CANTO QUARTO

Dopo l’invocazione alla donna amata e l’esaltazione di Amore (1-3), il poeta riprende la storia di Orlando. La dama che lo aveva avvertito circa il pericolo del giardino di Falerina lo informa su quello che troverà, gli spiega come potrà superare le prove e gli consegna un libretto nel quale è raffigurato in dettaglio tutto il luogo; poi se ne va (4-10). Orlando dovrà essere casto per condurre l’impresa a termine e dunque, a malincuore, non cerca di sedurre Origille, la quale – appena lui si addormenta – gli ruba spada e cavallo; quindi fugge (10-13). Svegliatosi, il cavaliere si dispera ma non si sottrae all’avventura e si arma di un bastone, con il quale ammazza il drago che custodisce la porta orientale del giardino. Questa sparisce subito dopo l’ingresso di Orlando (14-19). L’eroe prosegue a piedi, come gli insegna un’iscrizione collocata su una statua, e arriva a un bellissimo palazzo, dove trova la maga Falerina. Falerina ha con sé la spada magica che taglia ogni oggetto incantato e che dovrebbe servirle a uccidere proprio Orlando. Il paladino si impadronisce dell’arma ma non riesce a sapere dalla maga come si esce dal giardino. Allora la lega a un albero e ricorre al libretto (20-32). Apprende che dovrà affrontare una sirena, dunque si tappa le orecchie con petali di rosa. Così inganna il mostro: finge di addormentarsi al suo canto e lo fa uscire dal lago in cui vive; poi lo uccide con la spada (32-39). Il sangue della sirena gli servirà per sconfiggere un toro che ha un corno di ferro e l’altro di fuoco e che custodisce la porta a sud. Bagnata la propria armatura con il sangue, infatti, Orlando ha ragione del toro, ma anche quella porta sparisce (39-45). La porta a ovest ha un asino prodigioso come guardiano. Prima di arrivarci, il paladino deve uccidere una sorta di arpia che acceca coloro che le passano vicino. Orlando si protegge con lo scudo ed elimina anch’essa (46-54). Poi debella l’asino, ma ancora una volta la porta sguarnita si dissolve (55-62). Allora il cavaliere procede verso nord: prima di giungere a quell’uscita trova tavole riccamente imbandite, presso le quali si nasconde una fauna assassina che cattura i viandanti con una catena nascosta tra l’erba. Orlando ha letto il libretto e uccide la fauna; deve però fare i conti con il gigante che sorveglia la quarta porta. Ammazzarlo non basta, perché dal suo sangue nascono due giganti che, a loro volta, se uccisi si moltiplicherebbero; e così all’infinito. Il conte, abbattuto il primo, lotta contro gli altri due, finché non riesce a legarli con la catena della fauna. La porta così non scompare e Orlando può uscire (63-86).

1.
Luce degli ochi mei, spirto dil core
Per cui cantar solìa sì dolcemente
Rime ligiadre e bei versi d’amore,
Spirami aiuto ala storia presente.
Tu sola al canto mio facesti onore
Quando di te parlai primeramente,
Perché a qualunque che di te ragiona
Amor la voce e l’intelleto dona.

2.
Amor primo trovò le rime, e versi,
E soni, e canti e ogni melodia;
Le gente istrane e ’ populi dispersi
Congionse Amor in dolce compagnia.
Il dileto e ’l piacer sarìan sumersi
Dove Amor non avesse signoria;
Odio crudel e dispietata guera,
S’Amor non fosse, avrìan tuta la tera.

3.
Lui pone l’avaricia e l’ira in bando
E ’l core acresce al’animose imprese:
Né tante prove più mai fece Orlando
Quante nel tempo che d’Amor s’acese.
Di lui vi ragionava, alora quando
Con quella dama nel prato discese:
Or questa cosa vi voglio seguire
Per dar dileto a cui piace d’odire.

4.
La dama che col conte era smontata,
Gli dicea: «Cavalier, in fede mia,
Se non che messagera io son mandata,
Dentro a questo giardin tieco verrìa;
Ma non posso indugiar una giornata:
Del mio camin è ben longa la via!
Or quel ch’io te vuò dir intende bene:
Esser gagliardo e sagio ti conviene.

5.
Se non vòi esser di quel drago pasto
Che d’altra gente ha consumata assai,
Convienti di tre giorni esser ben casto,
Né camparesti in altro modo mai.
Questo dragon fïa il primo contrasto
Ch’ala primiera intrata trovarai.
Un libro ti darò, dove è depinto
Tuto ’l giardin e ciò ch’è dentro al cinto:

6.
E il dragon che gli omini divora
E l’altre cose tute quante dice,
E discrive il palagio ove dimora
Quella regina, bruta incantatrice.
Ier entrò dentro, e dimòravi ancora,
Perché con succo d’erbe e de radice
E con incanti fabrica una spata
Che tagliar pòsa ogni cosa afatata.

7.
In questo non lavora se non quando
Volta la luna e che tuta s’oscura.
Or te vuò dir perché ha fato quel brando
E pone al temperarlo tanta cura:
In Ponente è un baron ch’ha nome Orlando,
Che per sua forza al mondo fa paura;
La incantatrice trova per destino
Che costui disertar debe il giardino.

8.
Comme se dice, egli è tuto fatato
In ogni canto, e non si può ferire;
E’ con molti guerieri è già provato
E tuti quanti gli ha fato morire.
Perciò la dama il brando ha fabricato,
Perché ’l baron ch’i’ ho deto abia a perire:
Benché lei dica che pur scià di certo
Che ’l suo giardin da lui sarà diserto.

9.
Ma quel che più bisogna avìa scordato
E speso ho ’l tempo con tante parole:
Non se può intrar in quel loco incantato
Se non a ponto quando lieva il sole.
Poi ch’io son quivi, è bon tempo passato:
Più tieco star non posso, e me ne dole.
Or piglia il libro, e pónevi ben cura.
Idio te aiuti, e doneti ventura».

10.
Cossì dicendo gli dà il libro in mano
E da lui tuol combiato la fantina;
Ben la ringracia il cavalier soprano:
Lei monta il palafren e via camina.
Va passegiando il conte per il piano,
Poiché indugiar convien ala matina:
Ben gli rencresce il gioco che gli è guasto,
Ch’esser convien a quela impresa casto.

11.
Perché Origilla, quela damigella
Ch’avìa campata, sieco dimorava,
Amor e gran disio dentro il martela;
Ma pur indugïar deliberava.
La luna era nel ciel e ogni stella:
Il conte sopra al’erba si possava
Col scudo soto il capo e tuto armato;
La damigela a lui stava da lato.

12.
Dormiva Orlando e sornachiava forte
Senza altra cura, il franco cavaliero;
Ma quela dama, ch’è di mala sorte,
E a seguir Grifon avìa il pensiero,
Fra sé deliberò dargli la morte:
E rivolgendo ciò, l’animo fiero,
Vien pianamente a lui s’aproximando,
E via dal fianco gli distaca il brando.

13.
Tuto è coperto il conte d’armatura:
Non scià la dama il partito pigliare,
Né de ferirlo ponto s’assicura,
Onde destina di lasciarlo stare.
Lei prende Brigliadoro ala pastura
E prestamente su vi ebe a montare,
E via camina, e quindi s’alontana,
E porta sieco il brando Durindana.

14.
Orlando fo svigliato al matutino
E dil brando s’accorse e del ronzone.
Pensati se de questo fo tapino!
Ch’el credete morir di passïone.
Ma in ogni modo intrar vòl al giardino:
E bench’egli abia perduto il ronzone
E ’l brando di valor tanto infenito,
Non se spaventa, il cavalier ardito.

15.
Via caminando come disperato
Verso il giardin andava quel barone.
Un ramo d’un alto olmo avìa sfrondato
E sieco nel portava per bastone;
Il sol a ponto alora era levato
Quando lui gionse al passo dil dragone.
Fermossi alquanto, il cavalier sicuro,
Guardando intorno del giardin al muro.

16.
Quel era un sasso d’una pietra viva
Che tuta intégra atorno l’agirava:
Da mile braza verso il ciel saliva
E trenta miglia quel cerchio voltava.
Ecco una porta a Levante s’apriva:
Il drago smisurato zuffelava
Batendo l’ale e menando la coda;
Altro che lui non par ch’al mondo s’oda.

17.
Fuor dela porta non esce nïente,
Ma stàvi sopra come guardïano:
Il conte s’avicina arditamente
Col scudo in brazo e col baston in mano.
La bocca tuta aperse il gran serpente
Per ingiotirsi quel baron soprano:
Lui che di tal battaglia era ben uso,
Mena il baston e colse a megio ’l muso.

18.
Per questo fo il serpente più commosso
E verso Orlando forïoso viene;
Lui con quel ramo d’olmo verde e grosso,
Menando gran percosse li dà pene.
Al fin con molto ardir li salta adosso
E cavalcando tra le cosce il tiene,
Ferendo ad ambe man, a gran tempesta
Colpi radoppia a colpi in sula testa.

19.
Roto avìa l’osso (e ’l suo cervel appare)
Quela bestia diversa, e cade morta;
Il sasso, ch’era aperto a questo intrare,
S’accolse insieme e chiuse questa porta.
Or non scià il conte ciò che deba fare
E nela mente alquanto se sconforta:
Guardasi intorno e non scià dove gire,
Che chiuso è dentro e non potrebe ussire.

20.
Era alla sua man destra una fontana
Spargendo intorno a sé molta aqua viva;
Una figura di pietra soprana,
A cui del peto fuor quel’acqua ussiva,
«Drito» avìa in fronte «per questa fiumana
Al bel palagio dil giardin s’arriva».
Per infrescarsi se n’andava il conte
Le man e ’l viso a quela chiara fonte.

21.
Avìa da ciascun lato un arborscelo
Quel fonte ch’era in megio ala verdura,
E facea de sé stéso un fiumicello
D’una aqua tropo cristalina e pura;
Tra ’ fiori andava il fiume: proprio è quello
Di cui contava aponto la scriptura
Che la imagine al capo avìa d’intorno:
Tuta la lesse il cavalier adorno.

22.
Onde si mosse a gir a quel palagio
Per pigliar in quel luoco altro partito;
E caminando sopra del rivagio,
Mirava il bel paese isbigotito.
Egli era aponto dil mese di magio,
Sì che per tuto intorno era fiorito,
E rendeva quel luoco un tanto odore
Che sol di questo s’alegrava il core.

23.
Dolce pianure e lieti monticelli
Con bei boscheti de pin e d’abbeti,
E sopra a’ verdi rami eran occeli
Cantando in voce viva e versi queti;
Conigli e caprioli e cervi isnelli,
Piacevole a guardar e mansueti,
Lepore e daini correndo d’intorno
Pien avìan tuto quel giardin adorno.

24.
Orlando pur va dreto ala rivera,
E avendo gran pecio caminato,
A’ piè d’un monticel, ala costiera,
Vidde un palagio, a marmo intagliato:
Ma non potea veder ben quel che gli era,
Perché d’arbori intorno è circondato;
Ma poi, quando li fo gionto da presso,
Per maraviglia ussì for di sé stesso.

25.
Perché non era marmo, il lavoro
Ch’egli avia visto tra quella verdura,
Ma smalti coloriti in lame d’oro
Che coprìan del palagio l’alte mura.
Quivi è una porta di tanto tesoro
Quanto non vede al mondo creatura,
Alta da diece e larga cinque passi,
Coperta di smiraldi e di balassi.

26.
Non se trovava in quel ponto serata,
Però vi passò dentro il conte Orlando.
Come fo gionto nela prima intrata,
Vide una dama ch’avìa in man un brando,
Vestita a bianco e d’or incoronata,
In quela spata sé stessa mirando.
Come lei vide il cavalier venire,
Tuta turbosse e posesi a fugire.

27.
Fuor dela porta fogì per il piano:
Sempre la siegue Orlando tuto armato,
Né fo ducento passi ito lontano
Che l’ebe gionta in megio di quel prato.
Presto quel brando gli tolse di mano
Che fo per dargli morte fabricato,
Perch’era fato con tanta ragione
Che taglia incanto e ogni fatasone.

28.
Poi per le chiome la dama pigliava,
Che l’avea sparse per le spale al vento,
E de dargli la morte menaciava
E grave pena con molto tormento
Se del giardin ussir non gl’insignava.
Lei, benché tremi tuta di spavento,
Per quela tema già non se confonde,
Anci sta queta e nulla vi risponde.

29.
Né per menacie che gli avesse a fare
Il conte Orlando, né per la paura
Mai gli rispose, né volse parlare,
Né pur di lui mostrava tenir cura.
Lui le losenghe ancor volse provare:
Essa ostinata fo sempre e più dura,
Né per piacevol dir, né per menacia
Puòte impetrar che lei sempre non tacia.

30.
Turbossi il cavalier nel suo coragio,
Dicendo: «Ora m’è forza esser felone!
Mia sarà la vergogna e to il danagio,
Benché di farlo ïo ho molta ragione».
Cossì dicendo la mena ad un fagio
E ben streta la lega a quel troncone
Con rame longhe, tenere e ritorte,
Dicendo a lei: «Or dove son le porte?».

31.
Lei non risponde al suo parlar nïente
E mostra del suo crucio aver dileto.
«Ahi,» disse il conte «falsa e fraudolente!
Ch’io lo posso saper al tuo dispeto!
Or mo’ di nuovo m’è tornato a mente
Ch’in un libreto l’hagio scrito al peto,
Qual mi mostrarà il fato tuto a pieno».
Così dicendo sel trasse di seno.

32.
Guardando nel libretto ove è depento
Tutto ’l giardin, e di fuor e d’intorno,
Vede nel sasso, ch’è d’incerco acento,
Una porta che n’esce a Megiogiorno:
Ma bisogna al’ussir aver convento
Un tor avanti, ch’ha di foco un corno,
L’altro di fero, ed è tanto pongente
Che piastra o maglia non vi val nïente.

33.
Ma prima che vi arriva, un lago trova
Dove è molta fatica a trapassare
Per una cosa tropo strana e nova,
Sì comme apresso vi vorò contare:
Ma il libro insigna a vincer quella prova.
Non avea il conte aponto a indugïare,
Ma via camina per l’erba novella
Lassando al fagio presa la dongella.

34.
Via ne va lui per quel’erbe odorose,
E poi ch’alquanto via fo caminato,
L’elmo al’orechie empì dentro di rose
Dele qual tuto adorno era quel prato.
Chiuse l’orechie, ad ascoltar si pose
Gli ocei ch’eran intorno ad ogni lato:
Mover li vede il col e ’l beco aprire,
Voce non ode, e non potrebe odire

35.
Perché chiuso s’aveva in tal manera
L’orechie entrambe a quele rose folte
Che non odiva, al luoco dove egli era,
Cosa del mondo, benché atento ascolte.
E caminando gionse alla rivera
Ch’ha molte gente al suo fondo sopolte:
Questo era un lago picol e iocondo,
D’acque tranquille e chiare insin al fondo.

36.
Non gionse il conte in sula ripa apena
Che comenciò quel’aqua a gorgogliare:
Cantando venne a somo la serena.
Una dongela è quel che sopra appare,
Ma quel che soto l’aqua se dimena
Tuta è di pesso, e non si può mirare,
Ché sta nel lago dala forca in gioso
E mostra il vago, e ’l bruto tien ascoso.

37.
Lei comencia a cantar sì dolcemente
Che occegli e fiere venero ad odire;
Ma come erano gionti, incontinente
Per la dolceza convenìan dormire.
Il conte non odiva de ciò nïente,
Ma stando atento mostra de sentire:
Come era dal libreto amaestrato,
Sopra la rippa se colcò nel prato.

38.
E’ mostrava dormir, ronfando forte:
La mala bestia il trato non intese
E venne a terra per donarli morte;
Ma el conte per le chiome ne la prese.
Lei quanto più potea cantava forte,
Ché non sapeva far altre diffese,
Ma la sua voce al conte non atiene,
Che ambe l’orechie avìa di rose piene.

39.
Per le chiome la prese il conte Orlando:
Fuor di quel lago la trasse nel prato
E via la testa gli tagliò col brando,
Come gli aveva il libro dimostrato,
Sé tuto di quel sangue rosegiando
E l’arme e sopraveste in ogni lato;
L’elmo se trasse e dislegò le rose,
Tinto di sangue poi tuto sel pose.

40.
Di quel sangue avìa toco in ogni loco,
Perché altramenti tuta l’armatura
Avrebe consumata a poco a poco
Quel tor orrendo, e fora di natura,
Ch’avìa un corno di fer e un di foco.
Al suo contrasto nula cosa dura,
Arde e consuma ciò che toca apena:
Sol se diffende il sangue di serena.

41.
Di questo tor io v’ho sopra contato
Che verso Megiozorno è guardïano:
Il conte a quela porta fo arrivato
Poi ch’ebbe errato molto per il piano.
Il sasso che ’l giardin ha circondato
S’aperse ala sua gionta a man a mano,
E una porta di bronzo si diserra:
Fuor ussì il tor a megio dela terra.

42.
Mugiando ussite il tor ala bataglia
E ferro e fuoco nela fronte squassa,
Né contrastar vi può piastra né maglia:
Ogni armatura con le corne passa.
Il conte, con quel brando che ben taglia,
A lui ferisse nela testa bassa
E proprio el gionse nel corno ferrato:
Tuto di neto lo mandò nel prato.

43.
Per questo la bataglia non s’arresta:
Con l’altro corno, ch’è di foco, mena
Con tanta foria e con tanta tempesta
Che ’l conte in piedi si mantien a pena;
Arso l’avrìa dale piante ala testa,
Se non che ’l sangue di quella serena
Da questa fiamma lo tenìa diffeso
Ch’avrebe l’arme e ’l busto insieme aceso.

44.
Combate arditamente il conte Orlando
Come colui che fo senza paura;
Mena a doe man irato e fulminando
Dréti e roversi fuor d’ogni misura.
Egli ha gran forza, e incantato ha ’l brando,
Onde a’ soi colpi nulla cosa dura;
Ferrendo e spale e testa e ogni fianco
Fece che ’l tor al fin pur venne manco.

45.
Le gambe tagliò a quel, e ’l col ancora:
Con gran fatica se fenì la guera.
Il tor occiso, sanza altra dimora,
Tuto s’ascose soto dela terra;
La porta ch’era aperta alor alora,
Al’asconder di quel presto si serra:
La pietra tuta insieme è ritornata,
Porta non vi è, né segno ove sia stata.

46.
Il conte più non scià quel che si fare,
Che del’ussita non vede nïente;
Prende il libreto e comencia a guardare,
D’intorno al cerchio va ponendo mente:
Vede il viagio che debbe pigliare
Detro ad un rivo che corre a Ponente
Ove de zoglie aperta è una gran porta:
Un asinelo armato è la sua scorta.

47.
Ma presto narrerò comme era fato
Questo asinel, e fo gran maraviglia.
Dio guardi il conte Orlando a questo trato
Ch’alla riva del fiume il camin piglia!
Via ne va sempre caminando ratto
E sieco nela mente s’assotiglia,
Perché ’l libro altro ne gli avìa mostrato
Prima che gionga al’asinel armato.

48.
Cossì pensando, a megio dil camino
Un arbor atrovò fuor di misura:
Tanto alto non fo mai fagio né pino,
Tuto fronzuto di bella verdura.
Comme da longi il vede, il paladino
Ben se ricorda di quela scriptura
Che gli mostrava il suo libreto aponto:
Però provede prima che sia gionto.

49.
Fermossi sopra il fiume il cavaliero
E ’l scudo prestamente desimbraza;
Dal’elmo tolse via tuto ’l cimero,
Ala fronte di quel lo scudo allaza
Sì che ’l coprìa davanti tuto intiero
Verso la vista e sopra dela faza.
Dinanci ai piedi aponto in tera guarda,
Altro non vede, e ’l suo camin non tarda.

50.
E come il luoco avia prima avisato,
Al tronco dritamente via camina.
Un grande ocello ai rami fo levato
Ch’avïa testa e facia di regina,
Coi capei biondi e ’l capo incoronato;
La piuma al col ha d’or e purpurina,
Ma el peto, el busto e le péne magiore
Vaghe e depente son d’ogni colore.

51.
La coda ha verda e d’or e di vermiglio
E ambe l’ale ad ochi di pavone;
Grande ha le branche e smisurato artiglio:
Proprio asembra di fero il forte ungione.
Tristo quel’omo a cui dona di piglio,
Che lo divora con destrucïone!
Smaltisse questo ocel una aqua mole
Qual, come toca gli ochi, il veder tole.

52.
Levosse dale rame con fracasso
Quel grande ocello, e verso il conte andava,
Il qual veniva al tronco passo passo
Col scudo in capo, e gli ochi non alciava,
Ma sempre a terra aveva il viso basso.
E l’ocellacio d’intorno agirava,
E tal romor faceva e tal cridare
Che quasi Orlando fiè pericolare,

53.
Che fo più volte per guardar in suso:
Ma pur s’arricordava del libretto
E sotto il scudo se ne stava chiuso.
Alciò la coda il mostro maledeto,
E l’aqua avelenata smaltì giuso:
Quella càde nel scudo, e per il peto
Calla stridendo comm’un olio ardente,
Ma nela vista non toccò nïente.

54.
Orlando se lasciò cader a terra,
Tra l’erbe, comme cieco brancolando:
Calla l’occello e nel sbergo l’afferra,
E verso il tronco il tira strasinando.
Il conte a man riversa un colpo sèra:
Proprio a traverso lo gionse del brando
E dal’un lato al’altro lo divise
Sì che, a dir breve, quel colpo l’ocise.

55.
Poi che mirato ha il conte quel’ocelo,
Soto il suo tronco al’umbra morto il lasa,
E, raconcio ’l cimer alto a penelo,
El scudo al bracio nel suo loco abasa.
Verso la porta dove è l’asinello,
Dréto a Ponente in ripa al fiume pasa,
E poco caminò che ivi fo gionto,
E vide aprir la porta in su quel ponto.

56.
Mai non fo visto sì rico lavoro
Comme è la porta nela prima facia:
Tutta è di zoglie, e val un gran tesoro.
Non la diffende né spata né macia,
Ma un asino coperto a scaglie d’oro,
E ha l’orechie longhe da doa bracia:
Comme coda di serpe quelle piega,
E pilia e strenge a suo piacer, e lega.

57.
Tutto è coperto di scaglia dorata
(Comm’io v’ho deto) e non si può passare;
Ma la sua coda taglia comme spata,
Né vi può piastra né maglia durare;
Grande ha la voce e tropo smisurata,
Sì che la terra intorno fa tremare.
Or ala porta il conte s’avicina:
La bestia vene a lui con gran roina.

58.
Orlando lo ferì d’un colpo crudo,
Né lo diffende l’incantata scaglia:
Tuto ’l scoperse insin al fianco nudo,
Perch’ogni fatason quel brando talia.
L’asino prese con l’orechie il scudo
E tanto diminando lo travaglia,
Di qua, di là batendo, in poco spacio
Ch’al suo dispeto lo levò dal bracio.

59.
Turbosse oltra misura il conte Orlando,
E mena un colpo forzosamente:
Ambe l’orechie gli tagliò col brando,
Che quela scaglia vi giovò nïente.
Esso le croppe rivoltò cridando
E mena la sua coda ch’è tagliente,
E specia al franco conte ogni armatura:
Luï è fatato e poco se ne cura,

60.
E d’un gran colpo a quel colse nel’anca
Dal lato destro, e tuta l’ha tagliata,
E dentro agionse nela coscia stanca:
Non è ripar alcun a quela spata,
Quasi la tagliò tutta, e poco manca.
Cade ala terra la bestia incantata
Cridando in voce di spavento piena:
Ma ’l conte ciò non cura e ’l brando mena.

61.
Mena a doe man il conte e non s’aresta,
Benché cridi la bestia a gran terore:
Via d’un sol colpo gli gitò la testa
Con tuto ’l colo o la parte magiore.
Alor tuta tremò quela foresta
E la terra s’aperse con romore:
Dentro vi càde quela mala fiera,
Poi se ragionse e ritornò come era.

62.
Or fora il conte se ne vuol andare
E ala rica porta èsse inviato.
Ma dove quella fosse non appare:
Il sasso tuto intégro è riserato.
Lui prende il libro e comencia a mirare.
Poi ch’ogni volta riman ingannato
E dura indarno cotanta fatica,
Non scià più che si faci o che se dica.

63.
Ciascuna ussita sempre è stata vana
E co’ arisico grande di morire.
Pur la scriptura del libreto spiana
Ch’ad ogni modo ne se puote ussire
Per una porta volta a·tTramontana.
Ma là non vi val forza e non ardire,
Né ’l proprio senno, né l’altrui consiglio,
Che tropo è quel estremo e gran periglio,

64.
Perché un gigante smisurato e forte
Guarda la ussita con la spata in mano;
E se egli advien che dato li sia morte,
Doi nascon del suo sangue sopra il piano.
E questi sono ancor de simel sorte:
Ciascun quatro produce a man a mano,
Cossì multiplicando in infenito
Il numero di lor, forte e ardito.

65.
Ma prima ancor che si possa arivare
A quella porta ch’è tuta d’argento,
Per quella strata vi è molto che fare,
E bisognavi astucia e sentimento.
Ma ’l conte a questo non stete a pensare,
Comme colui ch’avìa molto ardimento,
Sieco dicendo a sua mente animosa:
«Chi può durar al fin vence ogni cosa!».

66.
Cossì fra sé parlando il camin prese
Giù per la costa, verso Tramontana,
E vide, comme al campo giù discese,
Una valle fiorita e tuta piana
Ove tavole bianche eran distese
Tute apparate intorno ala fontana,
Con riche coppe d’or, in ogni banda
Piatti coperti de optima vivanda.

67.
Né quanto intorno si puote mirare,
Di soto al piano, e di sopra nel monte,
Non vi è persona che possi guardare
Quella richeza ch’è ’ntorno ala fonte.
E le vivande se vedean fumare:
Gran voglia di manzar avïa il conte,
Ma prima il libriciol trasse dil peto,
E, quel legendo, prese alto sospeto.

68.
Guardando quel libreto il paladino
Vidde la cosa sì pericolosa:
Di là dal fonte è un boscheto di spino
Tuto fiorito de vermiglia rosa,
Verde e fronzuto, e dentro al suo confino
Una fauna crudel vi sta nascosa;
Viso di damma e peto e braze avìa,
Ma tutto il resto d’una serpe ria.

69.
Questa teneva una catena al bracio
Che nascosa venìa tra l’erba e ’ fiori,
E facea intorno a quella fonte un lacio
Aciò s’alcun, tirato dali odori,
Intrasse ala fontana dentro al spacio,
Fosse pigliato con grave dolori:
Essa tirando poi quella catena
A suo mal grato nel boscheto il mena.

70.
Orlando dala fonte si guardava,
E verso il verde bosco prese a gire.
Come la fauna di questo si addava,
Ussì cridando e pósesse a fugire:
Per l’erba come bissa sdrucellava,
Ma presto il conte la fece morire
D’un colpo sol e senza altra contesa,
Ché quella bestia non facìa diffesa.

71.
Poi che la fauna fo nel prato morta,
Ver Tramontana via camina il conte
E poco longi vidde la gran porta
Ch’avìa davanti sopra un fiume un ponte.
Su vi sta quel ch’ha tanta gente morta:
Col scudo in bracio e con l’elmo ala fronte
Par che minaci con sembianza cruda;
Armato è tuto e ha la spada nuda.

72.
Orlando s’avicina a quel gigante,
Né de cotal bataglia dubitava,
Perché in sua vita n’avìa fato tante
Che poca cura di questa si dava.
Quel’omo smisurato venne avante
E un gran colpo de spata menava:
Schiffò il conte, e trassese da lato,
E quel ferisse col brando affatato.

73.
Gionse al gigante sopra dil galone:
Non lo diffese né piastra né maglia,
Ma fracassando sbergo e pancirone
Insin al’altra coscia tuto il taglia.
Ora s’alegra il figlio di Melone
Credendo aver fenita ogni bataglia;
E’ prese del’ussir molto conforto
Poi che vide il gigante a terra morto.

74.
Quel era morto, e ’l sangue fuor ussiva
Tanto che n’era pien tuto quel luoco:
Ma come fuor del ponte in tera arriva,
Intorno ad esso s’acendeva un foco.
Crescendo ad alto, quella fiama viva
Formava un gran gigante a poco a poco:
Questo era armato e in vista furibondo,
E doppo il primo ancor nascìa il secondo.

75.
Figli parean dil foco veramente,
Tanto era ciascun presto e forïoso,
Con vista accesa e con la facia ardente.
Ora ben stete il conte dobïoso;
Non scià quel che far deba nella mente:
Perder non vuol e ’l vincer è dannoso,
Però, benché li facia a tera andare,
Rinascirano, e più vi avrà che fare.

76.
Ma de vincer al fin pur se conforta,
Se ne nasseser ben mille migliara,
E animoso se dricia ala porta.
Quei doi giganti avean presa la sbara:
Ciascun aveva una gran spada torta
Perché eran nati con la simitara;
Ma il conte a suo mal grato dentro passa,
Prende la sbara e tuta la fracassa.

77.
Unde ciascun di lor più fulminando
Percote adosso del baron ardito,
Ma poca stima ne faciva Orlando
Che non potea da lor esser ferito.
Lui riposto teneva al fianco il brando
Perché avìa preso in mente altro partito:
Adosso ad un di lor rato se caza
E soto l’anche ben streto l’abraza.

78.
Avean entrambi smisurata lena,
Ma pur l’aveva il conte assai magiore.
Levalo il conte ad alto e intorno il mena:
Né vi valse sua forza o suo vigore
Che lo pose roverso in sul’arena.
L’altro gigante con molto forore
Di tempestar Orlando mai non resta,
Da ciascun lato, e basso, e nela testa.

79.
Lui lascia il primo come era, disteso,
E contra a questo tuto se disserra:
Sì come l’altro aponto l’ebbe preso
E con fracasso lo messe alla terra;
L’altro è levato, de gran ira acceso:
Orlando lascia questo e quel afferra,
E mentre che con esso fa battaglia
Lévasi il primo, e intorno lo travaglia.

80.
Andò gran tempo a quel modo la cosa
Né se potea sperar il fin giamai:
Non può prender il conte indugia o pòssa
Che sempre or l’un or l’altro gli dà guai.
Durata è già la zuffa dolorosa
Più che quatro ore con tormento assai
Per l’un e l’altro, abench’il conte Orlando
A doi combate e non adopra il brando.

81.
Per non multiplicarli, il cavaliero
Bàteli a terra e non gli fa morire,
Ma per questo non esce dil verziero,
Ch’e doi giganti il vetan a partire.
Lui prese combatendo altro pensiero:
Subitamente e’ mostra di fogire.
Per la campagna va correndo il conte,
Ma quei doi grandi ritornarno al ponte.

82.
Ciascun sopra dil ponte ritornava
Come de Orlando non avesse cura:
E lui, che spesso indietro si voltava,
Credette che restasser per paura.
Ma quela fatason che li creava
Quivi li tenìa fermi per natura:
Sol per diffesa stan di quela porta,
E fan al fiume e al suo ponte scorta.

83.
Il conte questo non aveva inteso,
Ma via da lor correndo s’alontana;
Ala valeta se ne va disteso
Ch’ha ’l bel boscheto a lato ala fontana,
Dove la fauna vi ha quel lacio teso
Per pascersi de sangue e carne umana:
Tavole quivi son da tute bande,
Il lacio è teso intorno alle vivande.

84.
Era quel lacio tutto di catena,
Come di sopra ancor io v’ho contato:
Orlando lo distaca e detro il mena,
Strassinando alle spale per il prato;
Tanto era grosso che lo tira a pena.
Con esso al ponte ne fo ritornato
E pose un de’ giganti a forza a terra,
E bracie e gambe a quel lacio gl’inferra,

85.
Benché a ciò fare vi stése bon spacio,
Perché l’altro gigante l’anogliava;
Ma a suo mal grato ussì di quel’impacio,
E ancor esso per forza ’terrava;
Come l’altro il legò proprio a quel lacio.
Ora la porta più non se serrava
E puote Orlando a suo dileto ussire.
Quel che poi fece, tornàti ad odire,

86.
Perché se dice ch’ogni bel cantare
Sempre rencresce quando troppo dura:
E io diletto a tutti vi vuò dare
Tanto che basta, e non fuor di misura;
Ma se vireti ancor ad ascoltare,
Raconterovi di questa ventura
Ch’aveti odita, tutto quanto il fine,
E altre storie belle e peregrine.

1. L’avvio di questo canto è fitto di memorie letterarie. Boiardo gioca con i rimandi a opere proprie e altrui per introdurre in modo adeguato un’avventura di Orlando particolarmente importante e ricca di significati simbolici. Sul destinatario dell’invocazione resta, forse volutamente, un margine di indeterminatezza: parrebbe trattarsi della donna amata, già cantata altrove (dunque Antonia Caprara, musa degli Amorum libri tres?), però nella seconda ottava il campo si allarga ad Amore stesso, con le solite sfumature lucreziane (CARRARA 1935, p. 20). In questa prima stanza, invece, si fa sentire il Boccaccio “minore” caro a Boiardo (in particolare Filostrato I, 2-4 e Ninfale fiesolano 2: ALHAIQUE PETTINELLI 1983, pp. 83-84), ma si notano anche autocitazioni dal canzoniere amoroso; si confrontino p. es. i vv. 2-3 con Al III, 25, 7-8: «Ligiadri versi e grazïosa rima, / che usar solea nel mio novello amore» (sottesa la memoria dell’incipit dantesco Le dolci rime d’amor ch’io solea: BRUSCAGLI 1995) (TIZI 1988, p. 246). 2. solìa: ‘solevo’. 4. Spirami: ‘ispirami’. 5. ‘Tu sola hai nobilitato la mia poesia’. Il pronome tu può rievocare l’insistita anafora di Filostrato I, 2, dove però la funzioneguida della donna non è limitata alla creazione poetica. 6. primeramente: ‘per la prima volta’; l’avverbio sembra rinviare a un momento trascorso ormai da tempo. 7-8. ‘perché a chiunque parla di te Amore dona la capacità di fare poesia’. TISSONI BENVENUTI 1999 rileva che l’ultimo verso traduce alla lettera un altro luogo boiardesco: «ille [Amor] dedit cantus nobis artemque loquendi» (Pastoralia III, 59).

2. Boiardo aveva già cantato in termini simili Amore ispiratore della poesia nei giovanili Pastoralia (III, 57-64) (TISSONI BENVENUTI 1999). Da notare la quadruplice iterazione di Amor. 1. primo: ‘per primo’. 3. istrane: ‘straniere’. 4. Congionse: ‘riunì’. Amor: sogg. 5. diletopiacer: sinonimi. sarìan sumersi: ‘sarebbero sommersi, perduti’. 8. avrìan: ‘possiederebbero’.

3. 1. ponein bando: ‘bandisce, allontana’. 2. ‘e accresce il coraggio per le imprese che lo richiedono’. 5. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha alhor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. vi ragionava: ‘vi raccontavo’. 6. discese: ‘smontò da cavallo’. 7. seguire: ‘proseguire’. 8. cui: ‘chi’.

4. L’avventura che Orlando sta per affrontare si presta plausibilmente a una lettura simbolica; inoltre – come ha osservato TIZI 1988, pp. 266-269 – Boiardo sembra tenere qui presente la propria canzone Zephyro torna, che de amore aspira, penultimo componimento degli Amorum libri tres (III, 59). Quel testo, definito dal suo stesso autore «Moralis alegoria cantu tetrametro» nella rubrica, rappresenta un’esortazione ad abbandonare le lusinghe terrene della passione amorosa: esperienza che assume le fattezze di una lonza, di una serpe, di una sirena, di una fonte d’acqua e che si colloca in un ingannevole locus amoenus capace di provocare la perdizione degli ingenui. Vedremo che alcuni di tali elementi corrisponderanno alle vicende di Orlando. In quella canzone, come in questo canto, si avverte inoltre il ricordo del Roman de la Rose, romanzo allegorico antico francese, letto ancora nelle corti italiane del declinante XV secolo. Va tuttavia detto che l’avventura simbolica corsa da Orlando non ammaestra solo rispetto all’amore, fulcro di Zephyro torna, che de amore aspira, ma riguarda uno spettro etico più ampio. 3. ‘se non fosse che io sono stata inviata come messaggera’. 4.tieco verrìa: ‘verrei con te’. 5. indugiar una giornata: ‘perdere un giorno di cammino’ (TROLLI 2003, p. 174). 7. vuò: ‘voglio’. intende: ‘intendi, capisci’; imperativo. 8. ti conviene: ‘ti è necessario’ (cfr. I, i, 45, 6).

5. L’avventura di Orlando comincia a delinearsi nelle parole della donzella: si tratta di una serie di prove che il paladino potrà superare perché sospinto dall’amore per Angelica, che gli ha chiesto questa impresa. Andrà però notato che la dedizione ad Angelica è stata già incrinata dall’infatuazione tutta sensuale per Origille. L’autore contamina diverse fonti per costruire il percorso a ostacoli del suo protagonista. Oltre al Roman de la Rose, bisogna ricordare il modello delle fatiche di Ercole, noto alla corte estense soprattutto grazie al romanzo in prosa di Pier Andrea de’ Bassi (cfr. I, xii, 31) che pare affacciarsi più volte dalle ottave di questo canto; il giardino stesso come luogo degli eventi non può non riconnettersi al giardino delle Esperidi, impiegato da Boiardo anche per l’avventura di Prasildo a I, xii (MONTAGNANI 1990, pp. 75-82). E l’allusione al personaggio mitologico comportava uno scoperto omaggio al duca Ercole d’Este. Per ciò che riguarda i significati simbolici del racconto, sembra ragionevole la proposta di TISSONI BENVENUTI 1999 che legge nella vittoria di Orlando sui suoi nemici la sconfitta di passioni terrene (la lussuria, la violenza, l’avarizia e l’ira), secondo uno schema “etico-politico” vicino all’institutio principis umanistica o al misurato epicureismo del De vero bono di Lorenzo Valla. Ma è difficile trovare un’interpretazione chiara e univoca di tutto l’episodio (al riguardo sembra un po’ forzoso MURRIN 1980): alcuni rinvii dovevano essere evidenti per i primi lettori ma a noi probabilmente sfuggono e il gusto di Boiardo per la narrazione e per l’interferenza tra le fonti può avere ulteriormente occultato almeno parte dei sensi allegorici. 1. vòi: ‘vuoi’. 2. consumata: ‘divorata’. 3. La castità alla vigilia di un’impresa è luogo comune della tradizione romanzesca e ha forse origine classica (ZAMPESE 1994, p. 67 cita possibili precedenti in Tibullo e Ovidio). Convienti: cfr. ti conviene (4, 8). 4. camparesti: ‘ti salveresti’. 5. contrasto: ‘ostacolo’. 6. ala primiera intrata: ‘appena entrato’ (TROLLI 2003, p. 143, con rinvio a GDLI s. v. entrata: accezione rara); primiera è var. del frequente francesismo primera (CELLA 2003, pp. 258-262). Diverso il significato del sintagma simile prima intrata a 26, 3. 7. libro: il libretto delle istruzioni magiche è un espediente già visto (cfr. p. es. I, v, 66-67). depinto: ‘raffigurato’. Anche Fiordelisa si era detta in possesso di un tale volume: BRUSCAGLI 1995 pensa che tra quel personaggio e questa donzella debbano essere intercorsi rapporti nella fase redazionale del testo boiardesco. 8. al cinto: ‘alla cerchia fortificata’.

6. 2-3. dicediscrive: il sogg. è il libro. 4. regina: Falerina. 5. dimòravi: ‘vi soggiorna’. 8. pòsa: ‘possa’. afatata: ‘incantata’.

7. 1-2. Falerina lavora alla spada solo durante il novilunio, quando la luna è meno luminosa. 3. brando: ‘spada’. 4. ‘e dedica tanta attenzione al temprarlo’. 5. baron: ‘cavaliere’. 7-8. ‘la maga scopre che Orlando è destinato a distruggere il giardino’.

8. 2. In ogni canto: ‘in ogni punto del corpo’ (cfr. I, iv, 3). 3. è già provato: ‘si è già provato, ha già combattuto’. 4. gli ha fato morire: ‘li ha uccisi’. 6. abia a perire: ‘muoia’. 7. che pur scià di certo: ‘sa per certo’; pur è il solito rafforzativo. 8. Cfr. 7, 8.

9. 1. avìa scordato: ‘avevo dimenticato’. 4. ‘se non proprio quando sorge il sole’. 5. è bon tempo passato: ‘è passato un bel po’ di tempo’. 7. pónevi ben cura: ‘leggilo con attenzione’. 8. doneti ventura: ‘ti dia buona fortuna’.

10. 2. tuol combiato: ‘prende commiato’; per combiato cfr. I, v, 63, 4.la fantina: ‘la giovane’. 3. soprano: ‘eccellente’. 4. palafren: ‘cavallo’ (cfr. I, ii, 55, 2). 5. il piano: ‘la pianura’. 6. ‘poiché deve aspettare fino alla mattina’. 7-8. Gioco è la consueta metafora erotica (cfr. I, xix, 62): la castità necessaria per affrontare l’impresa impedisce a Orlando di sedurre Origille.

11. 2. campata: ‘salvato’. sieco: ‘con lui’. 3. disio: ‘desiderio’. il martela: ‘lo martellano, lo assillano’. 4. ‘e tuttavia decideva di attendere’. In Orlando prevale lo spirito cavalleresco: prima l’avventura. 6.si possava: ‘si sdraiava’.

12. 1. sornachiava: ‘russava’. 2. cura: ‘preoccupazione’. franco: ‘valoroso’. 3. di mala sorte: ‘di cattiva indole’. 6. rivolgendo ciò: ‘meditandoci sopra’. fiero: ‘feroce’. 7. ‘gli si avvicina silenziosamente’.

13. 2-3. ‘la dama non sa che decisione prendere, né si azzarda per nulla a colpirlo’. 4. Onde destina: ‘perciò decide’. 5. ala pastura: ‘che pascola’. 6.prestamente: ‘rapidamente’. 7. quindi: ‘da lì’. 8. sieco: ‘con sé’.

14. 1. ‘Orlando si svegliò all’alba’; per matutino cfr. I, iv, 27, 7. 2. ronzone: ‘cavallo’. 3. ‘Pensate se fu triste per questo!’; solita formula di coinvolgimento del lettore. 4. ‘che credette di morire per il dolore’. 5. vòl: ‘vuole’. 7. infenito: ‘infinito, smisurato’.

15. 1. disperato: ‘fuori di sé’. 4. ‘e se lo portava come bastone’. 6.al passo dil dragone: ‘al passaggio custodito dal drago’. 7. Fermossi alquanto: ‘si fermò per un po’’.

16. 1. d’una pietra viva: ‘di pietra compatta’. 2. intégra: cfr. I, xiv, 62, 3.l’agirava: ‘lo circondava’. 3. Da mile braza: ‘per circa mille braccia’; cioè per 500 metri circa. 4. ‘e quella cerchia aveva un diametro di circa trenta miglia’. 6-8. Il drago ha qualche punto di contatto con l’idra di Lerna, così come è descritta nelle Fatiche di Ercole di Pier Andrea de’ Bassi (MONTAGNANI 1990, p. 76) e, per TISSONI BENVENUTI 1999, dovrebbe simboleggiare la lussuria. 6. zuffelava: ‘sibilava’. 7. menando: ‘muovendo’. 8. Il suono è tale che sembra di sentire solo quello in tutto il mondo.

17. 1. nïente: ‘per nulla’. 2. stàvi: ‘vi sta’. 5. La solita equivalenza tra drago e serpente. 6. ingiotirsi: ‘inghiottirsi’. 7. uso: ‘abituato’. Orlando ha già debellato altri draghi; si ricordi p. es. I, xxiv, 49-52. 8. e colse a megio ’l muso: ‘e lo colpì in pieno muso’.

18. 1. commosso: ‘infuriato’. 4. ‘vibrando forti colpi gli dà dolore’. 7-8. ‘picchiando con entrambe le mani, con gran violenza aggiunge colpi a colpi sulla testa (del drago)’.

19. 1. appare: ‘si vede’, perché esce dal cranio spezzato. 2. diversa: ‘mostruosa’. 3. a questo intrare: quando Orlando era entrato. 4. Le due parti della roccia si ricongiungono e chiudono il passaggio. Questa accezione del verbo accogliere non sembra attestata altrove (TROLLI 2003, p. 74).

20. 1. alla sua man destra: ‘alla sua destra’. fontana: ‘fonte’. 2. Spargendo: gerundio con valore di participio presente. 3. soprana: ‘sovrastante’ (TROLLI 2003, p. 273); ma l’agg. potrebbe anche valere ‘bella’. 5-6. ‘portava sulla fronte una scritta che diceva “Proseguendo lungo questo fiume si arriva al bel palazzo del giardino”’. 7. infrescarsi: ‘rinfrescarsi, lavarsi’. È probabile che queste abluzioni di Orlando abbiano il significato simbolico del lavacro rituale (TISSONI BENVENUTI 1999).

21. 1. arborscelo: ‘alberello’. 2. in megio ala verdura: ‘in mezzo alla vegetazione’. 4. tropo: ‘molto’ (cfr. I, i, 41, 6). 7. la imagine: ‘la statua’. 8. adorno: cfr. I, xiv, 61, 7

22. 1-2. ‘Perciò si incamminò verso quel palazzo per prendere in quel luogo un’altra decisione’. 3. sopra del rivagio: ‘presso la riva’; per rivagio cfr. I, xix, 35, 4. 4. isbigotito: ‘sbigottito, meravigliato’; frequente forma prostetica. 5. ‘Si era appunto nel mese di maggio’. Il solito illusionismo cronologico della narrazione boiardesca: il consiglio di Agramante si era tenuto attorno alla fine di giugno (TISSONI BENVENUTI 1999). 7. odore: ‘profumo’. 8. ‘che bastava quello a rallegrare il cuore’. Il dato olfattivo, tipico del locus amoenus,è qui molto insistito, anche per sottolineare come il giardino ispiri un piacevole e falso senso di sicurezza.

23. La descrizione è piuttosto formulare e direttamente indebitata con almeno un paio di passi del Teseida (IV, 65 e VII, 51-52: DON-NARUMMA 1992, p. 548). 3. occeli: ‘uccelli’. 4. Il verso è impreziosito da allitterazioni che sembrano voler emulare il canto degli uccelli. Cantando: come correndo poco sotto; cfr. spargendo a 20, 2. versi queti: il canto era tranquillo, senza paura (TISSONI BENVENUTI 1999). 5. isnelli: ‘agili’; forma prostetica. 6. Piacevole: ‘piacevoli’; con la solita falsa restituzione dell’atona finale. 7. Lepore: ‘lepri’. 8. Pien avìan: ‘avevano riempito’. adorno: ‘bello’.

24. 1. ‘Orlando prosegue lungo il fiume’. 2. gran pecio: ‘per un bel pezzo’. 3. ala costiera: ‘di fianco (al monticello)’. 4. Dialefe tra palagio e a; ma non è da escludere la lezione marmori dei testimoni diversi da P. a: ‘fatto di’. 5. gli: pleonastico. 6. arbori: ‘alberi’. 7. li fo gionto da presso: ‘gli arrivò vicino’. 8. ussì for di sé stesso: la bellezza del palazzo è tale che Orlando quasi perde i sensi.

25. 1. Dialefe tra marmo e il; ma, anche qui, non è da escludere la lezione marmoro dei testimoni diversi da P. lavoro: ‘decorazione’. 3. lame: ‘lamine’. 5. di tanto tesoro: ‘di tanta ricchezza’. 7. da: ‘circa’. 8.balassi: ‘balasci’ (cfr. II, i, 21, 5).

26. 1. in quel ponto: ‘in quel momento’. 2. Però: ‘perciò’. 3. ‘Quando arrivò nel vestibolo’. 5. a bianco: ‘di bianco’. 6. ‘che si specchiava in quella spada’. 8. ‘si turbò tutta e cominciò a fuggire’.

27. 1. fogì: ‘fuggì’. 2. la siegue: ‘la insegue’. 3-4. ‘né si allontanò cento passi che la raggiunse in mezzo a quel prato’. 7. ragione: ‘perizia’ (TROLLI 2003, p. 287). 8. Cfr. 6, 7-8.

28. 3. menaciava: ‘minacciava’. 5. ‘se non gli spiegava come uscire dal giardino’. 7. tema: ‘paura’. 8. Anci: ‘anzi’.

29. 1. che gli avesse a fare: ‘che le facesse’. 3. volse: ‘volle’. 4. ‘e non mostrava nemmeno di curarsi di lui’. 5. losenghe: ‘lusinghe’; Orlando prova a convincerla anche con le buone. 7-8. ‘(Orlando) né con le parole gentili né con le minacce riesce a ottenere che lei interrompa il suo silenzio’.

30. 1. coragio: ‘cuore’; forma gallicizzante, come danagio al v. 3. 2. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha Hor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. Ora m’è forza esser felone!: ‘ora mi è necessario infrangere le regole della cortesia!’. Un cavaliere non avrebbe dovuto usare la violenza contro una dama. 3. e to il danagio: ‘e tuo il danno’. 4. ‘benché io abbia tutte le ragioni per farlo’. 5. mena: ‘conduce’. 6. troncone: ‘tronco’. 7. rame: ‘rami’; per il genere cfr. I, xii, 40, 5. tenere e ritorte: ‘flessibili e attorcigliati’.

31. 2. del suo crucio aver dileto: ‘di trarre divertimento dalla sua rabbia’. 3. falsa: ‘traditrice’. 4. al tuo dispeto: ‘tuo malgrado’. 5-6. ‘proprio ora mi è tornato alla memoria che io lo posso trovare scritto in un libretto che tengo sul petto (sotto la corazza)’ (cfr. 5, 7-8). 7. Qual: ‘il quale’.

32. 1. depento: cfr. 5, 7. 3. ‘nella rupe, da cui è circondato’. 4. a Megiogiorno: ‘a Mezzogiorno’; cioè a sud. 5-6. ‘ma per uscire bisogna prima sconfiggere un toro’. Per convencere ‘vincere, abbattere’ cfr. TROLLI 2003, p. 120. 7.pongente: ‘acuminato’. 8. piastra o maglia: cfr. I, ii, 1, 5. non vi val nïente: ‘non servono a nulla’.

33. 2. ‘che è molto difficile da attraversare’. 3. Per: ‘a causa di’. nova: ‘inaudita’. 4. contare: ‘raccontare’. 6. ‘Il conte non doveva indugiare un attimo’. 7. novella: ‘fresca’. 8. presa: ‘prigioniera’.

34. Il rimedio contro il canto della sirena ricorda esplicitamente l’avventura di Ulisse, che però si fece immobilizzare e fece tappare le orecchie ai compagni per potere sperimentare quel suono straordinario. È opportuno ricordare un altro precedente cavalleresco: Uggeri il Danese si chiude le orecchie con la pece per sconfiggere Bravieri, che stordisce gli avversari con la sua voce terrificante (l’episodio è già nelle versioni antico-francesi della leggenda; per quelle italiane cfr. almeno Danese IX, 1-28). 1. odorose: ‘profumate’. 2-3. ‘e dopo che si fu allontanato alquanto, riempì di petali di rose l’elmo in corrispondenza delle orecchie’. 5. Chiuse: ‘tappate’. 6. ocei: ‘uccelli’. ad ogni lato: ‘da ogni parte’. 7. il col: ‘il collo’. 8. Ottava aperta.

35. 2. a: ‘con’. 3. al luoco: ‘nel luogo’. 4. atento ascolte: ‘ascolti attentamente’. 5. rivera: ‘acqua’; è un laghetto (cfr. v. 7). 6. sopolte: ‘sepolte’ (cfr. I, i, 44, 8). 7. iocondo: ‘ameno’.

36. Il mito della sirena è uno dei più diffusi, a partire dal racconto omerico (Odissea, XII, 47-54). Tra i possibili precedenti vale la pena di ricordare Purg. XIX, 19-24, ma bisogna registrare anche la presenza della creatura nella canzone Zephyro torna, che de amore aspira (cfr. l’ottava 4): «Quel dolce mormorar de le chiare onde, / ove Amor nudo a la ripa se posa, / là giuso ad immo tien la morte ascosa, / ché una syrena dentro vi nasconde / con li ochi arguti e con le chiome bionde, / co il bianco petto e con l’adorno volto; / canta sì dolce che il spirto confonde, / e poi lo occide che a dormir l’ha colto» (vv. 37-44). Caratteristico, poi, di questo genere di mostri nel romanzo l’esibire la parte bella e nascondere quella ripugnante (si ricordi la sfinge a I, v, 71), con evidenti implicazioni simboliche e moraleggianti. 1. ‘Orlando era appena arrivato a quella riva’. 3. ‘la sirena salì in superficie cantando’. 4. La parte superiore della sirena, che emerge dall’acqua, è quella di una donna. 6. di pesso: ‘di pesce’. mirare: ‘vedere’. 7. dala forca in gioso: ‘da dove si biforcano le gambe in giù’. 8. Chiasmo. ‘e mostra la parte bella e tiene nascosta quella brutta’.

37. 2. occegli e fiere: ‘uccelli e animali selvatici’. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha eran; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 3-4. ‘ma appena arrivavano, subito si dovevano addormentare a causa della dolceza (di quella voce)’. 6. mostra de sentire: ‘finge di sentire’. 8. ‘si coricò nel prato presso la riva’.

38. 1. ronfando: ‘russando’. 2. ‘la malvagia creatura non si accorse dell’astuzia’. 3. donarli morte: ‘ucciderlo’. 4. ne: pleonastico. 7.al conte non atiene: ‘non giunge al conte’; costrutto latineggiante (TROLLI 2003, p. 94).

39. Secondo la lettura di TISSONI BENVENUTI 1999, la vittoria contro la sirena indica il dominio delle proprie passioni e il sangue dell’avversaria sconfitta significa che «il medesimo dominio di sé, irrobustito dalla fin’amor, rende invincibili contro lo scatenarsi degli appetiti irascibili», rappresentati dal toro che sta per entrare in scena. 3. gli: ‘le’. 4. dimostrato: ‘mostrato’. 5. ‘imbrattandosi tutto di quel sangue’. 7-8. ‘si tolse l’elmo e lasciò cadere (dislegò: alla lettera ‘liberò’) i petali di rosa, poi se lo rimise bagnato di sangue’.

40. 1. ‘Aveva sparso quel sangue in ogni punto’. 2. altramenti: ‘altrimenti’. 4. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha fuor di natura; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. fora: ‘fuori’. 6. ‘Nessuna cosa resiste contro di lui’. 8. Sol se diffende: ‘gli si oppone solo’.

41. 4. errato: ‘camminato’. 5. ha circondato: ‘circonda’. 6. ala sua gionta a man a mano: ‘subito al suo arrivo’. 8. I commentatori intendono che il toro sbuca dalla terra, per poi tornarvi (cfr. 45, 4).

42. 1. Mugiando ussite: ‘muggendo uscì’. 2. squassa: ‘scuote’. Il toro ha un corno di ferro e l’altro di fuoco. 3. piastra né maglia: cfr. 32, 8. 4. passa: ‘perfora’. 6. A lui ferisse: ‘lo colpisce’. 7. el gionse: ‘lo raggiunse’. 8. Orlando taglia il corno di netto e lo fa cadere a terra.

43. 2. mena: ‘colpisce’. 3. foria… tempesta: sinonimi. 5. dale piante: ‘dai piedi’. 7. lo tenìa diffeso: ‘lo proteggeva’. 8. ’l busto: ‘il corpo’. aceso: ‘incendiato’.

44. 3. a doe man: cfr. I, v, 3, 4. fulminando: come se scagliasse fulmini. 4. Dréti e roversi: ‘colpi di dritto e di rovescio’. 6. dura: cfr. 40, 6. 7. Ferrendo: ‘colpendo’. 8. ‘Fece sì che il toro alla fine perdesse le forze’.

45. 1. ancora: ‘anche’. 2. se fenì: ‘finì’. 3. sanza altra dimora: ‘subito’. 4. Il toro ucciso sparisce sotto terra. 5. alor alora: ‘proprio allora’. 7. tuta insieme è ritornata: ‘si è richiusa completamente’.

46. 1. quel che si fare: ‘che cosa fare’. 2. ‘che non vede l’uscita per nulla’. 4. ‘perlustra la roccia che circonda il giardino’. 5. il viagio: ‘la via’. debbe: ‘deve’. 6. ‘lungo un fiume che scorre verso ovest’. 7.de zoglie: ‘ornata di pietre preziose’. 8. armato: ‘dotato di strumenti di offesa’ (TROLLI 2003, p. 90).

47. 2. e fo gran maraviglia: ‘e fu una cosa straordinaria’. 3. guardi: ‘protegga’. a questo trato: in questa occasione’. 4. Ch’: riferito a Orlando. 5. ratto: ‘veloce’. 6-7. ‘e pensa tra sé, perché nel libretto aveva trovato altre cose’.

48. 1. a megio dil camino: ‘in mezzo alla strada’ (o ‘a metà del percorso’?). 2. ‘trovò un albero smisurato’. 4. ‘tutto coperto di bel fogliame’. 5. Comme: cfr. 26, 3. da longi: ‘da lontano’. 8. Però provede: ‘perciò si prepara’.

49. 1. Fermossi: ‘si fermò’. sopra: ‘presso’. 2. desimbraza: ‘sfila dal braccio’. 3. cimero: ‘il cimiero’ (cfr. I, i, 38, 5). 4. di quel: cioè dell’elmo. allaza: ‘allaccia’. 5-6. Sembra di potere intendere ‘così che che lo copriva tutto intero dalla parte della visiera dell’elmo e sopra la faccia’. 8. non tarda: ‘non ritarda’; cioè si rimette subito in cammino.

50. L’uccello richiama da vicino l’arpia, anche se non è chiamato così. L’aspetto cromatico ha qualche contatto con le descrizioni della fenice; inoltre, diversamente dal modello virgiliano (Aen. III, 216-218, 225-234), qui il mostro attacca l’uomo e non si limita a imbrattare il suo cibo. TISSONI BENVENUTI 1999 nota che, mentre la sirena era pericolosa per l’udito, questa creatura insidia la vista, tanto che Orlando deve coprirsi gli occhi. Il fatto che il paladino volga lo sguardo a terra potrebbe alludere all’umiltà necessaria per superare la prova. 1-2. ‘E avendo visto il luogo prima, se ne va dritto al tronco’. 3. ai rami fo levato: ‘si levò in volo dai rami’. 6. ‘le piume del collo sono d’oro e di porpora’. 7. le péne magiore: ‘le penne più lunghe’ (quelle delle ali e della coda). 8. ‘sono belle e di ogni colore’.

51. 1. verda: cfr. I, xxiv, 15, 1. vermiglio: ‘rosso’. 2. In questo ricorda la sfinge (I, v, 70, 6). 3. branche: ‘zampe’. 4. asembra: ‘sembra’. ungione: sinonimo di artiglio. 5. dona di piglio: ‘dà di piglio’, afferra’. 6. con destrucïone: ‘facendone scempio’. 7-8. ‘Questo uccello secerne un liquido che, appena tocca gli occhi, priva della vista’. Acqua molle: ‘liquido’ (in opposizione alla durezza della terra) è sintagma attestato anche altrove (TROLLI 2003, p. 197).

52. 1. Cfr. 50, 3. 3. passo passo: ‘passo dopo passo, lentamente’ (TROLLI 2003, p. 214). 4. alciava: ‘alzava’. 6. agirava: ‘girava’ (cfr. I, ii, 4, 7). 8. ‘che quasi mise in pericolo Orlando, lo fece vacillare’. Ottava aperta.

53. 1. in suso: ‘in su’. 2. s’arricordava: ‘si ricordava’ (per la forma cfr. arricontare a I, xxv, 29, 2). 3. chiuso: ‘coperto’. 5. smaltì: cfr. 51, 7.giuso: ‘giù, verso il basso’. 7. Calla stridendo: ‘scende sfrigolando’. 8.‘ma non raggiunse assolutamente gli occhi’ (TISSONI BENVENUTI 1999).

54. 3. nel sbergo: ‘per la corazza’ (cfr. I, ii, 61, 3). 4. il tira strasinando: ‘lo tira trascinandolo’. 5-6. ‘Il conte sferra un colpo di rovescio: lo raggiunse proprio di traverso con la spada’. 7. lo divise: ‘lo tagliò’. 8. a dir breve: ‘a farla breve’.

55. 2. il lasa: ‘lo lascia’. 3. ‘e, risistemato il cimiero alto come fosse una bandiera’; pen(n)el(l)o significa normalmente ‘stendardo’ o ‘banderuola della lancia’ (Falconetto 1483, p. 121). 4. Orlando fissa nuovamente lo scudo al braccio, cioè più in basso rispetto a dove l’aveva trasferito per proteggersi. 6. ‘cammina verso Ponente in riva al fiume’. 8. in su quel ponto: ‘proprio in quel momento’ (cfr. 26, 1).

56. 1. sì rico lavoro: ‘un manufatto così prezioso’. 2. nela prima facia: ‘nella superficie esterna’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 3. zoglie: cfr. 46, 7. 4. macia: ‘mazza’. 5. a: ‘di’. 6. da doa bracia: ‘circa due braccia’, dunque un metro circa. 8. pilia: ‘piglia, afferra’. Per strenge cfr. I, i, 53, 7.

57. 2. passare: ‘perforare’. 4. durare: cfr. 40, 6. 5. tropo: cfr. 21, 4. 8. roina: ‘furia’.

58. 1. crudo: ‘crudele, violento’. 4. ogni fatason: ‘ogni incantesimo, ogni oggetto fatato’. 6. ‘e lo molesta tanto dimenandolo’. 7. Di qua, di là: cfr. I, i, 50, 1. in poco spacio: ‘in poco tempo’.

59. 2. forzosamente: ‘con forza’. 4. vi giovò nïente: ‘non servì a nulla’. 5. ‘l’asino ragliando rivoltò la groppa’, cioè si girò. 6. mena: ‘muove’. 7. specia: ‘spezza’.

60. 1. d’un: ‘con un’. colse: cfr. 17, 8. 3. agionse: ‘lo raggiunse’. stanca: ‘sinistra’. 5. la: la coscia. 7. in voce: ‘con voce’. 8. mena: cfr. 59, 6.

61. 1. Marcata ripresa lessicale dall’ottava precedente, che fissa l’attenzione sui poderosi colpi di Orlando. non s’aresta: ‘non si ferma’. 2.a: ‘con’. 3. gitò: ‘gettò’. 7. quela mala fiera: ‘quella belva malvagia’. 8.se ragionse: ‘(la terra) si richiuse’.

62. 2. èsse inviato: ‘si è avviato’. 4. intégro: cfr. I, xiv, 62, 3. è riserato: ‘si è richiuso’. 6. Le porte continuano a sparire e Orlando resta beffato ogni volta. 7. dura indarno: ‘sopporta inutilmente’. 8. ‘non sa più che fare o che dire’.

63. 1. ussita: ‘uscita’. vana: ‘illusoria’. 2. arisico: ‘rischio’. 3. spiana: ‘spiega’. 4. ne se puote ussire: ‘se ne può uscire’. 5. a·tTramontana: ‘a nord’; per la forma cfr. I, iii, 17, 7. 7. ’l proprio senno: ‘la propria intelligenza’. 8. periglio: ‘pericolo’. Ottava aperta.

64. Secondo TISSONI BENVENUTI 1999, i giganti rappresenterebbero «l’avidità di potere, di dominio sugli altri» e la loro moltiplicazione potrebbe rifarsi all’idra di Lerna, le cui teste tagliate si riproducevano accresciute nel numero. Anche dell’idra si legge nelle Fatiche di Ercole di Pier Andrea de’ Bassi. 2. Guarda: ‘custodisce’. 3. E se egli advien: ‘e se avviene’. 4. Doi: ‘due’. sopra il piano: alla lettera ‘sulla pianura’; cioè dalla terra. 5. de simel sorte: ‘dello stesso genere’; cioè hanno le stesse caratteristiche. 6. a man a mano: cfr. 41, 6. 7. in infenito: ‘all’infinito’. 8. forte e ardito: gli agg., concordati con numero, si riferiscono ai giganti.

65. 3. vi è molto che fare: ‘c’è molto da fare’. 4. ‘e là servono astuzia e sagacia’. 7. Sieco dicendo: ‘dicendo tra sé’. animosa: ‘coraggiosa’. 8. durar: cfr. 40, 6. vence: ‘vince’. Il verso ha un tono proverbiale e una costruzione simile a I, v, 17, 8 e I, xxix, 26, 2.

66. 3. comme: cfr. 26, 3. 6. apparate: ‘imbandite’. 7. in ogni banda: ‘dappertutto’. 8. de optima vivanda: ‘di ottimo cibo’.

67. 1. ‘E ovunque si possa giungere con lo sguardo’. 3. possi: ‘possa’. 6. manzar: ‘mangiare’. 7. libriciol: ‘libretto’. 8. prese alto sospeto: ‘si insospettì molto’.

68. La fauna, ennesimo mostro dalla morfologia composita che Orlando deve sconfiggere, rinvia fin dal nome all’ambito silvestre: è presente nell’immaginario popolare già in età molto antiche, ma con aspetti diversi, dotata di poteri profetici e vicina ai demoni incubi e alle fate (HARF-LANCNER 1989, pp. 11-15). Nel mito, Fauna (figlia o moglie di Fauno) è posseduta da quest’ultimo in forma di serpente, fatto che potrebbe avere influenzato Boiardo (MONTAGNANI 1990, pp. 80-81). 3. spino: ‘cespuglio di rose’. 5. fronzuto: ‘frondoso’. dentro al suo confino: ‘nel suo perimetro’ (TROLLI 2003, p. 117). 7. braze: ‘braccia’. 8. ria: ‘crudele’.

69. 2. venìa: ‘andava’. 3. lacio: ‘laccio’. 4-6. ‘affinché se qualcuno, attirato dai profumi, entrava nella zona della fonte, quello fosse catturato con gran dolore’.

70. 2. prese a gire: ‘si diresse’. 3. si addava: ‘si accorgeva’. 4. pósesse: ‘si mise’. 5. bissa: ‘biscia’. sdrucellava: ‘strisciava’. 7. contesa: ‘lotta’.

71. 2. Ver: ‘verso’. 3. longi: cfr. 48, 5. 5. ch’ha… morta: ‘che ha ucciso’. 7. con sembianza cruda: ‘con espressione crudele’. 8. nuda: ‘sguainata’.

72. 2. dubitava: ‘aveva paura’. 4. ‘che si preoccupava poco di questa’. 7. ‘il conte schivò e si scostò’. 8. quel ferisse: ‘e colpisce quello’.

73. 1. ‘Colpì il gigante al fianco’. 3. pancirone: protezione del ventre (cfr. I, vi, 6, 5). 5. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha Hor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. s’alegra: ‘si rallegra’. il figlio di Melone: Orlando. 7. ‘e si rassicurò all’idea di uscire subito’ (TISSONI BENVENUTI 1999).

74. Per TISSONI BENVENUTI 1999 la moltiplicazione dei giganti significa l’inutilità della violenza asservita alla volontà di dominio sul prossimo. 3. Il sangue scorre oltre il ponte e arriva alla pianura. 5. ad alto: ‘verso l’alto’. 7. in vista: ‘all’aspetto’. 8. nascìa: ‘nasceva’.

75. 2. presto: ‘rapido’. 3. vista: ‘sguardo’. Come nota TISSONI BENVENUTI 1999, gli agg. di questo verso insistono sul campo semantico del fuoco. 4. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha Hor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. stete… dobïoso: ‘rimase in dubbio’. 6. e ’l vincer è dannoso: uccidere i giganti ne determina la moltiplicazione. 7. Però: ‘perciò’. 8. più vi avrà che fare: ‘e avrà maggiore fatica’.

76. 1. se conforta: ‘confida’ (TROLLI 2003, p. 117). 2. ‘se anche ne nascessero mille migliaia’; iperbole che dà l’idea della fiducia di Orlando in se stesso. 3. se dricia: ‘si dirige’. 4. la sbara: probabilmente la sbarra che chiude la porta. 5. torta: ‘ricurva’. 6. simitara: ‘scimitarra’. 7. a suo mal grato: ‘loro malgrado’.

77. 1. fulminando: cfr. 44, 3. 2. Percote adosso del: ‘colpisce il’. 3.poca stima ne faciva: ‘se ne preoccupava poco’. 5-6. ‘lui teneva la spada nel fodero al fianco perché aveva preso tra sé un’altra decisione’. 7. rato se caza: ‘si scaglia con rapidità’. 8. l’abraza: ‘lo abbraccia’.

78. Qui il riferimento è a Ercole che debella Anteo sollevandolo da terra (MONTAGNANI 1990, p. 81). 1. lena: ‘forza’. 3. Levalo: ‘lo solleva’. intorno il mena: ‘lo porta in giro’. 5. ‘che lo pose rovesciato a terra’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 7. tempestar: ‘colpire’. non resta: ‘non smette’.

79. 2. se disserra: ‘si scaglia’. 3. l’ebbe preso: ‘lo afferrò’. 4. lo messe alla terra: ‘lo mise a terra’. 5. è levato: ‘si è alzato’. 8. intorno lo travaglia: ‘lo colpisce da ogni lato’.

80. 3. indugia o pòssa: ‘sosta o riposo’; per indugia cfr. I, ix, 9, 8. 4.gli dà guai: ‘lo aggredisce’. 8. A doi: ‘contro due’.

81. 2. Bàteli a terra: ‘li sbatte per terra’. gli: ‘li’. 3. dil verziero: ‘dal giardino’. 4. il vetan a partire: ‘gli impediscono di andarsene’. 6.‘all’improvviso fa finta di fuggire’.

82. 4. restasser: ‘si fermassero’. 5. quela fatason: ‘quell’incantesimo’. 8. fan… scorta: ‘fanno la guardia’.

83. 3. disteso: ‘rapidamente’. 7. da tute bande: ‘dappertutto’.

84. 1. di catena: ‘fatto di catena di ferro’. 3. detro il mena: ‘se lo porta dietro’. 4. Strassinando: cfr. 54, 4. 5. a pena: ‘a fatica’. 8. a quel lacio gl’inferra: ‘gli incatena con quel laccio’.

85. 1. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha far; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. vi stése bon spacio: ‘impiegasse molto tempo’. 2. l’anogliava: ‘lo disturbava’. 3. ‘ma, malgrado l’altro gigante, superò quella difficoltà’. 4. ancor: ‘anche’. ’terrava: ‘atterrava’. 7. a suo dileto: ‘a suo piacimento’. 8. tornàti: ‘tornate’; invito al lettore in stile canterino. Ottava aperta.

86. 1-4. Non è la prima volta che Boiardo si sofferma sulla durata del canto (cfr. p. es. I, xii, 90), quasi per scusarsi scherzosamente della sua lunghezza. 2. rencresce: ‘spiace’. 5. vireti: ‘verrete’. 6. ventura: ‘avventura’. 8. peregrine: ‘straordinarie’.