Brandimarte non riesce a raggiungere il cervo dalle corna d’oro e trascorre la notte nella foresta. Al risveglio sente in lontananza una voce che si lamenta; la segue e trova Fiordelisa legata all’albero dall’uomo selvaggio: scende allora da cavallo per liberarla. A quel punto l’uomo selvaggio lo aggredisce di sorpresa. I due si battono finché la creatura mostruosa riesce a sollevare il cavaliere e cerca di buttarlo in un burrone, ma con gran destrezza Brandimarte si libera e uccide l’avversario con un colpo di spada. Quindi slega Fiordelisa e riparte a cavallo con lei; i due si raccontano reciprocamente le ultime avventure (1-21). Nel frattempo Rinaldo e Grifone proseguono il duello osservati da un pubblico crescente. Rinaldo riesce a tramortire Grifone: il fratello di questi, Aquilante, gli si scaglia contro per vendicarlo, credendolo morto. La sua furia è tale che Rinaldo perde i sensi dopo un colpo violentissimo ed è portato in salvo dal suo cavallo. Ripresosi, colpisce a sua volta Aquilante, lo abbatte e sta per ucciderlo quando interviene Chiarione e lo ferisce con la lancia. Intanto Grifone e Aquilante sono tornati in sé e attaccano simultaneamente Rinaldo (22-42). Marfisa e Torindo non possono più tollerare che un solo cavaliere si batta contro tanti e intervengono per aiutarlo. Grifone e Aquilante affrontano Marfisa, che non sa quale dei due abbattere per primo. Entrambi la colpiscono e lei s’infuria: reagisce e li minaccia con protervia (42-53).
1.
Seguendo, bei signor, il nostro dire,
Brandimarte dal conte era partito,
E perse il cervo, e posesi a dormire;
Ma poï, al novo giorno risentito,
Al suo compagno volìa rivenire;
E già sopra al destrier sendo sallito,
Ascoltando li parbe voce umana
Che si dolesse, e non molto lontana.
2.
E poi ch’un pecio per odir fo stato,
Verso quel loco se pose ad andare
E come avëa alquanto cavalcato,
Stavassi fermo e queto ad ascoltare;
E cossì andando gionse ad un bel prato
E colei vide che odìa lamentare,
Legata ad una quercia per le bracia;
Come la vide, la conobbe in facia:
3.
Perché quella era la sua Fiordelisa,
Tutto il suo ben e vita del suo core!
Sì che pensati voï or con qual guisa
Se cangiò Brandimarte de colore!
Era l’anima sua tutta divisa:
Parte allegrezza e parte era dolore,
Ché d’averla trovata era zoglioso,
Ma del suo mal turbato e doloroso.
4.
Più non indugia, che salta nel piano
E lega Briliadoro ad una rama;
Va con gran freta il cavalier soprano
Per dissoglier colei che cotanto ama,
Ma quel’omo bestial e inumano,
Ch’era nascoso in guardia dela dama,
Come lo vide, ussì de quel machione,
E imbracia il scudo, e impugna il bastone.
5.
Era quel scudo tutto de una scorza,
Ben atto a sostenir ogni percossa,
Né dubio è che se piegi o che se torza
Perché più d’un gran palmo egli era grossa.
Omo non ave mai cotanta forza,
Cavalier o gigante de gran possa,
Quanto ha quel’omo rigido e salvagio,
Ma non cognosce a zuffa alcun vantagio.
6.
Abita el bosco sempre alla verdura,
Vive de fruti e beve al fiume pieno
E dìcessi ch’egli ha cotal natura
Che sempre piange quando è il ciel sereno,
Perché egli ha del mal tempo alor paura,
E che ’l caldo del sol li vegna meno;
Ma quando piogia e vento il ciel saeta,
Alor sta lieto, ché ’l bon tempo aspetta.
7.
Venne questo om adosso a Brandimarte,
Col scudo in brazo e la maza impugnata;
Non ha di guera lui senno né arte,
Ma ligereza e forza smisurata.
Non era il baron volto in quella parte,
Ma là dove la dama era legata;
E se lei forse non se ne avedìa,
Quel, improviso, adosso li giongìa.
8.
De ciò non se era Brandimarte accorto,
Ma quella dama, che ’l vide venire,
Cridò: «Guàrti, baron, che tu sei morto!».
Non s’ebbe il cavalier a sbigotire
E più d’esso la dama ebe sconforto
Che di sì stessa, né del suo morire,
Perché con tutto il cor tanto lo amava
Che, sé scordando, sol de lui pensava.
9.
Presto voltosse il baron animoso
E se ricolse ad optimo governo:
E’ quando vide quel bruto peloso,
Beffandolo fra sé ne fiè gran scherno
E stete assai sospeso e dubïoso
Se questo era om, o spirto delo ’nferno:
«Ma sia quel ch’esser voglia, e’ non m’è cura!».
E vallo a ritrovar sanza paura.
10.
A prima gionta il selvatico fiero
Menò sua maza che cotanto pesa
E gionse sopra il scudo al cavaliero,
Che ben stava coperto in sua diffesa;
E’, come quel che è scorto a tal mistiero,
Taglia quella col brando ala distesa.
Come lui vide rota la sua maza,
Saltagli adosso e per forza lo abraza;
11.
E lo tenìa sì streto e sì serrato
Che non potëa sé stesso aiutare.
Più volte il cavalier se fo provato
Con ogni forza de sua man campare;
Ma quanto un fanciulleto adesso nato
Potrebe a petto a un omo contrastare,
Tanto il salvagio de estrema possanza
E di gran forza Brandimarte avanza.
12.
Via nel portava e stimavalo tanto
Quanto fa il lupo la vil pecorella.
Ora che odisse il smisurato pianto
Che facìa lamentando la dongella,
A Dio chiamando aiuto, ad ogni santo
In cui sperrava ala fede novella,
Chi odisse il pianto e ’l pietoso sermone,
Ciascun avrìa di lei compassïone.
13.
Tutavia quel salvagio ne il portava:
Per le bracie a traverso l’avìa preso;
Lui quanto più potea se deminava,
D’ira, de orgoglio e di vergogna aceso.
Ma quel suo diminar poco giovava,
Perché il salvagio lo tenìa sospeso
Alto da terra, perch’era magiore,
Correndo tutavia con gran furore.
14.
Gionse correndo col baron in bracio
Dove era un’alta pietra smisurata;
Correa nela radice un gran rivacio,
Che l’avìa da quel canto dirrupata,
Sì che da cima al fondo avìa de spacio
Seicento braza la rippa tagliata.
Quivi il salvagio ne portò il barone
Per trabucarlo gioso a quel valone.
15.
Come fo gionto al’orlo del gran sasso,
Via lo lanciò da sé sanza riguardo:
Poco mancò che non gionse al fracasso
Del dirupo alto il cavalier galiardo;
E ben li fo vicino a men d’un passo,
Ma presto saltò in pedi e non fo tardo:
Perch’egli avëa ancor in man il brando
Verso il salvagio se ne andò cridando.
16.
Quel non aveva scudo né bastone:
L’uno era rotto, l’altro avìa lassato;
Corse ad uno olmo e prese un gran troncone
E, non l’avendo ancor tuto spicato,
Brandimarte il ferì sopra il galone
E di gran piaga l’ebbe vulnerato.
Lui, ch’è orgolioso e ha superbia molta,
Lassa quel tronco e al baron si volta.
17.
Vòltassi quel salvagio forïoso
A Brandimarte, per saltargi adosso;
Il cavalier col brando sanguinoso
Nel voltar che se fiè l’ebbe percosso;
Via tagliò un bracio, ch’è tuto peloso,
E gionse al busto smisurato e grosso;
Gìa per le coste insieme ala ventraglia:
Tute col brando ad un colpo gli taglia.
18.
Quel non se pote alor più sostenire:
Cade cridando in sula terra dura;
E’ non sapea parole proferire,
Ma facìa voce terribel e scura.
Quando il barone lo vite morire,
Quivi lo lassa e più non ne dà cura,
Anci correndo a quel prato ne andava
Dove il destrier e la sua dama stava.
19.
Comme fo gionto ove era la dongella,
Di gran leticia non sa che si fare:
Tienla abraciata e già non li favela,
Ché d’alegreza non potìa parlare.
Or, per non far de ciò longa novella,
Quella disolse ed ebe a cavalcare
E pósessela in gropa, e, a lei rivolto,
Parlando andava per quel bosco folto.
20.
E l’uno e l’altro insieme racontava:
Questa comme fo tolta dal vechione,
Che per la selva oscura la portava,
E comme fo poi morto da il leone;
E cossì a lei Brandimarte narrava
De’ tre giganti, quella questïone
Che fata aveano al prato dela fonte;
E dela dama che portava il conte.
21.
E cossì l’uno al’altro ragionando
De·lor travaglio e dela lor paura,
Venìan a ritrovar il conte Orlando;
Ma ad éso era incontrata altra ventura,
Qual poï a tempo vi verò cantando:
Or al presente ponéti la cura
Ad ascoltar la zuffa e la tenzone
Ch’ebe Renaldo col franco Grifone.
22.
Né sciò se vi ricorda nel presente,
Signor, comme io lassasse quela cosa
De’ doi baron, che nequitosamente
Facìan cruda batalia e tenebrosa;
E’ stimavan la vita per nïente,
E quel e questo mai non se riposa,
Né sparma colpi alcun, né se nasconde,
Ma l’un e l’altro a bon gioco risponde.
23.
Tutta la gente quivi se adunava,
Pedoni e cavalier a poco a poco:
Sì ciascun de veder desiderava
Che stretamente li bastava il loco.
Marfisa avanti al’altri riguardava,
Tuta nel viso rossa come un foco;
Ma, mentre che mirava, ecco Renaldo
Mena un gran colpo furïoso e saldo,
24.
E sopra l’elmo gionse de Grifone,
Ch’era affatato (come aveti odito).
Se alora avesse agionto un torrïone,
Sin gioso al fondo l’arebbe partito;
Ma quel’incanto e quella fatasone
Campò da morte il gioveneto ardito,
Benché a tal guisa fo del spirto privo
Che non morite e non rimase vivo;
25.
Però che briglia e staffe abandonando
Pendea de il suo destrier al destro lato,
E per il prato strassinava il brando,
Perché l’avëa al bracio incatenato.
Quando Aquilante il venne remirando,
Ben lo credète di vita passato,
E, sospirando di dolore e d’ira,
Verso Ranaldo forïoso tira.
26.
Questo era anco esso figlio de Olivero,
Come Grifone, e di quel ventre nato;
Né de lui manco forte né men fiero,
E come l’altro aponto era fatato
(L’arme sue dico, il brando e il bon destriero),
Benché a contrario fosse divisato,
Ché questo tutto è nero e quel è bianco,
Ma l’un e l’altro a maraviglia è franco.
27.
Sì che non fo questo assalto minore,
Ma più crudel assai e inumano,
Perché Aquilante avìa molto dolore,
Credendo esser occiso il suo germano;
E come disperato a gran forore
Combatìa contra il sir de Montealbano,
Ferendo ad ambe man con molta freta
Per morir presto o far presto vendetta.
28.
Dal’altra parte a Renaldo parea
Ricever da costor a torto ingiuria,
Però più delo usato combatea,
Terribilmente acceso in magior foria:
Contra sé tuti quanti li videa,
E lui soletto non ha chi lo altoria,
Se non Fusberta e il suo cor animoso:
Però combate irato e forïoso!
29.
«Or via,» diceva lui «bruta canaglia!
Mandati ancor deli altri a ricercare,
Che vengan a fornir vostra bataglia!
On venitene insieme, se vi pare,
Che tuti non vi stimo un fil de paglia!
Come poteti gli ochi al ciel alciare
De vergogna, o veder vi lassati
Sendo tra l’altri sì vituperati?»
30.
Non rispondeva Aquilante nïente,
Benché egli odisse quel parlar superbo;
Ma stringendo de orgoglio dente a dente
Con quanta possa avëa e quanto nerbo
Ferì Renaldo nel’elmo lucente
De un colpo forïoso e tanto acerbo
Che Renaldo le braza al ciel aperse,
Per la gran pena che al colpo sofferse.
31.
E se il suo brando non fosse legato
Al destro brazo, come lui portava,
Ben li sarìa caduto al verde prato.
Or Rabicano a gran furia ne andava
Perché Renaldo il freno avìa lassato,
Né dove fosse alor se ricordava,
Ma di profondo spasmo e dolore
Have perduto lo intelleto e ’l core.
32.
Aquilante de orgoglio e d’ira pieno,
Per tuto intorno al campo lo seguìa,
E avea preso al cor tanto veleno
Che cossì volontier morto l’avrìa
Come fosse un pagan, né più né meno.
Ma ritornò Renaldo in sua balìa:
Proprio alor che Aquilante l’avìa gionto,
In sé revenne vigoroso e pronto.
33.
E ritrovato il brando che avìa perso,
Voltò contra Aquilante il corredore;
Acceso di furor troppo diverso,
Con quanta forza mai pòte magiore,
Lo gionse a megio l’elmo nel traverso:
Non valse ad Aquilante il suo valore,
Né l’arme fate per incantamento,
Che stramortito perse il sentimento.
34.
Renaldo già nïente indugïava,
Perch’era d’ira pieno a quela fiata;
E l’elmo prestamente li slaciava
E ben gli avrebbe la testa tagliata;
Ma Chiarïone la lancia arrestava,
Cossì come era la cosa ordinata,
Né de lui se accorgendo il fio d’Amone,
Di traverso il ferì sopra il galone.
35.
Piastra non lo diffese, o maglia grossa,
Ma crudelmente al fianco l’ha ferito.
Alor ch’ebbe Renaldo la percossa,
Grifon aponto se fo resentito,
Ch’era stato gran pezo in molta angossa
E fuora d’intelletto, sbalordito.
Via passò Chiarïon, rotta la lancia,
Ché tenir il destrier non ha possanza.
36.
Or (come io disse) Grifon se risente
Alor che via ne andava Chiarïone:
E’ non sapea de Aquilante nïente
Né de questo altro ancor la questïone,
Ché mosso non sarrïa certamente;
Ma cossì come ussì de sbordigione,
Per vindicarsi il colpo ch’avìa colto
Verso Renaldo forïoso è volto.
37.
Non era ancor il sir de Montealbano
Aconcio nel’arcion e rassetato
Per quello incontro sì crudo e vilano
Che quasi fuor de sella andò nel prato,
Quando gionse Grifon col brando in mano;
Trovandolo improviso e sbaratato,
Gli donò un colpo orribil e possente:
Voltossi il fio de Amon come un serpente.
38.
Comme un serpente per la coda preso,
Che gonfia il col pel buso velenoso,
Cotal Renaldo, de grande ira acceso,
A Grifon si rivolse nequitoso
E ben l’avrebbe per terra disteso,
Tanto menava un colpo forïoso,
Se non che Chiarïon, ch’era voltato,
Giongendo sturbò il gioco comenciato.
39.
E’ sopra il bracio destro lo percosse,
Come ebbe de improviso ad arivare,
E con tanta roina lo commosse
Che quasi il fece il brando abandonare.
Pensati se Renaldo ora adirosse
(Che perder non vuò tempo al racontare):
Forte cridando giura a Dio divino
Che tuti non gli stima un vil lupino!
40.
E’ si rivolta contra a Chiarïone
E darli morte al tuto è delibrato;
Ma già per questo non resta Grifone,
Né il lascia prender lena e trar il fiato.
Ecco Aquilante arriva ala tenzone,
Che era de sbordigion già ritornato,
Ma non già al tuto, perché veramente
Non accorgea deli altri doi nïente,
41.
Del’altri doi che, ciascadun più fiero,
Stano de intorno Renaldo a ferire:
Ciò non pensa Aquilante, quel’altiero,
Ma sua bataglia destina fenire.
Spronando a gran roina il suo destriero
Lassa sopra a Renaldo un colpo gire
Tanto feroce, dispietato e crudo
Che tagliò tuto per traverso il scudo,
42.
Soto il scudo la piastra del braciale:
Sopra un còr buffalino era guarnita
La manica de maglia, e nulla vale,
Che li fece nel bracio aspra ferita.
A’ circostanti ciò parìa gran male:
Sopra al’altri a Marfisa, quela ardita,
E a Torindo, che apena tenuto
Se era sinora di donargli aiuto.
43.
Onde se mosse lui con la regina,
Che di prodeza al mondo non ha pare:
Qual vento o qual tempesta di marina
Se pote al gran furor equiparare?
Quando Marfisa mosse con roina,
Parìa che e monti avessero a cascare
E ’ fiumi andasser nelo Inferno al basso,
Ardendo l’aria e il ciel a gran fracasso.
44.
A quel furor terribil e diverso
Sarebbe tutto il mondo sbigotito;
Perciò non ha Grifon l’animo perso,
Né il suo german, che fo cotanto ardito,
Ma ciascuno deli altri ha il cor sumerso,
Quando vedér colei sopra a quel sito,
Qual con tal foria nel giorno davanti
L’avìa caciati e roti tuti quanti.
45.
Véner contra Marfisa e doi germani:
Ciascun di lor se stringe il scudo in bracia;
E il pro’ Renaldo solo in su quei piani
A il re Adrïano e a Chiarïon menacia.
E fòr Torindo e Oberto ale mani,
Benché ferito è Oberto nela faza;
Trufaldin sta da parte e pone mente
Come avesse de questo a far nïente.
46.
L’una e poi l’altra zuffa voglio dire,
Perché in tre lochi a un tempo si travaglia,
E il romore è sì grande del ferire,
E il spezar dele piastre e dela maglia
Che a pena si potrebe il trono odire.
Or comenciando ala prima bataglia,
Grifone e Aquilante ala frontera
Tuolsiro in megio la regina fera.
47.
Lei come una leonza che di pare
Se veda in megio a dui cervi arivata,
Che ad ambi ha il cor e non scià che si fare,
Ma bate i denti e quel e questo guata,
Cotal Marfisa se vedea mirare
Adosso l’uno e l’altro innanimata,
Sol dubitando, la regina forte,
A cui prima donar deba la morte.
48.
Ma star sospesa non li fa mestiero,
Ché ben gli diè Grifone altro pensare:
Ad ambe mane il gioveneto fiero
Un colpo smisurato lasciò andare;
Il drago che ha la dama per cimero
Fece in doe parte ala tera callare.
Non fo Marfisa per quel colpo mossa,
Benché sentisse al capo gran percossa.
49.
Verso Grifon turbata un colpo mena
Con quel gran brando che ha tronca la ponta;
Ma non è verso lui voltata apena,
Che nel collo Aquilante l’ebe gionta.
Pensati or se ella rode la catena
E se a tal cosa prese sdegno e onta!
Perché quel colpo orribel e improviso
Bater li fece contra al’elmo il viso,
50.
E gli ussì il sangue da’ denti e da il naso,
Che non gli advenne in bataglia più mai.
Driciandosi cridò: «Gioton malvaso!
Se tu sapesti quel che tu non sai,
Vorresti nel giron esser rimaso!
Or vo’ che sappi che tu morirai
Per le mie mane, e non è in cielo dio
Che te possa campar da il furor mio!».
51.
Mentre che ela bravegia ’ suo volere,
Non ha il franco Grifon il tempo perso,
Ma con ogni sua forza e suo potere
In fronte la ferì de un gran riverso.
Io non saprìa, cantando, far vedere
De lei lo assalto orribile e diverso,
Che, non curando più la sua persona,
Verso Aquilante tuta se abandona.
52.
Ferì con tal superbia la adirata,
Con tal roina e con furor cotanto
Che se non fosse la piastra incantata,
Fèso l’avrìa per mezo tuto quanto.
Dicea il franco Grifon: «Cagna rabiata,
Tu non te donaraï al mondo il vanto
Che promisso ha’ de occider mio germano,
Ma sarà tuo cianzar bosardo e vano!».
53.
Cossì dicendo, la ferì de il brando
Con gran tempesta nel’elmo lucente.
Or, bei signor, a Dio vi racomando,
Perché fenito è il mio dir al presente.
E, se tornati, verrovi contando
Questa bataglia nel canto sequente,
Qual fo tra gente de cotanto ardire
Che ve fia gran dileto odendol dire.
1. 1. dire: ‘racconto’. 3. posesi: ‘si mise’. 4. risentito: ‘svegliatosi’. 5. volìa rivenire: ‘voleva tornare’. 6. sendo: ‘essendo’; forma dialettale (MENGALDO 1963, p. 135). 7. parbe: ‘gli parve’.
2. 1. ‘E dopo essere stato fermo un po’ di tempo per sentire’. 3. come: ‘quando’. 4. Stavassi: ‘stava’. Il verso ricorda da vicino I, i, 1, 3. 6. odìa: ‘sentiva’. 8. conobbe: ‘riconobbe’. Ottava aperta.
3. 3-4. con qual guisa Se cangiò: ‘in che modo cambiò’. 7. zoglioso: ‘gioioso, contento’. 8. del suo mal: della sofferenza di Fiordelisa. doloroso: ‘addolorato’.
4. 1. salta nel piano: ‘scende da cavallo’. 2. rama: cfr. I, xx, 24, 7. 3. soprano: ‘eccellente’. 4. dissoglier: ‘sciogliere, slegare’. 7. machione: ‘selva’.
5. 1. scorza: ‘corteccia d’albero’. 3. ‘e non c’è timore che si pieghi o che si torca’. 4. egli: masch. ma riferito a scorza. 5. ave: ‘ebbe’. 6. possa: ‘vigore’. 7. rigido: ‘rude’. 8. ‘ma non conosce i trucchi del combattimento’.
6. 1. alla verdura: ‘nella vegetazione, senza una casa’. 3. dìcessi: ‘si dice’. 4-8. È una caratteristica tradizionale dell’uomo selvaggio; la si ritrova anche nel Dittamondo di Fazio degli Uberti (V, xxv, 1-4: TISSONI BENVENUTI 1999). 6. li vegna meno: ‘gli venga meno’. 7. ‘ma quando il cielo manda pioggia e vento con i fulmini’.
7. 2. in brazo: ‘in braccio’. 3. senno né arte: ‘conoscenza né tecnica’. 4. ligereza: ‘destrezza’. 5. baron: ‘cavaliere’. 7-8. ‘e se lei per caso non se ne fosse accorta, quello gli sarebbe arrivato addosso all’improvviso’.
8. 3. Guàrti: ‘guardati, stai attento’. 5. Fiordelisa si preoccupa di Brandimarte più che di sé e della sua stessa vita.
9. 1. voltosse: ‘si voltò’. 2. ‘e si chiuse nel modo migliore’, per prepararsi a combattere (TROLLI 2003, pp. 164-165). 4. ne fiè gran scherno: ‘si burlò di lui’. 7. e’ non m’è cura: ‘non m’importa’. 8. E vallo a ritrovar: ‘e lo va ad affrontare’.
10. 1. A prima gionta: ‘appena arrivato’. fiero: ‘feroce’. 3. gionse: ‘colpì’. 5. ‘lui, come uno che è esperto in tali situazioni’. 6. quella: la mazza. brando: ‘spada’. ala distesa: ‘subito’.
11. 1. tenìa: ‘teneva’. 2. ‘che (Brandimarte) non poteva difendersi’ (TROLLI 2003, p. 81). 3. se fo provato: ‘provò’. 4. campare: ‘sfuggire’. 5. adesso nato: ‘appena nato’. 6. L’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani segue P e mette a testo un hom (con settima sede vuota). Gli altri testimoni leggono un homo. ‘Potrebbe misurarsi con un adulto’. 7-8. de… di: ‘quanto a’. 8. avanza: ‘supera’.
12. 1. nel portava: ‘se lo portava’. 2. vil: ‘misera’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha Hor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. che odisse: ‘se qualcuno udisse’. Che equivale a chi, per il cui significato cfr. I, xviii, 37, 3. 4. facìa lamentando: ‘faceva lamentandosi’. 5. chiamando: ‘chiedendo’. 6. fede novella: Fiordelisa si era da poco convertita al Cristianesimo (I, xvii, 37). 7. e ’l pietoso sermone: ‘e le parole che suscitavano pietà’. 8. avrìa: ‘avrebbe’.
13. 1. Tutavia: ‘senza fermarsi’. 3. se deminava: ‘si dimenava’. 7. magiore: ‘più alto’. 8. L’ultimo verso riecheggia il primo dell’ottava (tutavia) e rilancia sul successivo (correndo).
14. 2. pietra: ‘rupe’. 3-6. ‘alla base della rupe correva un gran fiume, che l’aveva erosa da quel lato, così che la costa tagliata misurava seicento braccia dalla cima al fondo’. Rivacio è var. di rivag(g)io (cfr. I, xix, 35, 4). 7. Quivi: ‘lì’. 8. ‘per buttarlo giù da quel vallone’.
15. 1. sasso: ‘rupe’. 3. ‘ci mancò poco che si sfracellasse’. 5. li fo: ‘vi fu’. 6. tardo: ‘lento’. 7. brando: ‘spada’.
16. 2. avìa lassato: ‘l’aveva lasciato (indietro)’. 3. troncone: ‘ramo’. 4. spicato: ‘staccato’. 5. galone: ‘fianco’. 6. ‘e gli fece una grossa ferita’.
17. 1. Vòltassi: ‘si volge’. forïoso: ‘furioso’. 2. saltargi: ‘saltargli’; il pronome enclitico dovrebbe essere una forma sett. (se non si tratta di refuso di P per gli). 3. sanguinoso: ‘insanguinato’; almeno di solito, perché Brandimarte non ha ancora colpito l’avversario. 4. ‘lo colpì mentre si voltava’. 7. ‘andava per le costole (tagliandole) insieme con le budella’. 8. ad un colpo: ‘con un colpo solo’.
18. 1. non se pote… più sostenire: ‘non si può più reggere in piedi’. 4. voce terribel e scura: ‘grida terribili e disperate’ (TROLLI 2003, p. 262). 5. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha baron; gli altri testimoni barone. vite: ‘vide’. 7. Anci: ‘anzi’.
19. 3. non li favela: ‘non le parla’. 4-7. ‘perché per la gioia non riusciva a parlare. Ora, per non farla troppo lunga, la sciolse e montò a cavallo e la fece salire in groppa’.
20. 1. insieme: ‘a vicenda’ (cfr. I, ii, 3, 1). 2. fo tolta dal vechione: ‘fu rapita dal vecchio’. 4. fo poi morto: ‘fu poi ucciso’; il sogg. è il vechione. 6. questïone: ‘battaglia’. 8. dama: Leodilla.
21. 1. ragionando: ‘parlando, raccontando’. 2. De·lor travaglio: ‘delle loro disavventure’. 4. ‘ma a lui era capitata un’altra avventura’. 5. Qual: ‘la quale’. 6. ponéti la cura: ‘prestate attenzione’. 7. zuffa… tenzone: sinonimi. 8. franco: ‘valoroso’.
22. 1-2. ‘Né so se ora ricordate, signori, come io avevo lasciato quel racconto’. 3. doi: ‘due’. nequitosamente: ‘con violenza’. 4. cruda… e tenebrosa: ‘crudele e spaventosa’. 7. sparma: ‘risparmia’. 8. a bon gioco: ‘vigorosamente’.
23. 1-4. Consueta creazione di un pubblico interno al racconto (cfr. I, xvi, 4). 2. Pedoni: ‘fanti’. 4. ‘che appena bastava lo spazio’. 5. riguardava: ‘guardava fisso’. 7. mirava: ‘osservava’. 8. saldo: ‘preciso’. Ottava aperta.
24. 1. gionse: ‘colpì’. 2. affatato: ‘fatato’. 3-4. ‘Se (il colpo) avesse allora raggiunto una torre fortificata l’avrebbe spaccata fino alle fondamenta’. Per agionto cfr. I, ii, 4, 7; gioso è il solito settentrionalismo per giuso ‘giù’. 5. incanto… fatasone: ‘incantesimo’ e ‘fatagione’, sinonimi. 6. Campò: ‘salvarono’. gioveneto: ‘giovane’. 7. ‘benché in quel modo perdesse i sensi’. 8. Ricordo di Inf. XXXIV, 25: «Io non mori’ e non rimasi vivo» (CREMANTE 1970, p. 192). Ottava aperta.
25. 1. Però che: ‘perché’. 3. strassinava: ‘trascinava’. 5. il venne remirando: ‘lo guardò’. 6. ‘lo credette morto’. 8. tira: ‘si dirige’.
26. 1. anco esso: ‘anch’egli’ (cfr. I, ix, 72, 8). 2. di quel ventre nato: ‘e nato dalla stessa madre’. 3. manco: ‘meno’. 4. aponto: ‘appunto’. 6. ‘benché portasse il colore araldico opposto’.
27. 4. germano: ‘fratello’. 5. disperato: ‘forsennato’. a gran forore: cfr. I, x, 28, 1. 6. Combatìa: ‘combatteva’. il sir de Montealbano: Rinaldo. 8. L’anafora insiste sulla risolutezza di Aquilante.
28. La rima B di questa ottava, irregolare in P seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, è livellata in -uria negli altri testimoni. 2. ingiuria: ‘offesa, attacco’. 3. Però: ‘perciò’. 5. videa: ‘vedeva’. 6. altoria: ‘aiuta’. Il verbo altoriare è un denominale da altorio ‘aiuto’ (< lat. adiutorium; LEI I, coll. 736-738).
29. 3. fornir: ‘finire’. 4. On venitene insieme: ‘o venite tutti insieme’. 6. alciare: ‘alzare’. 7-8. ‘per la vergogna, o farvi vedere in pubblico essendo così disonorati?’.
30. 3. de orgoglio: ‘per il furore’. 4. nerbo: ‘vigore’. 5. Ferì: ‘colpì’. 6. De: ‘con’. acerbo: ‘duro’. 7. braza: ‘braccia’.
31. 7-8. ‘ma per il fortissimo dolore ha perso i sensi’. Spasmo e dolore sono qui sinonimi.
32. 2. seguìa: ‘inseguiva’. 3. veleno: ‘odio’. 4-5. ‘che l’avrebbe ucciso così volentieri come se fosse stato un saraceno’. 6. ritornò… in sua balìa: ‘riprese i sensi’. 7. gionto: ‘raggiunto’. 8. In sé revenne: ‘tornò in sé’.
33. 2. corredore: ‘cavallo veloce’. 3. troppo diverso: ‘veramente straordinario’. 4. pòte: potrebbe essere sia pres. sia pass. rem. (la seconda sembra l’ipotesi più probabile). 5. ‘lo colpì di traverso nel bel mezzo dell’elmo’. 6. valse: ‘servirono’. 8. ‘che tramortito perse i sensi’.
34. 1. La lezione del verso è condivisa da tutti i testimoni. Come osserva TISSONI BENVENUTI 1999, la lettura dieretica di indugïava potrebbe essere autorizzata dalla pronuncia padana indusiare. 2. a quela fiata: ‘quella volta’. 3. prestamente: ‘rapidamente’. 5. arrestava: ‘metteva in resta’ (cfr. I, i, 70, 6). 6. ‘così come era stato stabilito’ (cfr. I, xxi, 15, 8). 7-8. ‘e, mentre Rinaldo non si accorgeva di lui, (Chiarione) lo ferì al fianco con un colpo di traverso’.
35. 1. Piastra… o maglia: cfr. I, ii, 1, 5. 3-6. ‘Proprio nel momento in cui Rinaldo fu ferito, tornò in sé Grifone, che era stato per un bel po’ in grande sofferenza e fuori di sé, intontito’. 8. ‘perché non riusciva a trattenere il cavallo’.
36. 4. la questïone: cioè non sapeva del duello iniziato tra Rinaldo e Chiarione. 5. sarrïa: ‘si sarebbe’. 6-7. ‘ma appena uscì dallo stordimento, per vendicarsi del colpo che aveva ricevuto’; per sbordigione cfr. I, xviii, 11, 4. 8. è volto: ‘si dirige’.
37. 1-2. ‘Rinaldo non si era ancora sistemato in sella’. 3. incontro: ‘scontro’. vilano: per TISSONI BENVENUTI 1999 ‘non cavalleresco’, ma sarà piuttosto ‘violento’ (TROLLI 2003, p. 308). 6. improviso e sbaratato: ‘impreparato e in difficoltà’. 7. donò: ‘diede’. 8. Voltossi: ‘si voltò’.
38. 2. pel buso velenoso: ‘per il morso avvelenato’. 4. nequitoso: ‘rabbioso’. 8. ‘arrivando interruppe lo scontro cominciato’; per gioco cfr. I, iv, 3, 1.
39. 1. lo percosse: ‘lo colpì’. 2. Come: ‘quando’. 3. ‘e lo scosse con tanta violenza’. 4. il fece: ‘gli fece’. 5. adirosse: ‘si adirò’. 6. vuò: ‘voglio’. 8. gli: ‘li’. un vil lupino: ‘per nulla’ (cfr. I, x, 18, 6).
40. 2. al tuto è delibrato: ‘è assolutamente deciso’. 3. non resta: ‘non si ferma’. 4. ‘né gli lascia recuperare le forze e tirare il fiato’. 7. al tuto: ‘del tutto’. 8. accorgea: ‘si accorgeva’. doi: ‘due’.
41. 1. ciascadun più fiero: ‘uno più feroce dell’altro’. 3. altiero: ‘ardimentoso’. 4. destina fenire: ‘decide di finire’. 5. a gran roina: ‘con gran furia’. 6. ‘lascia andare un colpo addosso a Rinaldo’. 8. Ottava aperta.
42. 1. braciale: protezione del braccio. 2-3. ‘la manica era rinforzata con maglia metallica sopra un cuoio di bufalo, e non serve a nulla’. 5. ‘A quelli che stavano intorno ciò (l’attacco a Rinaldo da parte di più avversari) sembrava una grande scorrettezza’. 7-8. ‘che fino a quel punto si era trattenuto a stento dal dargli aiuto’.
43. 1. la regina: Marfisa. 3. marina: ‘mare’. 4. equiparare: ‘paragonare’. 5. mosse: ‘si mosse’. 6. e: ‘i’. 7. andasser… al basso: ‘precipitassero’. 8. a gran fracasso: ‘con gran frastuono’.
44. 3. l’animo: ‘il coraggio’. 5. sumerso: ‘sprofondato’; gli altri sono insomma terrorizzati. 6. vedér: ‘videro’. sopra a quel sito: ‘in quel luogo’. 7. Qual: cfr. 21, 5. 8. ‘li aveva messi in rotta tutti quanti’.
45. 1. Véner: ‘vennero’. 5. fòr… ale mani: ‘si scontrarono’. 7-8. ‘se ne occupa come se non c’entrasse nulla’.
46. 2. a un tempo si travaglia: ‘si combatte nello stesso tempo’. 5. ‘che a mala pena si potrebbe sentire il tuono’. 7-8. ‘fronteggiandola presero in mezzo la feroce regina’.
47. Secondo TISSONI BENVENUTI 1999 la bella similitudine che occupa questa ottava deriverebbe dalla tigre ovidiana di Met. V, 164-167: «Tigris ut auditis diversa valle duorum / exstimulata fame mugitibus armentorum, / nescit utro potius ruat et ruere ardet utroque; / sic dubius Perseus, dextra laevane feratur». 1. leonza: ‘leonessa’. di pare: ‘allo stesso tempo’. 3. ‘che li vuole entrambi e non sa che fare’. 4. guata: ‘guarda’. 6. ‘desiderosa di aggredirli entrambi’.
48. 1-2. ‘Ma restare in dubbio non le serve, perché Grifone le diede ben altra preoccupazione’. 3. Ad ambe mane: cfr. I, v, 3, 4. 5-6. Il colpo taglia in due il cimiero a forma di drago di Marfisa. 7. Non fo… mossa: ‘Non si mosse’.
49. 2. che ha tronca la ponta: cfr. I, xviii, 17. 4. l’ebe gionta: ‘la colpì’. 5. rode la catena: metafora proverbiale per esprimere un’impazienza rabbiosa (TROLLI 2003, p. 109). 6. onta: ‘vergogna’. 8. Ottava aperta.
50. 1. gli ussì: ‘le uscì’. 3. Driciandosi: ‘drizzandosi’. Gioton malvaso: ‘Farabutto malvagio!’. 4. sapesti: ‘sapessi’. 5. nel giron: ‘nella rocca’. 6. vo’: ‘voglio’. 7. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha ciel; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. Per: strumentale.
51. 1. ‘Mentre Marfisa fa liberamente la spavalda’. 3. forza… potere: sinonimi. 4. riverso: ‘colpo di rovescio’. 5. Io non saprìa, cantando: ‘io non saprei, con il mio racconto’; consueta sovrapposizione del racconto alla fittizia recitazione canterina. 6. diverso: ‘straordinario’. 8. se abandona: ‘si scaglia’.
52. 1. superbia: ‘furia’. 2. Chiasmo. 4. ‘l’avrebbe tagliato tutto a metà’. 5-8. ‘Cagna rabbiosa, tu non ti potrai vantare al mondo di avere ucciso mio fratello, come hai promesso, ma le tue chiacchiere saranno false e inutili!’.
53. 1. de il brando: ‘con la spada’. 2. tempesta: ‘furia’. 5. verrovi contando: ‘vi racconterò’; letteralmente ‘vi verrò raccontando’. 8. ‘che vi piacerà molto quando la sentirete raccontare’.