CANTO QUINTO

Dopo un gioioso augurio al pubblico, il racconto torna a Orlando, che decide di non lasciare il giardino incantato prima di averlo distrutto completamente. Il cavaliere apprende dal libretto che al centro del giardino stesso si trova un albero impossibile da scalare e dal quale cadono pesantissime mele d’oro in grado di uccidere chi si avvicina. Tutto il luogo sarà annientato solo se un ramo in cima a questa pianta sarà tagliato. Allora il paladino costruisce un graticcio di rami e lo copre di zolle erbose; con quello si protegge, giunge ai piedi dell’albero e lo taglia con un colpo di spada. Una nube di fumo avvolge il luogo e, dentro di essa, un demonio distrugge il giardino (1-15). Falerina, ancora legata, chiede di essere risparmiata e offre in cambio di salvare i prigionieri al ponte dove erano stati catturati per essere dati in pasto al drago. Se lei fosse uccisa tutti loro sparirebbero per sempre. Orlando accetta la proposta, anche perché mai ucciderebbe una donna inerme, e i due si incamminano verso il ponte (16-24). Nel frattempo, presso Albracà, continua il duello tra Marfisa e Sacripante. Arriva Brunello, che cerca l’anello magico di Angelica, e riesce a introdursi nella rocca e a trafugare il gioiello. Sceso subito a valle, deruba con mirabile destrezza Marfisa della spada e Sacripante del cavallo: nello stupore generale nessuno riesce a fermarlo (24-42). Sacripante torna nella rocca e trova Angelica sconvolta, ormai certa della fine. Ad aggravare la situazione, si schiera nella pianura un grande esercito comandato dal Caramano, fratello di Torindo, risoluto a concludere l’assedio e a distruggere la rocca (43-53). Il castello ha viveri per altri tre mesi e Galafrone suggerisce di chiedere aiuto a Gradasso, suo parente. Gradasso ha deciso di tornare in Occidente per prendersi Durindana, che ritiene gli spetti, ed è guerriero valorosissimo al comando di un potente esercito. Sacripante accetta di partire in incognito per andare a cercarlo e tornare con i rinforzi. All’imbrunire, travestito da pellegrino, lascia Albracà. Ma ora è tempo di occuparsi di Rodamonte, che vorrebbe conquistare da solo la Francia (54-67).

1.
Vita zogliosa, e non fenisca mai,
A voi che con dileto m’ascoltati!
Signori, io canterò dov’io lassai,
Poi che ad odire seti ritornati,
Sì come Orlando con fatica assai
Quei doi giganti al ponte avìa legati:
Vinto ha ogni cosa, il franco paladino,
E a sua posta ussir può dil giardino.

2.
Ma lui tra sé pensava nel suo core
Che se a quel modo fuora se n’andava
Non era ben compito del’onore,
Né satisfato a quela che ’l mandava;
Ed erra ancor al mondo un grande erore
Se quel giardin in tal forma durava
Che dame e cavalier d’ogni contrate
Vi eran occisi con gran crudeltate.

3.
Però si pose il baron a pensare
Se in alcun modo o per qualche manera
Questo verzer potesse disertare:
Cossì la lode e la vitoria intiera
Ben dritamente acquistata gli pare,
Poi che l’ussanza dispietata e fiera,
Che strugea tante gente peregrine,
Per sua vertute sia conduta a fine.

4.
Lege il libreto e vedde ch’una pianta
Ha quel giardin in megio al tenimento,
A cui se un ramo de cima se schianta,
Sparisse quel verger in un momento;
Ma di salirvi alcun mai non si vanta
Che non guadagni morte o rio tormento.
Orlando, che non scià che sia paura,
Destina de compir questa ventura.

5.
Ritorna adetro per una valata
Che proprio ariva sopra al bel palagio
Ove la damma primo avea trovata
Che mirandosi al brando stava ad agio;
E lui lì presso la lasciò legata
(Come sentesti) a quel tronco di fagio.
Cossì la ritrovò legata ancora:
Ivi la lascia e non vi fa dimora.

6.
De gionger ala pianta avìa gran freta:
Ed ecco in megio di quela pianura
Ebbe veduta quela rama eleta,
Bella da riguardar oltra misura.
D’arco de Turco non esce saeta
Che potesse salir a quel’altura;
Salendo e rami, ad alto e’ fa gran spacio,
Né volta il tronco ala radice un bracio.

7.
Non è più grosso: e ha e rami intorno
Longi e sotile, e ha verde le fronde;
Quella geta e rinova in ciascun giorno,
E dentro spine acute vi nasconde.
Di vaghe pome d’or è tuto adorno;
Queste son grave e lucide e rotonde
E son sospese a un ramo picolino:
Grande è ’l periglio ad esserli vicino!

8.
Grosse son quanto un om abia la testa;
E come alcun al tronco s’avicina,
Pur sol batendo i piedi ala foresta,
Trema la pianta longa e tenerina
E cadeno le pome a gran tempesta.
Qualunque è gionto da quella roina,
Morto ala terra se ne va disteso,
Perché non è riparo a tanto peso.

9.
Alti li rami son quasi una arcata:
Il tronco da lì in gioso è sì polito
Che non vi salirebe anima nata;
E s’àlcun fosse di salir ardito,
Non sarìa sostenuto alcuna fiata,
Perché ala cima non è grosso un dito.
Ogni cosa sapeva Orlando a ponto:
Lecto nel libro avëa ciò ch’io conto.

10.
E lui prende nel cor tanto più sticia
Quanto le cose son più faticose,
E per trar questo al fin la mente adricia.
Taglia d’un fagio le rame frondose,
Subitamente e’ fece una gradicia:
Crosta di prato e terra su vi pose,
Poi sopra ale sue spale e ala testa
Stretta la lega, e va che non s’aresta.

11.
Aveva il conte una forza tamanta
Che già portava (come Turpin dice)
Una colonna intégra tuta quanta
D’Anglante a Brava, per le sue pendice.
Or come gionto fo sotto, la pianta
Tuta tremò persin ala radice:
Le sue gran pome, ciascuna più greve,
Venero a tera, e spesse come neve.

12.
Il conte va correndo tutafiata
E de gionger al tronco ben s’appresta,
Che già tuta la terra è dissipata,
Né manca di cader l’aspra tempesta.
Or era carca tanto quela grata
Che sol di quel gran peso lo molesta,
E, se ben presto al tronco non ariva,
Quela roina dela vita il priva.

13.
Come fo gionto a quela pianta gaglia,
Non vi crediati che voglia montare!
Tuta a traverso d’un colpo la taglia,
La cima per quel modo ebe a schiantare.
Come fo in tera, tuta la prataglia
D’intorno intorno comenciò a tremare;
Il sol tuto s’asconde e ’l ciel ascura,
Coperse un fumo il monte e la pianura.

14.
Ove sia il conte non vede nïente;
Trema la terra con molto romore.
Eravi per quel fumo un foco ardente
Grande quanto una torre, anco magiore:
Questo è un spirto d’abisso veramente
Che struge quel giardin a gran forore.
E come al tuto fo venuto meno,
Ritornò il giorno, e fièsse il ciel sereno.

15.
La pietra che ’l verger solìa voltare
Tuta è sparita, e più non se vedìa.
Ora per tuto se può caminare:
Largo è il paese, aperto a prataria;
Né fonte né palagio non appare,
De ciò che vi era, sol la damma ria,
Io dico Falerina, ivi è restata
Sì come prima a quel tronco legata.

16.
La qual piangendo forte lamentava,
Poi che disfato vidde il suo giardino,
Né come prima tacita si stava
Negando dar risposta al paladino,
Ma con voce pietosa lo pregava
Che agia mercé del suo caso tapino,
Dicendoli: «Baron, fior d’ogni forte,
Ben ti confesso ch’io merto la morte.

17.
Ma s’al presente me farrai morire,
Sì come io ne son degna in veritade,
E dame e cavalier farrai perire,
Che son pregioni, e fia gran crudeltade.
Aciò che intende ciò che ti vuò dire,
Sappi che io fece con gran falsitade
Questo verzier e ciò che gli era intorno
In sette mesi: or è sfato in un giorno.

18.
Per vendicarmi sol d’un cavaliero
E de una dama sua, falsa putana,
Io fece il bel giardin, che, a dirte il vero,
Ha consumata molta gente umana;
Né mi bastò ancor questo verziero:
Io fece un ponte sopra a una fiumana,
Dove son prese e dame e cavalieri
Quanti ne arivan per tuti e sentieri.

19.
Quel cavalier è nomato Arïante,
Origila la falsa che io contai;
Or de costor io non dico più avante
Abenché vi sarria da dir assai.
Per mia sventura tra gente cotante
Alcun de questi dui non gionse mai,
E già più gente è morta a tal danagio
Che non ha rami o fronde questo fagio.

20.
Perché al giardin che fo maraviglioso
Tuti eran morti quanti ne arivava;
Ma il numero più grande e copïoso
Il ponte che io t’ho detto mi mandava,
Perché avìa in guarda un vechio doloroso
Che molta gente sopra vi guidava:
Il ponte non bisogna ch’io descriva,
Ma per sí stesso chiude che vi arriva.

21.
N’è molto tempo ch’una incantatrice
Qual è figliola del re Galafrone,
Che ora col patre, sì come se dice,
Assedïata è dentro ad un girone,
Passando alor di qua, quela infelice,
Al ponte fo condutta dal vechione:
E poi con modo ch’io non sazo dire,
Partisse, e tutti l’altri fiè fugire.

22.
Ma molti vi ne son or al presente,
Perché ne prende sempre il vechio assai;
E come io sarò occisa, incontinente
Il ponte e lor non se vedran più mai,
E meco perrirà cotanta gente:
E tu cagion di tutto ’l mal sarrai.
Ma se mi campi, io te prometto e giuro
Che lassarò ciascun franco e sicuro.

23.
E se non daï al mio parlar credenza,
Menami teco come io son, legata,
(Presa o dissolta, io non fo differenza,
Che ad ogni modo io son vituperata)
E disfarò la torre in tua presenza,
E tutta salvarò quela brigata.
Piglia il partito adunque che ti pare:
O fa’ l’altri morire o mi campare».

24.
Presto questo partito prese il conte,
Che morta non l’avrebe ad ogni guisa:
Ní per grave dispetto ní per onte
Avrebe Orlando una dongella ocisa.
D’accordo adunque se ne van al ponte.
Ma più di lor la istoria non divisa,
E torna ove lasciò poco davante
Marfisa ala bataglia e Sacripante.

25.
La zuffa per quel modo era durata
Ch’io vi contai, nel’assalto primero.
Marfisa di tal arme era adobata
Che a ferirla non facìa mistero
Ponta di lanza nì taglio di spata;
E Sacripante aveva il suo destriero
Ch’è sì veloce che se vede apena,
Onde la dama indarno e colpi mena.

26.
Ma mentre che tra lor sopra quel piano
È la bataglia de più colpi spésa
(Abenché ciascadun al tuto è vano,
Ché essa non noce a lui né lui ad essa),
Brunelo il ladro, el qual era africano
E fo servente del gran re di Fiessa,
Avea passate molte regïone
E de improviso è già gionto al girone.

27.
Agramante mandò questo Brunelo
Perché davante a lui s’era avantato
Venir ad Albracà, dentro al castelo
Ove è la dama dal viso rosato,
E tuor a lei de dito quel’anelo
Qual era per tal arte fabricato
Che ciascadun incanto a sua presenza
Perdea la possa con la apariscenza.

28.
Fato era questo per trovar Rogero
Ch’era nascoso al monte di Carena:
E però questo ladro tanto fiero
Vien con tal freta e tal tempesta mena.
Sopra quel saxo n’andava ligero
Che non vi avrìa salito un ragno a pena,
Però che quel castel in ogni lato
A piombo come muro era tagliato,

29.
E sol d’un canto vi era la salita
Tuta tagliata a botta di piccone,
E sol da questa è la intrata e la ussita,
Dove ala guarda stan molte persone;
Ma verso il fiume è la pietra polita
Né di guardarvi fasse mentïone,
Però che con inzegno né con scale
Né se vi può salir se non con l’ale.

30.
Brunelo è d’araparsi sì maestro
Che su ne andava come per un lacio:
Tuta quela alta rippa destro destro
Montava, e gionse al muro in poco spacio.
A quel ancor se ataca, el mal cavestro,
Menando ambidui piedi e ciascun bracio
Come egli andasse per una aqua a noto;
Né fo bisogno al suo periglio un voto,

31.
Perché montava cotanto sicuro
Come egli andasse per un prato erboso.
Poi che passato fo sopra del muro,
A guisa d’una volpe andava ascoso:
E non credati che ciò fosse al scuro,
Anci era il giorno chiar e luminoso,
Ma lui di qua di là tanto si cela
Che gionto fo dove era la dongella.

32.
Sopra la porta quela dama gaglia
Si stava ascesa riguardando il piano,
E rimirava attenta la battaglia
Ch’avìa Marfisa con quel re soprano;
Gran gente intorno a lei facea serraglia:
Chi parla e chi fa cigno con la mano,
Dicendo: «Ecco, Marfisa il brando mena!
Re Sacripante la camparà a pena.»

33.
Altri diceva: «E’ farà gran diffese
Contra quela crudel, il bon guierero,
Purché non venga con sieco ale prese
E guarda che non pera il suo destriero!».
A questo dir il ladro era palese,
Ché ala note aspetar non fa pensiero:
Tra quela gente se ne va Brunelo
Tuto improviso, e prese quel’anelo.

34.
E non l’arebbe la dama sentito,
Se non che sbigotì dela sua facia.
Lui, con l’anel che gli ha tolto de dito,
Di fugir prestamente se procacia,
Corendo al saxo dove era salito.
Detro tuta la gente è posta in cacia,
Ché Angelica piangendo se scapiglia,
Cridando: «Ahimè tapina! Piglia! Piglia!

35.
Piglia! Piglia!» cridava «Ahimè tapina!
Che consumata son s’el non è preso!».
Ciascun, per agradir ala regina,
A suo poter avrebe il ladro offeso.
Lui passa el muro e salta la roina:
Per quela pietra se ne va sospeso
E per la rippa va mutando il passo
Come per gradi, e gionge al fiume baso.

36.
Né vi crediati che fusse confuso,
Benché quella aqua sia grossa e corrente:
Come un pesce a natar egli era aduso,
Entra nel fiume, e di lui par nïente;
Fuor del’aqua teniva aponto il muso,
E pareva una rana veramente.
Quei del castel, guardando in ogni lato
E, nol vegendo, il credeno affocato.

37.
Angelica per questo se dispiera,
E ben se batte el viso, la meschina.
Brunelo ussì dapoi dela rivera,
Per la campagna via forte camina.
Gionse dove era la bataglia fiera
Tra il re circasso e la forte regina:
Ivi firmose alquanto per mirare,
Ma l’un e l’altro alor se vuol possare,

38.
Perché ’l secondo assalto era bastato,
E ciascadun di lor vòl prender posa.
Dicëa Brunello: «Io non sarò fermato
Ch’io non guadagni vosco alcuna cosa:
Se non vi spoglio, aveti bon mercato!
Ma poiché seti gente valorosa,
Io voglio usarvi alquanta cortesia:
Ciò ch’io vi lascio è dela roba mia!».

39.
Cossì dicea Brunello in la sua mente,
E vede a Sacripante quel destriero.
Il qual da parte si stava dolente,
Avendo del suo regno gran pensiero,
Che gli parea veder in foco ardente,
Come contato avea quel messagero;
E tal doglia di questo ha Sacripante
Che non se avede quel che gli è davante.

40.
Dicëa lo Africano: «Or che omo è questo,
Che dorme in piede e ha sì bon ronzone?
Per altra volta io lo farò più desto».
E’ prese in questo dir un gran troncone
E la cingia dissolse presto presto
E pose il legno sotto del’arzone;
Né prima Sacripante se ne avede
Che quel se parte, e lui remane a piede.

41.
A questa cosa mirava Marfisa
E avea preso tanta maraviglia
Che, comme fosse dal spirto divisa,
Stringea la boca e alciava le ciglia.
Il ladro la trovò tuta improvisa
In tal pensier, e la spata li piglia:
Quela attamente li trase di mano,
E via spronando fuge per il piano.

42.
Marfisa il siegue e cridando il minacia
«Gioton!» dicendo «E’ ti costerà cara!»;
Ma lui se volta e fagli un fico in facia,
E fugendo dicìa: «Cossì s’impara!».
Il campo è tuto in arme, e costui cacia
Cridando: «Piglia! Piglia! Para! Para!»,
Ma lui che si trovava un tal destriero,
Del’esser preso avea poco pensiero.

43.
Or Sacripante rimase stordito
Per maraviglia, e non avrìa saputo
Dir a qual modo sia quel fato gitto,
Se non che esso il destrier avea perduto.
«Dove è colui» dicea «che m’ha schernito?
Or come fece, ch’io non l’ho veduto?
Esser non puote che uno inganno tanto
Non sia da spirti fatto per incanto!

44.
E s’egli è ciò, mia dama con l’anelo
Ancor farami aver il bon destriero.
Ben m’è vergogna: ma qual omo è quelo
Che possa riparar a tal mistiero?».
Cossì dicendo, tornasi al castello
Pensoso, anci turbato nel pensiero.
Ma come gionto fo dentro alla porta,
Angelica trovò ch’è quasi morta,

45.
Quasi morta di doglia, la dongella,
Pensando che riceve un tal danagio.
Re Sacripante per nome l’apella,
Dicendo: «Anima mia, chi te fa oltragio?».
Lei sospirando, piangendo favella,
Dicendo: «Ormai diffesa più non hagio!
Presto nele sue man me avrà Marfisa,
E sarrò in pena e con tormento occisa.

46.
Hagio perduta tuta la diffesa
Ch’aver soliva al’ultima speranza,
E sciò che prestamente sarò presa,
E poco tempo de viver me avanza.
E tanto questo danno più mi pesa
Quanto io l’ho recevuto come a cianza,
E più non sazo, trista dolorosa,
Che m’abbia tolta così cara cosa».

47.
Non sapea il re di quel fato nïente,
Ch’era nel campo (come avite odito);
Ma deto gli fo poi da quella gente
Comme ’l ladro l’anel tolse de dito
E fogite ala rippa prestamente,
E fo imposibil averlo seguito
Perché s’era gitato giù del sasso
Sì che egli era affocato al fiume basso.

48.
Il re diceva: «Se Macon mi vaglia!
Che costui non debbe esser affocato
(Cossì fosse egli!), perché ala bataglia
Il mio destrier di soto m’ha robato
E fugito n’è via per la prataglia.
Benché Marfisa l’abia seguitato,
Non sarà preso, e ben lo sciò di certo,
Che del destrier ch’egli ha ne son esperto!».

49.
Mentre che tra costor se ragionava
E ’l dir del’una cosa l’altra spiana,
Colui che in guarda al’alta roca stava,
«Al’arme!» crida, e sona la campana,
E dà risposta a chi lo adimandava
Ch’una gran gente ariva in sula piana
Con tante insegne grande e picoline
Che ne stupisse, e non ne vede el fine.

50.
Or questa gente che là giù venìa
(Perché sapiti il fato ben certano)
Venuta è tuta quanta de Turchia,
Qua la conduce il forte Caramano.
Docentomilia e più, quella zinìa
Che con gran cridi se accampa nel piano;
Torindo questa gente fa venire,
Che vòl veder Angelica perire.

51.
Sono acampati sopra ala pianura
E ciascadun giurando se destina
Mai non partir sinché di quella altura
Verà la roca al basso con roina.
Angelica tremava di paura,
Vegendosi diserta, la mischina:
Ché ’l campo de’ nimici è sì cresciuto,
Lei d’alcun altro non aspeta aiuto.

52.
Or si va di quel tempo racordando
Che la soccorse il franco paladino
Con tanti bon guiereri: io dico
Orlando, Ch’avea mandato a quel falso giardino;
La Fortuna e sé stessa biastimando,
E l’amor de Renaldo e ’l rio destino
Qual l’ha tanto infiamata e tanto acesa
Che gli ha tolto ogni aiuto e ogni difesa.

53.
Sol sieco è Sacripante, il bon guierero,
Ma questo ala bataglia non ussìa,
Poi che perduto avïa quel destriero
Che contra di Marfisa il mantenìa.
E’ stava del suo regno in gran pensiero,
Ch’avea perduto, e in gran malenconia:
Ma più pene sentiva e più dolore
Vegendo quela dama in tanto errore.

54.
Del destrier e del regno ch’è perduto
Non avrebe quel re doglia né cura,
Purché potesse dar alcun aiuto
A quella dama ch’è in tanta paura.
Il castel per tre mesi è proveduto
Di vitualia, dentro al’alte mura:
Prima adunque che ’l tempo sia fenito,
Bisogno è de pigliar altro partito.

55.
Venne in consiglio lo re Galafrone
Col re circasso e sua figlia soprana.
Disse quel vechio: «Odite una ragione,
Che ogni altra di soccorso mi par vana.
Un mio parente tien la regïone
Di là dal’India, dita Sericana:
E lui Gradasso si fa nominare,
Qual di prodecia al mondo non ha pare.

56.
Setanta e dui reami in sua possanza
Ha conquistato con la sua persona,
E vento ha tuto il mar, e Spagna e Franza:
Per l’universo il suo nome risona.
Ora di novo, per molta arroganza,
Ha tolta dal suo capo la corona
E ha giurato mai non la portare
Se non compisse quel ch’egli ha da fare.

57.
Perché al tempo passato, alora quando
Vinse la Franza e prese Carlo Mano,
Quel gli promisse de mandar un brando
Ch’al mondo non è un altro più soprano,
Qual era d’un baron ch’ha nome
Orlando; Or ha aspetato molto tempo invano,
Onde destina tornar in Ponente
E prender Carlo e tutta sua gente.

58.
E dentro alla cità de Druantuna,
Ch’è la sua sedia antiqua e stabilita,
Per far passagio gran gente raduna;
E secondo che intende per odita,
Tanta non ne fo mai sotto la luna
Un’altra fiata ad arme insieme unita:
Benché repùto quella gente a cianza,
Dico a·rrispeto dela sua possanza.

59.
Sì che a camparci di man di Marfisa
Questo sarrebe l’optimo remedio:
Ma non ritrovo il modo né la guisa
A far saper a lui di questo assedio;
Ch’io sciò che lui verrebe ala recisa,
Né mai mi lassarebe in tanto attedio,
Ma non sciò trovar modo, né vedere
Che questa cosa gli facia asapere».

60.
Seguiva Galafron con questo dire,
A Sacripante voltando le ciglia:
«Tu sei, figliol, un omo d’alto ardire,
E tanto amor mi porti, e a mia figlia,
Che te sei posto più volte a morire;
Né Mandricardo che ’l tuo regno piglia,
Né ’l tuo caro Olibandro ch’hai perduto
Mai ti puòte distuor del nostro aiuto.

61.
Dio facia ch’una volta meritare
Possiamo te con degno guiderdone
(Bench’io non creda mai poterlo fare);
Ma ciò che abiamo e le proprie persone
Sarran disposte nel tuo comandare.
Ciò te giuro alla fede de Macone:
Che la mia figlia e tuto il regno mio
Sarran disposti sempre al tuo disio.

62.
Ma questo proferirte fia perduto,
Ché serà il regno e noi sieco diserti
Se non trovamo a qualche modo aiuto.
E, io che tutti quanti l’hagio esperti
E longamente ho il fato proveduto
E i soccorsi palesi e li coperti,
Dico che siamo al’ultimo perire
Se ’l re Gradasso non se fa venire.

63.
Sì che, figlio mio caro, io te scongiuro
Per nostro amor e tua vertù soprana
Che non ti para questo fatto duro
Di ritrovar Gradasso in Sericana.
E questa sera, come ’l ciel sia scuro,
Potrai calar nel’oste, in sula piana,
Ché quella gente ne stima sì poco
Che non fa guarda al campo in verun loco».

64.
Sacripante non fiè molte parole,
Come colui ch’ha voglia de servire;
E’ d’altro nela mente non si dole
Se non che presto non si può partire.
Ma come a ponto fo nascoso il sole
E comenciosse il ciel ad oscurire,
Isconosciuto, come peregrino,
Per megio l’oste prese il suo camino.

65.
Né mai sopra di lui fo riguardato:
Va di gran passo e porta il suo bordone,
Ma sotto la schiavina è ben armato
Di bona piastra, e ha il brando a galone.
Rimase Galafron assedïato
Con la sua figlia nel forte girone;
E Sacripante, che d’andar ha cura,
Trovò nel suo viagio alta ventura.

66.
Questa odirete, come l’altre cose
Che insieme tute quante son agionte:
E saran ben dele maravigliose,
Perché fo in India, al Saxo dela Fonte.
Ma primamente, gente deletose,
Io vi vorrò cantar de Rodamonte:
Di Rodamonte vuò contarvi in prima,
Ch’una vil foglia il suo Macon non stima,

67.
E meno ancor se acosta ad altra fede:
Tien per suo dio l’ardir e la possanza
E non vòl adorar quel che non vede.
Questo soperbo, ch’ha tanta arroganza,
Pigliar soleto tuto ’l mondo crede
E al presente vuol passar in Franza,
E prenderli in tre giorni se dà vanto,
Come oderete dir nel’altro canto.

1. Apertura e augurio ai lettori in tono decisamente boiardesco: la zoglia (‘gioia’, specie in accezione amorosa, è uno degli elementi portanti dell’ideologia del poeta; cfr. p. es. I, xii, 15, 1). 1. non fenisca: ‘non finisca’. 3. lassai: ‘interruppi’. 4. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha odir; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 5. : pleonastico. 6. doi: ‘due’. 7. franco: ‘valoroso’. 8. ‘e può uscire dal giardino a suo piacimento’; ripresa con minime variazioni di II, iv, 85, 7.

2. 2. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha fuor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. fuora: ‘fuori’. 3-4. Orlando sente che, se non distruggesse il giardino, la sua uscita non sarebbe del tutto onorevole e che la richiesta di Angelica non sarebbe completamente esaudita. 5. erra: cioè era ‘sarebbe stato’. Uso dell’imperfetto indicativo sia nell’apodosi sia nella protasi (durava ‘fosse resistito’ nel v. successivo) del periodo ipotetico dell’irrealtà (cfr. MENGALDO 1963, p. 187). 7. d’ogni contrate: ‘di ogni paese, di ogni provenienza’.

3. 1. Però: ‘perciò’. baron: ‘cavaliere’ (cfr. I, i, 8, 4). 2. I due emistichi contengono espressioni sinonime. 3. verzer: ‘giardino’(cfr. I, i, 21, 5). disertare: ‘distruggere’. 5. Ben dritamente: ‘con pieno diritto’. 6.dispietata e fiera: ‘spietata e crudele’; formulare (cfr. I, v, 57, 6 ecc.). 7.strugea: ‘provocava la morte’. peregrine: ‘straniere’. 8. ‘grazie al suo valore sia fatta finire’.

4. 2. in megio al tenimento: ‘in mezzo al (suo) territorio’. 3. ‘se si strappa un ramo dalla cima di questa’. 4. Sparisse: ‘sparisce’. verger: cfr. verzer 3, 3. 5. non si vanta: e dunque non riesce. 6.rio: ‘crudele’. 7. non scià che sia paura: ‘non sa che cosa sia la paura’. 8. ‘decide di portare a termine questa impresa’.

5. 1. adetro: ‘indietro’. 2. sopra: ‘presso’. palagio: ‘palazzo’. 3. primo: ‘in precedenza’ (TROLLI 2003, p. 231). 4. ‘che stava tranquilla specchiandosi nella spada’. 6. sentesti: ‘sentiste (raccontare)’; cfr. II, iv, 30. 8. non vi fa dimora: ‘non indugia lì’.

6. Anche questo albero, come in generale gli elementi del giardino di Falerina, si offre a una lettura simbolica. Pare che Boiardo si sia qui ispirato soprattutto all’albero capovolto di Purg. XXII, 130-135, pur conferendo al vegetale un significato allegorico più ampio, non limitato alle tentazioni della gola ma esteso a tutte le ricchezze mondane (TISSONI BENVENUTI 1999). 3. ‘vide quell’albero straordinario’; sineddoche. Per rama femm. cfr. I, xii, 40, 5. 4. da riguardar: ‘da vedere’. 5. Gli arcieri turchi erano celebri per la loro maestria. 6. a quel’altura: ‘a quell’altezza’. 7. ‘i rami più alti occupano più spazio’, cioè sono più grossi (TISSONI BENVENUTI 1999). 8. ‘e il tronco vicino alla radice non arriva a un braccio di circonferenza’, cioè circa mezzo metro.

7. Secondo TISSONI BENVENUTI 1999: «l’attrattiva dei beni mondani si rinnova ogni giorno, ma le belle fronde nascondono acute spine, come al solito le rose». 1. e rami: ‘i rami’. 2. Longi e sotile: ‘lunghi e sottili’. 3. ‘le fronde germogliano e si rinnovano ogni giorno’. 5.vaghe pome d’or: ‘belle mele d’oro’. 6. grave: ‘pesanti’. Cfr. «parvermi i rami gravidi e vivaci / d’un altro pomo» (Purg. XXIV, 103-104). 7.sospese: ‘appese’. 8. periglio: ‘pericolo’.

8. 1. quanto un om abia la testa: ‘quanto la testa di un uomo’. 2. come: ‘quando’. 3. ala foresta: ‘nel bosco’. 5. a gran tempesta: ‘con gran rovina’. 6. ‘Chiunque sia raggiunto da quella gragnuola’. 7. ala terra: ‘a terra’. 8. non è: ‘non c’è’.

9. 1. una arcata: ‘un tiro d’arco’. 2. gioso: ‘giù’. polito: ‘liscio’. 3. anima nata: ‘nessuno’. 5. alcuna fiata: ‘in nessun caso’. 6. ‘in cima non raggiunge le dimensioni di un dito’. 7. a ponto: ‘in dettaglio’. 8. conto: ‘racconto’.

10. 1. ‘e lui concepisce nel cuore tanta più rabbia’. 3. ‘e aguzza l’ingegno per condurre a termine questa impresa’. 5. Subitamente: ‘subito’. gradicia: ‘un graticcio, una grata’ (TROLLI 2003, p. 165; TRENTI 2008, p. 274). 6. Crosta di prato e terra: ‘zolle di erba e terra’ (TROLLI 2003, p. 123). 8. non s’aresta: ‘non si ferma’.

11. 1. tamanta: ‘tale’. 2. Turpin: la solita auctoritas (cfr. I, i, 3, 2). 3.intégra: cfr. I, xiv, 62, 3. 4. D’Anglante a Brava: feudi tradizionali di Orlando. 5. come gionto fo sotto: ‘appena arrivò ai piedi dell’albero’. 6.persin ala: ‘fino alla’. 7. ciascuna più greve: ‘una più pesante dell’altra’. 8. spesse come neve: ‘fitte come fiocchi di neve’.

12. 1. tutafiata: ‘senza sosta’. 2. s’appresta: ‘s’affretta’ (accezione rara: TROLLI 2003, p. 87). 3. La terra posta sul graticcio è quasi tutta caduta. 4. manca: ‘smette’. 5. carca: ‘carica’. 6. ‘che quel gran peso da solo basta a metterlo in difficoltà’. 8. roina: cfr. 8, 6.

13. 1. gaglia: ‘bella’ (cfr. I, ii, 32, 1). 2. Non vi crediati: ‘non credete’; abituale formula di coinvolgimento del pubblico. 3. d’un colpo: ‘con un colpo’. 4. ebe a schiantare: ‘schiantò, abbatté’. 5. tuta la prataglia: ‘tutto il prato’. 6. D’intorno intorno: ‘tutto intorno’. 7. s’asconde: ‘si nasconde’. ascura: ‘si oscura’. 8. un fumo: sogg.

14. 1. nïente: ‘per nulla’. 3. Eravi per quel fumo: ‘dentro quel fumo c’era’. 4. anco: ‘anche’. 5. un spirto d’abisso: ‘uno spirito dell’abisso, un demonio’. 6. struge: ‘distrugge’. a gran forore: formulare (cfr. I, iv, 58, 5). 7. ‘E quando il giardino fu completamente sparito’. 8.fièsse: ‘si fece, diventò’.

15. 1. ‘La roccia che era solita circondare il giardino’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha Or; ma qui si sceglie la lezione più regolare degli altri testimoni. per tuto: ‘dappertutto’. 4.a prataria: ‘come una prateria’. 5. non: pleonastico. 6. la damma ria: ‘la dama crudele’.

16. 1. lamentava: ‘si lamentava’. 5. pietosa: ‘atta a impietosire’. 6. ‘che abbia pietà della sua sorte infelice’. 7. fior: ‘il migliore’. 8. merto la morte: ‘merito la morte’; bisticcio.

17. 4. pregioni: ‘prigionieri’. fia: ‘sarà’. 5. Aciò che intende: ‘affinché tu capisca’. vuò: ‘voglio’. 6. con gran falsitade: ‘con grande inganno’. 8. è sfato: ‘è stato distrutto’.

18. 2. falsa: ‘ingannatrice’. 4. ‘ha ucciso molte persone’. 6. una fiumana: ‘un fiume’. 7. prese: ‘prigionieri’. 8. e: ‘i’.

19. 1-2. Le gesta di Origille e Ariante sono narrate a I, xxix: anche se Falerina non riferisce esplicitamente i motivi del suo astio, i due sono credibili nel ruolo di provocatori di odio. 1. nomato: ‘chiamato’. 3.più avante: ‘altro’. 4. Abenché vi sarria: ‘anche se ci sarebbe’. 7. a tal danagio: ‘in quel modo, con quella sofferenza’; danagio è la forma gallicizzante per danno già vista (p. es. a I, xxi, 25, 5). 8. Che: da collegare a più del verso precedente.

20. 4. Il ponte: quello di I, xiv, 30. 5. doloroso: ‘malvagio’. 8. ‘da sé imprigiona chi vi arriva’.

21. 1. N’è: ‘non è’. incantatrice: Angelica. 2. Qual: ‘la quale’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha hor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 4.ad un girone: ‘a una cerchia murata’; cioè nella rocca di Albracà. 6. vechione: ‘vecchio’. 7-8. C’è qui una sfasatura, perché Angelica era fuggita da sola dal Ponte Periglioso. ZAMPESE 1994, p. 67 e TISSONI BENVENUTI 1999 pensano che questa incoerenza sia dovuta a un intervallo nella scrittura del romanzo. 7. sazo: ‘so’. 8. Partisse: ‘se ne andò’. fiè: ‘fece’.

22. 3. incontinente: ‘subito’. 6. cagion: ‘causa’. 7. se mi campi: ‘se mi risparmi la vita’. 8. franco: ‘libero’.

23. 1. ‘E se non credi alle mie parole’. 2. Menami teco: ‘portami con te’. 3. Presa o dissolta: ‘prigioniera o libera’. 4. vituperata: ‘disonorata, svergognata’. 6. quela brigata: ‘quel gruppo’. 7. ‘Prendi la decisione che preferisci’.

24. 2-3. ‘che non l’avrebbe uccisa in ogni caso: né per grande rabbia o per offese’. 4. dongella: ‘donzella, donna’. 6. non divisa: ‘non parla’ (cfr. I, xix, 53, 5). 7. poco davante: ‘poco prima’.

25. 1. per: ‘in’. durata: ‘proseguita’. 2. nel’assalto primero: ‘nel primo assalto’. 3-5. L’armatura di Marfisa è incantata e non può essere spezzata. 3. adobata: ‘vestita’. 4. non facìa mistero: ‘non servivano’. 5. Ponta: ‘punta’. : ‘nè’. 8. ‘perciò la dama vibra invano i colpi’.

26. 2. de più colpi spésa: ‘più fitta di colpi’. 4. essa: la battaglia. non noce: ‘non nuoce, non provoca danni’. 6. servente: ‘servitore’ (cfr. II, iii, 39, 4). 7. ‘aveva attraversato molti territori’. 8. L’estrema velocità è una delle prerogative di Brunello.

27. Breve riepilogo che giustifica l’arrivo di Brunello ad Albracà. 2.s’era avantato: ‘si era vantato’; e dunque si era detto capace. 4. dal viso rosato: formulare. 5. tuor: ‘togliere, rubare’. 6. per tal arte: ‘in modo tale’. 7. a: ‘in’. 8. ‘perdeva il potere con la sua falsa apparenza’; cioè l’anello faceva sparire le false immagini create dall’incantesimo (cfr. I, i, 39).

28. 1. questo: l’invio di Brunello e la sua missione. 3. fiero: ‘abile e audace’ (TROLLI 2003, p. 150). 4. Chiasmo. I due emistichi esprimono la velocità furiosa a cui arriva Brunello. 5. quel saxo: ‘quella rupe’, dove era la rocca. 6. ‘che nemmeno un ragno sarebbe riuscito a salirvi’. 7. Però che: ‘perché’. 8. Le pareti della montagna sopra la quale si trovava la rocca erano state scavate in modo da essere perfettamente verticali (a piombo). Ottava aperta.

29. 1. d’un canto: ‘da un lato’. 2. ‘tutta intagliata a colpi di piccone’. 4. ala guarda: ‘di guardia’. 5. polita: ‘liscia’ (cfr. 9, 2). 6-8. ‘né si parla di mettervi delle guardie, perché né con una macchina né con delle scale né se non con le ali vi si può salire’.

30. 1. d’araparsi: ‘nell’arrampicarsi’. 2. come per un lacio: ‘come lungo una corda’. 3. rippa: ‘pendice’. destro destro: ‘agilissimo’. 4. in poco spacio: ‘in poco tempo’. 5. ‘Si aggrappa anche a quello, il furfante’. Cavestro indica spesso una persona degna del capestro, cioè del patibolo, e dunque un furfante. 6. Menando: ‘muovendo’. 7. a noto: ‘a nuoto’. 8. ‘né ci fu bisogno di fare voti per salvarlo dal pericolo’. Brunello se la cava benissimo da solo. Ottava aperta.

31. 3-5. ‘Dopo che ebbe scavalcato il muro, andava di nascosto come una volpe. E non credete che ciò accadesse al buio’. 6. Anci: ‘anzi’. 7. di qua di là: cfr. I, i, 50, 1.

32. 1. dama gaglia: cfr. I, xviii, 53, 7. 2. ascesa: ‘in alto’; se non vale assisa ‘seduta’ (TISSONI BENVENUTI 1999). il piano: ‘la pianura’. 3. rimirava: ‘guardava’. 4. soprano: ‘valoroso’. 5. facea serraglia: ‘faceva barriera’ (cfr. I, xiv, 59, 6). 6. cigno: ‘segno’. 8. la camparà a pena: ‘si salverà a fatica’.

33. 1. E’ farà gran diffese: ‘si saprà difendere bene’. 2. il bon guierero: ‘il valoroso guerriero’. 3-4. ‘purché non le si avvicini troppo e sappia proteggere il suo cavallo’. 5. era palese: ‘era presente, visibile’ (TROLLI 2003, p. 209). 6. ‘perché non ha intenzione di aspettare la notte’, per rubare l’anello. Sappiamo che Brunello preferiva agire con il favore delle tenebre (II, iii, 40). 8. Tuto improviso: ‘all’improvviso’.

34. 1. l’arebbe: ‘l’avrebbe’. 2. sbigotì dela sua facia: ‘sbigottì in volto’. 4. Alla lettera ‘fa in modo di fuggire velocemente’; perifrasi. 5.dove: ‘da dove’. 6. ‘Dietro tutta le gente si mette a dargli la caccia’. 7.se scapiglia: ‘si strappa i capelli’. 8. tapina: ‘infelice’.

35. Il chiasmo interstrofico rende la concitazione del momento, con le grida di Angelica e la confusa caccia all’imprendibile Brunello. 2.consumata son: ‘sono perduta’. 3. agradir: ‘fare cosa gradita’ (TROLLI 2003, p. 80). 4. ‘avrebbe fatto quanto più male possibile al ladro’. 5.passa: ‘scavalca’. salta la roina: ‘salta giù dal dirupo’. 6. pietra: ‘roccia’. sospeso: ‘appeso’. 7-8. ‘e va per la costa come se camminasse su gradini’. Per mutare il passo cfr. TROLLI 2003, p. 214.

36. 1. Né vi crediati: cfr. 13, 2. confuso: ‘spaventato’. 2. grossa e corrente: sinonimi per ‘impetuosa’. 3. a natar egli era aduso: ‘era abituato a nuotare’. 4. di lui par nïente: ‘non si vede nulla’. 5. ‘teneva solo il muso fuori dall’acqua’. 7. in ogni lato: ‘da ogni parte, in ogni direzione’. 8. ‘e, non vedendolo, credono che sia affogato’.

37. 1. se dispiera: ‘si dispera’. 2. la meschina: ‘l’infelice’. 3. ‘Brunello uscì poi dal fiume’. 4. forte: ‘velocemente’. 5. fiera: ‘feroce’. 7. ‘si fermò lì un po’ per guardare’. 8. possare: ‘riposare, fare una pausa’. Ottava aperta.

38. 2. posa: ‘pausa’. 3-5. ‘Io non mi fermerò se non guadagnerò qualcosa da voi: se non vi spoglio del tutto, avete fatto un buon affare!’. 6. seti: ‘siete’. 8. Cioè: potrei rubarvi tutto, e dunque tutto ciò che è vostro mi appartiene. Ciò che vi lascio è come se fosse mio.

39. 3. Il qual: Sacripante. 4. ‘essendo molto preoccupato per il suo regno’. La Circassia era sta attaccata da Mandricardo (cfr. II, iii, 7-10). 5. A Sacripante sembra di vedere la Circassia messa a ferro e fuoco. 7. doglia: ‘dolore’. 8. non se avede: ‘non si accorge di’.

40. 1. Africano: Brunello. 2. ronzone: ‘cavallo’. 3. ‘Io lo renderò più sveglio per la prossima volta’. 4. troncone: ‘tronco’. 5.cingia: ‘cinghia’, che tiene legata la sella del cavallo. dissolse: ‘sciolse, slegò’. 6. sotto del’arzone: ‘sotto la sella’. Brunello sostituisce il cavallo di Sacripante con un tronco d’albero.

41. 1. ‘Marfisa guardava questa cosa’, cioè il furto del cavallo. 3. dal spirto divisa: ‘priva di conoscenza’; lo stupore la paralizza. 4. alciava: ‘alzava’; cioè sgranava gli occhi. 5. la trovò tuta improvisa: ‘la colse alla sprovvista’. 6. la spata li piglia: ‘le ruba la spada’. 7. ‘gliela strappò di mano facilmente’.

42. 1. il siegue: ‘lo insegue’. 2. Gioton: ‘farabutto’. 3. fagli un fico in facia: cioè le fa la fica con la mano, il gesto osceno di dileggio reso celebre da Inf. XXV, 2-3. 4. Cossì s’impara!: chiaramente ironico, come tutte le battute di Brunello. 5. Il campo: ‘l’accampamento, i soldati’. costui cacia: ‘dà la caccia a costui’. 6. Para!: ‘fermalo!’. 7. si trovava: ‘aveva’. 8. avea poco pensiero: ‘si preoccupava poco’.

43. 3. ‘dire in che modo siano andate le cose’. 5. schernito: ‘beffato’. 7-8. ‘Non è possibile che un tale inganno non sia stato fatto da spiriti (forse demoni: TISSONI BENVENUTI 1999) con un incantesimo’.

44. 1. s’egli è ciò: ‘se le cose stanno così’. mia dama: Angelica, che aveva (ma ora non l’ha più e Sacripante ancora non lo sa) l’anello magico. 2. Ancor farami aver: ‘mi farà riavere’. 3-4. ‘ma chi può opporsi a una tale evenienza?’. Secondo Sacripante l’incantesimo è troppo potente perché un comune mortale riesca a opporvisi. 5. tornasi: ‘torna’. 6. Pensoso: ‘pensieroso’. 8. Ottava aperta.

45. 1. Ripresa dall’ottava precedente, con messa a fuoco sullo stato di Angelica. 2. danagio: ‘danno’ (cfr. 19, 7). 3. l’apella: ‘la chiama’. 4. chi te fa oltragio?: ‘chi ti offende?’. 5. favella: ‘parla’. 6. non hagio: ‘non ho’. 8. in pena e con tormento: espressioni sinonime per ‘in modo doloroso’.

46. 1. Ripresa da 45, 6. 2. al’ultima speranza: ‘nei casi disperati’ (TROLLI 2003, p. 277). 3. E sciò che prestamente: ‘e so che presto’. 4. me avanza: ‘mi resta’. 6. a cianza: ‘per scherzo’. 7. dolorosa: ‘addolorata’. 8. Che: ‘chi’. cara: ‘preziosa’.

47. 5. fogite ala rippa: ‘fuggì per la pendice’. 6. averlo seguito: ‘inseguirlo’. 8. affocato: cfr. 36, 8.

48. 1. Se Macon mi vaglia!: ‘Che Maometto mi aiuti!’ (cfr. I, ii, 7, 3). 2. non debbe: ‘non deve’. 3. Cossì fosse egli!: ‘Magari lo fosse!’. 6.l’abia seguitato: ‘l’abbia inseguito’. 8. ne son esperto: ‘conosco bene’.

49. 1. se ragionava: ‘si parlava’. 2. spiana: ‘spiega’. Sacripante e Angelica si raccontano a vicenda ciò che hanno visto e ricostruiscono l’accaduto. 3. in guarda: cfr. 20, 5. 5. ‘e risponde a chi glielo domanda’. 6. una gran gente: ‘un grande esercito’. in sula piana: ‘nella pianura’. 8. ne stupisse: ‘se ne stupisce’. el fine: ‘la fine’.

50. 2. ‘affinché sappiate per certo come sono andate le cose’. Altro modo per coinvolgere il lettore nei fatti narrati e per dare a questi una maggiore verosimiglianza storica. 4. il forte Caramano:è il fratello di Torindo (cfr. II, ii, 33, 7). 5. Docentomilia: ‘duecentomila’. zinìa: ‘gentaglia’ (cfr. I, xiv, 58, 6). 8. vòl: ‘vuole’.

51. 2. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha giurando destina; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni, non difforme dall’usus boiardesco (cfr. p. es. I, viii, 14, 7; I, xxvi, 45, 6 ecc.). giurando se destina: ‘decide con giuramento’. 3. di: ‘da’. 4. ‘la rocca non rovinerà verso il basso’. 6. diserta: ‘perduta’. 7. ’l campo: ‘l’esercito’.

52. 1. racordando: ‘ricordando’. 2. Che: ‘in cui’. 4. falso: ‘pieno di inganni’. 5. biastimando: ‘maledicendo’. 6.de Renaldo: ‘per Rinaldo’. 7. infiamata… acesa: sinonimi per indicare la passione amorosa. 8. gli: ‘le’.

53. 1. Sol sieco è Sacripante: ‘con lei c’è solo Sacripante’. 2. ala bataglia non ussìa: ‘non usciva in battaglia’. 4. il mantenìa: ‘gli permetteva di resistere’. 8. in tanto errore: cfr. 2, 5.

54. 5. proveduto: ‘provvisto’. 6. vitualia: ‘viveri’. 7-8. ‘dunque prima che quel tempo sia trascorso, bisogna prendere un’altra decisione’.

55. 1. in consiglio: ‘per discutere della questione’. 3. ragione: ‘possibilità’ (TROLLI 2003, p. 237). 4. ‘che mi sembra che tutte le altre non ci portino aiuto’. 5-8. Boiardo recupera Gradasso, che aveva avuto un ruolo importante nel primo libro. 5. tien: ‘governa, è re’. 6.Sericana: cfr. I, iv, 9, 2. 7. nominare: ‘chiamare’. 8. di prodecia: ‘quanto a prodezza, valore’. pare: ‘pari’.

56. 1. in sua possanza: ‘in suo potere’. 2. con la sua persona: cioè con il proprio valore. 3. Si era trattato di vittorie parziali e temporanee: Gradasso si era ritirato dopo essere stato sconfitto da Astolfo (I, vii, 70-71). vento: ‘vinto’ (cfr. I, ix, 56, 8). 5. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha hor, si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. per molta arroganza: ‘per il suo grande orgoglio’. 8. compisse: ‘compie, porta a termine’.

57. 1. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha alor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni, che trova numerosi riscontri nel testo (cfr. p. es. I, xiv, 41, 7; I, xvi, 40, 1 ecc.). 3-4. In effetti la spada non era stata riscattata da Astolfo, diversamente dagli ostaggi e da Baiardo (cfr. I, vii, 44-45). 3. Quel: Carlo. de mandar: ‘di fargli avere’. 4. più soprano: ‘migliore’. 5.Qual: ‘il quale’. 8. Dialefe tra Carlo ed e. 8. prender: ‘sconfiggere, catturare’.

58. 1. Druantuna: TISSONI BENVENUTI 1999, sulla scorta di CARA-MELLA 1923, p. 59, segnala la «Drosacha urbs Serices» ricordata da Tolomeo, anche se la forma del toponimo è piuttosto diversa. 2. sedia: ‘sede’. 3. far passagio: ‘attraversare il mare’, con una spedizione militare. 4. ‘e secondo quanto sento dire’. 5. sotto la luna: cfr. I, xxi, 49, 6. 6. fiata: ‘volta’. ad arme: ‘in armi’. 7-8. ‘benché io non abbia stima di quella gente, dico: rispetto alla forza di Gradasso’.

59. 3. ritrovo: ‘trovo’. il modo… la guisa: sinonimi. 5. ala recisa: ‘senza indugio’. 6. attedio: ‘pericolo’; cfr. atedio (I, xiv, 49, 1). 8. Che: ‘chi’.

60. 1-2. ‘Galafrone proseguiva con queste parole, volgendo gli occhi a Sacripante’. 3. d’alto ardire: ‘di grande coraggio’. 5. te sei posto: ‘hai rischiato’. 8. ‘ti poterono mai distogliere dal darci aiuto’.

61. 1-2. ‘Dio faccia che, in futuro, possiamo ricompensarti in modo degno’. 4. le proprie persone: ‘noi stessi’. 5. nel tuo comandare: ‘al tuo comando’. 6. alla fede de Macone: ‘sulla fede di Maometto’. 8.al tuo disio: ‘al tuo volere’.

62. 1-2. ‘Ma questa offerta sarà vana, perché il regno sarà distrutto e noi con esso’. 4. l’hagio esperti: ‘li ho valutati’ (questa accezione di esperire non sembra attestata altrove: TROLLI 2003, p. 144). 5. ‘e ho lungamente studiato la cosa’ (TROLLI 2003, p. 233). 6. coperti: ‘nascosti’. 7. siamo al’ultimo perire: ‘siamo perduti’.

63. 2. tua vertù soprana: ‘il tuo grande valore’. 3. non ti para: ‘non ti sembri’. 4. Di ritrovar: ‘di recarti da’. 5. come: ‘quando’. 6. nel’oste: ‘nell’accampamento nemico’. 7. ne: ‘ci’. 8. in verun loco: ‘in nessun luogo’.

64. 1. fiè: ‘fece, disse’. 3. ‘egli tra sé non si dispiace d’altro’. 5.come a ponto: ‘appena’. 6. comenciosse: ‘cominciò’. oscurire: ‘imbrunire’. 7. Isconosciuto: ‘in incognito’. peregrino: ‘pellegrino’; travestimento tipico dei cavalieri. 8. ‘si avviò in mezzo all’accampamento’.

65. 1. ‘Nessuno si occupò di lui’. 2. bordone: bastone da pellegrino. 3. schiavina: tipo di mantello usato solitamente dai pellegrini. 4.piastra: metallica (cfr. I, ii, 1, 5). a galone: ‘al fianco’. 7. che d’andar ha cura: ‘che è impaziente di andare’. 8. alta ventura: ‘una grande avventura’.

66. 2. son agionte: ‘sono unite’. 4. fo: ‘furono, accaddero’. Saxo dela Fonte: il Fonte di Narciso, come si vedrà a II, xvii, 65. 5. primamente: ‘prima’. deletose: ‘amanti dei piaceri’, e dunque anche dei bei racconti (cfr. 1, 2). L’accezione non pare documentata altrove (TROLLI 2003, p. 130). 6-7. Sorta di chiasmo interversale che dirige l’attenzione sul personaggio che torna in scena. 8. ‘che non stima per nulla Maometto’.

67. 1-3. Il credo materialistico di Rodamonte si trova a II, iii, 22. 1.se acosta: ‘si avvicina’. 4. arroganza: ‘presunzione’. 5. soleto: ‘da solo’. 6. passar in Franza: cfr. I, i, 6, 7. 7. prenderli: potrebbe sembrare una costruzione a senso, ma sarà più probabilmente una falsa restituzione dell’atona finale di prenderla (lezione dei testimoni diversi da P). 8. dir: ‘raccontare’.