquistare: ‘conquistare’. 8. ben se crede: ‘è certo’.

38. 1. Cfr. 31, 2. 2. dala destra mane: ‘alla mano destra’. 4. rada: ‘tagli come un rasoio’. 5. ‘non intacca (il corpo di) quel conte protetto dall’incantesimo’ (cfr. I, ii, 6). 6. ‘Orlando non si trattenne più’; a·bbada: raddoppiamento fonosintattico. 7. serra: ‘sferra’. 8. sopra dela tera: ‘sul terreno’.

39. 1. fora: ‘fuori’. 2. vermiglia: ‘rossa’. 3. zambello: ‘zuffa’. Il verso ha un aspetto formulare; cfr. Falconetto 1483, v. 3584: «Mo’ se comenza uno stranio zambello!» (e il commento per l’origine a. fr. di zambello). 5. isnelo: ‘veloce’.

40. 3. tutti e: ‘tutti i’. 4-5. ‘di farli allontanare con dolore e vergogna, li ricaccia verso il basso con frecce e sassi’; BRUSCAGLI 1995 e TISSONI BENVENUTI 1999 riferiscono a giù ai proiettili scagliati dalle mura. 7. smorta: ‘pallida’.

41. 5. Che fia colui: ‘chi sarà colui’. 6. Chi: ‘che’. 7. Chiasmo. 8. Orlando non teme per sé ma per Angelica.

42. 1. dela dama: ‘per la dama’. 2. : ‘sé’. 4. il stringe: ‘lo stringe, lo spinge’. 5. d’ognora: ‘continuamente’. 7-8. Le frecce scagliate dai nemici sembrano oscurare il sole, secondo un topos molto frequente.

43. 4. una facella accesa: ‘una fiamma che divampa’. 6. fèrno: ‘fecero’. 8. Ottava aperta.

44. 1. agia: ‘abbia’. 2. ‘condotta in una situazione tanto sventurata’. 3-4. ‘Ma Trufaldino, nonostante le parole gentili, non piega la sua anima priva di compassione’. 5. fela: ‘malvagia’. 7. indarno: ‘inutilmente’.

45. 1. più se fu apressato: ‘si avvicinò di più’. 4. con sembiante crudo: ‘con aspetto feroce’. 5. usato: ‘abituato’. 6. Ma più presto a ferir: ‘ma piuttosto a combattere’. drudo: ‘valoroso’. 7-8. ‘Ora lo insultava con tale veemenza che non spaventava solo lui ma anche il Cielo’; per bravura cfr. TROLLI 2003, p. 102.

46. 2. porai: ‘potrai’. 4. de intorno: ‘tutt’intorno’. 5. a gran furore: solito emistichio formulare. 6. la vuò trabuccare: ‘voglio farla precipitare’. 7. strugerò: ‘distruggerò’. quel campo: quello dei nemici. 8. afranto: ‘fatto a pezzi’.

47. 1. orgoliosa: ‘potente’. 4. per certano: ‘certamente’. 7. ‘che aveva massacrato sette re’. 8. diversi: cfr. 7, 4.

48. 1. parìa: ‘pareva’. falso ribaldo: ‘traditore, furfante’. 3. ‘e la rupe di colpo rovinare verso il basso’. 6. con vista avampata: ‘con aspetto fiammeggiante’. 7. merlo: parte superiore del muro difensivo. 8. Piazati: ‘ti piaccia’. rason: ‘discorso’.

49. Il discorso di Trufaldino è retoricamente ben intessuto, come si conviene all’astuzia malvagia del personaggio, e la forma sembra ispirata a una cautela giuridica. 1. niego… negar: poliptoto. non saprìa: ‘non saprei’. 2. ‘di avere mancato nei confronti di Angelica’. 4. ‘che fui costretto a prendere tale decisione’. 5. Per li doi: ‘a causa dei due’. 6-7. ‘benché entrambi si ritengano traditi da me, perché vennero a litigio con me’.

50. 1. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha abian; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 3. comme fosser fora: ‘non appena fossero fuori’, cioè liberi. 5. ‘Perciò io ti parlo chiaramente’ (cfr. I, xii, 80, 7). 7. tua persona: cioè ‘tu’.

51. Come mi suggerisce Edoardo Fumagalli, la scena potrebbe ricordare un passo della Metamorfosi (I, x, 4) di Apuleio, volgarizzata da Boiardo: con un sortilegio la maga Meroe fa sì che i suoi concittadini, che vorrebbero punirla, restino chiusi nelle loro case. Dopo due giorni i malcapitati promettono di non recarle alcun danno e anzi di proteggerla se qualcuno la minacciasse. 1. simel: ‘lo stesso’. 3. primo: ‘prima’. 3-4. de esser campïone Per mia persona: ‘di battersi per me’. 5. casone: ‘causa’. 6. Poliptoto. 7. giurareti a tondo: ‘giurerete compiutamente’ (TISSONI BENVENUTI 1999) o ‘a turno’ (TROLLI 2003, p. 292). Forse è meglio la prima interpretazione, alla luce di 52, 8.

52. 2. Anci: ‘anzi’. 3. in brazo: ‘in braccio’. 5. feroce: ‘fiero’. 8. a pieno: ‘compiutamente’.

53. 1-2. ‘Così come le circostanze permisero di chiedere, Trufaldino fu da loro rassicurato a voce’; il combattimento in corso impediva infatti di dare una forma scritta all’accordo. 3. scoca: ‘fa calare’. 7. venìa meno: ‘stava per svenire’. 8. e anco non è pieno: ‘e non è ancora sazio’. La fame dei paladini è proverbiale.

54. 1. manzorno: ‘mangiarono’. 2. de altro procaciare: ‘procurarne dell’altro’. 3. se tran da canto: ‘si fanno da parte’. 6. victuaglia: ‘vettovaglie, cibo’; latinismo (victualia). 8. Ristò: ‘restò’. girone: ‘cerchia delle mura’ (cfr. I, xiv, 19, 6).

55. 1. alcun… non: ‘nessun’. 3. Però: ‘perciò’. 7. chiarito: ‘illuminato’.

56. 3. vilano: ‘ignobile’. 6. nasconder si procacia: ‘fa in modo di nascondersi’. 7. il giorno avanti: ‘il giorno prima’.

57. 2. ‘si appiattava nascondendosi per macchie e per fossi’. 7-8. Il dettaglio esaspera il furore bellico di Agricane.

58. 2. se alonghi: ‘si allontani’. 4. altiera: ‘feroce’. 6. tien: ‘occupa’. riviera: ‘fiume’. 7. in ogni verso: ‘per ogni lato’. 8. diverso: qui potrebbe valere ‘eterogeneo’ (BRUSCAGLI 1995, TISSONI BENVENUTI 1999).

59. 2. grande: ‘numerosa’. 6. si asicura: ‘è sicuro’. 8. ‘li stima meno di un bambino solo’.

60. 1. ‘Egli si vanta di tenere il campo da solo’. 2. ussirà: ‘usciranno’. 3. Chiasmo. 6. se toca: ‘si colpiscono’. 8. tornarovi a dire: ‘vi tornerò a raccontare’.